di Ennio Abate
Oh, tazebao del ’68 alla Statale, proteggete la sua pia fedeltà all’Ombra della Grande Causa! Conservava in cantina persino alcuni di quei geroglifici. Per i figli? Per i nipoti? Puah! Se li troveranno tra carte e le foto, strabuzzeranno gli occhi. Come quel suo studente di 4B fisici quando si vide mettere sul banco il capitolo del manuale sullo sterminio degli ebrei: Toh, leggi e poi ne parliamo. Sì, sì, le sue archeologie: internazionalismo, non neutralità delle scienze, apparati scolastici di Stato, trasformazioni del lavoro! Cercò di farle durare scovando pretesti per far polemica con colleghi e studenti. Buonsensai, a noi? Un provocatore! Un piacere ad aggredire e a farsi aggredire. Come i suoi compagnuzzi, ma con più garbo, tenendo in piedi la sintassi almeno. Tenace il suo occhio utopico! Ma intorbidato – eccome! – dalla sconfitta. Erano gli ultimi spasimi del loro sogno giovanile. Poi andarono in pensione. (Ennio Abate, Prof Samizdat)
1.
Fino a tempi recenti non sono stati molti ad occuparsi di Fortini insegnante. Prima nelle scuole superiori – per la precisione in Istituti Tecnici a Lecco, a Monza e al Turismo di Milano, tra il 1964 e il 1970; e poi, dall’anno accademico 1971-1972 al 1986 e con collaborazioni fino al 1989, all’Università di Siena. Iniziarono per primi Emanuele Zinato e Donatello Santarone; e di recente hanno ripreso questo filone di ricerca Lorenzo Tommasini e Chiara Trebaiocchi.
Ora, più di cinquantanni dopo e in collaborazione con Lorenzo Pallini, Lauretta D’Angelo e Paolo Massari, due suoi ex studenti del Turismo di Milano, raccolgono n questo agile libretto i ricordi – i propri e di altri ex studenti e studentesse – su quel loro professore.
Quasi tutti gli autori delle testimonianze sottolineano la “sconfinata cultura”1 di Fortini, il piglio d’altri tempi – gramsciano e militante – con cui parlava del mondo.2 E quasi tutti danno un giudizio positivo, affettuoso e ammirato del suo insegnamento3 o rievocano l’anticonformismo e la imprevedibilità delle sue lezioni.4 O ricordano con nostalgia la grande disponibilità di Fortini a confrontarsi con loro in classe e spesso fuori dalla classe. Ma non mancano alcune reazioni di diffidenza, reticenza o di critica esplicita.5
Abbiamo, dunque, un’immagine sfrangiata, vivace e spesso minuziosa del quotidiano rapporto di Fortini con gli studenti. E risalta subito con chiarezza che, contro il lassismo libertario di moda in quel periodo, egli sapeva imporre il rispetto delle regole scolastiche ma paradossalmente erodeva quella routine rigida e opaca, calandovi le sue passioni di poeta, di politico, di ideologo.
Il racconto di certi episodi o la rievocazione di certi particolari (a volte spiazzanti e anche comici) è così diretto che accenderà sicuramente una maggiore curiosità verso la sua figura e, si spera, verso i suoi libri.
[continua]
Note
1
Si vedano i ricordi di:
Franco Romanò : “Le sue lezioni erano imprevedibili, a volte entrava in classe e si metteva a recitare interi pezzi dei Sepolcri oppure della Commedia dantesca, 18;
Antonio Pollio Salimbeni: “Più che lezioni di Lettere erano schioppettate. Squarci di luce potenti. Una specie di caleidoscopio in cui venivano mescolati Dante, Cavour, l’Italia del Novecento, Edgar Snow, e la Cina, le Sere in Valdossola e Brecht naturalmente, 26;
Lelio Calvi: “La catapulta fortiniana ci sommerse d’arte, toscanismi, poesia, letteratura e naturalmente politica, 31;
Cinzia Gallia Schliksup: “era un intellettuale coltissimo”, 48;
Gianni Cameroni: “Fortini da subito ci ha affascinato, con la sua forza espressiva, con la sua straordinaria capacità di disegnare scenari di grande respiro partendo da dettagli”, 64;
Lele Panzeri: “Eravamo completamente rapiti dalla sua sensibilità, dal suo coraggio, dalla sua sconfinata cultura, da suo essere sempre così clamorosamente controcorrente”, 83;
Angelo Branduardi: ” Fortini è stato un po’ un padre, una figura forte di riferimento. Era un uomo molto sicuro ma anche molto umile”, (88).
2
Cfr. :
Franco Romanò:”e poi iniziò un discorso che per quegli anni si può senz’altro definire memorabile: “Mi chiamo Franco Lattes, sono di origine ebraica, durante la guerra fui costretto a riparare in Svizzera, tornai a Firenze cona la Liberazione. Poiché io voglio che si conosca bene senza sotterfugi vi dirò che sono marxista, sono stato iscritto al Partito Socialista, ma oggi non lo sono più”, 17;
Francesca Tondo e Giuliana Panceri: “e, a spiegazione terminata, tendeva il braccio destro chiudendo vigorosamente il pugno e diceva: “Ragazzi, qui c’è tutto!””, 29;
Lauretta D’Angelo: “ Fortini portava dentro l’aula un mondo estraneo alla scuola ed esigeva che loro lo guardassero con occhi diversi”, 37.
3
Cfr.:
Lelio Calvi: “grazie anche a Fortini da quelle classi uscirono cantanti che misero in musica le sue poesie, pubblicitari dal frizzante ingegno, manager sempliciotti ma politici, semiscrottiri e giornalisti, insomma umanità varia mediamente acculturata e politicizzata”, 31;
Nino Ciaccio: “ senza Fortini sarei stato una persona diversa: sono sicuramente una persona migliore”, 60;
Paolo Massari: ”In quell’anno e nei successivi spesi tutti i pochi denari di cui potevo disporre in libri di letteratura e di poesia, italiana e straneira, i cui titoli furonio in massima parte suggeriti da Fortini”, 79;
Michela Battisti: “mi ha fatto amare la letteratura[…] Mi ha insegnato a pensare in modo libero, fuori dagli schemi”, 106.
4
Cfr.:
Antonio Pollio Salimbeni: “Le mie scarpe erano rosse quasi fuoco con la borchia dorata al centro. […]”Pollio Salimbeni, se fossi in lei non porterei quelle scarpe”,[…] Colpito e affondato”, 25;
Francesca Tondo e Giuliana Panceri: “Ci misurammo anche con la minuzia grafica della sua scrittura”, 30; “Ci leggeva le poesie, anche le sue, è ovvio, si stupiva che non ne sentissimo la musica, le allitterazioni, i tamburi (“ma i tamburi, non li sentite i tamburi?”, 33;
Lauretta D’Angelo: “Quindi prese a parlare e si capì subito che amava farlo. Parlava e recitava versi con grande enfasi”, 35; “I suoi comportamenti erano spesso spiazzanti. Un giorno di pioggia arrivò a scuola con le scarpe inzuppate. Sedette, se le tolse, chiamò il bidello e gli chiese di portarle via e metterle a sgocciolare. Poi prese a camminare per l’aula a piedi nudi davanti agli studenti ammutoliti per lo stupore”, 37;
Laura Atzei: “la passione che metteva nel leggerci i versi, di Brecht in particolare”, 46;
Cinzia Gallia Schliksup: “Fortini non interrogava, quasi non dava voti se non quando strettamente necessario”, 48;
Giuliana Caporali: “non amava molto interrogare, preferiva qualche compito in classe, sostitutivo della classica interrogazione e che non rubasse tempo a quello che amava di più fare: parlare, narrare, leggere testi molto all’avanguardia”, 61;
Gianni Cameroni: “ Fortini si ferma sulla porta dell’aula […] e attende il silenzio. Noi lo guardiamo incuriositi […] Infine esordisce con un cortese, ma perentorio “In piedi!”. Ci guardiamo un po’ interdetti”, 63; “ Poi scopriamo che Fortini ci dà del Lei”, 64; “la richiesta (curiosa, all’epoca) di preparare dei cartellini da mettere sui banchi, con i nostri cognomi. Leggendoli, ci conosce prima, vedendo come sono scritti ( con cura, con uno scarabocchio, su un foglietto strappato, con un disegno, o con scritte realizzate con riga e squadra) conosce il nostro carattere, la nostra indole, la nostra timidezza e, al contrario, la nostra spavalderia”, 64;
Lele Panzeri: “Gli piaceva molto lo yoghurt”, 85.
5
Cfr.:
Lauretta D’Angelo: “Mette insieme tutto. Dante, la storia, la pittura, la politica…. E’ un casino.”, 36 ; “ A volte – senza volerlo – ti feriva anche perché la distanza tra lui e noi (almeno per me) era tale che non sempre era facile capirlo”, 94; “per alcuni aspetti era un po’ pieno di sé, auto-centrato […] E non sempre accettava di buon grado le critiche”,97;
Cinzia Gallia Schliksup: “E noi, studenti adolescenti in giacca e cravatta e divisa, seduti come paralizzati di fronte a quest’uomo – che era più di un professore, era un attore sulla scena di un teatro improvvisato – ascoltavamo impietriti”, 47; “le sue idee molto all’avanguardia e non convenzionali dopo oltre mezzo secolo oggi mi fanno quasi sorridere, 49;
Giuliana Caporali: “E’ stato un maestro di vita per tutti noi suoi studenti, anche se dal punto di vista didattico avrei un po’ da ridire”, 62;
Walter Piombini: “ Fortini Non era un buon insegnante: era disorganizzato, prolisso, auto-centrato”, 95;
Luigi Broccaioli: “Non credo di poter ricordare Fortini per il suo metodo educativo che certamente non favoriva quelli meno dotati, o per le sue eccentricità o per i suoi cambiamenti di umore, né per certi suoi atteggiamento di ricerca del consenso, della stima, forse anche dell’ammirazione”, 99.
Leggendo la prima parte di note, la più vasta, riguardante i giudizi degli allievi di Fortini, mi sono detto: Ma questo non è il Fortini che ho conosciuto.
Poi però, leggendo le note dell’ultima parte, la più ridotta, mi son detto: Adesso, qualcosa comincia a quadrare.