Echi di Eco

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di Samizdat
E’ stato appena pubblicato un libro “Umberto Eco e la politica culturale della Sinistra” di  due giovani studiosi Claudio Capris e Giandomenico Capris, che, secondo la locandina della  Casa Editrice La nave di Teseo, “ricostruisce una stagione irripetibile della politica e della cultura italiane, tra la nascita delle neoavanguardie e l’esplosione dei mezzi di comunicazione di massa”.  Se dovessi trovare il tempo per leggerlo, mi porrei questa domanda: di quale Eco parlano: del giovane “incendiario” o del vecchio “pompiere” e terrei in mente questi due stralci che sono andato a ripescare in “Insistenze” di Fortini:

1.
Nei vent’anni che vanno dal 1945 al 1965 (circa) il tema dei rapporti fra intellettuali e politica si venne modificando col mutare dei due termini. Gli intellettuali divennero massa (con una giungla di “livelli”), la politica diventò tenacissimo sistema dei partiti e dei sottopartiti: mulino dell’identico. Nel quinquennio 1967-1972 a tutta una larga parte di quella che fu la nuova sinistra apparve chiaro che si trattava di comprendere e di controllare, per giugere a modificarli, i meccanismo della trasmissione intellettuale, culturale e ideologica: la scuola, la università, i centri di ricerca, gli audiovisivi, gli spettacoli, l’editoria nelle sue diverse forme. E che ciò poteva essere fatto soltanto dall’*interno* degli organismi (questa la “lunga marcia”, non quella di avvicinamento al potere politico esistente!) con una varietà di strumenti: ad esempio, la conoscenza dei meccanismi della informazione, la elaborazione di tecniche operative sui linguaggi e la loro circolazione, le attività sindacali ecc. Nell’area della cosiddetta letteratura si sarebbe trattato di conoscere l’economia e la politica del sapere e della cultura, l’albero delle decisioni editoriali, quello della distribuzione, della critica, e della ricerca, delle traduzioni, delle centrali del gusto ecc. Questo programma urtò tanto contro l’insipienza politica di chi, nelle nuove sinistre, lo credette meno importante delle chiacchiere sulla presa del potere, quanto contro la più che naturale volontà politica ed economica di chi non era disposto (a destra, al centro o a sinistra) a cedere un millimetro del proprio potere di gestione e controllo e che quindi si batté, nel decennio successivo, non solo per spegnere quelle tendenze ma per ridicolizzarne o criminalizzarne origini e motivi, obliterarne il ricordo presso le nuove generazioni, cooptare intellettuali “pentiti”.

(F. Fortini, “Il mercato delle lettere” (maggio 1981), in “Insistenze”, pagg. 82-83, Garzanti, 1985)

2.
Avete notato la scomparsa (ossia la riduzione a specialità universitaria) dei discorsi sull’industria della cultura e sulla manipolazione dell’opinione tanto correnti fino a pochi anni fa? I sociologi seri hanno disputato, negli scorsi anni, sulle tecniche di rilevazioni degli effetti delle forme culturali di massa; ma ora stanno pensando alla bibliografia. Anche Eco, mi pare, dopo aver lavorato in avanscoperta a destrutturare criticamente le comunicazioni di massa e a proporre vie anche politiche volte a mutarne i linguaggi, sembra trascorso a ragionamenti difensivi, profilattici; non si va più dal momento della critica ideologica a quello dell’azione politica ma (più tradizionalmente) dalla critica ideologica all’intento di influenzare l” “opinione”. La verità onde dire è fare si accompagna alla bugia onde sapere è potere.

(F. Fortini, L’informazione inutile (luglio 1976), in “Insistenze”, pagg. 181- 182, Garzanti, 1985)

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