Russia-Ucraina. Tra princìpi teorici e prassi politiche in 10 punti

di Giorgio Mannacio

1.
Mi  chiedo come mai – ipotizzando una guerra in cui siano esattamente  individuabili chi è l’aggressore e chi l’aggradito – entrambi finiscano per chiedere la pace.
Questa meraviglia paradossale implica prima di tutto – a mio giudizio – un discorso sulla guerra. Fallita ogni costruzione di modelli di pace perpetua, resta la realtà sempre presente di guerre più o meno estese. Messa d parte una spiegazione   connessa con radici antropologiche – che finiscono per legittimare ogni tipo di aggressione lasciando da parte ogni ricerca sulle specifiche “ ragioni “ dei conflitti – sembra necessario cominciare dalla posizione di alcuni princìpi inderogabilmente umani. Dobbiamo credere di nascere liberi e precisare questa affermazione riguardi anche a quelle strutture stabilmente organizzate nelle quali si manifesta  la inalienabile politicità del nostro genere.
In base a questa affermazione di libertà mi sento di sostenere – come ho scritto su Poliscritture tempo fa – che ogni Stato è libero e deve essere lasciato libero di organizzare la propria struttura  interna come meglio (o peggio) crede.
Se la guerra è definibile come aggressione per ridurre in qualche modo l’esistenza di  uno Stato o cambiarne la “qualità di vita“, siamo di fronte ad una guerra  contro il principio di libertà.
Fuori di ogni reticenza: non si deve esportare – con l’aggressione guerra –né la democrazia né la dittatura. Per coerenza ne deriva che i possibili conflitti interni ad uno Stato vanno considerati atti di gestione del potere di quello Stato e non debbono interessare altri Stati se rimangono “interni“ a chi li subisce.
Alla luce di quello che attendibilmente conosco penso che vi  sia stato realmente il feroce conflitto interno tra parte dei cittadini ucraini e parte dei cittadini ucraini favorevoli ad un cambio di struttura socio-politica e come  tali inclini ad una secessione.
In coerenza con le premesse la stessa valutazione negativa applicherei nell’irreale ipotesi di un’invasione ucraina della Russia notoriamente non democratica.
Il “vantaggio“ teorico del modello che ho disegnato sta nel fatto di permettere – concettualmente e cioè come regola di comportamento – la coesistenza di diversi Stati in un livello minimo di reciproca tolleranza.
Ignoro totalmente se il conflitto interno all’Ucraina (la guerra civile in atto – a quanto letto – dal 2014 ) abbia comportato reali rischi alla vita russa.

2.
E’ “giusta“ una guerra difensiva cioè diretta in via “esclusiva“ a impedire l’effetto della guerra offensiva?
Nell’oggi – tanto terribile – in cui si spera addirittura nelle autorità religiose si dice di sì. Per i Cattolici si pronuncia con un sì Sant’Agostino, ma forse   non occorre scomodarlo. Basta tornare al concetto base di libertà e considerare che con l’azione militare l’aggredito tende a ristabilire un ordine lacerato dall’aggressore.
Per i Cristiani ortodossi di Russia mi limito a richiamare – per la coerenza tra passato e presente – quanto scrive Alekandr Herzen nel suo splendido «Il passato e i pensieri»:

“ Durante il colera che colpì la Russia  nel 1831 il patriarca Filaret aveva pregato Dio perché la sua terra venisse risparmiata dal flagello . Nel medesimo luogo, sei anni prima aveva pregato perché i Decabristi fossero uccisi “ (A. Herzen : Il passato, i pensieri . edizione italiana vol. I , pag  132 ).

3.
Quanto precede rappresenta un giudizio di valore che discende da  un principio in cui credo.
Ma va subito avvertito: non rappresenta il c.d GIUDIZIO DELLA STORIA.
Il primo non ha a alcun valore normativo. Nel pronunciarlo siamo solo giudici ma non GIUSTIZIERI.
Possiamo essere ultraconvinti del suo valore e della coerenza logica di esso con le premesse, ma a tutto ciò la STORIA è indifferente. Non sempre (i pessimisti dicono: mai )sul suo campo dove si  gioca il gioco della guerra  vincono  “ i migliori “.

4.
il campo della realtà è più complesso . Uno scrittore francese di cui  non ricordo il nome ( la sua affermazione è posta come epigrafe ad un racconto fantastico di E. A. Poe) esclama:  Che sciagura non poter essere  soli. Ma questo è: non siamo mai soli.
Abbandonato il modello UNO CONTRO UNO,  la realtà ci mostra sempre  che in tale duello intervengono altri, protagonisti o deuteragonisti poco importa.
Questa multipolarità – accentuata dalla c.d globalizzazione – comporta la moltiplicazione di situazioni che determinano uno sconvolgimento del rapporto UNO CONTRO UNO.
Lo stato delle cose ci porta a considerare quella specifica modalità – di cui stiamo avendo esperienza – degli aiuti assicurati  allo Stato aggredito da Stati terzi.
Tanto per fare un esempio indiscutibile: la presenza di un patto di mutua assistenza tra Stato aggredito e Stato terzo.
Questa modalità presenta aspetti diversi cui corrispondono situazioni e valutazioni diversificate.

5.
Da un certo punto di vista ci si può liberare facilmente dagli umanitari in senso stretto. Rispetto ad essi il discorso generale implica soltanto (si fa per dire) problemi relativi alla loro  corretta definizione, alle modalità di applicazione e di controllo  sull’osservanza.
Non si contesta mai il loro fondamento etico e l’obbligatorietà della loro applicazione. In realtà tutto quanto li concerne è costantemente disapplicato e ciò la dice lunga sul consenso formale che li circonda.

6.
Il problema diventa spinoso allorquando l’aiuto assume la forma sostanziale di un aiuto militare fornito da “ soggetti esterni “ allo Stato aggredito.
(Metto tra parentesi il caso  di volontari quale quello descritto nell’indimenticabile «Omaggio alla Catalogna» di Orwell). La tipologia più rilevante può assumere – e di fatto assume – forme diverse. Non si tratta di distinzioni neutre perché – come dirò nel dettaglio –queste diventano a seconda della loro  forma elementi estranei al conflitto 1 contro 1 e rappresentano  un’intrusione in esso di un elemento che interessa direttamente l’aggressore.

7.
Le modalità di questo intervento terzo  può assumere forme diverse  (fornitura di armi, intervento di Intelligence esterne all’aggredito…..etc ). Ne abbiamo esempi reali nel conflitto Russia – Ucraina.
Si può parteggiare per questo ingresso e vedere in esso – se   la ragione  corrisponde ad un aiuto reale ad una “causa giusta“ – ad una sorta di partecipazione etico/ideologica ad essa.

8.
Ma non sta qui il problema.  E’ utopistico pensare che l’aggressore originario….  “scusi l’intervento“ del terzo. in termini oggettivi esso è un allargamento del conflitto e come tale un mero fatto che è sottoposto al giudizio del fatto compiuto. L’allargamento del conflitto è – per le ragioni che ho detto  (interconnessione degli interessi in gioco nel tempo e nello spazio  della geopolitica) – certo. E questo panorama è drammatico se non addirittura tragico.

9.
Il famoso aforisma di von Clausewitz  che cito a memoria e salvo errori : “ la guerra è la continuazione della politica in altro modo “ potrebbe essere in qualche modo rovesciato   nel pradosso: La pace è la  continuazione della politica in altro modo.
Il filosofo Cacciari – in un intervento alla TV –ha illustrato in termini che giudico acuti e convincenti cosa si sarebbe dovuto  fare e che forse si può ancora fare. La strada è quella di una trattativa su quali sono i termini di un accordo tra belligeranti, una volta chiariti i confini di ciò che si può ragionevolmente proporre. Ne seguo le ragionevoli indicazioni.
Sconfitta della Russia e sostituzione della sua struttura dittatoria: pura folla.
Occupazione della Ucraina e istaurazione di un governo filo russo: delirio di stampo zarista e complesso di accerchiamento.
Ritorno della Crimea all’Ucraina: non praticabile (Le radici solidamente russe sconsigliano la soluzione che provocherebbe – se attuata e accettata (?)  dalla Russia – una fonte di disordini e conflitti.
Donbass: possibile un referendum autentico o cessione parziale  alla Russia secondo una mappa che selezioni la cessione e la conservazione a seconda della intensità  della presenza filorussa. Ovviamente cessazione delle ostilità e ritiro dell’esercito russo senza altri sacrifici territoriali ai danni dell’Ucraina.
Restano ovviamente da risolvere problemi pratici molto complessi necessari per la realizzazione  della conferenza di pace (luogo, tempi e soprattutto componenti la Conferenza di pace), punti sui quali non ho meditato  abbastanza per abbozzare una  qualche  indicazione plausibile.

10.
L’Italia, che nel suo aspetto e formazione   socio-culturale non è non stata mai pregiudizialmente ostile alla Russia,  potrebbe – finalmente – giocare un certo  ruolo che è totalmente mancato.
Un primo e utile contributo potrebbe  essere l’esercizio di una persuasione morale sull’ Ucraina suggerendo l’utilità e convenienza di un compromesso  nello stesso interesse dei sopravvissuti ad una possibile strage di subire qualche perdita.  Ne guadagneremmo anche noi.
Cosa importa che qualcuno strombazzi una raggiunta vittoria?

9 maggio 2022

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28 pensieri su “Russia-Ucraina. Tra princìpi teorici e prassi politiche in 10 punti

  1. Alberto Rizzi

    Qualche considerazione su alcuni punti dell’intervento di Giorgio Mannacio:
    Punto 1 – A meno che uno degli Stati coinvolti in una guerra non raggiunga gli obiettivi prefissati, la pace viene chiesta (al limite anche di comune accordo), quando i costi superano i benefici. In altre parole è una questione meramente economica.
    E teniamo presente che è quasi impossibile trovare una guerra che non abbia motivazioni economiche, in qualsiasi modo venga presentata; vale anche per le Rivoluzioni: ridistribuzione delle ricchezze, o nel caso della Guerra d’Indipendenza statunitense il rifiuto di pagare le tasse alla madrepatria.
    E anche in questo caso, se la protezione della minoranza russofona dalle violenze ucraine è stata presentata come casus belli, il vero motivo è la lotta economica del blocco economico anglo-americano (N.A.T.O.): che cerca di far fuori Europa e Russia (o almeno di indebolire significativamente quest’ultima), per avere mano libera con la Cina.
    Motivazioni politiche, o umanitarie, per quanto reali possano essere, servono solo a giustificare la scelta dell’azione bellica all’opinione pubblica, che ha bisogno di credere che i politici di riferimento si battano per ideali nobili.
    Venendo nello specifico all’Ucraina (e sorvolando sul fatto che Putin non è certo un santo), un Paese che ha una forte componente neonazista e che ha messo in piedi il “Myrotvorez”, cioè l’Ente che si occupa di schedare i “nemici del popolo” e possibilmente di farli sparire “Cile style”, non mi sembra che possa essere considerato un baluardo di libertà e di democrazia.
    Punto 9 – A prescindere dalla soluzione del problema russofono del Donbass e aree limitrofe, Cacciari e lo scrivente dimenticano che il vero nodo da risolvere, è quello dell’allargamento verso Est della N.A.T.O., in spregio ai trattati firmati tra Russia e Occidente negli scorsi anni.
    È quello il punto sul quale si dovrebbe intervenire diplomaticamente; ma – almeno da parte dell’Occidente – non ce n’è alcuna intenzione, almeno al momento, visto il vero scopo che ha per la N.A.T.O. questo conflitto.
    Punto 10 – È vero che l’Italia non è mai stata potenzialmente ostile alla Russia; e anzi sarebbe interessante ricordare il Governo Berlusconi fatto cadere con manovre speculative, perché il leader di Forza Italia era troppo vicino a Putin per i gusti dei filo-Atlantici.
    Però immaginare che l’Italia possa far sentire in maniera significativa la propria voce, è da anima bella della fantapolitica.
    Nello scontro per la svendita del patrimonio economico e umano dell’Italia tra le correnti filo-cinesi e quelle filo-N.A.T.O. hanno finora prevalso queste ultime, nella persona di Mario Draghi; non dimentichiamo che il Governo Conte fu fatto cadere, perché il premier non riusciva a venire a capo della litigiosità delle forze politiche che aveva raccolto attorno a sé, risultando poco affidabile nel ruolo di burattino che l’Italia doveva – more solito – giocare in questa partita.
    Immaginare che Draghi (o qualcun altro dei parlamentari italiani) si smarchi e si metta a capo di un’azione diplomatica efficace, cioè anche solo di mezzo metro distante dai diktat europei e della N.A.T.O. è, questa sì, pura follia.

  2. “Il “vantaggio“ teorico del modello che ho disegnato sta nel fatto di permettere – concettualmente e cioè come regola di comportamento – la coesistenza di diversi Stati in un livello minimo di reciproca tolleranza.”
    Si tratta quindi di un modello che assume degli individui, gli Stati, indipendenti tra loro.
    È un modello liberale.
    Le rotture di questo modello, come l’intervento russo detto azione speciale, in accordo col modello liberale evocato da Mannacio diventa una azione criminale.
    Data la difficoltà di sottoporre Putin a un tribunale internazionale (come la legge e la giustizia dello Stato regolano i rapporti tra gli individui-cittadini) ecco la proposta Cacciari-Mannacio di un’Italia consigliera, tutora della “minore” Ucraina a riflettere sul suo bene per intavolare una composizione del conflitto.

    Invece: solo ieri Cacciari rimandava a un’altra logica, non più liberale ma generale storico/metafisica. Se non c’è una perdita accertata non sostenibile la guerra continua. Detto altrimenti: se ognuna delle 2 parti (ciascuna con le sue componenti) mantiene le sue richieste antagoniste a quelle dell’altra parte la guerra continua fino alla distruzione delle forze di una delle due parti.
    La guerra è uno schema assoluto e totale: dura fin che si svuota dentro.
    Sta fuori dal modello liberale.
    Ed è nel modello guerra che siamo, più o meno ampio e coinvolgente, ma in quello.
    Naturalmente questo modello totale, storico-metafisico, poggia sull’antico umano conteso tra bene e male: le “pretese” delle due parti. La superbia, la ubris, il bene incarnato da ognuno contro il male rappresentato dall’altro.
    Il Tutto guerra e la coppia bene/male si sostengono a vicenda. Siamo nei guai: all’interno dei pretesi Stati indipendenti liberali e nel mondo cui -senza nuove possibili mediazioni tra essi- appartengono.

    1. Non dimentichiamo che se dal freddo punto di vista delle leggi, la Russia è di fatto l’aggressore, 8 anni di persecuzioni sulle popolazioni russofone “sponsorizzate” dalla N.A.T.O. e il suo allargamento verso Est, rompendo i trattati firmati con la Russia stessa, fanno pendere la bilancia della ragione dalla sua parte.

  3. Preciso: benché la partecipazione alla guerra generale sia crescente per il nostro paese, quello che già pienamente si tocca con mano è il disastro morale e psicologico interno: la divisione e lo schieramento/accuse nell’opinione pubblica e nel lavoro.

  4. piccolo problema: non dimentichiamo che su questa guerra abbiamo poche e afone informazioni serie, una propaganda smisurata (tutti i mezzi d’informazione schierati a bombardare i nostri occhi-cervello-cuore con immagini ad arte, notizie artefatte e pseudo analisi unidirezionali) e una pressione enorme su tutto il corpiciattolo politico.
    Una tale carica eversiva da rendere difficile accettare che sia emersa all’improvviso e non sia frutto di preparazione di lungo periodo)…
    In questa situazione basarsi sulle proprie emozioni, i propri ragionamenti e reazioni logiche è assai pericoloso, perchè inficiati in partenza da informazioni errate e stimoli mirati a tacitare la logica e la ragione.
    Come già col Covid c’è solo una risposta: informarsi, scavare, cercare elementi solidi.
    Anche perchè quelle che allora venivano chiamate frottole-‘fake news’ sono ora l’arma centrale dell’informazione ufficiale.

  5. Gente di Ucraina, Terra di Ucraina
    sua Storia Natura Cultura…
    l’infanta è contesa
    da due sè dicenti madri
    entrambe a sbranarla,
    la carne viva…
    Di Re Salomone al cospetto
    le degeneri madri
    non depongono le armi
    “che lei sia vinta o finita!”
    sempre in cenere dunque…
    Il Saggio,
    respinte le snaturate,
    entrambe,
    affidata a se stessa
    l’ Ucraina
    muoverà infine
    i suoi primi passi…
    Meglio libera orfana
    che vezzeggiata
    con macabri inganni

  6. @ A. Rizzi
    Ringrazio A. Rizzi per l’attenzione dedicata al mio testo e chiarisco alcuni punti:
    1.
    Non sono un’anima bella. Se meritassi questo appellativo ne sarei orgoglioso. Sono piuttosto uno scettico che cerca almeno qualche principio indiscutibile che valga nei rapporti tra tutti gli Stati del nostro universo. Penso di averlo trovato nel principio di libertà. Questa è la mia opinione. Nessuno Stato può invaderne un altro per mutarne la sua singolarità (confini, struttura e caratteristiche politiche, sociali e culturali) che intende – nella sua libertà – mantenere.
    La guerra diretta ad ottenere tali modificazioni è una guerra ingiusta e legittima e giusta è invece la resistenza.
    Ripeto: non si può polemizzare con me che ho sempre pensato e sempre sostenuto che la guerra è ingiusta anche quando si vuole “esportare la democrazia“. A fortiori, quando si vuole esportare la tirannide. Posto questo principio, Russia e USA per me pari sono, se e in quanto vogliano esportare una loro forma di governo e lo fanno con la guerra.
    Anche i conflitti interni ad uno Stato sono “problemi di struttura di quello Stato“ e non legittimano una invasione armata.
    Se questa legittima posizione di libertà non incide in modo reale sull’identità politica di altri Stati, non c’è altro se non una invasione illegittima.

    2.
    La difesa della propria identità, che spetta a tutti gli Stati aggrediti, deve cessare una volta cessata l’aggressione e non deve andare oltre. Non mi nascondo affatto la precarietà di tale distinzione,che mi sembra però ineccepibile e da verificare in concreto.
    Ci sono provocazioni che sono reali aggressioni e ragioni che sono pretesti, ma lo smascheramento non deve essere compiuto in base a pregiudizi. Ritengo che il fatto che uno Stato appresti le sue difese di fronte a determinati atteggiamenti bellicosi di Stati confinanti non mi sembra un intervento bellico e neppure una provocazione. Il caso Finlandia – a mio giudizio – va letto alla luce della storia più o meno recente della Carelia. La Svezia – da centinaia di anni pacifica e al primo posto per la difesa dei diritti civili – può stare tranquilla se ha come dirimpettaio il bellicoso Putin? Direi di no.

    3.
    A parte il fenomeno di adesioni di tipo individuale alla “causa dell’aggredito“, ho già espresso le mie idee teoriche sul sostegno all’aggredito da parte di Stati terzi. Se questo si realizza in modo sostanziale nella forma di fornitura d’armi e combattenti, il conflitto si allarga in quanto l’originario aggressore non ha di fatto aggredito lo stato terzo. Il carattere – magari altamente morale – dello Stato terzo non interessa lo Stato originario aggressore. Anche questo l’ho detto. A volte l’aiuto del terzo è “obbligatorio“, data l’esistenza di patti di mutua assistenza tra aggredito e Stato terzo ma ciò non interessa l’aggressore originario che vede solo l’aumento dei nemici da combattere. L’eventuale carattere altamente morale dell’intervento dello Stato terzo non interessa la Storia perché – lo ripeto – non sempre vincono i “migliori“.
    La Storia (il fatto compiuto) non è giudice ma giustiziere.
    Iniziata sconsideratamente una guerra scattano “meeccanismi quasi automatici“ di proliferazione e chi resta non è sempre il giusto.

    4.
    Condivido l’ opinione che dietro le guerre vi siano sempre interessi. Se è un’amara sentenza sull’economia umana, la si applichi a tutti gli Stati con buona pace delle anime belle.
    Vero è che, messo in moto uno schema bellico, di esso presto o tardi se ne perde il controllo.
    Si diventa anime belle solo nel residuale compito di adoperarsi per la pace IN MODO REALE.
    Ogni dittatore trova un dio o un suo dio o rappresentante che lo aiuti: Uomo della provvidenza, Gott mit uns, il Patriarca Kirilov, amico di Putin e clone di Filaret ricordato da Herzen. Kirilov, dimenticando che gli omosessuali contraddistinti da una fascia rosa al braccio venivano inviati nei lager dai Nazisti (vd Poliakov: Il Nazismo e lo sterminio degli ebrei, passim). Resta da chiarire come mai gli europei occidentali – tutti nazisti – convivano con i portatori della famigerata fascia rosa.

    5.
    In materia di Politica estera italiana sono drastico. Essa non è buona o cattiva. Semplicemente non esiste. Il Presidente Draghi ha – dunque – ereditato il nulla. Può e deve cominciare da esso.
    Una discussione civile – quale è la nostra – è prima di tutto spiegazione dei fatti e non semplice giustificazione di essi. Cercherò di darne qualcuna.
    Il nostro (italiano) rapporto con USA è stato sempre particolare.
    Sono vecchio (ho 90 anni), ho visto con i miei occhi il primo bombardamento di Milano (ottobre 1942) e sfollato nel lontano Meridione d’Italia in una regione che dava – allora- il maggior numero di emigranti negli USA. Molti miei compagni di scuola riuscirono a terminare gli studi e addirittura l’università grazie alle rimesse dei padri emigrati. Si sviluppò allora un corrente di gratitudine verso quello Stato americano non esente – peraltro – da qualche ironica ma cordiale battuta sul carattere un po’ facilone degli americani.
    L’apporto rilevantissimo della Unione Sovietica (e in questo l’eroica difesa di Stalingrado) non entrarono nell’esperienza fenomenologica della Liberazione e nell’immaginario collettivo ma solo più tardi. Nella Resistenza c‘è poca Russia e tra le foramazioni partigiane filorusse e le altre vi fu sempre un atteggiamento di sospetto se non di ostilità (vd Flores – Franzinelli: Storia della Resistenza, passim).
    Per quanto riguarda la mia esperienza personale (per quanto possa valere) ricordo che la gente festante applaudì sostanzialmente solo gli angloamericani. Statunitensi furono le prime sigarette postbelliche e addirittura la moneta (nome: AMLIRE). Seguì il noto Piano Marshall.
    Questa pervasiva presenza si manifestò anche – o almeno fu così per me – nella -scoperta della letteratura statunitense (Steinbeck, Dos Passos, Antologia di Spoon River…). Giovanissimo – grazie ad una ricca “Biblioteca domestica “ – mi ero accostato ai grandi scrittori russi apprezzandoli molto ma già come “classici“, cioè di un altro mondo.
    Aggiungo – in linea più generale – che da noi – tra i vincitori di lingua inglese – non vi era simpatia per la Russia (sovietica) ma sospetto, se non addirittura ostilità, legata quest’ultima al diverso assetto sociopolitico di quello che sarebbe divenuto il blocco occidentale.
    Sospetto e ostilità accresciute dalla considerazione della rapidità e forma che assunse nel tempo la
    “penetrazione dell’URSS nel corpo dell’Europa, penetrazione arrivata nel cuore di essa ( Porta di Brandeburgo !!!). In questa temperie si apprezzarono – in Occidente – scritti critici sul sistema sovietico (ad esempio, Buio a mezzogiorno del dissidente A. Koestler).
    Resta tema di indagine la ricerca di spiegazioni attendibili del dissolvimento del blocco sovietico e del ritorno, nelle varie nazionalità costituenti tale blocco, di un sempre più frammentato panorama di Stati nazionali, gelosi – secondo forme e intensità diverse – della propria inalienabile singolarità.
    E’ curiosa – ma lo dico senza alcuna ironia ed anzi con spirito di ricerca – la singolare presenza nella recentissima manifestazione di Mosca – della Bandiera Rossa col simbolo comunista della Falce e martello. Cosa ha in comune la Russia di Putin con la Russia sovietica?
    Sembra quasi che al programma comunista “Proletari di tutto il mondo unitevi” sia stato sostituito il più modesto “Russofoni di tutto il mondo unitevi”. Questa battuta può rappresentare un motore di
    ricerca pe qualche ragionamento più serio e articolato.
    Il dopoguerra ci mostra la comparsa sulla scena politica attiva d’Italia del PCI di Togliatti (Il Migliore), il più nutrito partito di ispirazione marxista d’Europa (se sbaglio, lo è di poco) e si sa quale fu la formazione politica verso cui si manifestò la “benevola“ influenza degli USA. Questo può essere stato – in misura più o meno rilevante – il punto iniziale e senza modificazioni del perdurante letargo italiano nella elaborazione di una nostra autonoma politica estera. Come è noto, seguì la sconfitta del PCI da parte della DC e un “naturale“ aumento dell’influenza USA.
    La vittoria DC sembrò dare un sigillo di intrinseca validità alla scelta politica appoggiata dagli USA. Vogliamo aggiungere l’intrinseca debolezza bellica ed economica del ns Stato? Non giustifico ma cerco spiegazioni cioè nessi reali tra eventi-causa ed eventi-effetti.
    Per concludere questi pensieri alla rinfusa, dirò a Rizzi (che saluto) che qualche ricordo in più su sanguinosi conflitti spalleggiati dalla Russia potrebbero – forse – pesare un po’ di più a sfavore di Putin. Ribadisco che la mia precisa contrarietà a quelli americani risulta chiara dall’ incipit del mio testo. Ovviamente non gli rimprovero di non averlo considerato prima di conoscerlo.
    Giorgio Mannacio.

    Addenda
    All’amica Cristiana dico: per carità, non scriva Progetto Cacciari – Mannacio (!). Non merito tale accostamento. Ho solo seguito una traccia elaborata da Cacciari, filosofo che stimo e il cui ragionamento mi è parso lucido e persuasivo.

    1. @ Giorgio Mannaccio:

      Chiedo scusa per il ritardo, ma le sue considerazioni hanno bisogno di una risposta articolata; anche se sono quasi certo che me ne scapperanno alcuni punti. Inizio dal fondo, facendo notare come non ci si possa aspettare da un servo (Draghi) una qualsiasi scelta autonoma: Draghi è l’esecutore degli ordini di quella fazione (filo-Atlantista e anti-russa e anti-cinese), che sta acquistando in svendita l’Italia, grazie alle restrizioni imposte “causa Covid”.
      Se questa fazione ordinasse domani a Draghi di invadere il Senegal, costui troverebbe di sicuro una scusa che risulterebbe plausibile agli ormai esausti neuroni degli italiani.

      Prendere atto di questa situazione, è il primo passo per accettare che non c’è alcuna possibilità di far pendere il popolo italiano per il versante pacifista. O, per meglio dire, che l’italiano medio è ormai talmente teleguidato nei comportamenti e nelle scelte sociopolitiche, che l’amore per la pace gli esploderebbe in cuore solo a comando; ovviamente dall’alto.
      Accettando ciò, si accetta anche l’idea che non è possibile “operare per la pace” in modo reale, almeno prendendo in considerazione i grandi numeri della popolazione di un Paese: perché temo che questo ragionamento valga più o meno anche per le altre Nazioni. Ci ricordiamo delle giovani inglesi che dal molo salutavano in topless i soldati in partenza per le Falkland?

      Analizzare perché ciò non sia possibile è fatto piuttosto complicato e che conduce – a mio parere – a prendere atto che non è stato compiuto quel salto evolutivo, che permetterebbe di ottenere ciò.
      Dubito che si sia anche mai provato a farlo, perché se analizziamo tempi passati e aree del Pianeta diverse da queste, non sembra che le cose cambino di molto.
      Sappiamo che le società guerriere provenienti da Est scalzarono quelle matriarcali presenti nel mediterraneo; ma la presenza di donne guerriere e la pratica di sacrifici umani fanno capire, per quel poco che se ne sa, che tali società dovevano essere più equilibrate, ma non esenti dalla scelta di queste soluzioni. Né andando lontano alla ricerca di una mitica età dell’oro, possiamo immaginare che le cose siano andate tanto meglio: nel suo piccolo (numericamente parlando) la sostituzione dei Neanderthal da parte dei Cro-Magnon non fu propriamente indolore.
      In altri continenti lo scenario cambia di poco: è vero che nell’Africa Meridionale, fino all’ascesa degli Zulu di re Chaka le guerre tribali erano poco più che avvenimenti rituali; ma si tratta di un’eccezione; e per quanto riguarda le Americhe precolombiane, sappiamo che pure là ci si menava alla grande.

      A mio parere l’unico modo per far compiere all’uomo detto salto di qualità, sarebbe tramite l’istruzione: ma se rimaniamo in Italia, non è possibile chiedere questo a una classe politica che dagli Anni Ottanta ha pianificato una società basata sull’analfabetismo funzionale, progetto giunto a compimento proprio in questi ultimi anni.
      Vero è che le imposizioni portate aventi negli ultimi due anni, hanno portato alla nascita di molti tentativi di scuola privata, che speriamo si consolidino con il prossimo anno scolastico: e poiché questi tentativi si basano tutti su teorie meritocratiche, ma non competitive, è facile che chi ne uscirà, avrà una marcia in più in questo senso.
      Ma questo dovrebbe anche far capire che si tratterà di soluzioni a breve, se non brevissimo raggio: in altre parole permetteranno ai singoli individui di gestire e disinnescare i conflitti nel ristretto ambito del proprio gruppo; ma non ci sarebbe storia di fronte alle decisioni di uno Stato, la cui maggior parte di abitanti – oltretutto – è sempre più scarsamente dotata di capacità critiche.

      Veniamo al concetto di “anima bella”…
      Vede, speculare sui limiti di uno Stato, può avere una sua utilità a prescindere dal potervi intervenire o meno; ma dovrebbe essere calato nella realtà dei fatti.
      E allora mi permetto un piccolo esempio (piccolo proprio perché a piccolissima scala) riguardo a quanto lei ha scritto nel punto 1, sui “conflitti interni che non giustificherebbero un’invasione”.
      Mettiamo perciò caso che lei viva in una di molte villette a schiera; e che in una di queste villette viva anche un suo parente. Tale parente si trova nella spiacevole situazione di essere vessato da un vicino, al punto tale che un bel giorno ne viene a torto aggredito.
      Lei che è abbastanza vicino da vedere tutto e da poter intervenire, che fa?
      Certo, può tentare di dialogare con l’aggressore (e intanto il suo parente se le prende); oppure può chiamare la Polizia, che equivale a far intervenire uno Stato terzo (e intanto il suo parente se le prende); e può anche decidere di prendere un robusto bastone e intervenire.

      Ecco, io credo che discutere astrattamente sui massimi sistemi, senza collegarsi alla realtà possibile (non mi riferisco quindi solo alla guerra in corso), cosa che porta alla conclusione che non è possibile intervenire positivamente, perché se no il problema sarebbe stato risolto da secoli, sia un comportamento da anime belle.
      Perché la conseguenza è quella di distogliere energie dalla costruzione di strutture alternative a quelle attuali: che ci permettano almeno un’ipotesi di sopravvivenza, dovessero finalmente crollare. E se c’è una cosa che non sopporto, quella è lo spreco.

  7. L’ho chiamata “proposta Cacciari Mannacio” solo per distinguere quella proposta (di Cacciari ma mi pareva condivisa da te Mannacio) da quella successiva di Cacciari stesso, arreso di fronte alla scelta irrimediabile di non cedere nulla, quindi di guerra continua.

  8. @ Giorgio Mannacio

    “”E’ curiosa – ma lo dico senza alcuna ironia ed anzi con spirito di ricerca – la singolare presenza nella recentissima manifestazione di Mosca – della Bandiera Rossa col simbolo comunista della Falce e martello. Cosa ha in comune la Russia di Putin con la Russia sovietica?””

    Alcune cose, così tanto per ricordare:
    1) La Russia (allora U.R.S.S.) subì la più grave perdita di vite umane a livello mondiale fra civili e militari (25 milioni) per portare il mondo intero alla vittoria sui nazisti nella 2^ guerra mondiale. E, non per caso, la parata del 9 maggio a fronte di quella ricorrenza viene aperta da portabandiera che portano il simbolo di quel vessillo che fu issato in cima al Reichstag a Berlino dopo la capitolazione della Germania all’Armata Rossa. E siccome la parata storica del 9 maggio festeggia quell’evento, non può certo tralasciare la spinta ideologica che portò molti combattenti a sacrificarsi non solo per la loro patria ma per il mondo. E in quella parata sfila anche il Battaglione Immortale, ovvero una moltitudine di cittadini che con le foto dei loro cari caduti in guerra mostra il dolore che le guerre portano con sé.

    2) Tanto per ricordare l’altro Alleato. Dal discorso di Truman:

    – “Poco tempo fa un aereo americano ha lanciato una bomba su Hiroshima e ha abbattuto la sua potenza sul nemico. Questa bomba ha una potenza superiore a quella di ventimila tonnellate di TNT. I giapponesi hanno cominciato la guerra dal cielo a Pearl Harbor. Ma hanno pagato duramente. E non si è ancora raggiunta la fine”.
    (Omettendo, ovviamente, tutti i retroscena legati all’attacco di Pearl Harbor. E, ovviamente, dichiarando che la ‘fine’ sta nelle mani degli USA)

    – “Con questa bomba noi abbiamo ora aggiunto un nuovo e rivoluzionario avanzamento in termini di forza distruttrice, integrando così il crescente potere delle nostre forze armate”.

    – “Queste bombe sono attualmente in produzione nella loro presente forma. E forme ancora più potenti sono in fase di sviluppo. Si tratta di una bomba atomica. Si tratta dello sfruttamento del potere fondamentale dell’universo. La forza da cui il sole trae energia è stata lanciata contro coloro che hanno provocato la guerra in Estremo Oriente”.
    (Ovvero di chiunque osi mettersi contro gli Stati Uniti: la forza – buona – del Sole sarà trasformata nel dardo con cui verranno eliminati i nemici)

    – “Abbiamo speso più di due miliardi di dollari sulla più grande scommessa scientifica della storia. E abbiamo vinto. Ma la più grande meraviglia non è la dimensione dell’impresa, né la sua segretezza, né il suo costo, ma che grandi menti della scienza siano riuscite a raggiungere un tale obiettivo”.
    (Ecco, in questo discorso ci sta tutto: anche la cosiddetta neutralità della scienza! Come dire “Il lupo perde il pelo ma non il vizio”)

    Il lancio delle bombe atomiche sul Giappone sarebbe stato deciso dagli Stati Uniti anche per avere una posizione di vantaggio nei rapporti diplomatici con l’Unione Sovietica a guerra terminata e pure un avvertimento a Stalin: “non ti allargare troppo!” Si sarebbe così trattato, come è stato anche scritto, del primo atto della guerra fredda e non dell’ultimo della guerra combattuta. Oggi, ironia della Storia ci troviamo di nuovo all’interno della guerra combattuta. E ancora una volta ciò avviene in modo subdolo, per interposto caso o persona come è abitudine degli USA. Attraverso l’esportazione di armi sofisticate (mica le danno via per una pipa di tabacco!) e di gas liquido sono gli unici che ci guadagnano da questa guerra, cercando di risollevarsi dalla crisi che sta coinvolgendo tutti i paesi, esigendo un nuovo riassetto a livello mondiale. Posso pormi delle domande e ricordare ciò che disse l’indovino Laocoonte ai Troiani: Timeo Danaos et dona ferentes (Temo i Greci anche quando portano doni) sconsigliandoli di aprire le porte di Troia agli Achei. Ma gli Dei (che come disse Tucidide parteggiano non per il più giusto ma per il più forte) fecero uscire dalle acque dei grossi serpenti, dei Dragoni, che lo soffocarono.
    Se poi al pesante avvertimento militare del 1945 ci aggiungiamo, nel 1947 l’operazione culturale voluta dal Congresso degli Stati Uniti (il cosiddetto maccartismo) contro tutto ciò che poteva essere in odore di ‘comunismo’ e che creò nel paese un pesante clima di isteria e sospetto che colpì non solo i comunisti, che peraltro erano una sparuta minoranza, ma soprattutto molti progressisti, intellettuali prevalentemente, la cui unica colpa era quella di credere ai principi di libertà e di democrazia, possiamo capire bene come il nemico giurato non sia Putin ma un modello culturale che deve essere cancellato. Nessun altro Dio all’infuori di me!

    3) “Nella Resistenza c‘è poca Russia e tra le formazioni partigiane filorusse e le altre vi fu sempre un atteggiamento di sospetto se non di ostilità”.

    Sono d’accordo. Con prove documentali posso anche asserire che partigiani comunisti non solo furono oggetto di ostilità ma di imboscate da partigiani di altre fazioni politiche per le quali era importante solo liberarsi dall’invasore mentre i comunisti avrebbero voluto introdurre l’idea di organizzare un mondo diverso.
    E così si passò da un invasore ad un altro, solo apparentemente meno feroce perché schermato dietro la ‘faciloneria’ (come bonariamente la chiama G. Mannacio) ma che di fatto è una cecità nei confronti del destino degli altri (che significherebbe fare collegamenti fra passato, presente e futuro).
    So che c’è della retorica in tutto, anche nella parata di Mosca del 9 maggio. Ma preferisco una retorica che mi riagganci alla storia e alla memoria piuttosto che ad una retorica ambigua attraverso la quale dietro le mentite spoglie di ‘esportazione di libertà, di democrazia’ si sono portati avanti interessi ‘particulari’ lasciando sul campo distruzione e morte.
    Sia chiaro. Anch’io mi sono appassionata della cultura americana in tutte le sue forme. Passione che è una specie di previlegio che appartiene ad un certo ceto sociale per cui si può parlare, discettare ecc. ecc. Ma tengo d’occhio anche le scelte politiche ed economiche che coinvolgono invece altri strati della popolazione. E che non tornano a loro vantaggio. E’ lì che non ci sto.
    Senza chiamarmi ‘populista’.

    1. A me pare che con vari distinguo e precisazioni (credo sincere) Giorgio[Mannacio] alla fine volge il bastone verso gli USA e – allo stesso modo – Rita [Simonitto] lo fa pencolare verso la Russia.
      Non vi pare il dilemma (serio, forse tragico) di Arlecchino indeciso tra quale dei due padroni servire?
      Il problema è che i loro Ideali, che dovremmo abbracciare, sono o in forse o reazionari.

      1. In superficie il problema è reale. Ma, a scavare appena un pò, non ricorriamo ad Arlecchino – se non vogliamo ridiventarlo.
        Si tratta di schierarsi COL RISCHIO DI PERDERE sull’alleanza scelta.
        Invece nella guerra tra Usa e Russia sulla scena europea -divisa tra ovest ed est- la politica e i media si barcamedino.
        La terribile FORZA da sconfiggere culturalmente, benché oggi in balia della forza già siamo… (congiuntivo),
        dovrebbe implicare una alleanza attiva.
        Già decisa?
        O sbagliata?
        Qui siamo a Rhodus hic salta mi pare ma chi lo vuole vedere?

      2. Ragionare sulle cause e sulle responsabilità di un determinato avvenimento , è una cosa; e mi sembra il minimo, visto che tale avvenimento ci condizionetà sempre più pesantemente la vita. E da tali ragionamenti si può scegliere se schierarsi o no, e se farlo in toto o solo parzialmente.

        Ma fare questo è cosa leggermente diversa dal divenire il servo di qualcuno (possibilmente il vincitore), anche se questo è il primo pensiero che passa per la testa alla maggioranza degli italiani; e quindi l’essere un po’ prevenuti,
        ci sta.
        Ma soprattutto non è per nulla una conseguenza automatica dall’attribuire la ragione a una parte o all’altra.

  9. Caro Ennio,
    mi spiace che l’attenzione sia stata spostata sul ‘dilemma’, oltretutto chiamando in causa in buon Arlecchino “servidor de do paroni”. E forse è il tracciato che abbiamo sempre percorso, almeno qui in Italia, dove il prendere posizione, argomentare è stato confuso con l’essere partigiano, ideologicamente o visceralmente orientato. Oltretutto, utilizzare il ‘dilemma’ (che, come ben si sa, a differenza del ‘conflitto’, non ha soluzione alcuna perchè i due termini si escludono a vicenda) è un metodo capzioso che tende a distogliere dal problema e dai processi ad esso legati.
    Quando Macron dice “non si può umiliare Putin”, forse ha qualche resipiscenza a fronte dell’umiliazione che fu inflitta alla Germania con i trattati di Versailles, post 1^ Guerra Mondiale, umiliazione che portò poi agli esiti nefasti che ben conosciamo? Non per questo dico ‘viva Macron’, sto solo mettendo assieme dei tasselli.
    Quindi non era mia intenzione mettere a confronto Russia e USA, nella ricerca di una captatio benevolentiae a pro dell’una o dell’altra parte.
    Ho specificato che ci troviamo in una situazione di forte irrequietezza e turbolenza in un sistema mondiale che deve ripristinare degli equilibri economici e geopolitici. Dopo il fallimento del globalismo – non vedo analisi in merito a questo fallimento ma forse sono poco attenta – i vari capitalismi si devono aggiustare trovando nuove sfere di influenza e in questo contesto forse era utile non tanto capire da che parte stare ma quali sono gli attori in campo e cercare di fare ipotesi sul come tendono a muoversi, coniugando esperienze del passato con quelle presenti.
    Non mi sono mai asservita a nessuno e non incomincerò certo adesso con l’ultimo fiato di vita che mi rimane. Voglio ancora fare affidamento al pensiero critico. E, a ragione, non spingerò alcuno ad abbracciare Ideali: mi limito a riferire ciò che osservo e che cerco di interpretare.

    1. @ Simonitto

      Cara Rita,
      cancello senza problemi il riferimento al nome di Giorgio[Mannacio] e al tuo ma il dilemma (o problema) resta. Le propagande contrapposte stanno giocando le loro carte per trasformare una preferenza o simpatia o “affezione” verso l’uno o l’altro di questi simboli (gli Usa e la Russia) in una scelta politica o in un consenso attivo a favore delle loro strategie o scelte tattiche di dominio (invio di armi all’Ucraina per difendersi dall’aggressione russa; rinuncia o resa dell’Ucraina per evitare l’escalation verso una guerra atomica).
      Può non piacere la figura di Arlecchino che ho evocato. Tuttavia, sia che si riesca o no a capire qualcosa in più dello scontro tra i vari attori (e, dunque, se vincerà ancora l’unipolarismo USA o se si affermerà il multipolarismo; o se sia meglio – per l’umanità futura – un “quasi impero” di un’unica potenza o una spartizione del mondo tra varie potenze), come Stati nazionali, come UE e come singoli individui pensanti (per quel poco o nulla che contiamo) le opzioni mi paiono tre. Ci si schiera: 1. a favore degli Usa (con tanto di precisazioni); 2. con Putin (con tanto di precisazioni); 3. contro Biden- Zelensky e contro Putin (con tanto di precisazioni).
      Io, richiamandomi a Lenin e a Fortini («Otto motivi contro la guerra», 1990), preferisco tuttora questa terza posizione. Con la precisazione che ho fatto: sia Biden che Putin vogliono e accettano di fare guerra; e la guerra è il massimo impedimento posto ad ogni rivoluzione possibile e auspicabile, qualunque sia il nome che potrebbe oggi prendere.

      AGGIUNTA (ore 21,55)
      FB sarà comunicazione-spazzatura ma fa vedere in concreto il condizionamento dei “persuasori occulti” (Vance Packard, ricordate?) statunitensi e russi e dei loro ventriloqui nostrani. Gli schieramenti contrapposti sono all’opera e eseguono gli spartiti, non senza variazioni personali e originali. Ne escono anche litigate tra personaggi di rilievo nei mass media e tra ex compagni. Due esempi: – la rottura tra Furio Colombo e Marco Travaglio (https://www.micromega.net/furio-colombo-lascia-fatto-quotidiano/?fbclid=IwAR0D4HpliuQfTntS1b2RbEzAG3vQBG2Qkht117mYoZ9v-DHwSVfus7YSK9o); – loscambio di accuse risentite e deluse tra Pierluigi Sullo e Marco Revelli, una vola fondatori della rivista Carta, attiva negli anni ’80 (https://www.facebook.com/pierluigi.sullo/posts/5332571633467383)

  10. @ A tutti.
    Saluto R. Simonitto e chiarisco. Il termine facilone non ha – nel contesto – alcuna valenza politica. E’ la traduzione in termini meno volgari di una espressione usata da alcuni ex emigrati a commento di alcuni comportamenti americani giudicati stupidi. La letteratura americana è da me citata come ulteriore esempio di influenza degli Usa sull’Italia. La citazione sulla bandiera rossa è rispettosa ma perplessa. Accetto le osservazioni di Rita. E’ comprensibile che il periodo sovietico sia conservato come memoria storica di un tempo significativo della storia russa. Ha ragione lo storico greco nel distinguere tra vittoria del valore e vittoria della forza/violenza. Quello che mi trova contrario in linea di principio all’intervento militare russo (guerra) è il fatto che l’aggressione russa ha fatto perdere l’innocenza anche all’aggredito e ai suoi sostenitori. Si poteva pensare che la Nato non accusasse il colpo? Ha ragione Rita quando osserva che questo non è schierarsi ma cercare di capire.

  11. credo che le dinamiche che hanno portato alla guerra in atto erano in corso già da tempo e che neanche l’Ucraina, ma intendo i capi di governo non la popolazione, fosse innocente, come gli alleati pronti ad approfitarsi dell’occasione per portare avanti i loro giochi di potere e di interesse a giustificare l’ampliarsi del conflitto armato, con tante vittime, quelle si’ innocenti…Ora si celebra il processo di un giovanissimo soldato russo per crimini di guerra, mentre i ben piu’ potenti criminali, i decisori, continuano indisturbati, vedi incensati, la loro macabra farsa di difesa “di diritti e di valori”…
    Non mi schiero proprio, mi chiedo solo chi sarà il primo a lanciare la miccia nucleare sull’intera Europa e visto che si tratta “solo” del nostro territorio, “solo” della nostra gente, mi viene in mente questo proverbio:
    dagli amici mi guardi dio che dai nemici mi guardo io…
    In realtà tutto si muove sulle nostre teste e noi piccoletti possiamo ancora ragionare ma non fermare la smisurata macchina da guerra

    1. È così Annamaria, di nuovo -e sempre?- il gioco di potenze si svolge sulla testa della gente comune – quella che riproduce l’umanità che non è ancora finita… Una specie di gara tra chi la riproduce e chi la distrugge…
      Ma come? Non vi rendete conto, dicono le potenze (che si appropriano di tutto), che il fatto che mangiate, vi vestite, viaggiate, pensate (morite, vi sciancate… votate, uccidete) dipende dallo sviluppo della civiltà che noi, le potenze, regoliamo e garantiamo?
      Siete quelli della decrescita? Volete tornare al primitivismo preistorico? Poveri idioti delle fantasie sull’Eden, sull’età dell’oro originaria che non è mai esistita!
      E come no? E non hanno ragione? O mangi questa minestra o salti dalla finestra.

      Peccato che questa rincorsa alla scienza e al progresso sia privatizzata dal capitalismo occidentale, che altri sistemi di interrelazione umanità-natura siano condizionati dall’attuale dominio del capitalismo occidentale anche dove altri sistemi politici hanno tentato di immaginare altre strade… Io stessa che vivo in un bosco quasi azzerando i bisogni ho però una piccola pensione che mi sostiene oltre l’orto e i polli…
      La certezza netta di essere in trappola è sicuramente relativa al mondo sempre più circoscritto e rosicato in cui vivo.
      C’è un altrove terrestre? O il mondo intero ha questo confine ideologico di ferro?
      Ecco il vero passaggio del colosso di Rodi, ma io conosco solo la sponda su cui poggia uno dei due piedi: l’altro dove poggia? In questo mondo o nella fantasia? In un futuro di cui si vedono i germi… o in aria?

  12. si’ Cristiana, non me la sento di essere riconoscente a questo mondo capitalistico o pseudo eden…il malessere è evidente anche dove la guerra vera e propria non c’è ancora e la punta di diamante la vivono i giovani stressati e disorientati, senza reali prospettive…Secondo me siamo entrate nel caos e non da oggi. Prevedere gli scenari futuri credo sia molto difficile ma, volendo essere speranzosi, per una società piu’ giusta i tempi si prospettano lunghissimi. E’ esistito qualche modello positivo nel passato e pure nel presente, ma molto isolati, tuttavia questi ultimi vengono facilmente risucchiati dal sistema globale con il suo braccio armato…

  13. @ Ennio
    “Cara Rita,
    cancello senza problemi il riferimento al nome di Giorgio[Mannacio] e al tuo ma il dilemma (o problema) resta. Le propagande contrapposte stanno giocando le loro carte per trasformare una preferenza o simpatia o “affezione” verso l’uno o l’altro di questi simboli (gli Usa e la Russia) in una scelta politica o in un consenso attivo a favore delle loro strategie o scelte tattiche di dominio (invio di armi all’Ucraina per difendersi dall’aggressione russa; rinuncia o resa dell’Ucraina per evitare l’escalation verso una guerra atomica).”

    Scusami, Ennio. Rimango basita dal tuo “Cancello senza problemi….”: ma che cacchio stai a ddì?” E chi ti chiede di cancellare niente! Volevo solo sottolineare che il ‘modello’, spesse volte utilizzato, del dilemma (o questo o quello) rappresenta un mezzo per non affrontare un problema. Non mi sto riferendo a te!!!!!
    Comunque riprendo il tuo passo: “Tuttavia, sia che si riesca o no a capire qualcosa in più dello scontro tra i vari attori (e, dunque, se vincerà ancora l’unipolarismo USA o se si affermerà il multipolarismo; o se sia meglio – per l’umanità futura – un “quasi impero” di un’unica potenza o una spartizione del mondo tra varie potenze), come Stati nazionali, come UE e come singoli individui pensanti (per quel poco o nulla che contiamo) le opzioni mi paiono tre. Ci si schiera:….”
    Tu ti richiami, giustamente a Lenin (di Fortini conosco poco) il quale richiamava all’analisi concreta della situazione concreta. Concretezza che oggi invece non c’è. Tant’è che tu parli di ‘ipotesi’, tutte ancora sul campo, però, nello stesso tempo, preconizzi un “Ci si schiera”. Che ne sappiamo oggi se ci sarà un unipolarismo USA oppure cinese? Che ne sappiamo in che veste socio/politica/economica si può presentare un eventuale multipolarismo? Perché non ci si fa carico invece ad abituare le persone a pensare (habitus al quale sono state dissuase dalle ideologie che ‘pensano per loro’) invece che stimolarle a schierarsi?
    Io mi con-muovo quando mi sento partecipe ad un gruppo, ad una ‘schiera’. Ma ho una (credo ‘sana’) resistenza ad essere coartata.

    1. farsi carico di abituare le persone a pensare… Sicuramente su abitudini a pensieri collaudati! Nessuno qui sta appena cominciando a pensare ma abbiamo già sistemi di pensieri, ideologie (senza senso spregiativo) adeguate all’esperienza -storica e personale – che ci appartiene. Perciò: in una congiuntura storica arditissima, di imperi in formazione e in decadenza *a livello planetario*, abbiamo realmente sistemi di pensiero adeguati a comprendere e discriminare gli avvenimenti? O siamo costretti a scegliere (essere partecipi di un gruppo non implica forse e comunque qualche atto di scelta?) in base a elementi di conoscenza (che riguardano etica, storia e politica) personali, individuali? Per esempio: in riferimento all’Europa? E stando in Europa come? La Russia parte anche di Europa o solo dell’Asia? (In Asia la Terza Roma come può riconoscersi?)
      Io ondeggio, leggo delle idee di Putin ma so anche che ha detto che non si ricandiderà nel 2024 (lo ha scritto Alberto Negri). Certi appoggi ideali all’Ucraina mi sembrano fanatici, la storia dell’Ucraina unita è recente, e pare sensato ritenere che abbia una doppia componente “nazionale”. Insieme all’invasione russa non c’è anche una guerra civile ucraina? (Infatti viene naturale ad alcuni rapportarla alla nostra resistenza.)
      In sostanza mi chiedo e ti chiedo: stimolare e abituare le persone a pensare non è proprio quello che succede, che sta succedendo? Produce forse conoscenza certa e approfondita che con-muova libera-mente? O comunque le povere ideologie, che sono il patrimonio personale che ognuno faticosamente si è costruito, quelle ci faranno scegliere?

    2. @ Rita [Simonitto]

      Credo che tutti – in teoria – vorremmo « capire qualcosa in più dello scontro tra i vari attori» di questa (strana e complicata) guerra: gli Usa, la Russia, la Cina, l’Europa. E ci piacerebbe disporre di una leniniana «analisi concreta della situazione concreta». Ma, appunto, come dici, questa analisi manca («Concretezza che oggi invece non c’è.»). E allora? Molto semplicemente io penso che – con maggiore o minore consapevolezza – siamo per alcuni versi tutti già *schierati*. (E quindi la mia era una constatazione. Non c’è nessun bisogno di stimolare le persone a schierarsi). Siamo già schierati, perché abbiamo, come ho già detto, «una preferenza o simpatia o “affezione”» o un immaginario che ci fano propendere verso l’uno o l’altro dei contendenti. O ci fanno ( la terza posizione) essere ostili agli uni e agli altri dei contendenti. Siamo già schierati, perché anche quelli tra noi, che hanno una «sana resistenza» a essere coartati, farebbero bene a prendere atto che non sono in grado di ribellarsi nei fatti; e che sono stati *schierati* da parte dei propri governi indipendentemente dal loro consenso ( quasi se fosse tornato in vigore il vecchio principio del «cuius regio eius religio»). Ci sono altre possibili posizioni? Non mi pare. Quella di «abituare le persone a pensare» rientra in una delle tre posizioni che ho delineato. E nessuno può illudersi che, sospendendo il giudizio (fino a quando?) in attesa di capire di più, non stia nel frattempo in una o nell’altra schiera dei «coartati». Se, come ha scritto Rizzi in un commento, Draghi è un «servo», lo siamo anche noi, che come italiani e europei siamo – malgrado i sondaggi che confermano una maggioranza (genericamente)_ ostile alla guerra – stati schierati dai nostri governi contro Putin e con Biden. La pretesa individualista di presentare il proprio sentirsi liberi (col pensiero, nelle intenzioni, nei desideri) come un essere effettivamente liberi non mi convince.

  14. Mi sembra che si tornino a rivangare dubbi e dilemmi che avevo pensato superati ne ‘un ultimo carnevale’, soprattutto perchè, come giustamente dice Rita Simonitto, occorre sempre rifarsi all’analisi concreta prima di porsi dilemmi morali.
    E l’analisi concreta (per le fonti rimando a quello scritto) dice alcune cose precise:
    – Putin non c’entra nulla, e parlare di lui (per non dire poi di ‘imperialismo russo’) è fuorviante: è solo un topo nel labirinto costruito da altri.
    – l’ideologia, sia essa socialista o americanista, è anch’essa solo un prestito a una campagna pubblicitaria che ripercorre i toni di Radio Europa Libera e delle campagne berlusconiane esasperati a toni grotteschi. Il tutto spolverato con una salsa che mescola ‘nuovi filosofi’ e padre Pio. Quand’ero piccolo certi spettacoli si vedevano solo allo Smeraldo, ora sono le prime pagine di quotidiani e TV.
    – Biden, con tutti i suoi smisurati poteri, ha dei fantasmi alle spalle a cui rispondere, in parte incarnati nella malefica Hillary, che si chiamano armi e petrolio. La guerra cui ha costretto la Nato è solo un intermezzo nella Grande Guerra contro la Cina, e ha avuto già una prima vittoria, la dissoluzione dell’Europa, obiettivo cui tutti i presidenti americani avevano lavorato da vent’anni a questa parte.
    – la Russia ha già perso: esclusa dall’Europa e costretta ora a fare da vassallo alla Cina. Il che è parte anche della dissoluzione dell’Europa. Cosa succede poi in Ucraina è diventato irrilevante. A meno che gli USA siano così idioti e irresponsabili da spingere la Russia a usare la bomba. Che è l’unica variante diversa dalla guerra nel Peloponneso, dove, come ci ricorda Canfora, Sparta attaccò ma non era l’aggressore.
    – Rizzi rispolvera il luogo comune dell’uomo aggressivo e guerrafondaio, anch’esso uno dei miti infondati construiti nel ‘700 ma smentiti dall’antropologia moderna (Graeber). Ma quello che è intrinsicamente aggressivo e guerrafondaio è solo quella trappola che ci siamo costruiti che si chiama capitalismo.
    – In conclusione, per rispondere ad Ennio, l’unico schieramento che vedo possibile è riunirci tutti insieme e schierarci in file parallele sulle schiene dei nostri governanti vicini e lontani..fino a farli soffocare.

  15. @ Cristiana

    “In sostanza mi chiedo e ti chiedo: stimolare e abituare le persone a pensare non è proprio quello che succede, che sta succedendo? Produce forse conoscenza certa e approfondita che con-muova libera-mente? O comunque le povere ideologie, che sono il patrimonio personale che ognuno faticosamente si è costruito, quelle ci faranno scegliere?”

    Le ideologie hanno inizialmente una utilità necessaria in quanto devono sostenere e pubblicizzare una certa idea/immagine del mondo. Alcune di queste idee sono ‘rivoluzionarie’, altre invece ‘regressive’, ovvero vogliono ritornare a condizioni precedenti ipotizzate come migliori. Poi succede che queste idee si ipostatizzano e non sono più suscettibili ai cambiamenti che la realtà mutevole impone, perché ciò potrebbe portare all’avvento di idee nuove. I soli ‘cambiamenti’ che vengono tollerati sono all’interno della idea stessa, producendo più ‘rimuginamenti’ e rimasticamenti che trasformazioni. Assistiamo dunque a: “quanto è stato affermato da… a pag. … andrebbe invece inteso…. così come sostenuto da… in un convegno a…”. E, in queste situazioni, la realtà viene utilizzata come supporto alla tesi sostenuta, ovvero le viene messo sopra un ‘cappello teorico’. Qui il pensiero – che per sua natura dovrebbe muoversi agilmente e soprattutto operare come un ‘ascensore’ che dai piani bassi (la realtà) ci porta ai piani alti (le ipotesi) e viceversa – è paralizzato e rimane bloccato a qualche piano e non può assolvere ad alcuna funzione. Se non ci piace questa metafora casereccia seguiamo il suggerimento del filosofo Husserl che, pur sostenendo la famosa epochè, poi auspicava il ritorno dalla astrazione alla realtà concreta.
    Invece la nostra cultura è rappresentata da intellò che sembrano essere coinvolti a sfornare in continuazione dottissime Tesi di Laurea, con pagine e pagine di Note a margine, di citazioni (a volte anche ‘merce di scambio’: “io cito te e tu citi me”). E nel frattempo la realtà se ne impippa di tutto ciò e veleggia indisturbata per i fatti suoi. E così oggi ci troviamo come tordi alla graticola, nel bel mezzo di una crisi planetaria a fronte della quale, invece di attivare domande, ipotesi, attingendo, sì, ai pensatori del passato ma non investendoli di ‘sacralità’, andiamo a riesumare concetti morali (il Buono e il Cattivo), valori trattati come Assoluti ma che invece mostrano la loro relatività (Libertè, Fraternitè, Egalitè) e quant’altro. Mettici pure un pizzico di ‘autodeterminazione dei popoli’, che ci sta sempre bene quando la zuppa che prepari è per i popoli tuoi e che gli altri si arrangino! Sono cinica? No. Ho solo “fatto il militare a Cuneo”, come diceva Totò.

    E allora, quando entro in contatto con certi lapsus freudiani, come quello di G. W. Bush che paragona Zelenskij a Churchill mi scattano interrogativi. Che avranno, nella mente di Bush, in comune costoro, qualcosa che possa andare al di là della evidente differenza del calibro di ‘statista’? Forse perché ambedue hanno ordito delle trappole nei confronti del bolscevismo di allora e del ‘comunismo’ di oggi? E, pur sapendo che la Storia non si ripete mai due volte alla stessa maniera, non guasta andare a rileggersi qualcosa sul Patto Molotov Ribbentrop (Patto in cui si crearono i prodromi per la 2^ guerra mondiale) e trovare spiazzanti analogie fra l’Occidente odierno pervaso da un anticomunismo viscerale (ovviamente senza alcuna conoscenza di esso) e l’Occidente di allora (importante il ruolo di Churchill!) così anti bolscevico da appoggiare Hitler in funzione anti URSS per poi prendere paura da ciò che era stato messo in moto e che gli si rivoltava contro (attacchi della Germania a Francia e Inghilterra) per cui, obtorto collo e mettendo in campo ulteriori trappole “alla Churchill”, ci si alleò con Stalin. Lo smacco maggiore fu proprio per Churchill il quale, se voleva rientrare in possesso dell’egemonia europea doveva allearsi con il “diavolo” Stalin e persuadere Roosevelt ad aiutare economicamente e con materiali anche bellici sia gli inglesi che i russi.

    Sul Patto Molotov-Ribbentrop (Medvedev, Lo Stalinismo, Mondadori, Milano 1972, pp 534-535):
    “Il governo sovietico fu costretto a firmare nella misura in cui l’Inghilterra e la Francia avevano incoraggiato il fascismo tedesco e frustrato i negoziati per un patto di mutua assistenza con l’Unione Sovietica. Erano stati i circoli dirigenti britannici e francesi, e taluni di questi negli Stati Uniti, ad aiutare la Germania a ricostituire una forte macchina bellica nella speranza che venisse usata contro il bolscevismo. Furono la Francia e la Gran Bretagna a consentire alla Germania di impadronirsi dell’Austria, a tradire la Cecoslovacchia con l’infame accordo di Monaco, ad aiutare Hitler e Mussolini a schiacciare la Repubblica Spagnola grazie alla politica di non intervento occidentale. Queste circostanze obbligarono l’Unione Sovietica a proteggersi, avvantaggiandosi del disaccordo fra gli Stati imperialisti. Nel 1939 il patto di non aggressione con la Germania a Stalin poteva servire allo scopo”.

    Stalin sapeva che si sarebbe esposto a critiche sia interne che esterne alleandosi “con i carnefici del comunismo europeo” e Hitler non ne aveva mai fatto mistero, in ciò aiutato non poco dall’Inghilterra. Ma quanto poteva durare il suo accerchiamento?
    Per cui, alla luce anche di tutto questo, possiamo dare un’altra lettura alle posizioni inglesi e alla funzione della Brexit? Quindi, quanto al “pensare” io intendo proprio questo: anche lasciare temporaneamente delle vecchie ipotesi.

    @ Ennio

    “Credo che tutti – in teoria – vorremmo « capire qualcosa in più dello scontro tra i vari attori» di questa (strana e complicata) guerra: gli Usa, la Russia, la Cina, l’Europa. E ci piacerebbe disporre di una leniniana «analisi concreta della situazione concreta».”

    Sul “ci piacerebbe disporre …” non sono d’accordo. Altrimenti siamo punto e a capo, ovvero qualcuno ci dà la linea dell’analisi concreta mentre invece ce la dobbiamo smazzare noi (fra l’altro alcuni di noi un po’ segnati dagli anni, dagli acciacchi, dalle delusioni della vita e, soprattutto, incatramati dalle ideologie). E smazzarcela senza avere il fiato sul collo della immediata risposta bensì facendo ipotesi, urlando l’uno con l’altro ma riflettendo e poi vedere se la cosa trova riscontri oppure no. Altrimenti ricadiamo nella passività di seguire la ‘linea’ del Partito o Gruppo che sia.

    “E nessuno può illudersi che, sospendendo il giudizio (fino a quando?) in attesa di capire di più, non stia nel frattempo in una o nell’altra schiera dei «coartati».”

    La differenza sta nel fatto che, sospendendo il giudizio, accetto di non capire, e quindi posso pormi delle domande e quindi non mi sento ‘coartata’ (magari incavolata, sì). Una di queste, ad esempio, riguarda un “giudizio” ‘di parte’ sul capitalismo, finora considerato tout court l’origine di tutti i mali del mondo e, quindi, un sistema ‘nemico’ che va combattuto (?) e sconfitto (?). O, tutt’al più edulcorato rendendolo un “capitalismo dal volto umano”. E, pertanto, vincoli, lacciuoli, burocrazie (“più Stato e meno mercato!”). Con il risultato che, almeno in Italia non si è visto né lo Stato sanificatore ma anzi depauperatore di risorse e né il Mercato! Ma che dico mai! Sarò diventata forse una filocapitalista? Una schiavista? Una qualunquista? No! Anche qui è entrata l’ideologia che ha ritardato ogni analisi che rischiasse di modificare alcuni presupposti su cui si fondava la demonizzazione del capitalismo.

    @ Paolo Di Marco

    “Biden, con tutti i suoi smisurati poteri, ha dei fantasmi alle spalle a cui rispondere, in parte incarnati nella malefica Hillary, che si chiamano armi e petrolio. La guerra cui ha costretto la Nato è solo un intermezzo nella Grande Guerra contro la Cina, e ha avuto già una prima vittoria, la dissoluzione dell’Europa, obiettivo cui tutti i presidenti americani avevano lavorato da vent’anni a questa parte”.

    Sì. La malefica coppia Biden-Hillary , rappresenta una spregiudicata gestione del potere dove a massacri si succedono altri massacri (che coprono i primi) e poi ce ne saranno altri ed altri ancora: il tutto nella garanzia dell’impunità. Personaggi di mezza tacca (perché non c’è solo Biden, c’è anche Bush che accusa Putin “per la brutale e ingiustificata invasione dell’Iraq (?)” poi si corregge e dice Ucraina), i quali, pur senza averne le physique du role, rappresentano le vicissitudini legate alla fame di potere di Macbeth e di Lady Macbeth. Ora si capisce perché Sleepy Joe, dopo aver parlato in una manifestazione pubblica, si gira sul palco per dare la mano a qualcuno che non c’è. Forse anche a lui è apparsa l’ombra di Banco? Banco, trucidato da Macbeth e a cui il Re si rivolge come se fosse vivo – per negare il suo assassinio – e in realtà parla con uno scranno vuoto!
    Mi si dirà: ma allora qualche rigurgito di rimorso sta apparendo! No. No. Solo il passaggio di un moscerino che ha disturbato un po’ la coscienza. Perché c’è sempre un capro espiatorio pronto e la partita è ancora lunga. Vorrei che fosse chiaro: non mi sto ‘schierando’ contro i ‘cattivi’ Stati Uniti: sto solo osservando le dinamiche di una potenza ancora dominante ma che incomincia a vacillare e deve correre ai ripari.
    Fra l’altro, temo anch’io che, comunque vada, la Russia – stretta in mezzo ad una Europa sfasciata e ormai dominata dalla NATO e un ‘alleato’ cinese di cui non si conoscono le mire – abbia già perso.
    E questo è l’esito di una decadenza culturale di cui già da tempo apparivano i segnali ma molti hanno girato il viso dall’altra parte.

  16. RIZZI.

    1.
    sono in un certo senso lusingato dell’attenzione che ricambio con una risposta che è necessariamente breve. Sono intervenuto sull’argomento almeno due volte e a lungo. Quanto alle mie informazioni sui fatti sono spesso costretto a citare memoria perché affetto da una maculopatia che mi rende impossibile la lettura di qualche documento e qualche informazione in più e di prima mano.
    2.
    Sono rimasto un po’ colpito dalla frettolosità con la quale Lei liquida il ricorso ai “ massimi
    sistemi “ quasi fossero degli optionals.. Non è così. Se lo fosse che ragioniamo a fare e soprattutto in tema di vita e di morte?
    3. Parto dall’esempio della villetta.. Cosa fa l’aggressore? Senza neppure suonare alla porta sfonda la stessa e picchia il proprietario. Aggredisce illegittimamente risponde Lei come rispondo io. Ci basiamo entrambi – mi pare – su un principio di libertà. Ma siamo anche razionali e ci preoccupiamo delle cause degli effetti. Se l’aggredito ha la meglio e l’aggressore va via tutto finisce lì. Ma vi possono essere conseguenze diverse. L’aggredito riceve il “nobile“ aiuto di altre persone e la lite può subire imprevedibili conseguenze identiche a quelle più probabili se il “ soccorritore è per sua scelta un prepotente. Eterogenesi dei fini?
    Ho trasportato tale esempio “ individuale “ alla dimensione “ collettiva “ degli Stati sovrani e che risultato abbiamo? Abbiamo il Giudice supremo ( sopra gli Stati ); abbiamo le Forze supreme (sopra gli Stati ) pronte ad “ arrestare lo Stato soccorritore? Nulla di tutto questo e il resto appartiene alle stelle. Il più delle volte la violenza vince.
    Il principio di libertà vale anche per gli Stati caratterizzati – per diversi e confluenti aspetti – da una loro individualità? Per l’equivalente illegittimità di interventi bellici su Statti sovrani sia di provenienza USA che di provenienza Russia mi richiamo a quanto scritto.
    3.
    Ogni Stata ha il diritto di organizzarsi politicamente come meglio crede e nessuno deve intervenire in queste scelte. Se uno Stato – adotta- per necessità o libera scelta – una forma specifica di governo perché occuparmene se mi lascia in pace ?
    I conflitti interni ad uno Stato sovrano sono problemi relativi al tipo e qualità dell’organizzazione di tale Statto e delle sue libere scelte non legittimano l’irruzione in esso di altro Stato.
    Spesso se non sempre invocare una causa giusta di intervento è semplicemente un pretesto
    L’esperienza storica lo insegna e non ha bandiere.
    4.
    La Cortina di ferro è stato un esempio di rottura dell’isolamento da parte dell’URSS. Quel periodo è caratterizzato da una espansione ( e che espansione nel cuore dell’Europa occidentale. ! ) dell’influenza dell’URSS (i una espansione politico- territoriale della vittoria del III Reich ). Dal punto di vista formale si assistette ad una creazione – sulle precedenti strutture nazionali di Stati satelliti investiti più o meno dal sole dell’ideologia sovietica. Resta oggetto di analisi la costatazione che alla caduta del Muro si ebbe una rapida ricostituzione dei precedenti Stati nazionali, a seguito – a volte – di sommosse violente delle popolazioni locali contro le autorità imposte dall’URSS.
    Non si può dimenticare la primavera di Praga e il suo significato storico-storiografico.
    Per non divagare di quelle vicende si può dire – riducendo tutto al minimo denominatore – che si ebbe conferma della persistenza di Stati con una loro precisa e mai perduta singolarità.
    Come ci insegna la Geopolitica la valutazione su un’epoca storica non può abbracciare tempi troppo remoti ma ( tale metodo porta ad effetti paradossali e a volte quasi ridicoli ) ma deve – nel Tempo -– sezionare periodi significativi. Quale periodo più significativo di quello che inizia con la caduta del muro, la riemersione della nazionalità dopo l’attenuazione dell’influenza russa? Non merita qualche attenzione e qualche ragionamento in più il fatto che l’Ucraina è indipendente ( dunque Stato sovrano dal 1991 ) ? Si potrebbe andare più indietro e sottolineare rispetto ad essa una maggiore autonomia e una maggiore singolarità nei confronti di altre regioni dell’oriente russo. Ma non voglio smentire il mio metodo di indagine.
    A proposito della lingua segnalo una curiosità già presente in altro mio intervento. Ferma restando l’identità dei caratteri cirillici alcune parole identiche hanno SIGNIFICATI DIVERSI.
    La parola urodlyvyi significa “ molto bello “ in Ucraino e “ molto brutto “ in Russo.
    ( vd voce ucraino in Grande Enciclopedia De Agostini vol. XX )
    Curioso, vero?
    5.
    fedele ad una certa dose di imparzialità ed obbiettività ho preso in esame – in maniere certo succinta e a volte un po’ apodittica – le questioni relative agli aiuti militari forniti all’Ucraina da Stati terzi, mettendo in luce la loro potenziale idoneità all’allargamento del conflitto. Non mi ripeto. Non ho neppure sfiorato l’analisi del termine Accerchiamento, una delle ragioni invocate a vari fini dalla Russia. Credo che ve ne siano di vari tipi: geografico puro, geopolitico, ideologico…
    Rimando a quanto detto per quello che ho trascurato di dire.
    Un saluto da Giorgio Mannacio.

    1. Mah, in sostanza mi pare che si rischi di avvitarsi sulle proprie prosizioni, come sempre accadeva nelle discussioni politiche “Anni ’70 Style”.
      A me in sostanza basta ricordare che:

      – Ragionare su certi “massimi sistemi” riguardo agli Stati, è un po’ come parlare del sesso degli angeli. Bisognerebbe ricordare a monte che:
      1) Nel migliore dei casi le dinamiche tra Stati sono così complesse, che tradurle alla scala dei rapporti umani complica le cose anziché risolverle.
      2) Nel peggiore (che è il 99% dei casi) gli Stati sono associazioni criminali ed agiscono secondo le loro logiche.

      – Ridurre tutto a un semplice rapporto “aggressore – aggredito” è, nel migliore dei casi, di un semplicismo imbarazzante. In qualsiasi contesto (da qui il mio ricorso all’esempio banalissimo delle liti tra vicini), c’è un corollario di vicende dietro al fatto puntuale che si sta esaminando, che potrebbe cambiare di molto l’opinione al riguardo.
      Per fare un altro esempio (e, nel caso, senza voler giustificare la politica del Giappone nel XX Secolo), lo scontro nel Pacifico non fu motivato dall’aggressione a Pearl Harbor, ma dalla politica di espansionismo economico che entrambi i due Stati perseguivano: ed entrambi con sistemi spesso poco legali, anche se differenti.

      Avrà capito che, nell’occasione, sono pro-Russia; come lo fui quando la Russia intervenne in Siria, per fermare l’ISIS sponsorizzata da Arabia Saudita e N.A.T.O.. Ma anche lì ben attento da non farmi incantare da motivi umanitari: l’intervento diretto russo fu motivato dal bisogno di non perdere la “sponda mediterranea”, rappresentata dal governo di Assad, che le garantisce il porto di Latakia; e che nel caso di vittoria jihadista sarebbe passato alla N.A.T.O..
      E questo in quell’ottica di erosione del potere economico russo (e se possibile pure di distruzione di quello Stato, in certi ambienti), che sta dietro anche all’allargamento ad Est della N.A.T.O., in barba ai trattati firmati dai predecessori di Biden con la Russia. Atto che nella dinamica aggressore-aggredito, dovrebbe far capire chiaramente chi è l’uno e chi è l’altro.

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