3 pensieri su “Un’amicizia

  1. “diciamocelo: apparteniamo ad una generazione che non ha saputo organizzarsi. E, sconfitta politicamente, non sa neppure a chi lasciare le sue carte”, ecco: politicamente Poliscritture cerca di scavare e portare alla luce, ma sempre parte di una generazione che non ha saputo “come” organizzarsi.
    Forse perché fissata su un passato non rivivibile.
    Forse perché non sapeva pensare il cambiamento.
    Intanto, invece, la nuova generazioni viveva in un’altra dimensione: “dichiaratisi entusiasti di alcune poesie di Armando che avevo pubblicato sul blog “moltinpoesia”. Si tirarono subito indietro.”

  2. E’ tutto da dimostrare che la nuova generazione sappia pensare il cambiamento che la vecchia non riusciva a pensare. Quelli che “si tirarono ubito indietro” nel caso del lavoro da fare sui romanzoni di Armando Tagliavento lo fecero solo per egoismo.

  3. SEGNALAZIONE

    Quanto di morte noi circonda
    Intervista a Lanfranco Caminiti
    https://www.argonline.it/quanto-morte-noi-circonda-intervista-lanfranco-caminiti/?fbclid=IwAR11YdVB8roxdHPZZnUou9AjVw9e7qJl3pKtw6yil8d19HjJEZ1YAZtaAaE_aem_ATVcWWCeWjX4GVUMyuQS1v_ty1vvPBMAxQV6q4AzFBxAKWscvIrSzHh7sJZcWGuzbQNS-D5ZzaxlgWMfPIEOfJeH

    Stralcio:

    Una tra le pagine più dure e più belle del tuo libro ci ricorda che la distanza che ci separa dal morente, per quanto nostro amato e per quanto da lui amati, a un certo punto diventa incolmabile: «Viaggiavi verso qualcosa di oscuro, io no. Eppure, tu eri arrivata da qualche parte. Senza ritorno. E io con te. La morte non è un’esperienza umana – viviamo un giorno alla volta. Ma quando domani non c’è giorno, non è già morire?».
    Ci diresti qualche parola in più sul senso in cui la morte non può dirsi umana?

    La morte non si può esperire – non è una discesa negli abissi o una scalata sulle cime più alte e dici: Cavolo, vediamo com’è. Ho visto la morte in faccia – è un’espressione comune, dopo un incidente o una malattia, ma alla fine non ti ha ghermito, sei rimasto di qua, e non sei mai andato di là. E quando si muore davvero per un incidente, non hai mai il tempo di elaborare la tua morte, di farla entrare a fianco della tua vita. Diversa, molto diversa è invece la consapevolezza di una vita a scadenza, o ormai scaduta – quando ti viene detto che forse ti rimangono mesi, se ti va bene. Credo sia persino diverso dal condannato a morte che può sperare fino all’ultimo minuto nella telefonata del governatore, in un qualche ricorso del proprio avvocato, che fermi tutto – una cosa ancora nelle possibilità e nelle pratiche e nelle procedure umane, non un miracolo. È impossibile nell’esuberanza e nel tran-tran delle nostre vite quotidiane capire questa forma di vita, questo oltrepassamento della vita, questa lenta familiarizzazione con la morte. Con la propria morte – non con la morte degli altri, cosa che ti accade per un qualche mestiere di medicina. Non siamo esenti dalla morte nel corso della nostra vita – tutto ciò che vive, che vive o ha vissuto con noi non può che morire: un nostro animale domestico, i nostri nonni, i nostri genitori, qualche sfortunato amico, persino quella pianta o quell’albero che avevamo piantato in giardino sperando che diventassero rigogliosi. Ma tutto ciò ha a che fare ancora con la nostra umanità, con i nostri sentimenti – non con le fibre del nostro corpo, con il disfacimento del nostro corpo. È questo elemento orribile di consapevolezza, la differenza. Il nostro corpo ci lascia, non risponde ai nostri comandi, compie gesti opposti e contrari a quelli per i quali si è affinato in centinaia di migliaia di anni, per i quali i suoi organi, i suoi arti si sono progettati. Una sorta di regressione della biologia, che è una regressione dell’essere umani. Essere gettati fuori dalla vita. Dalla vita che sappiamo, dalla vita come la sappiamo. Dalla vita che avevamo vissuto, dalla vita che viene intanto vissuta dagli altri. E cos’altro è la non-più-vita se non già un avvicinarsi alla morte? Non è già un morire? Come è possibile vivere dentro la morte? Ogni giorno che passa, per l’animale morente, è uno stare con la morte. Ogni giorno che passa, per l’animale vivente, è uno stare con la vita.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *