di Ennio Abate
Nel mio ormai pluridecennale diario/archivio della colognosità ieri ho depositato questa nuova perla comparsa sui social di Cologno Monzese:
Si noti che il manifesto rivolto agli studenti nella sua testata porta – a sinistra – il simbolo del Comune (attualmente di centrosinistra) e – a destra – due altri loghi sempre tricolori : ‘Percorso nella memoria della nostra Comunità nazionale’; ‘Ass. Nazionale Alpini’. E in basso ricorda che l”evento’ è organizzato dall’Assessorato alla Pubblica Istruzione.
La mia prima reazione l’ho espressa così sulla pagina FB di POLISCRITTURE COLOGNOM:
Studenti, disertate!
Oppure chiedete conto ai relatori e all’Assessore alla Pubblica Istruzione dell’appoggio del governo italiano (opposizione PD compresa) alla guerra in Ucraina e del silenzio sul massacro della popolazione civile di Gaza da parte dell’esercito israeliano.
Poi, sapendo quanto è seria la questione dell’uso di certi simboli nella pubblica comunicazione, ho cercato spunti di riflessione nella mia memoria personale. E ho fatto queste aggiunte al primo commento:
Aggiunta 1
in Canzone della marcia della pace (che le testimonianze vogliono ‘improvvisata’ da Fortini e Amodei durante la marcia Perugia-Assisi del settembre 1961): «E se Berlino chiama / ditele che s’impicchi: / crepare per i ricchi / no! non ci garba più. […] E se la patria chiede / di offrirle la sua vita / rispondi che la vita / per ora serve a te»
Aggiunta 2
INTERNAZIONALE DI FORTINI
“Inno dell’Internazionale” – (1968)
Autore Franco Fortini
Interprete Ivan Della Mea
"Noi siamo gli ultimi del mondo ma questo mondo non ci avrà noi lo distruggeremo a fondo spezzeremo la società nelle fabbriche il capitale come macchine ci usò nelle scuole la morale di chi comanda ci insegnò Questo pugno che sale questo canto che va è l'Internazionale un'altra umanità questa lotta che uguale l'uomo all'uomo farà è l'Internazionale fu' vinta e vincerà Noi siamo gli ultimi di un tempo che nel suo male sparirà qui l'avvenire è già presente chi ha compagni non morirà al profitto e al suo volere tutto l'uomo si tradì ma la Comune avrà il potere dov'era il no' faremo il sì Questo pugno che sale questo canto che va è l'Internazionale un'altra umanità questa lotta che uguale l'uomo all'uomo farà è l'Internazionale fu' vinta e vincerà E tra di noi divideremo lavoro amore libertà e insieme ci riprenderemo la parola e la verità guarda in viso tienili a memoria chi ci uccise chi mentì. compagno porta la tua storia alla certezza che ci unì Questo pugno che sale questo canto che va è l'Internazionale un'altra umanità questa lotta che uguale l'uomo all'uomo farà è l'Internazionale fu' vinta e vincerà Noi non vogliam sperare niente il nostro sogno è la realtà da continente a continente questa terra ci basterà classi e secoli ci han straziato fra chi sfruttava e chi servì compagno esci dal passato verso il compagno che ne uscì Questo pugno che sale questo canto che va è l'Internazionale un'altra umanità questa lotta che uguale l'uomo all'uomo farà è l'Internazionale fu' vinta e vincerà"
Aggiunta 3
In realtà, la vera patria è un luogo dove nessuno è mai stato, ma che dobbiamo cercare di raggiungere, ammesso che si intenda la categoria di Heimat nella sua vecchia accezione filosofica e mistica: “essere a casa”, trovarsi finalmente in un posto in cui cessa l’alienazione e gli oggetti non sono più estranei, ma prossimi al soggetto. Riappropriarsi del “futuro nel passato” non significa, come per i nazisti, resuscitare una tradizione ancestrale per riutilizzarla bella e pronta, come fosse un antico cimelio recuperato dal mondo dei morti. Significa, piuttosto, cercare dare compimento al canto della guerra dei contadini tedeschi del 500, citato da Bloch: “Battuti torniamo a casa, i nostri nipoti combatteranno meglio”. Questo è il passato che ancora ci interpella perché ci assegna il compito di portare a compimento ciò che si è manifestato come possibilità nei tempi che furono senza poter giungere a realizzazione. Nulla c’è nella storia di cui possiamo riappropriarci realmente, se la ripresa non è contemporaneamente un’anticipazione sul nostro futuro.
( da Il marxismo secondo Bloch, una mappa del mondo che contiene il paese Utopia di Fabio Ciabatti)
Aggiunta 4
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Certo, questi sono solo quattro frammenti di un vecchio discorso di libertà e giustizia sociale che oggi si è perso. E non serve la nostalgia. Ma vanno usati. Non dobbiamo accettare che la guerra diventi una cosa normale anche mediante la passiva accettazione della routine celebrativa. E’ insopportabile l’apologia di un simbolo astratto da parte di burocrazie che parlano di storia di una bandiera senza mai svelare “di che lagrime grondi e di che sangue” (Foscolo). Perché questa bandiera è stata sventolata in troppe guerre (anche fasciste e coloniali) e viene sventolata ancora oggi da chi le guerre attuali – in Ucraina, a Gaza – le approva e le appoggia, malgrado colpiscano soprattutto la popolazione civile, la gente comune.
Nota
L’immagine della scritta STOP WAR in rosso e nero è creazione dell’artista polacca Barbara Galinska. L’ho ripresa dalla pagina FB di Cristiana Fischer.
Quello che il nostro soave assessore Alessandro Del Corno con delega a : Sicurezza – Polizia Locale e Protezione Civile – Pubblica Istruzione – Periferie non sa o non vuole sapere questo libro potrebbe spiegarglielo…