“Reversibilità”: due forme di trascendenza della vita privata

di Donato Salzarulo

Reversibilità
 
Anassagora giunse ad Atene
che aveva da poco passati i trent’anni.
Era amico d’Euripide e Pericle.
Parlava di meteore e arcobaleni.
Ne resta memoria nei libri.
 
Si ascolti però quel che ora va detto.
Anche la grandissima Unione Sovietica e la Cina
esistono, o l’Africa; e le radio
ogni notte ne parlano. Ma per noi, per
noi che poco da vivere ci resta,
che cosa sono l’Asia immensa, il tuono
dei popoli e i meravigliosi nomi
degli eventi, se non figure, simboli
dei desideri immutabili, dolorosi? Eppure
- si ascolti ancora – i desideri immutabili
dolorosi che mordono il cuore nei sonni
e del poco da vivere che resta
fanno strazio felice, che cosa sono
se non figure, simboli, voci,
dei popoli che mutano e si inseguono,
degli uomini che furono e che in noi
son fin d’ora? E così vive ancora,
 
parlando con Euripide e con Pericle
di arcobaleni e meteore, il filosofo
sparito e una sera d’estate
ansioso fra capre e capanne di schiavi
entra ad Atene Anassagora.
 
(da Franco Fortini “Poesie inedite” Einaudi, 1997)

La forma è il contenuto, sosteneva Fortini. Quindi, la prima azione da fare è prestare attenzione alla forma della poesia, a COME è fatta.

Si tratta di 27 versi irregolari distribuiti in tre strofe. La prima (versi 1-5) annuncia un evento del passato. I primi quattro versi hanno, infatti, tutti verbi al passato: “giunse”, “aveva passati”, “era”, “parlava”. Riporta, in breve, un evento storico relativo al filosofo Anassagora. Si tramanda che, nato a Clazomene, nell’Asia minore, sia stato il primo a portare la filosofia ad Atene. Vi giunse, precisa il verso due, che aveva passato da poco trent’anni. A questa notizia la voce poetante, che ha un tono distaccato e parla in terza persona come un narratore, ne aggiunge altre due: quella dell’amicizia tra il filosofo, il drammaturgo Euripide e il grande politico Pericle e, infine, la natura dei suoi interessi: “parlava di meteore e arcobaleni”. Forse non è principalmente per questo che di Anassagora, come recita l’ultimo verso della strofa, “resta memoria nei libri”. Le notizie fornite sono chiaramente superficiali. Sembrano i lontani ricordi di un uomo che, da studente, ha sfogliato distrattamente un manuale di filosofia. Il che ci fa supporre che Fortini l’abbia evocato come sineddoche, cioè la parte per il tutto. Insomma, non lo evoca per discutere della sua filosofia, ma come esempio di un uomo importante vissuto nel passato e di cui rimane un ricordo nei libri che studiamo. Così come studiamo Euripide, Pericle e tanti altri.

La seconda parte della poesia va dal verso 6 al 22. Cosa fa la voce poetante in questi 16 versi?…

Prima ci rivolge, con tono serio, impersonale un invito ad ascoltarla e poi allarga il discorso ad un altro modo di parlare di fatti, avvenimenti, eventi che non riguardano il passato (lontano) come quello della strofa precedente, ma il presente. “Anche la grandissima Unione Sovietica e la Cina / esistono, o l’Africa; e le radio / ogni notte ne parlano”. C’è, quindi, un presente di cui si parla alla radio (o alla TV o sui giornali o nei social) che, pur svolgendosi con verbi al presente, ci appare altrettanto lontano del passato. Ovviamente si parla di Unione Sovietica (spia che questa poesia Fortini l’ha scritta prima della caduta dell’URSS), Cina e Africa, ma si potrebbe parlare anche di Usa, America latina, ecc.

Dal tono impersonale dell’invito, a questo punto, la voce veste i panni del Noi, si fa più partecipe e ci rivolge una domanda ritenuta fondamentale: “Ma per noi, per / noi che poco da vivere ci resta, / che cosa sono l’Asia immensa, il tuono /dei popoli e i meravigliosi nomi / degli eventi, se non figure, simboli /dei desideri immutabili, dolorosi?”. Detto, in altro modo: per noi esseri umani, per noi singoli individui condannati a morire che cosa rappresentano queste grandiose entità geografiche che ci trascendono? Cosa rappresenta per noi il “tuono dei popoli”, cioè la capacità che i popoli hanno di produrre storie anche drammatiche e “i meravigliosi nomi degli eventi” (la battaglia di Salamina, il crollo del Muro, la guerra d’Ucraina, ecc. ecc.)? Cosa rappresentano se non figure, simboli, dei nostri “desideri immutabili, dolorosi”?…É evidente che sta mettendo in rapporto i desideri immutabili e dolorosi di quel Noi che noi siamo con la totalità storico-sociale di un presente. Questi eventi che ci trascendono sarebbe illusorio pensare che non ci riguardino: sono figure e simboli dei nostri desideri. Si evoca una totalità che ci trascende per sostenere che i nostri desideri ne fanno parte.

Quasi alla fine del verso 14, comincia la “reversibilità” indicata nel titolo, il ragionamento inverte la sua direzione e torna indietro partendo dai nostri desideri per arrivare ai popoli e, infine, ad Anassagora: “Eppure / – si ascolti ancora – i desideri immutabili / dolorosi che mordono il cuore nei sonni / e del poco da vivere che resta / fanno strazio felice, che cosa sono / se non figure, simboli, voci, / dei popoli che mutano e si inseguono, / degli uomini che furono e che in noi /son fin d’ora? “.

Certo, tornando indietro il ragionamento si arricchisce; e così scopriamo che i desideri, oltre ad essere immutabili e dolorosi, “mordono il cuore nei sonni” (in altre parole ci regalano sogni, incubi, insonnie) e fanno “strazio felice” (che straordinario ossimoro!) del poco che resta da vivere (la vita è breve per ognuno/a di noi). Non solo. Questi nostri desideri (d’amore, di pace, di libertà, di uguaglianza, di giustizia, di fraternità, ecc.) sono figure, simboli, voci (questo sostantivo prima non c’era) dei popoli che cambiano e si inseguono tra di loro, voci degli uomini che furono (passato) e che in noi sono fin d’ora (presente). Il passato che ci trascende è in noi. Siamo noi che gli diamo vita. Lo stesso dicasi della totalità storico-sociale con cui abbiamo una relazione circolare, di andata-ritorno.

La terza parte è di cinque versi come la prima, ma la conclusione relativamente ad Anassagora (sineddoche), comincia dalla fine del verso 22: “E così vive ancora, / parlando con Euripide e con Pericle / di arcobaleni e meteore, il filosofo / sparito e una sera d’estate / ansioso fra capre e capanne di schiavi / entra ad Atene Anassagora.”

Dopo il ragionamento della seconda parte, dovremmo aver capito che il passato vive in noi, perché siamo dei composti di passato-presente-futuro. E vivendo in noi, vive ancora Anassagora “il filosofo sparito”, vive parlando col tragediografo e col politico di arcobaleni e meteore. Una sera d’estate, ansioso fra capre e capanne di schiavi (anche qui la reversibilità ci arricchisce), entra ad Atene Anassagora. La prima parola è anche l’ultima.

Questa è grosso modo la parafrasi. Da qui dovrebbe cominciare il nostro commento. Cosa vuol farci capire Fortini? Come interpretare questa poesia?…

Gli individui esistono al presente. Ma cosa sono? Sono “desideri immutabili e dolorosi”, aperture, trascendimenti verso totalità storico-sociali passate e presenti, composti degli uomini che furono e che in noi continuano ad essere. Ognuno/a vive e fa vivere, è presente-passato, ma anche ponte, collegamento verso il futuro. Gli individui sono singolarità come Anassagora che, amico di Euripide e Pericle, parlava di meteore e arcobaleni, ma quando la sera d’estate giunge ad Atene lo fa fra capre (che oltre a nutrire sé stesse, alimentano noi) e schiavi senza nome su cui si reggeva la democrazia ateniese. La nostra su quali schiavi si regge?

Moltitudini di individui compongono popoli che cambiano e si inseguono. Danno loro voci. E i popoli sono figure (delle loro coscienze) e simboli dei loro desideri immutabili, delle loro parzialità-universalità. Il rapporto fra individui e totalità è reversibile. L’individuo è costitutivamente relazionale. La concezione liberale dell’individuo è una fantasia, una “robinsonata”. Ma se pensiamo alla nostra odierna socialità, quella di monadi isolate con occhi e mani attaccate ai social, forse Robinson era figura del nostro attuale presente.

Sul titolo della poesia richiama l’attenzione Romano Luperini sul suo importante libro di saggi intitolato Il futuro di Fortini (Manni, 2007, pag. 86). «Ha un titolo baudelairiano – scrive – Ma in Baudelaire la reversibilità è fra bene e male, salute e malattia, gioia e angoscia, bellezza e vecchiaia: riguarda l’ambito privato ed esistenziale. In Fortini invece riguarda l’ambito pubblico e storico. Se Baudelaire era, come egli ebbe a scrivere, il poeta della “irrimediabile decadenza dell’uomo nella società urbana della prima era industriale”, e dunque indicava ai posteri la via degli “inferni e dei paradisi solo interiori”, Fortini vuole rovesciare la situazione privata in pubblica, e sceglie perciò una voce in falsetto, quasi da manuale scolastico rivolto a una classe di adolescenti»

Una lettura critica molto densa ed acuta di Reversibilità è stata fatta da Guido Mazzoni sul primo numero della rivista L’ospite ingrato del 1998. Titolo: La totalità e i desideri. Ecco, di seguito alcuni stralci:

  1. IL significato hegeliano del termine “desiderio” in questa poesia

«Gli interlocutori silenziosi di questa poesia, cioè ogni uomo nel tempo storico attuale, sono, per quello che apprendono dall’esperienza quotidiana, isolati e soli. Le forme di trascendenza che davvero li riguardano sono soltanto la morte personale e i desideri. “Desiderio”, qui non è der Wunsch, come in Freud, ma die Begierde, come in Hegel. Nella Fenomenologia dello spirito il desiderio è la manifestazione della finitezza dell’uomo. Attraverso il desiderio l’uomo capisce di non essere adempiuto: di non essere tutto. La sua coscienza, non possedendo l’attributo principale della divinità, quello di consistere in sé, di bastare a se stessa, è inquieta. Per soddisfare il desiderio e trovare pace, deve trascendersi, cioè aprirsi al mondo. Il desiderio, la forza egoistica che vuole appropriarsi dell’altro per distruggerlo, si rivela in realtà ciò che porta il singolo fuori di sé, nella vita sociale» (pag. 157)

  1. Due forme di trascendenza della vita privata: quella concreta e tangibile del desiderio e della morte del singolo e quella, mediata dalla riflessione, della relazione con totalità storico-sociale passata e presente.

«Reversibilità ha come tema l’esperienza di ciò che trascende la vita privata. Nel testo questa esperienza prende due forme diverse, perché due sono i soggetti che la fanno. Per l’uomo a cui la voce della poesia si rivolge, la vita personale è trascesa solo dai desideri, che lo rendono inquieto, e “dal poco da vivere che resta”, cioè dalla presenza, nella vita, dell’idea della morte. Di queste due forze ha una conoscenza immediata: sono le angosce che gli “mordono il cuore nei sonni”. Per la voce della poesia invece il trascendente è la storia umana, “gli uomini che furono e che in noi / sono fin d’ora”, e la connessione sincronica di tutte le cose, “i popoli che mutano e si inseguono”. Fra gli interlocutori invisibili e l’io c’è asimmetria, perché l’io vede dei collegamenti che coloro ai quali si rivolge non vedono ancora. Ma anche tra le due forme di trascendenza c’è asimmetria. La morte e i desideri sono infatti presenti e tangibili, concreti; la storia passata e il legame oggettivo di tutte le cose sono invece normalmente invisibili. Di essi non si può fare esperienza immediata, come ci dicono i primi cinque versi. Solo la riflessione, superando la falsa apparenza, può far vedere che esistono ancora, che sono in noi e oltre noi.» (pag. 157-158)

  1. Una contraddizione che la poesia non può superare

Mazzoni ritiene legittimamente che Fortini usi alcuni termini importanti presenti nella poesia con precisione filosofica. Richiama perciò il significato di “simbolo” («l’unione immediata di particolare e universale, di segno e significato») e di “figura” («sembra detto in senso hegeliano più che dantesco, nell’accezione di figura della coscienza»). Successivamente nota che nei versi 9-14 “il tuono dei popoli e i meravigliosi nomi degli eventi” sono per noi figure e simboli “dei desideri immutabili, dolorosi”, mentre nei versi 15-20 «i desideri sono in sé figure e simboli della totalità che li precede e li circonda: per questo sono detti “voci”» ed evidenzia il significato di questa differenza: «L’uomo è attraversato e parlato dall’intera storia umana; la coscienza e l’inconscio sono sempre sociali. Invece nei versi 9-14 si dice un’altra cosa. Si dice che l’interesse che l’uomo isolato prova per i grandi conflitti, per i destini generali, è inautentico. Proietta in una dimensione collettiva dei desideri e delle paure che rimangono personali ed egoistici. […] In sé il nostro rapporto con la storia umana è simbolico (noi ne siamo un’immediata emanazione), ma per noi è allegorico. […] Reversibilità vuole dire che ogni uomo è, in sé, un’emanazione della storia mondiale, ma che, per sé, è capace di avere solo un rapporto mediato con tutto quello che non sia desiderio personale e paura. [] Reversibilità nasconde una contraddizione che la poesia non può superare. Alla fine, il legame fra universale e particolare si ricompone soltanto nel pensiero, nella realtà l’uomo rimane scisso dalla storia universale e chiuso nel suo nulla privato, che egli conosce come inquietudine e paura» (pag. 159)

Non è una conclusione edificante né consolante. Ma non è questo il compito della poesia.

Gennaio 2024

3 pensieri su ““Reversibilità”: due forme di trascendenza della vita privata

  1. La conclusione è molto maschile. La donna non ha un “nulla privato”, credo, nemmeno quando non ha niente e nessuno.

  2. trovo molto bella e inquietante la poesia di Franco Fortini e magistrale il commento di Donato Salzarulo…Mi ha colpito molto quel ripetersi sulla scena come di un film, o meglio di un teatro, dell’apparizione uguale e diversa, di Anassagora appena trentenne sul palcoscenico di Atene. Un giovane dai desideri forti e .dolorosi, immutabili nel tempo di ieri e di oggi, come ci fa riflettere il poeta…Dapprima il giovane filosofo condivide interessi entusiasti con artisti e politici, su meteore e arcobaleni…figure, simboli, voci…forse utopie e illusioni. Infine “…fra capre e capanne di schiavi/ entra ad Atene/ Anassagora” Un guardarsi piu’ realisticamente attorno? La parabola del fu giovane arrivato agli ultimi anni che si rispecchia in una verità scomoda?
    Avendo tuttavia fatto un percorso di conoscenza: la reversibilità del piccolo essere umano con l’umanità intera nel tempo…Anassagora che ritorna e ritorna

  3. È vero che Reversibilità nasconde una contraddizione tra universale (l’interesse per i grandi conflitti, i destini generali) e il particolare di ogni uomo che è solo capace di desiderio personale e paura. Ma la mediazione tra universale e particolare non mi sembra affidata solo al pensiero: alla fine della poesia Anassagora non ha più 30 anni, è morto (sparito), e viveva con ansia (in generale, non solo di entrare in Atene) tra capre e schiavi, i.e. in luoghi storici determinati e concreti. È un filosofo ed è sparito ma era un uomo particolare come ognuno (anche le donne) di noi.

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