Su “Passeggiare dove sono di casa”

di Annamaria Locatelli

Ho letto, ovvero riletto i quattro racconti del libro: Passeggiare dove sono di casa di Angelo Australi (usciti in precedenza su Poliscritture), ma letti insieme generano nuove scoperte sulla sua scrittura, modalità e temi ricorrenti… Racconti molto belli di un viaggio passeggiando vicino a casa, in realtà scavando in territori reali e dell’anima alla ricerca di un segreto, di un mistero che vi si nasconde…
Un percorso che si perde in un labirinto di stati d’animo e spesso perviene allo smarrimento, alla confusione, ma solo dopo aver attraversato argini di fiume, contemplato mari e arcipelaghi di isole, oasi faunistiche e scalato una montagna in pellegrinaggio sulla tomba di Italo Calvino… Memorie del passato si intrecciano con i vissuti al presente di persone amiche, familiari… Su ogni realtà c’è molta attenzione… La disputa teologica tra i due frati del ‘cinquecento, a mo’ di storiella raccontata nelle stalle le sere d’inverno o nell’osteria, riprende il tema di Bertoldo il contadino, dalla gestualità irresistibile, che sbeffeggia i potenti.

Sempre presenti il problemi del quotidiano, le fatiche di tutti i giorni, la clausura in tempo di pandemia e la paura per la minaccia di un virus mortale. Altro tema ricorrente è il degrado ambientale, la calura estiva da cambiamento climatico, ma anche l’insofferenza al caldo di Spartaco, l’io narrante, da età che avanza, il fiume in secca ma anche la lunga biscia che attraversa il sentiero umano, l’imprevisto, mentre Spartaco conversa sull’argine con un ultranovantenne contadino… Le attività dei due pensionati sono messe a confronto: l’uno l’orto, l’altro lettura e scrittura… E così, come in tutti i racconti di Angelo Australi, si arriva sempre a una svolta narrativa. In questo caso l’oggetto è la balena bianca di Melville, un film lettura, che ha colpito straordinariamente entrambi gli anziani signori… La riflessione si fa complessa, visionaria e surreale… terribilmente tragica. Il viaggio sull’oceano di Capitan Achab e la sua nemica, la balena bianca, giocando una partita mortale, in eterno reciproco inseguimento distruttivo “… rappresenta un qualcosa di cattivo che cova dentro la mente di ogni essere umano”, dove il bianco, sintesi di tutti i colori e il nero, assenza di colori, si confondono… La conclusione mi ha ricordato quel romanzo di Conrad Cuore di tenebra, una discesa agli inferi. Ma c’è anche, in sintonia, il racconto del vecchio curatore dell’orto. Parla di un amico ubriaco che, pedalando di notte, non sente la sua testa girare, ma ‘vede’ la strada spostarsi finendo ripetutamente nella scarpata. Non sappiamo, alla fine, se partiamo, arriviamo o ritorniamo, se giriamo semplicemente intorno a noi stessi: il viaggio sul territorio si riflette o meglio si chiude nella mente come una misteriosa realtà ai confini…

I racconti sono pieni di personaggi e presenze, ma sempre avvolti nella malinconica solitudine del narratore, nei suoi dubbi e tormentose scelte, impersonato da Spartaco, nei vari passaggi della vita.
Ho sempre l’impressione, leggendo le opere dell’autore, di trovarmi davanti ad un prodotto di alto e prezioso artigianato oppure ad un lavoro di scavo al rinvenimento di dimenticate vestigia…

1 pensiero su “Su “Passeggiare dove sono di casa”

  1. ANGELO AUSTRALI
    “Passeggiare dove sono di casa” Racconti Società Editrice Fiorentina

    APPUNTI DI LETTURA di Mariagrazia Carraroli

    Mi approccio volentieri all’ultimo “passeggiare” di Australi, al suo girovagare dov’è di casa, al modo coinvolgente della sua scrittura di accompagnarmi tra ricordi, incontri e suggestioni. É un modo, il suo, di “osservare la vita guardando in basso” per trovare l’autenticità di luoghi e personaggi, scoprirne poesia e saggezza, nonostante la macina irriverente d’una insensata modernità.
    Nel primo racconto l’autore ricorda la recente pandemia, l’uso delle mascherine, il respiro corto, la regola del camminare lungo l’argine “per smaltire il colesterolo in eccesso” e poi ritrovarsi solo con i suoi pensieri.
    Passeggiando con lui e il suo alter ego Spartaco i ricordi vagano con la costante dei suoi viaggi insieme ad Ambra, la moglie, con la precarietà nel trovare alloggi e il modo di sostituirla cercando alternative possibili, come quella di sostare sulla tomba di Calvino o di aspettare l’alba dove “sembrava che le piante respirassero” per loro. Più oltre, sempre passeggiando dove l’autore “è di casa” incontriamo Ottorino che non sa portare in modo corretto la mascherina e fa volare improperi su tutto, sforzandosi, infine, di far ridere l’amico con una barzelletta zeppa di particolari, inconcludente e incapace di provocare la risata finale…
    Con Australi, a braccetto con la sua scrittura, entriamo in un mondo privato arricchito da riflessioni, flashback e descrizioni rese con magistrale vivezza, venata talvolta di rimpianto per un tempo o per qualche amico perduto, come il pittore che lo aveva ritratto da giovane e che era tragicamente scomparso a Milano.
    Arrivati alla conclusione del suo peregrinare nei dintorni di casa, sentiamo il bisogno con Angelo di un po’ di ristoro dalla calura estiva, sostando con lui vicino all’acqua frusciante del fiume dove scopriamo un mondo altro…
    E’ molto toccante il racconto che chiude la passeggiata, dove incontriamo il vecchio proprietario dell’orto, vivo come lui e grazie a lui, alla sua determinazione di dargli vita e ristoro con i due secchi riempiti d’acqua prelevata ogni giorno con fatica e di nascosto dal fiume.
    Lo scambio di parole tra l’autore e il contadino è scritto con una perizia tale da farci entrare subito nella scena descritta, dove cultura e saggezza popolare si intrecciano come “il bianco e il nero” della vita, come la fatica, il dolore e la gioia dei giorni, in un misto di situazioni dove tutto si fonde e si confonde e dove il viaggiare, come nella citata poesia di Caproni, “è sempre un restare dove non fummo mai”.

    Campi Bisenzio, 11 marzo 2024 Mariagrazia Carraroli

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