di Antonio Sagredo
Pubblico la seconda parte sul tema del Natale dedicata a Pasternàk. La prima dedicata a Majakovskij si legge qui. [E. A.]
Valzer lacrimoso Come mi piace nei primi giorni - appena giunto dal bosco o dalla bufera! I rami non hanno vinto la propria goffaggine. Fili indolenti senza inquietudine lentamente cangiando sul suo corpo, pendono come canutiglia d’argento. Il ceppo è sotto il denso velo di un lenzuolo. Doratelo, rendetelo felice - e non ammiccherà. Ma, pudico e modesto, sotto lustrini lilla o smalto azzurro, vi resterà nella mente per sempre. Come mi piace nei primi giorni, avvolto di telo di ragno o nell’ombra! Solo alla prova le stelle e le bandiere e nelle confettiere non c’è ancora l’uva di malaga. Le candele non sono candele, anche loro sono tubetti di trucco, e non fuochi. Questo è un attore che trepida coi più intimi il giorno della beneficiata. Come mi piace nei primi giorni dinanzi alle quinte in un gruppetto di parenti! Al melo - le mele, all’abete - le pigne. Ma non a questo. Questo è in riposo. Non è per nulla d’un simile taglio. Questo è distinto, è prescelto. La sua serata durerà in eterno. Non ha affatto paura del proverbio. Per lui si prepara un destino inconsueto: fra l’oro delle mele, come un profeta al cielo ospite di fuoco volerà nel soffitto. Come mi piace nei primi giorni quando corrono solo dicerie sull’albero di Natale! 1941
Traduzione e commento di A. M. Ripellino (1)
– “Le candele non sono candele, persino loro/ sono tubetti di trucco, non fuoco”: bellissima immagine. Le candele, così rigide e impersonali, pronte a colorare l’aria come tubetti di trucco.
– …e non fuochi: sono ancora spente.
- Nel giorno della beneficiata: una volta, nei teatri, alla fine di ogni tournée o una volta al mese, l’attrice o l’attore principale avevano diritto ad una recita, a loro vantaggio economico. E serviva anche a metterli in particolare luce. La beneficiata è un’invenzione del teatro italiano dell’800, che poi è passata agli attori di tutto il mondo. In Russia soprattutto nelle compagnie di giro, gli attori e le attrici si mettevano in luce con la beneficiata. Era una forma di prepotenza da parte degli attori principali nei confronti degli altri attori, i quali dovevano obbedire e basta.
C’è anche una poesia di Majakovskij, sull’albero di Natale, Aghi di pino [già riportata qui] – a sua volta derivata da un pezzo di Dostoevskij – : solo che era un albero di Natale tragico, durante la prima guerra mondiale. È la sofferenza di un bambino che non può avere l’albero. Qui c’è invece una gioia che in Majakovskij non c’è.
Nota 165, p. 51 di Antonio Sagredo al Corso di Ripellino
Questa poesia si inscrive in un progetto di Pasternàk precipuo, che è quello di assemblare tutto quello che gli sconvolge l’animo, dunque quel furore senza il quale non esiste l’impeto a scrivere, con tutto ciò che, al contrario, riesce a placarlo, e che è quel razionale che gli permette di vedere, lui per primo, con microscopio e telescopio insieme. Questi versi iniziano con una frantumazione della natura che equivale a quella del linguaggio poetico e quotidiano: i versi che scaturiscono da questo cozzare ininterrotto il poeta li farà conoscere a tutti gli spazi che lo circondano. Ogni spazio della casa è la sua cameretta, e ogni spazio del cielo è pure una cameretta.
Traduzione e commento di A. M. Ripellino (2)
A proposito di questi versi
Come un piccolo corvo Natale darà un’occhiata, e il dolce giorno rasserenato rivelerà molto di ciò, che a me e alla mia amata non venne in mente.
1917 (quinta strofa)
se affermo che è una domesticità cosmica. E la dove parla di bufera che soffierà e che poi passerà perché trionfi una nuova luce, è un altro modo di dire ciò che avviene nella storia che sta vivendo quotidianamente: sono presente! Ma siamo a Natale; si è già detto che i giorni che precedono il Natale sono giorni fatali per il poeta: la celebre domanda non può che uscire proprio in questi giorni: è una domanda che non è festiva affatto. C’è apprensione. Chi mi viene a trovare, chi sarà il nuovo ospite (cioè cosa mi preserva il futuro), quando io sto in compagnia dei miei prediletti?
Traduzione e commento di A. M. Ripellino (3)
Venezia
Io qui ridestato innanzi giorno da un colpo del vetro della finestra. Come ciambella di pietra, intrisa Venezia nuotava nell’acqua.
(1914-1928)
(prima strofa)
(da Il salvacondotto, parlando dell’arrivo a Venezia):
Li chiamano palazzi e potrebbero chiamarsi magioni, eppure nessuna parola potrebbe dare l’esatta impressione dei tappeti di marmo colorato, che sono calati nella laguna notturna come sulla arena di un torneo medioevale. Esiste un particolare oriente da albero di Natale, l’oriente dei Preraffaeliti, ed esiste l’immagine della notte stellata secondo la leggenda dell’omaggio dei Re Magi. Esiste un eterno rilievo natalizio, una superficie di noci greche indorate, spruzzata di paraffina azzurra. Esistono le parole cholvà i kaldej (torrone e caldeo), magi e magno, India e indigo: ad esse bisogna unire anche il colorito della Venezia notturna e dei suoi riflessi acquatili. Cioè una Venezia nel gusto di un Oriente da albero di Natale, nel gusto delle immagini natalizie di noci greche spruzzate di paraffina turchina (immagine casalinga).
Traduzione e commento di A. M. Ripellino (4)
Valzer con diavoleria
Appena sento una polka in lontananza, mi sembra di vedere nel buco della toppa: hanno spento le lampade, hanno spostato le sedie, come api verso l’alto svolazzano i lucignoli, - si muove l’alveare delle maschere e dei mascherati. Hanno acceso dietro uno spiraglio l’albero di Natale.
(1944)
(prima strofa)
Hanno acceso dietro uno spiraglio l’albero di Natale..” ecco un altro tema costante di Pasternàk. Gli invitati straziano il candito saporoso di questa selva di cose, che lui ha elencato prima, e lo strappano così come si fa quando si va a prendere i cappelli, che tutti corrono, si affannano e si assiepano. Ma nello stesso tempo, a furia di strappare, non ci arrivano nemmeno perché arrivano a lumi spenti quando, come succede nei ricevimenti, tutto è subito mangiato. In ogni caso, è nel senso di arrivare a lumi spenti alla seduzione dei berretti, quando tutti se ne stanno andando e sono in anticamera a prendersi i berretti. Quindi a furia di strappare quello che c’è di più bello nella distribuzione dei doni, non è rimasto nulla. Il tempo è prima dei terzi galli. Si dice, nelle leggende, che al canto del terzo gallo va via la notte e allora: “si è poco prima del canto del terzo gallo
Nota 369, p. 188 di Antonio Sagredo al Corso di Ripellino
Qui siamo nel pieno del trionfo festaiolo alla Pasternàk, in cui tutto é felicità e gioia ingenua quando davvero gli affetti escono fuori e rendono calde le atmosfere. Chiasso contenuto, che non è affatto la cagnara borghese e filistea, che non perde occasione d’essere volgare anche durante i giorni natalizi. Il poeta è divertito a cinematografare tutte le paroline sussurrate, i gesti dolci, le occhiate d’intesa piacevoli e tutta l’oggetteria tipica di Natale; e non poteva non mancare la natura innevata con buferine tra gli alberelli, e quelle luci dalle finestre che illustrano a squarci gli esterni, mentre dal di fuori s’intravede l’andirivieni festoso-domestico, e l’ospitalità che viene ostentata con doviziose minuzie. Gli alberi di Natale, poi, sono un tema corrente nella letteratura russa, e già lo abbiamo trattato in altre occasioni. Da ricordare il tristissimo racconto di Natale di Dostoevskij che ci testimonia che il Natale stesso non vuole significare felicità assoluta eguale per tutti. (Un brevissino sunto di questo racconto è nel Corso Monografico si Majakovskij 1971-1972 del Ripellino , a pag. 76, ed è stato riportato qui). Questa felicità natalizia del poeta è anche giustificata dal fatto che gli eventi bellici stanno per finire: per la Russia si profila una vittoria gloriosamente patriottica, incondizionata, sulle armate naziste.
…è sconfortante che non vi sia stato fino ad oggi un solo commento a questi versi pasternakiani. Che fine ha fatto il cosìddetto calore domestico e quegli abbracci natalizi sotto l’albero di Natale, o fuori, se c’è neve la meraviglia di vedere il luccichìo tracciare i sentieri delle borgate, o attraversare le contrade innevate… tutto questo spettacolo una volta, tanti anni fa, faceva parte della realtà terrestre… adesso soccombiamo tutti per una dannata guerra e altre terribili minacce, —— e da queste quali destini?
molto bella e “cangiante” la poesia di Pasternàk già dal titolo: “Valzer lacrimoso”…Ci parla di un albero di Natale, ma sembra volerci parlare della vita stessa o dei fasti del teatro: il valzer, una danza armoniosa come l’immagine di un pino reciso tremolante, bello di neve luccicante arrivato dal bosco nella bufera, poi addobbato a dovere con lustrini argento e oro, per una rappresentazione di pochi giorni…Una caducità, la sua, che stringe il cuore, lacrimoso: “Questo è distinto, è prescelto./ La sua serata durerà in eterno.” Un agnello sacrificale che, fiammeggiante, illuminerà la nostra notte d’inverno