Debenedetti è stato autore sommo.
Autore
ed insegnante.
Da alcuni suoi studenti
è giunto a noi il racconto
di come e quanto, a braccio, lui spiegasse
in prosa cristallina da maestro
(la stessa che è nei libri -le lezioni).
Di come, terminate le lezioni
-in aula che più piena non ce n’era-
scoppiassero gli applausi.
L’invidia altrui si lascia immaginare.
Magnetico il silenzio. Rinascere
ma nuovo e trasformato
di qualche nuova forma di Accademia.
Epifanie profetiche
ma non un vaticinio ne era il fuoco:
la pagina, bensì, lì chiara, aperta
la pagina di Saba -se era il caso.
Gigante -ma ha vissuto fra di noi.
Da gnomi -e il loro piccolo potere-
fu ferito. Ne morì -narrano alcuni.
Morì che non aveva settant’anni.
Nota
Caro Gualtiero, avevo ed ho grande stima di Giacomo Debenedetti. Un mio caro amico, Franco Tagliafierro che, prima di morire (7 marzo 2024) ha voluto donarmi tutti i libri di Debenedetti della sua biblioteca, era stato suo allievo a Roma nei primi anni ‘60 e mi ha raccontato spesso e con ammirazione della sua straordinaria competenza, della sua modestia e del suo rigore intellettuale; e anche dell’invidia ostile degli accademici.
I tuoi versi affettuosi confermano. E, dunque, mi hanno fatto piace. Non esito a pubblicarli, rubandoti anche la foto di Debenedetti che ho trovato sulla tua pagina FB.
Appendice
(Da seguire, anche se trovo discutibile e fastidioso il duetto dei due professori che si tolgono a vicenda la parola…)