di Lorenzo Galbiati
Chi è Elly Schlein? Cosa rappresenta? Che leadership potrebbe garantire al Partito democratico, se venisse eletta?
Non so dare risposte precise a queste domande. Conosco troppo poco Schlein.
Ciò che mi ha colpito, in questi giorni, sono le reazioni che ho letto sui social e sui quotidiani (c’è ancora differenza?) alla sua candidatura. Reazioni scomposte di ogni tipo, da destra a sinistra (oddio, centrosinistra), e non solo all’insegna del body-shaming. Reazioni che ha riassunto Lilly Gruber qualche giorno fa leggendo alcune righe, prese da imprecisati giornali di destra, proprio di fronte a Elly Schlein.
In sintesi, integrando la lettura di Gruber con quel che ho visto su facebook e twitter, ne esce che:
“Schlein non è una vera donna: è bisessuale (e afferma di amare una donna), è femminista ma non madre, è ebrea (ebrea antisraeliana!), è comunista, radical-chic e infine non è una vera italiana (ha altre due nazionalità: svizzera e americana). Insomma, è l’anti-Meloni per eccellenza, essendo IL nostro presidente del consiglio donna (eterosessuale) non femminista, madre, cristiana, post-fascista, borgatara della Garbatella e italiana verace.
L’unica cosa che accomunerebbe le due donne è che sono brutte – alcuni hanno consigliato a Schlein una nuova pettinatura. ”
Questo il livello di molti dei nostri giornalisti – o di improvvisati esperti schleiniani sui social. Ma anche di molti elettori del Pd o del tandem Renzi-Calenda.
Ora, una minima educazione politica a mio parere dovrebbe portare alle seguenti, elementari, considerazioni.
Che Elly Schlein sia una donna non dovrebbe avere grande significato. A livello sociale, un Partito democratico rappresentato da una donna sarebbe un passo avanti nell’emancipazione politica del genere femminile, spesso costretto a ruoli di subalternità – questo è vero. Così come, in un paese omofobo come l’Italia, sarebbe un bel segnale avere una leader dell’opposizione lesbica o bisessuale. Ma non dimentichiamo l’abc della politica: quel che conta non è chi è Elly Schleyn, il suo genere, il suo orientamento sessuale. Contano le sue idee in relazione ai temi riguardanti le donne e il rispetto degli omosessuali. Sotto questo profilo, la candidatura di Schlein dovrebbe creare dibattito, a sinistra, su alcune sue battaglie come la legge Zan e i matrimoni tra persone dello stesso sesso.
Che Elly Schlein sia o non sia ebrea dovrebbe essere del tutto irrilevante. Davanti a Gruber ha dichiarato che suo padre non è un ebreo osservante, e che lei non si considera ebrea. Ed è bastato, ad alcuni, per accusarla di rinnegare l’ebraismo e di odiare Israele. In realtà, nelle sue dichiarazioni, Schlein si è limitata a dire che le violenze devono finire sia da parte degli israeliani che dei palestinesi, ma non si può dimenticare che in quel conflitto le forze in campo sono alquanto asimmetriche. Invece di parlare dell’ebraicità di Schleyn, ci si dovrebbe chiedere, a sinistra, come porsi nei confronti di Israele che, con la sua occupazione militare, impedisce al popolo palestinese di avere uno stato.
Che Elly Schlein sia una estremista radical-chic è di nuovo una etichetta senza contenuto. Chi la accusa di portare il Pd verso una scissione dovrebbe spiegare come sia stato possibile che due moderati come Zingaretti e Letta abbiano prodotto ben due scissioni a destra: quella di Renzi e quella di Calenda.
Ma arriviamo al punto cruciale.
Che Elly Schlein si dichiari espressamente di sinistra, femminista e ambientalista, ma dribbli la domanda sul suo anticapitalismo e comunismo ripetendo più volte, davanti a Gruber, che è nata nel 1985, non risolve in alcun modo la questione riguardante l’identità della sinistra. Non basta dire che al Pd occorre dare una visione chiara e inclusiva di sinistra, che in questi anni è mancata, per riempire di contenuti questa visione. In che modo, infatti, una donna di sinistra come lei, nata nel 1985, ha fatto i conti con l’eredità comunista? In che modo parlare di un “Partito democratico e del lavoro” riporta al centro delle battaglie sociali e politiche il tema del lavoro? Fino a dove si spinge, in questa sinistra evocata da Schlein, la critica al capitalismo?
Queste domande rimangono aperte.
(Così come resta aperto il tema della guerra in Ucraina. Stupisce che a Elly Schlein, donna con padre nato a Leopoli, nessuno, che io sappia, abbia chiesto cosa ne pensa nello specifico della politica italiana ed europea relativa all’invio di armi all’Ucraina, sulla quale pare sia d’accordo).
Insomma, il vero problema non è l’identità mista e composita di Elly Schlein, donna bisessuale mezza ebrea di nazionalità plurima: il problema resta l’identità mista, composita ma in definitiva del tutto indefinita di questa sinistra post-comunista che non ha il coraggio di definirsi in alcun modo se non femminista e ambientalista.
DALLA PAGINA DI VIA VETERE AL 3
Bernardo Santini
È facile ingannare l’elettorato PD medio: una verniciata di “nuovo”, un’immagine femminile accattivante, l’entusiasmo da neofita. Ma sotto il vestito non c’è niente
Ennio Abate
E’ facile ingannare tutto l’elettorato medio e non solo quello del PD. Non ha forse funzionato anche con la Meloni? Non ha funzionato prima con Grillo e il M5S? I populismi (a varia coloritura) prosperano su questo “inganno”. Che in mancanza di alternativa diventa meno inganno e purtroppo funziona. Mentre “a sinistra” con la figura “accattivante” di Soumahoro non è riuscito a funzionare. Ce ne sarebbe da riflettere invece di scandalizzarsi e basta