di Donato Salzarulo
I Tra me e la mia foto una lunga vertigine, un mulinello una passeggiata guardinga nel vuoto. È impossibile dire la gioia di due tronchetti messi a guardia del giglio della pace. La nostra vita non ha ogni attimo un senso. Spesso è mancanza, buio solitudine: il veloce guizzare di un banco di sardine. II … E tu così natalizia, così sorridente e infagottata sotto l’ombrello a regalarmi la letizia delle parole… Pure i capelli mi strappo per i tuoi occhi belli III Pure io ho fatto un sogno agitato. Avevo messo la macchina in un posto sbagliato. Col cellulare scarico non potevo neanche avvisarti. L’amore non molla. Come l’alberello cresciuto tra le pietre del palazzo Capaldo a Bisaccia. IV Tu esisti prima delle parole che vorrebbero trasportarti nel tempo fuori tempo della scrittura. Tu sei la lima delle mie passioni, il lembo di balcone dei miei capogiri le aiuole delle mie basse pressioni. Il blu, il blu intenso del pensiero. Dove vola ora il pettirosso che ci faceva compagnia in quell’autunno?... V Non sono un cervo che incorna la sua cerva. Con la tua vita la mia vita ferve. Non ho cavalieri da convocare, non sono un re Artù. Ho una causa un tempo persa da istruire, una coscienza da svelare. Fuori c’è un mondo da cambiare: quello dell’utile, quello che altro non sa fare che sfruttare... VI Noi siamo cittadini del tempo che ci sfugge. Ci distruggerà se non sapremo trasformarci in personaggi della nostra storia, se non disegneremo i viaggi delle labbra, la trama dei sorrisi, la danza fremente dei nostri corpi abbracciati nel desiderio senza fine. VII Ci sei tu, meno male, a rendere porosa la mia mente, a strapparmi al torpore al tran tran della barca inerziale che scivola lentamente verso lo stagno, il grigiore mortale… Ci sei tu a ravvivare la mia pagina a regalare pensieri sogni ed eventi da ordinare, riga dopo riga, sguardo dopo sguardo, bacio dopo bacio…E così finalmente ti abbraccio, mi allaccio con forza al tuo corpo. «Trattienimi, mi dico, Trattienimi ancora un po’ sul tuo seno...Allontana da me il veleno del divenire, lo spettro dell’età, la fluidità dello svanire…». Novembre 2022
E’ un romanzo, una costruzione che dura il proprio tempo e non coincide con quello lineare della vita. Un tempo che ha tre dimensioni, la profondità (“ferve”) oltre che la durata (“Tu esisti PRIMA delle parole/che vorrebbero trasportarti/nel tempo fuori tempo/
della scrittura”) e la memoria (“Il blu, il blu intenso/del pensiero”).
E, contemporaneamente, quel tempo costruito crea una sua propria dimensione “Allontana da me il veleno/del divenire”.
è una poesia dal ritmo incalzante come il respiro, che si rigenera continuamente e ogni volta rinnova un atto di fede verso la vita… Per Donato coincide con la donna amata, centro di gravità permanente, dimensione rassicurante che riesce a circoscrivere la mancanza di senso in “una passeggiata guardinga nel vuoto” che : “…Spesso è mancanza, buio solitudine.” I colori proposti dalla foto del dipinto sono il nero notte e il blu trasparente di certe vetrate o dell’acqua di mare all’imbrunire, ma nella poesia, per contrasto, si affaccia spesso il color rosso fuoco…. del caminetto “di due tronchetti/ messi a guardia/ del giglio della pace”, degli sguardi incrociati degli amanti sull’uccellino, “pettirosso”… e poi ancora: “tu cosi’ natalizia/ sorridente e infagottata”…”Ci sei tu a ravvivare/ mia pagina”…
Sentimenti e colori che inebriano, ma lasciano intatti, anzi ravvivano nel poeta, il senso di responsabilità verso gli altri e i problemi sempre piu’ urgenti del nostro tempo.
Grazie a Donato che rompe il quasi tabu’ a parlare dell’amore…cosa a cui non sono estranea
Cara Cristiana, ti ringrazio per la tua annotazione sul significato del “romanzo”; mi sembra puntuale e condivisibile. Ringrazio anche Annamaria per le sue annotazioni. Vero. Ogni volta che scrivo cerco di rinnovare “un atto di fede verso la vita”, anche se la congiuntura storica che stiamo vivendo è tutt’altro che entusiasmante. Quanto a rompere il “quasi tabù a parlare dell’amore”, direi che non sono sicuramente il primo. Mi colloco all’interno di una tradizione latamente “dolcestilnovistica” in cui assumo che Poesia=Donna=Parte Femminile anche di me stesso. Ancora grazie.