di Ennio Abate
Pubblico il commento appena lasciato sulla pagina FB di Lanfranco Caminiti a proposito del “documento sulla guerra in corso e le sorti dell’Europa”. Ho aggiunto in Appendice i riferimenti necessari per intendere la questione.
Ho già fatto presente a Brunello Mantelli che, anche chi è su posizioni distanti o avverse alle vostre tesi, ha delle ragioni buone, serie e documentate quanto le vostre; e, quindi, utili in questo momento a contrastare la piatta propaganda filooccidentale o filoputiniana che furoreggia sui giornali e i social e vuole costruire soltanto tifosi o sudditi. E che, invece, il compito di chi ancora ragiona è di costruire un quadro per pensare – il più completamente possibile – gli interessi e i giochi di potere in corso a livello mondiale per un che fare reralistico e indipendente dai dominatori non certo facile. Perciò mi è parsa ingiustificata la sua uscita (annunciata qui su FB) da Officina Primo Maggio. I fili tra persone intelligenti e serie, anche se su posizioni contrapposte non dovrebbero essere mai essere tagliati o esasperati. (A meno di un rifiuto esplicito di confronto). Tanto più che OPM è un luogo di ricerca, comunque prezioso di questi tempi. Non mi pare un partito – (ma anche voi, suppongo, non lo siate) – che deve prendere decisioni operative più o meno immediate.
APPENDICE
1. Dalla pagina FB di Brunello Mantelli – 12 settembre 2023
Ragionamento che ho trovato peloso: se si ritenevano le mie obiezioni degne di essere discusse, allora bisognava posporre la pubblicazione del pezzo alla discussione. Così non fu. Ed a me non piacciono le caramelle.
2. Brunello Mantelli, Lanfranco Caminiti e Chicco Galmozzi – 21 settembre 2023
Qui si fa l’Europa o niente.
1 – L’invasione dell’Ucraina è il tentativo russo di chiudere militarmente sotto il tallone di ferro quel processo politico iniziato con la caduta del muro di Berlino e il progressivo riavvicinamento dell’est verso l’ovest, dopo la lunga “cesura” del secondo Novecento; iniziava così la ricostituzione dell’Europa, storicamente articolata in molteplici aree, mai brutalmente separata in Est e Ovest se non dopo il 1945-48. La “soluzione” di questa guerra sarà perciò la forma politica dell’Europa: una vittoria russa congelerebbe di fatto, anche solo per una minaccia incombente magari solo supposta, che diventerebbe (e in parte è già diventata) “la” questione nazionale di diversi paesi lungo la vecchia cortina di ferro, ogni ipotesi di una Europa più larga e più integrata.
2 – Al momento, qualunque discorso sulla pace – anche declinata in “giusta” – e sulla trattativa diplomatica non è altro che la cornice linguistica per la concessione di territori, e l’OPA russa sulle scelte sovrane ucraine, quindi l’implicito riconoscimento delle ragioni di Putin, delle ragioni dell’aggressione e di una “postura” minacciosa nel futuro. Non c’è alcuna “contropartita” né militare (un rafforzamento della NATO in Europa e degli apparati militari nazionali) né economica (un enorme flusso finanziario per la ricostruzione di quel che rimane dell’Ucraina distrutta) a quella che diventerebbe davvero la “controstoria politica” del 1989 e di quelle speranze. E la riduzione dell’Europa a una mera espressione geografica, con una frattura interna dolorosa, e a un suo rinculo nazionalistico. In questo modo si riconcretizza, oltre un secolo e mezzo dopo le previsioni marxiane espresse nei testi del “Marx contro la Russia”, l’idea di una Russia in grado di schiacciare ogni volontà di emancipazione in Europa.
3 – I destini dell’Europa, perciò, si giocano in Ucraina. Così, non è casuale né bizzarro che chi non ha mai creduto a un processo di costruzione e rifondazione europea e di una sua possibile declinazione come una enorme area senza guerre, dove possano progressivamente irrobustirsi diritti e garanzie di lavoratori e cittadini, chi, insomma, ha fatto di un credo nazionalista, di chiusura delle frontiere, di “differenze” tra cittadini la propria linea di propaganda e di politica, proprio come chi all’opposto si fa portavoce di un mondo ecumenico degli ultimi dove c’è “ben altro” che l’Ucraina, si sia schierato, in una destra come in una sinistra radicale, sempre più apertamente contro l’Ucraina. L’Ucraina è un “pretesto”, proprio come lo è per Putin – il bersaglio grosso è l’Europa. L’Europa possibile. La guerra mossa dalla Russia all’Ucraina ha perciò funzionato come catalizzatore di tutte le posizioni e le pulsioni ostili all’Europa reale e possibile, agendo come cemento del fronte “rossobruno”.
4 – La permeabilità che queste “argomentazioni” hanno dipende tutta dalla fragilità dell’Unione europea. Un’Europa già forte, già “sentimento” sociale, avrebbe considerato solo come pidocchi parlanti tutti i cacasenno che dal 24 febbraio 2022 infestano la chiacchiera pubblica. Così non è stato. E la debolezza di una argomentazione, tutta ideologica e retorica, dello scontro tra autoritarismo e democrazia, sta qui. Sta accadendo invece che l’Ucraina, prima colpevole di avere resistito all’aggressione, ora è diventata doppiamente colpevole per la sua “controffensiva che non sfonda”; la locuzione battente per ora è: “la situazione è in stallo” – e quindi bisogna andare in fretta a una “pace giusta”, ovvero alla cessione di territori. Questo leitmotiv viene cantato da destra e da sinistra, in spregio a qualunque considerazione ragionevole di carattere militare, che invece suggerisce come la controffensiva ucraina non si debba misurare in chilometri riconquistati, ma nella sua capacità prima di imporre alla Russia il passaggio ad una rigida postura difensiva (terrorismo aereo escluso), e poi nel possibile taglio dei legami tra Crimea e altri territori russi. Bisogna liquidare il prima possibile la “questione ucraina” – indifferenza, fastidio e insofferenza sono i sentimenti plebei prevalenti oggi sull’Ucraina. Questi si accompagnano a una “urgenza” di settori del capitale di intervenire nei flussi finanziari della ricostruzione e di riprendere gli scambi commerciali con la Russia – dato che, come va ripetendo da tempo un’altra locuzione battente, le “sanzioni non funzionano” e quindi toglierle farà parte della “pace giusta”.
5 – I governi europei, a cominciare dalla Germania, sono rimasti sorpresi e spiazzati dall’invasione: il gas russo affluiva e quindi tutto sembrava scorrere normalmente secondo i “canoni” di quell’Ostpolitik che per decenni aveva improntato i rapporti commerciali e diplomatici, con reciproco vantaggio; Ostpolitik tedesca che aveva la sua più che ragionevole ragion d’essere finché di fronte aveva l’URSS, il cui gruppo dirigente era interessato al mantenimento dello status quo, ma che sarebbe divenuta causa di cecità di fronte ad una Federazione Russa il cui gruppo dirigente è animato da pulsioni ad un tempo neozariste e neostaliniste in salsa nazionalortodossa. Gli allarmi delle agenzie americane sull’ammassamento di truppe russe ai confini sono stati ignorati perché nessuno voleva e poteva credere a un’invasione – nessuno era “preparato” a un evento simile, neanche per l’anticamera del cervello. In più, l’Europa era stata colpita duramente dal Covid e faticosamente aveva varato per la prima volta la decisione della messa in comune dei debiti e l’allentamento di quel regime di austerità ormai insostenibile. Era, cioè, dal punto di vista politico il momento di maggiore incertezza, di navigazione in acque scognite. Se l’iniziale blitz di Putin avesse funzionato, con lo sfondamento da nord verso Kiev e la presa dell’aeroporto di Hostomel (l’aeroporto di Kiev), la fuga di Zelenskij e del governo, l’instaurazione di un regime obbediente a Mosca – è probabile che non ci sarebbe stato niente più di vibrate proteste e di un controverso piano di accoglienza di profughi: l’Ucraina sarebbe diventata un’altra Bielorussia. I governi europei – e tutto testimonia per dirlo anche del governo americano, le cui preoccupazioni geopolitiche erano rivolte soprattutto verso la Cina, come quelle “interne” dallo shock e dagli strascichi dell’eversione del 6 gennaio 2021 a Capitol Hill, oltre che dal raffazzonato ritiro dall’Afghanistan, lasciato in mano ai talebani, ritiro non a caso avvenuto circa sei mesi prima dell’attacco russo all’Ucraina, e sei mesi sono il tempo necessario all’organizzazione logistica di un piano offensivo militare – sono rimasti sorpresi e spiazzati dalla resistenza ucraina: il “fattore imponderabile” di questa guerra. E Volodymyr Zelenskij si è trasformato nel simbolo reale di un’Europa possibile.
6 – È solo dopo la resistenza improvvisa e improvvisata dell’Ucraina che Stati uniti, Gran Bretagna e Europa hanno deciso il sostegno finanziario e militare – dichiarando però subito due cose: che non ci sarebbe stato mai un loro scarpone sul campo e che non si sarebbe mai colpito il territorio russo innescando una spirale da guerra totale e nucleare, l’escalation da evitare a tutti i costi insomma. La decisione più evidente fu immediata – non instaurare una “no fly zone”, come chiedevano gli ucraini, e come quella a suo tempo instaurata sulle aree curde dell’Iraq, senza che però si intimasse a Mosca di non colpire l’entroterra ucraino. Un sostegno, cioè, che ha rischiato di “congelare” fin da subito il conflitto in una guerra di posizione e di logoramento. Un sostegno “controvoglia”: nonostante le prime dichiarazioni infuocate di Biden dopo gli orrori di Bucha – Putin macellaio, la necessità di un regime change – gli Stati uniti si sono acconciati a una lunga durata, distillando gli aiuti militari che peraltro richiedono tempi di addestramento, contando relativamente sulla “controffensiva” che gli ucraini assicuravano avrebbe liberato i territori invasi, e puntando su una “politicizzazione” e “economicizzazione” mondiale della guerra (coinvolgere il mondo, a partire dall’ONU, e moltiplicare le sanzioni) per sfiancare e isolare la Russia. Ma al di là di vuote raccomandazioni non si è mai andato. Non avevano fatto i conti, gli americani, sul momento politico mondiale – ovvero il rampantismo nazionalista.
7 – Il nazionalismo rampante, che in Europa è rappresentato dalle destre più aggressive, ha nel mondo la forma del “multilateralismo”: nazionalista ultrà è l’India di Modi, nazionalista ultrà è la Cina di Xi, nazionalista ultrà è la Russia di Putin – tutti regimi assolutisti e ben stabili e che difficilmente prevedono un cambio di passo in tempi brevi. Il nazionalismo rampante – l’orgoglio cinese, russo, indiano, a volte declinato anche in forma religiosa: induista, ortodossa o musulmana per altri – è anzi il “collante” della loro stabilità interna. Per tutti costoro l’Ucraina è un pretesto, il bersaglio grosso è l’America. Non avevano fatto i conti, gli Stati uniti, con il nazionalismo rampante nel mondo – la cui forma politica è l’antioccidentalismo, la cui forma più precipua è l’antiamericanismo.
8 – Ma questa non è la “resa dei conti” dei popoli oppressi e colonizzati contro il lungo dominio dell’impero americano: l’antioccidentalismo è oggi un sentimento retrivo e reazionario, virato com’è, da un lato, in un fondamentalismo religioso che assume la forma del dominio assoluto sui corpi e sulle menti, e, dall’altro, in un mistero di oscurità, dove regnano intrighi e complotti. L’antioccidentalismo oggi è un pensiero banale: ormai basta dire due cretinerie contro il “pensiero unico”, che nessuno poi sa bene cosa voglia dire, oppure il “neoliberismo”, che assume la funzione che aveva un tempo Satana nelle prediche dei parroci di campagna e pure se hai un cervello vuoto sembra già una cosa: “l’occidente” nella narrazione del fondamentalismo e delle destre reazionarie è troppo tollerante, troppo libero, troppo femminilizzato, troppo paritario, troppo laico, troppo mulatto, troppo debosciato. Et voilà. Sentimenti poveri proprio nel loro assolutismo totalizzante – dove ciò che è caduco (lo Stato, il governo, le forme dell’economia) diventa “tratto antropologico” di un popolo, la storia che si fa etnia: l’America è il capitalismo, il regno del Male. Non ci sono conflitti, non ci sono lotte, non ci sono movimenti sociali, non ci sono differenze politiche: è “tutta una cosa”. Che, per fare un’esempio attuale, l’UAW sia scesa in sciopero colpendo contemporaneamente Ford, General Motors, e pure Stellantis (cioè la FIAT), e che i lavoratori intellettuali della “gig economy” si siano organizzati in “gilde”, cioè in una delle forme antiche di organizzazione dei lavoratori e stiano lottando contro le grandi compagnie dell’intrattenimento, ai “campisti” non importa proprio. L’America è il “grande Satana”, come amava dire la pessim’anima di Ruollah Khomeini. Di converso, tutto ciò che non è America o è contro l’America ha i tratti del “buono”: magari sono figli di puttana, ma sono i “nostri” figli di puttana. È il campismo, e non si scappa.
9 – La situazione sul campo è complessa: i russi, nel ripiegare su una strategia rigorosamente difensiva, hanno minato tutto puntando forse non tanto a rallentare la controffensiva ucraina quanto a mutilare il suo esercito: è il “fattore umano” in una guerra che potrebbe riportarci a Verdun. C’è chi calcola in mesi l’esaurimento delle “scorte umane” degli ucraini; mentre i russi, dal punto di vista delle quantità, possono contare su numeri quasi illimitati, anche se non sono i coscritti, in una guerra in cui la tecnologia gioca un ruolo cruciale, a essere la carta decisiva, come dovettero imparare a loro spese i cinesi quando attaccarono il Viet Nam nel 1979, venendone sconfitti. E c’è chi ha messo la “scadenza” sulla controffensiva ucraina: entro dicembre – poi, l’inverno e il fango rallenterebbero comunque qualunque possibile avanzata, anche se, come già precisato, il successo dell’Ucraina non va misurato in chilometri ma nella capacità di logorare le forze di élite russe e di arrivare al mar d’Azov. Non siamo esperti militari e non siamo sul terreno: noi qui poniamo la questione politica della guerra in Ucraina. A partire dalla sua enormità – perché la guerra in Ucraina è un fatto enorme della Storia. Tutto l’armamentario politico del Novecento è diventato improvvisamente obsoleto, visibilmente obsoleto davanti l’aggressione russa all’Ucraina. L’unico che sembra averne consapevolezza e che si prodiga in “ragionamenti storici” è Putin, ma curiosamente i suoi discorsi sulla Grande Madre Russia, sugli errori del bolscevismo, sul marciume delle democrazie occidentali e sulla continuità dell’impero zarista vengono qui considerati come delle ridondanze. In realtà, quel “pacchetto” di considerazioni che considera realismo – Realpolitik – andare incontro alla volontà di Putin, ingoiando il rospo dell’Ucraina, non è altro che “pensiero magico”: affidarsi alla “magia della pace” (nella versione laica; nella versione religiosa: alla “religione della pace”) sperando che funzioni. Inutile dire che questa “pace”, compresa quella desiderata dal Vaticano, ricorda assai la “pace dei cimiteri” di tacitiana memoria.
10 – E la questione politica che pone la guerra di Ucraina è l’Europa. Un’Europa oggi debole, fragile, indecisa, spesso retriva e perciò lontana persino dai suoi stessi presupposti di fondazione. Solo la crescita di nuovi movimenti di giustizia sociale può farsi carico della costruzione di uno spazio europeo. È questa la “sfida politica” che pone la guerra di Ucraina – e per questo fin dall’inizio siamo stati a fianco di quelle rappresentanze, di quei movimenti, giovanili, femminili, sindacali, socialisti, libertari, radicali che, spesso anche contro i propri princìpi, sono andati in prima linea o nelle retrovie, non importa, a difendersi dall’aggressione russa. È questa, l’opzione politica e militante, la “terza via” tra la guerra e la pace. Trasformare la guerra nell’atto fondativo della Federazione Europea.
avvertimento numero due: chi è d’accordo, metta un like ma è preferibile che dichiari la propria firma al documento. però, si accettano commenti in cui si suggerisce una propria osservazione.
3. Lanfranco Caminiti, Brunello Mantelli, Chicco Galmozzi e altri 84 – 30 settembre 2023
il documento, a parte la spocchia pantagruelica che lo percorre, contiene alcune considerazioni interessanti ma inutili: inutili in quanto si ripropone il vizio orrendo degli ‘intellettuali de sinistra’ di esporre considerazioni e analisi trascurando i fatti; non analizzano cos’èsuccesso, il contesto, la sequela di golpe americani (a partire dalla Polonia di Woytila fino a piazza Maydan); gli innumerevoli impegni di non intervento dei presidenti americani ai russi, regolarmente traditi; tutto il meccanismo del bullismo della Nuland (che guarda caso oggi va in giro per il mondo a rifare le stesse minaccie); tutto ciò scompare per lasciare il posto alle immagini idilliache d’Europa degli autori spacciate per tendenze reali;
il tutto condito dai pidocchi rifilati agli avversari;
ne abbiamo visti troppi di saltafossi a pagamento per aver voglia di sentire quelli che lo fanno a gratis
Infatti, al di là dell’analisi già poco credibile, quello che è allucinante è il tono di tutto il pateracchio, come ho anche fatto notare alla fine del mio commento.
Usano gli stessi toni arroganti della controparte più integralista e sono così flippati, che non si rendono nemmeno conto di essere l’altra faccia della stessa medaglia, coniata sull’intolleranza e la sopraffazione.
A parte la lingua usata da Mantelli, Caminiti, Galmozzi “pidocchi parlanti, cacasenno” con peraltro “sentimenti plebei”, lo schema drammatico del loro testo non esce da un dualismo male/bene in cui il bene significa “trasformare la guerra nell’atto fondativo della Federazione Europea”(con Zelenskij “simbolo reale di un’Europa possibile”), mentre il male (che si affida al “pensiero magico della pace”) è il “tentativo russo di chiudere militarmente sotto il tallone di ferro quel processo politico iniziato con la caduta del muro di Berlino e il progressivo riavvicinamento dell’est verso l’ovest, dopo la lunga ‘cesura’ del secondo Novecento […] la ricostituzione dell’Europa”.
Tanto è: “I destini dell’Europa si giocano in Ucraina”.
Un triangolo di ferro, in cui si sceglie tra Putin e Zelenskij, per l’Europa.
Un’Europa che, invece, più frammentata non si può, con l’avvallo degli Usa che preferiscono accordi bilaterali con singoli paesi europei fra quelli più impegnati in una politica antirussa.
Il nostro paese, diversamente dai paesi dell’europa centrale, ha non solo interessi ma anche una politica attiva di accordi, centrata sul mediterraneo, il nord Africa compreso il sahel, e in direzione est verso l’India.
Quanto al Gran Bazar della guerra, opportuno sottolineare la notizia data da Repubblica ieri: “Da granaio ad arsenale, l’alleanza di Zelensky per fare dell’Ucraina un hub degli armamenti: Alleanza delle industrie della difesa, l’iniziativa lanciata dal presidente Zelensky davanti a 252 produttori di armamenti ed equipaggiamento giunti a Kiev da trenta Paesi per partecipare al primo forum internazionale del settore organizzato a conflitto in corso.” Keynesismo di guerra.
Infatti, al di là dell’analisi già poco credibile, quello che è allucinante è il tono di tutto il pateracchio, come ho anche fatto notare alla fine del mio commento.
Usano gli stessi toni arroganti della controparte più integralista e sono così flippati, che non si rendono nemmeno conto di essere l’altra faccia della stessa medaglia, coniata sull’intolleranza e la sopraffazione.
DALLA PAGINA FB DI BRUNELLO MANTELLI
Brunello Mantelli
Ennio Abate Detto fuori dai denti, Ennio, su Ucraina ed Europa preferisco confrontarmi con persone come Maurizio Ulisse Murelli, Stefano Vaj, Daniele Lanza, che – partendo da posizioni pure assai diverse – sono convintamente filorussi., antiamericani e antioccidentali. Sono in totale dissenso ma con loro si gioca a carte scoperte. I cacadubbi affezionati alle loro certezze novecentesche invece non li tollero proprio. Perdona la franchezza.
Ennio Abate
Dubito (delle vostre tesi e me le sto studiando a fondo). Perciò non cago dubbi, non ho certezze novecentesche (sono vecchio , questo sì) e tollero anche la tua franchezza.
P.s.
Lukács
Le scarpe pesanti il gomito sui libri
il sigaro spento non per il dubbio
ma per il dubbio e la certezza
nell’ultima foto
dall’altra parte del vero
occhi smarriti guardandoci.
Alle sue spalle guardiamo i libri deperiti
i tappeti il legno gotico
del San Martino a cavallo
che si taglia il mantello
per darne metà al mendicante.
Gli uomini sono esseri mirabili.
(da F. Fortini, Tutte le poesie, pag. 406, Oscar Mondadori)
In certi ambienti i nemici sono più rassicuranti degli interlocutori obiettivi… Con i primi non c’è il rischio di dover ammettere di aver sbagliato qualcosa.
“…La “soluzione” di questa guerra sarà percio’ la forma politica dell’Europa…” Dallo scritto di Brunello Mantelli, Lanfranco Caminiti, e Chicco Galmozzi…Purtroppo temo che se la guerra proseguirà ancora a lungo con gli stessi protagonisti, comparse e poveri cristi, la soluzione finale, di triste memoria, sarà la scomparsa dell’Ucraina dalla carta geografica, della sua popolazione e pure dell’entità Europa, tutt’altro che potenziata…
Riguardo poi a dichiarare potenzialmente minacciosa per l’intera Europa la potenza imperialista russa, causa prima della guerra, fatti e antefatti ignorati, è come vedere ingigantita la pagliuzza negli occhi altrui e ignorare la trave presente nei propri…Infatti la nostra minaccia piu’ prossima sono gli arsenali militari NATO, distribuiti su tutto il nostro territorio, pronti ad esplodere al primo cenno superiore. Minaccia sulla quale noi solitamente dormiamo sonni tranquilli…Ancora qualche ingenuo puo’ credere che ci possono difendere? con le armi chimiche, batteriologiche, atomiche, nucleari…? Dopo uno scontro totale tra potenze, quale “forma” assumerebbe l’Europa intera? E il pianeta Tutto? Perchè i conflitti generano reazioni a catena…Certamente ragionare prima sulle controversie che dilaniavano da tempo il territorio ucraino la sua popolazione e i governanti, negoziare soluzioni condivise sarebbe stato meglio, ora pero’ é diventata una priorità vitale e inderogabile per tutti, credo…
Dopo Hiroshima e Nagasaki, folle credere nelle soluzioni armate
È sempre laborioso rispondere ai pugnaci comunicati di Mantelli (& C., in questo caso), ma alla fine provo un po’ a riequilibrare anche stavolta quello che scrivono…
1) – L’azione della Russia mira semplicemente a rompere l’accerchiamento nel quale la stava confinando da decenni il blocco N.A.T.O.; può non piacere, ma è così: si inquadra nella logica del “mors tua, vita mea” che informa la maggior parte delle reazioni umane, specie se basate sulla logica dualistica del pensiero bipolare. Su questa base, quindi, ciascuno è libero di tifare per chi vuole. Sulla base di un ragionamento più maturo e incrociando le dita (perché siam messi male), ci si dà da fare per pararsi il culo dalla tempesta di merda in cui ci hanno buttati.
2) – La UE è stata fin dall’inizio una “mera espressione geografica” (analogamente ciò che – a scala minore – è ancora l’Italia), perché non è mai stata in grado di esprimere un’azione univoca in nessuno dei campi fondamentali del governare: politico, economico, militare. L’attuale rivoltante sudditanza al cartello anglo-americano che determina i destini della N.A.T.O. ne è la pietra tombale. Io non credo che si tornerà ai nazionalismi dell’Ottocento e del secolo scorso (magari mascherati da sovranismo per i pensanti bipolari): ma non ne nascerà nulla di buono, Russia o non Russia. Comunque l’unica è ignorare queste cosche criminali e sforzarsi di pararsi il culo ecc. ecc.
3) Sì, uno dei bersagli grossi è l’Europa. Per entrambi i contendenti in campo, però: di sicuro una vittoria russa (o forse sarebbe meglio dire una pace a lei favorevole), rimodellerebbe gli equilibri in campo a favore del Paese Eurasiatico a livello mondiale; ma lo scopo degli anglo-americani è la cancellazione dell’Europa come unità (più o meno) indipendente, nell’ambito di quello scontro globale che stanno conducendo contro la Cina. La Russia ne è un alleato importante e si deve toglierlo di mezzo (anche al di là delle non trascurabili farneticazioni ideologiche di neonazisti come Nuland); l’Europa sarebbe un concorrente in più, che complicherebbe solo questa lotta. I fautori degli anglo-americani hanno almeno presente che gli U.S.A. hanno sabotato in ogni occasione possibile le politiche UE? E non hanno ancora capito a cosa serviva la Brexit? Evidentemente no. Bipolari secchi.
4) Lasciando perdere le considerazioni sull’Europa, che lasciano il tempo che trovano e la “dimenticanza” (di chi è in malafede) degli otto anni durante i quali in Ucraina si fece il possibile per perseguitare la minoranza russofona in tutti i modi, cannonate e terrorismo compresi, vediamo di analizzare un po’ il lato militare.
Piaccia o non piaccia a Mantelli & C., “la situazione è in stallo”: è vero che in questa guerra per procura la N.A.T.O. sta fornendo all’Ucraina la possibilità di colpire il territorio russo (non dimentichiamo che costoro ragionano secondo la logica del “tanto peggio, tanto meglio”, quindi un’escalation andrebbe a loro vantaggio presso l’opinione pubblica, considerando l’apparato di propaganda che hanno messo in campo), però è anche vero che la guerra di logoramento che avevano pensato per la Russia, sta cominciando a logorare pure loro: non è un caso se si cominciano ad alzare voci anche presso i servili governanti europei di “basta armi all’Ucraina”. E non è un caso che l’Ucraina stia parlando di produrre dette armi in casa propria: cosa fattibile grazie agli investimenti dell’Occidente, ma che non è priva di problemi per loro, sempre a scala tattica e strategica.
Comunque, sì, la situazione è in stallo, anche se – per esempio – la N.A.T.O. ha tentato di aprire un secondo fronte in Nagorno-Karabak (sempre con la procura data all’Azerbaigian, dal quale importiamo una parte di quei prodotti russi sotto sanzione…): secondo fronte che si presenta interessante più a livello politico, che militare: perché voluto – secondo le mie fonti nell’ambiente – per dimostrare agli alleati di Putin che egli non è in grado di proteggerli da eventuali attacchi.
E certo, al momento Putin si accontenterebbe di concessioni territoriali (la Crimea e altri territori russofoni), stante il fatto che non ha mai inteso occupare l’Ucraina, ma solo metterla fuori gioco, con la neutralità o con un governo a lui favorevole, rispetto alla N.A.T.O.
5) Premesso che dio ci scampi da un’Europa modello Zelenski (forse gli estensori di questo pezzo sono affascinati da una struttura come il “Myrotvoretz” ucraino, che tanto ricorda vecchie istituzioni democratiche come GPU, Ghestapo, ecc.), diciamo che più che meravigliati dalla resistenza ucraina, i governi europei l’hanno servilmente foraggiata, seguendo le direttive N.A.T.O.; e in maniera anche particolarmente stupida, considerando che l’attacco N.A.T.O. al gasdotto russo ha tagliato le forniture in primis proprio alla Germania: ulteriore conferma che questa guerra va (anche) contro l’Europa.
Preciso questo, perché naturalmente chi tifa Ucraina ha tutto il diritto di gioire per questa resistenza; ma che non mi si venga a paragonare costoro ai difensori – mettiamo – di Stalingrado: quelli lottavano anche a martellate, questi grazie all’economia di guerra imposta ai popoli europei da chi governa davvero: non so se vi siete accorti dei rincari in tutti i campi…
6) Allora: la sorpresa fu più che altro nelle pecche mostrate dul campo dai russi, specie a livello logistico e di catena di comando: senza l’intervento N.A.T.O. l’Ucraina le avrebbe comunque prese di santa ragione. Ma Stati Uniti e Inghilterra, avevano mirato fin dall’inizio a una guerra di logoramento verso la Russia, quindi di lunga durata. La mancata istituzione di una “no-fly zone” rientra nella logica che l’allargamento del conflitto deve venire dalla Russia, da quel mostro di Putin.
Così si spiegano gli attentati al gasdotto e al ponte sul Mar Nero, fatti passare dalla propaganda N.A.T.O. come opera dei russi (e sempre sia lodato chi, fesso, c’è cascato) e gli attuali attacchi sul suolo russo, riusciti grazie alle tecnologie e all’intelligence occidentali: nella speranza appunto che Putin giochi al rialzo, per incolparlo di detta escalation.
Sulla presenza diretta di militari N.A.T.O. sul campo, infine, io ci andrei cauto: la faccenda dei militari tedeschi trovati all’interno di un Leopard distrutto mi sembra un falso, perché se no sarebbe stata ripresa a livello ufficiale: ma in qualsiasi guerra che si rispetti operano sul fronte o nelle immediate retrovie insospettabili “reparti speciali”. Poi uno li chiama come vuole (ricordate i “consiglieri militari”?), o non li chiama affatto; ma ci sono.
7) Beh, oddìo… È reciproco: l’Ucraina è un pretesto per la lotta agli U.S.A. (o meglio è una delle carte giocate), come l’Ucraina è un pretesto per gli U.S.A. nella loro lotta in primo luogo contro la Cina. Da questo punto di vista, la forma di governo delle parti in causa non ha grande importanza, essendo uno scontro economico e strategico: la forma di governo è solo uno specchietto per le allodole, a questi livelli così generali; anche se posso capire che, dal punto di vista degli abitanti di un dato Paese, essa possa essere argomento di dibattito.
Ma noi, nella situazione in cui siamo, dobbiamo perdere tempo dietro a questi dettagli, o dobbiamo deciderci a “sforzarci di pararci il culo, ecc. ecc.”?
8) Sì, è “campismo”, se vogliamo chiamarlo così: chi mi legge sa che lo chiamo “pensiero bipolare”: da una parte quelli descritti Mantelli & C., dall’altra i Mantelli & C.
In sostanza siamo al delirio: se indubbiamente da una parte abbiamo figli di puttana e ipotesi irrazionali come i nazionalismi in salsa varia (per continuare a governare, bisogna far pendolare le menti deboli dal credere in una soluzione razionale – nella fattispecie le ideologie nate da Illuminismo e Positivismo – a una irrazionale, che si tratti del “Deos lo vult” di medioevale memoria, o dell’attuale “sovranismo”), dall’altra parte ci troviamo con un Occidente che da cinque secoli e passa si regge sui genocidi e sulla razzia di tutto ciò che è razziabile. Pari o dispari tra Oriana Fallaci e il primo leader dell’I.S.I.S. che vi venga in mente.
E quindi, per salvaguardare il nostro meraviglioso status, dovremmo metterci come zerbini davanti agli U.S.A.? Davanti a una nazione nata da un genocidio, che ha sponsorizzato tutti i colpi di Stato dell’Occidente per i suoi porci comodi (e non dimentichiamoci la G.B.: non dimentichiamoci i baci in bocca tra la democratica Thatcher e il “diversamente democratico” Pinochet); una nazione che è andata a sovvertire gli equilibri in mezzo mondo (Libia, Siria, Corno d’Africa, per citare le aree a noi più vicine); una nazione che pretende che i criminali di guerra altrui vengano giudicati all’Aja, ma che nega all’Aja di giudicare i propri? Accomodatevi…
Vien da pensare che, morto Napolitano, Mantelli & C. vogliano prendere il posto del “comunista che mi sta più simpatico” nel cuore del decrepito Kissinger. A ciascuno i propri miti.
9 e 10) Dovrei ripetermi.
Ma forse la perla più bella viene alla fine: con quel “chi non è d’accordo, non commenti”. Siamo al livello di quei pseudo-poeti da social, che se scrivi “scusi, forse quel paio di versi non è il massimo, perché…”, s’inerpicano urlando “Come si permette! Chi si crede di essere! Se non le piace quello che scrivo, stia zitto.” In sostanza io ho ragione, gli altri zitti. Un po’ come dire “Io sono io e voi non siete un cazzo”, oppure “Dev’essere così, ‘fanculo tutti”: la perfetta fusione tra pensiero bipolare ed egotismo da strapazzo, o col ribellismo autodistruttivo da punk fuori moda. Che pena…