Cologno Monzese. Figure della periferia (1)

di Ennio Abate

DALLA PRIGIONIA ALLA POLITICA IN UN COMUNE DELL’ HINTERLAND
Incontro con Carlo Bonalumi, ex sindaco di Cologno Monzese

– Il dopoguerra

A Cologno – ricorda Bonalumi – per i due anni dell’occupazione tedesca, avevano operato un buon numero di giovani, inquadrati in un’unità partigiana. Quasi tutti – suoi amici d’infanzia – abitavano nei rioni di via Ginestrino e corso Roma. Suo padre, al corrente della loro attività clandestina, teneva i contatti con l’avvocato Carozzi, un membro del C.L.N.A.I [1] . Anche negli ultimi giorni di guerra la popolazione di Cologno, ormai allo stremo, dovette sopportare altre violenze, perché una colonna tedesca aveva attraversato il paese [2] sparando colpi di mitraglia. E persino nel ‘45, nei giorni esaltanti della liberazione, il 3 maggio, Cologno era in lutto, perché un “Pippo”, aereo da ricognizione, aveva sganciato delle bombe e c’erano stati morti e feriti. Di quel periodo Bonalumi sottolinea “il non semplice problema della sopravvivenza”, data l’assoluta carenza di cibo. E, perciò, la Liberazione (non quella della retorica ufficiale divenuta col tempo asfissiante) cominciò a Cologno proprio con quei giovani partigiani, i quali, utilizzando uno sgangherato furgoncino a motore (imprestato da suo padre), approvvigionarono di cibo (zucchero e farina soprattutto) i 6 mila (tanti erano allora…) abitanti di Cologno.

– La carriera

Bonalumi è nato nel 1923. Nel 1942 fu richiamato alle armi per iniziare il corso ufficiale nell’Accademia Navale col ruolo di “navigante di stato maggiore”. Nel settembre del ‘43 la nave su cui si trovava fu messa fuori combattimento ed egli venne fatto prigioniero dai tedeschi e portato in Germania. Riuscì a fuggire nel 1945, nei primi giorni di maggio, dal campo di concentramento di Markt Pongau e rientrò in Italia attraversando rocambolescamente lo Stelvio. Diventato primo segretario della sezione socialista di Cologno Monzese, fu tra i soci fondatori della «Cooperativa del popolo» di Cologno, che poi – aggiunge – “finì male per la sua incapacità di gestire le proprietà pubbliche”. Nel frattempo completò gli studi che aveva dovuto interrompere laureandosi alla Bocconi con una impegnativa tesi su una rara pubblicazione di Neuman e Morghestern, “Theory of games and economic behavior” [3], discussa con il rettore Giovanni De Maria [4], economista di chiara fama, che in quel periodo era stato chiamato da Pietro Nenni a presiedere la Commissione Economica della Costituente. Bonalumi considera suo maestro politico Ettore Reina [5], vecchio deputato socialista di Monza, amico di Nenni e capo del sindacato dei cappellai di Monza, una categoria gloriosa degli inizi del movimento operaio. Di sé dice di essere stato inizialmente un *massimalista* [6]soprattutto per l’ influsso dell’educazione severa e laica di suo nonno garibaldino e di suo padre, un socialista di vecchio stampo, che – gli piace evidenziare – quando la compagnia dei militari veniva accompagnata in chiesa per le funzioni religiose, si tratteneva fuori del sagrato a dispetto degli ordini impartitigli. Più tardi, stando vicino a Reina, si era “convertito al riformismo”, visione politica a cui tuttora si sente vicino. “Oggi lo sono tutti, anche D’Alema..” – aggiunge, convinto che la vera tragedia della storia dell’Italia del dopoguerra sia stata la divisione della sinistra e il rifiuto del riformismo classico. “Se fossimo arrivati prima ad una politica riformatrice, avremmo governato il nostro paese”, sottolinea. Considera perciò una “sconfitta atroce” il fatto che non si sia riusciti a raggiungere l’”alternanza” e, pur riconoscendo ancor oggi alla DC dei meriti, insiste nel giudicarla “un avversario del cambiamento”. La sua ideologia riformista lo porta anche ad essere critico con una certa parte della magistratura, da lui considerata “politicizzata, e non solo in un unico senso”, facendo risalire questo fenomeno all’epoca di Togliatti, che fu, nel periodo della ricostruzione, ministro della Giustizia.

– Cologno Monzese

Bonalumi la guarda da ex sindaco. “E’ sempre stata di sinistra”, dice e ricorda che a livello cittadino il partito più forte già nel dopoguerra era il PSI. Delle grandi famiglie locali del primo dopoguerra nomina i Visconti-Casati e i Venino. Poi si sofferma sulla forza crescente della piccola borghesia locale, alla quale apparteneva anche suo padre, che faceva il lattaio. La politica del Comune nel dopoguerra è stata, come altrove, quella della Ricostruzione, che “purtroppo, per l’insufficienza di leggi urbanistiche risultò selvaggia”. I Comuni cercarono di agevolare l’industrializzazione del territorio e il processo è proseguito fino agli anni ‘70. Durante la sua amministrazione (1971-’81) gli insediamenti produttivi sono stati circa 270; ed alcuni altamente specializzati. (Cita un’impresa che costruiva componenti per la NASA: la Siae Microelettronica). Lamenta però che il problema delle infrastrutture non è stato mai risolto:“Quando ero ragazzo – ricorda – andavo a scuola Monza prendendo il tram a Cologno e, cambiando a Brugherio, arrivavo in tram fino a Monza. Oggi, dopo oltre 50 anni, la situazione è peggiorata: non ci sono collegamenti diretti con Monza, che pure è sede di Tribunale, di Commissioni ed Uffici Finanziari e di altri servizi distrettuali”. Sul piano sociale sostiene che non ci siano stati – come comunemente si pensa – grossi problemi di integrazione fra immigrati e locali; e le disfunzioni sarebbero dovute esclusivamente all’assenza in quel periodo di leggi adeguate in campo urbanistico. Pensa poi che la città di Milano abbia condizionato rigidamente lo sviluppo di Cologno Monzese e degli altri comuni circostanti. I Comuni limitrofi alla metropoli ai suoi tempi erano alle dipendenze di Milano. E fa l’esempio del fallimento di tutti i tentativi fatti dal Comune di Cologno per rivedere “due fondamentali e disastrose decisioni” prese a livello metropolitano: la tangenziale che taglia il territorio comunale ed il percorso della MM, che egli voleva almeno “in trincea”, in attesa di una successiva copertura. Bonalumi considera uno spreco la costruzione del nuovo cimitero di Via Longarone: si potevano trovare soluzioni migliori. Oggi ammette senza esitazioni il fallimento del sistema politico cittadino. E, per concludere il nostro incontro, ricorda orgogliosamente un merito della sua amministrazione: ha fatto varare un Piano Regolatore che ha ridotto a poco più di 50mila abitanti, invece dei 100 in precedenza ipotizzati, l’insediabilità sul territorio comunale. “E’ facile immaginare – osserva – che questo provvedimento non ha portato popolarità ai partiti e agli uomini che l’hanno adottato, ma ha consegnato ai successivi amministratori e ai cittadini una situazione meno pregiudicata rispetto alle altre città confinanti”

[La sintesi dell’incontro è del 16 novembre 1995]

Note

[1] Comitato di Liberazione Nazionale dell’Alta Italia]
[2] Cologno Monzese è stata riconosciuta città negli anni Settanta.
[3] https://it.wikipedia.org/wiki/Teoria_dei_giochi
[4] https://it.wikipedia.org/wiki/Giovanni_Demaria
[5] http://www.archiviolavoro.it/…/PDF%20inv…/Reina%20Ettore.pdf
[6] https://it.wikipedia.org/wiki/Massimalismo_(politica)

 

Altre notizie su Carlo Bonalumi si leggono a questo link della Storia locale, foto, memorie e cultura a Cologno Monzese: https://biblioteca.colognomonzese.mi.it/?p=4367

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