Gianfranco La Grassa

Gianfranco La Grassa prosegue, con quest’ultimo saggio, il suo percorso di revisione e innovazione teorica al fine di individuare e interpretare le principali direttrici sociali che operano nel mutamento della fase presente e che gettano nuova luce anche sul passato. Come diceva Marx: è sempre l’uomo la chiave per l’autonomia della scimmia e oggi, agli esiti a cui sono giunti avvenimenti e fenomeni sociali, risulta necessaria un’opera di palingenesi scientifica per orientarsi nel mondo in piena riconfigurazione.

La visione concettuale di La Grassa, pur riveniente dalla sua formazione marxista, è definitivamente uscita dalla prospettiva di Marx e si è incanalata nell’analisi di elementi politici e sociali che il pensatore tedesco non avrebbe mai potuto considerare fino in fondo, in quanto figlio di un’altra epoca – in cui parevano essere preponderanti altri fattori (vedi quello economico-produttivo) – ormai definitivamente tramontata.

Nel pensiero di La Grassa, è la Politica, intesa in senso ampio come serie di mosse strategiche per la supremazia che avvolge e penetra ogni sfera sociale, il principale motore della Storia. Quest’ultima è scontro acerrimo tra élite dominanti, in ambito economico-finanziario, politico-militare e ideologico-culturale. L’ordine è volutamente sparso e non gerarchico perché non ci sono punti di riferimento saldi, se non la Politica stessa così significata. La Politica, in questo ripensamento, è condizione unificante dell’intero spazio sociale, laddove per unificazione non si intende semplificazione ma espansione ed approfondimento di scenario, considerata la capillarità dei conflitti, visibili o meno (di solito quelli nascosti sono sempre più essenziali), che scuotono costantemente la vita sociale degli esseri umani.

In questo quadro concettuale in cui vengono a riprofilarsi i gangli primari delle varie formazioni sociali, o meglio la nostra lettura degli stessi, è lo scontro tra dominanti, per il potere e l’egemonia, quel che caratterizza meglio il mondo, e non, come invece si era troppo a lungo creduto, la lotta di classe tra “liberi e schiavi, patrizi e plebei, baroni e servi della gleba, membri delle corporazioni e garzoni, in breve, oppressori e oppressi”. Certamente anche le lotte di classe sussistono ancora ma il posto loro assegnato, “nella trasformazione rivoluzionaria o… nella comune rovina” sociale è stato derubricato. Non da La Grassa, ma dai fatti

4 pensieri su “Gianfranco La Grassa

  1. La Grassa ovvero della vacuità: ovvero non più il materialismo storico ma la ‘astrazione delle astrazioni’ come motore della storia…manca solo padre Pio

    1. Personalmente non sono mai venuto in contatto con il materialismo storico , non sono riuscito a mangiarlo e nemmeno a berlo. Deve essere un’astrazione pure esso.

    2. La storia come una corrente? Il suo andamento profondo? “Suo” della storia una?
      Quante correnti? Quanti andamenti profondi?
      Questa tenacia all’Uno, quello delle Orsoline, proprio.

  2. Per rispetto a chi leggesse questo scambio cerco di articolare meglio il discorso:
    se immaginiamo la storia come una corrente, a volte calma a volte impetuosa, percorsa sulla superficie da increspature che si propagano, si arricciano intorno agli ostacoli, si intrecciano e combinano fra di loro; allora queste increspature superficiali possono rappresentare la politica; ma la storia e il suo andamento profondo sono la parte immediatamente meno visibile-se non in occasioni eccezionali.
    Questa perlomeno è la rappresentazione che si ricava da Braudel nel suo ‘Civiltà e imperi nel Mediterraneo all’epoca di Filippo II’, che parte dall’orografia per arrivare a capire quello che succede nel ‘500; o anche nel ‘Lungo secolo XX’ di Arrighi -ma anche nella polemica risposta di Hobsbawn col ‘Secolo breve’.
    Pensare che le increspature siano il motore della storia implica accettare invece le correnti profonde come dato immutabile e ‘geneticamente’ dato, riprendendo le invenzioni Hobbesiane sulla natura dell’uomo: una visione cara alle Orsoline (con tutto il rispetto per le adorabili domatrici di fanciulle della Milano bene) e agli economisti moderni.
    In altri termini sarebbe come se al ‘Lungo secolo XX’ seguisse, a cura di Sua Eminenza, un ‘Secolo XXI, l’epoca di Renzi’
    Prosit

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