Perché “Poliscritture Colognom”

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di Ennio Abate

In anni passati il tema della città riuscivo a esplorarlo con passione. Non per interessi professionali – non sono architetto, urbanista o sociologo o storico locale – ma politici.
Eravamo giovani, quasi tutti immigrati. E ci eravamo incontrati e organizzati, nel 1969, in un Gruppo Operai e Studenti di Cologno Monzese. Per anni tessemmo rapporti coi suoi abitanti, immigrati quasi tutti anche loro: operai di piccole fabbriche, donne e ragazzi dei quartieri, studenti delle superiori o di università.
Conobbi allora anche Danilo Montaldi, l’autore di Milano, Corea. Inchiesta sugli immigrati. Anzi, essendogli arrivato chissà come  tra le mani un nostro volantino, venne lui stesso a  cercarci a Cologno.
Nella postfazione alla nuova edizione del suo libro (1975) parlò anche di noi, “i giovani scattati col ’68-69”, e  fece  un ritratto secco, realistico, della città di allora  in drammatica trasformazione.  Lo ricopio:

             La maggioranza della popolazione a Cologno Monzese è costituita da pugliesi, calabresi, veneti, che vivono – a parte la vecchia Corea pietrificata – nei nuovi quartieri disagiati che punteggiano il paesaggio. Non esiste a Cologno una biblioteca, le scuole materne sono tutte nelle mani delle parrocchie, non esistono scuole superiori, i trasporti sono estremamente scarsi, assente la medicina del lavoro e prescolastica, carente la fognatura. In pericolo è, di continuo, il salario dei dipendenti comunali e quello dei lavoratori delle ditte appaltatrici; e si potrebbe continuare. Sul piano industriale si assiste, per tutto l’arco di queste medie e piccole aziende, a un’ulteriore intenzione di decentramento, cui la Sinistra tradizionale e i sindacati sono, come noto, favorevoli: ma esso significa un aggravio dello sfruttamento salariale, normativo, culturale.
   Nell’industria grafica si producono fumetti per l’Italia e per l’estero, libri per grandi case editrici, pubblicazioni per bambini, album semipornografici, atlanti geografici, e infine inezie e stupidaggini d’ogni colore. Di recente, la ristrutturazione in atto ha posto i tecnici nella situazione di essere tutti sostituibili, privandoli di qualsiasi responsabilità e garanzia nel lavoro. facendone unicamente degli esecutori di ordini.
    Così, a Cologno Monzese, dove producono circa 7.000 lavoratori divisi in cento fabbriche, se certe strutture di classe ancora non si erano precisate, è però arrivata l’America. Ed è proprio in questa città, dove la cultura di massa si spreca, che viene fatto di ripensare oggi a una prospettiva che è stata politica e culturale di allora, del 1959:

 La cultura di massa implica un momento oggettivo di riconoscimento delle esigenze delle masse a una piena partecipazione alla vita culturale e mondana (e a questo pensiamo abbia voluto alludere Togliatti, quando ha detto, parlando ai giovani comunisti, che quello che si chiama americanismo incarna, sia pure in altra forma, quell’ideale di vita libere specificata a cui tende, per suo conto. la società socialista.

(Renato Solmi, Televisione e cultura di massa, in “Passato e Presente”, n. 8, Milano  marzo-aprile 1959, p. 1037)

 La cultura, la politica che ci riguardano vengono fuori proprio a Cologno da quanti scrivono in forma e atteggiamento del tutto autonomi, organizzati, scientifici: “Altro che benessere! Abbiamo trovato insicurezza del posto di lavoro, infortuni, ore e ore da passare su indecenti mezzi di trasporto per recarci in fabbrica o in ufficio, affitti sempre più alti, mancanza di scuole e discriminazioni per i nostri figli,” “ma la forza della classe operaia non è una nostra invenzione,” i giovani comunisti devono più di tutti gli altri lottare per cambiare anche i gusti prodotti dall’industria culturale e dei padroni.” Da quanti, e sono sempre i giovani scattati nel ‘68-’69, sanno dire della situazione di un quartiere, il Ginestrino:

 Proprietari diversi e in anni diversi hanno messo su un gruppo di case all'estrema periferia di Cologno: così è nato il Ginestrino.
 Alcuni almeno degli attuali proprietari sono stati fra i primi immigrati di Cologno. Sono dei lavoratori che, facendo sacrifici per molti anni, sono riusciti a comprarsi il “loro” pezzo di terra proprio in questa zona.
La casa poi se la sono costruiti da soli, nei ritagli di tempo dopo aver lavorato in fabbrica tutta la giornata. Hanno lavorato tutte le domeniche, caricandosi magari di debiti e o di cambiali. Non è un caso, infatti, se alcune di queste case sono rimaste al primo piano. E’ stata utile tanta fatica? C'è da essere soddisfatti?
 In realtà questi lavoratori, costretti a risparmiare su tutto, hanno dovuto arrangiarsi. Le loro “villette” di uno o due piani sono quasi sempre prive di riscaldamento centrale e perciò molto umide. In genere hanno camere strette e sono rimaste su strade non asfaltate.
 Ad abitare poi queste “villette” non sono solo i proprietari. Le stanze vengono prese in affitto da intere famiglie, che si stringono come possono. Anche scantinati e soffitte vengono affittati da intere famiglie! La nocività di questo modo di abitare è evidente, appena si pensi ai bagni e ai gabinetti in comune, all’umidità, al sovraffollamento, ecc.
Ma il Ginestrino non è fatto solo di queste “villette”.
 All'imbocco della strada che attraversa questa zona ci sono ancora delle cascine. Alcune di queste sono state “rimodernate,” Ma questo non le ha fatte diventare più spaziose, più comode. Quelle non rimodernate restano delle catapecchie. Tutto il Ginestrino - comunque  - manca di servizi sociali. Non c'è medico, né farmacia. A scuola i ragazzi ci arrivano pagando il trasporto quando funziona) in pullman.
Per raggiungere l'unica linea tranviaria di Cologno bisogna farsi un buon quarto d'ora di strada a piedi.
Alcune strade sono ancora prive di fogne e nella zona, proprio a ridosso di certe “villette” esiste una specie di vallone completamente ricoperto di rifiuti. L’igiene non  è certo di casa in questa zona.

(Franco Alasia/Danilo Montaldi, Milano,Corea. Inchiesta sugli immigrati, pagg. 340-342, Feltrinelli, Milano, 1975 

Da allora sconvolgenti i mutamenti e gli smarrimenti ideologici di  tanti miei ex compagni o interlocutori. (Non nascondo i miei:  uno, ad esempio, con la cantonata presa appoggiando la  nascita  della locale  Lista dei Verdi di Camillo Piazza).
Le ragioni politiche sono quelle  che mi spingono ad intervenire ancora oggi  su quanto accade in questa città.  Ma per scelta lo faccio da isolato. E  quasi esclusivamente con articoli e commenti sulla pagina Facebook di   POLISCRITTURE COLOGNOM.
I miei “sogni d’inchiesta” o di costruzione di un gruppo di ricerca concorde sul raggiungimento di uno scopo [Appendice] li ho chiusi nel cassetto.

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POLISCRITTURE COLOGNOM (23 agosto 2024)  

PER UN GIUDIZIO RAGIONATO SULLA GIUNTA DI STEFANO ZANELLI

Uno scambio sulla pagina FB di Doriano Tarta(qui)mi ha offerto lo spunto per alcune riflessioni sull’operato della Giunta diretta da Stefano Zanelli. Le riporto qui. Quelle di Doriano Tarta si leggono nei commenti al suo post .

Approfitto della tua disponibilità al dialogo in pubblico per riprendere in maniera meditata i tuoi commenti. Tu dai un giudizio favorevole di questo primo anno della Giunta Zanelli. E, giustamente, rivendichi la buona volontà della Coalizione (“ci stiamo provando”). Capisco, ma solo in parte.

Faccio la tara e non prendo qui in considerazione le critiche che sono arrivate dall’ex Sindaco Angelo Rocchi Cologno Monzese e da altri della precedente Amministrazione (qui).
Tifare o dibattere in termini di quanto sia migliore Zanelli rispetto a Rocchi (o viceversa) mi pare sterile e da perditempo. Perché, di questi tempi e coi vincoli politici pressanti a livello nazionale e internazionale, chi amministra una città non può fare voli utopistici e deve stare dentro regole ferree e imposte. Dunque, amministratori di centro destra o di centro sinistra non possono distinguersi più di tanto.
Certo, ci sono stati e ci saranno sprechi, errori di gestione, cose che si potevano fare meglio. Ma enfatizzare la propria “identità partitica”, vantarsi delle cose fatte, sputtanare gli avversari per quelle non fatte o fatte male, in molti casi è solo sterile propaganda per gonzi. Ci saranno sempre “errori”. E gli insoddisfatti azzanneranno sempre: chi la vuol cruda e chi cotta; chi trova il pelo nell’uovo e chi l’uovo fatto dalla propria coalizione è sempre il migliore.
Perciò, al posto di partecipare a questo “derby”, mi sento di mettere in discussione soltanto un punto che mi pare fondamentale: il vostro rapporto coi cittadini.
Che a me non pare più *educativo* (sottolineo la parola!) di quello della Giunta Rocchi.
Anche voi continuate a galleggiare sulla massa dei cittadini di Cologno senza conoscere davvero – scientificamente, l’ho ripetuto spesso – i loro bisogni e la loro mentalità.
E anche la vostra resta una *comunicazione dall’alto in basso*. Manca l’inchiesta. Manca una raccolta sistematica dei bisogni e delle opinioni dei cittadini. Lo stacco tra politici e cittadini è grosso e forse s’aggrava. (Non devo ricordare che sintomo negativo per la vostra gestione politica è l’assenteismo alle elezioni).
E ancora. Anche voi continuate a dare l’impressione che Villa Casati sia una “fortezza” minacciata dalle critiche (sempre malevoli, strumentalizzanti, invidiose?).
I diari pubblicati sui social da singoli amministratori – una trovata che dovrebbe essere segnale di *trasparenza* – non vanno al di là del compitino volenteroso.
Come se la *trasparenza* si realizzasse con la cronaca burocratica (”elenco della spesa”) di quel che gli assessori “diaristi” hanno fatto in una settimana o in un mese.
Manca l’analisi politica e l’esposizione ai cittadini in termini chiari di come stanno i rapporti di forza in questa città: tra chi ha più potere e chi ne ha di meno. tra chi ha “santi in paradiso” e chi non ce l’ha, tra chi ha ancora una pensione o un lavoro e chi non ce l’ha, tra chi può ancora andare alle scuole superiori e all’università e chi, interrompendo gli studi, deve adattarsi a lavoretti precari e sottopagati.
Se mi pareva superficiale la politica comunicativa di Rocchi (troppi selfie, etc), non sembra migliore quella vostra. E in particolare quella di alcuni assessori che esibiscono la loro bravura e ti mettono sotto il naso i loro sorrisi e i loro “fatti non parole” (in realtà: alcuni fatti, quelli che confermano che loro lavorano sodo).
Anche su certi eventi gravi o tragici che stanno accadendo (immigrazioni, guerre, Gaza) dominano vaghezza e silenzi imbarazzati e difensivi.
Sulla cultura non vedo quali siano le iniziative che tu giudichi “buone”. Quelle fatte finora ripropongono un tipo di cultura che – appunto – non educa i cittadini, non li spinge a riflettere sulla realtà, ma li culla nell’immaginario a cui già li hanno abituati la TV, i mass media, i social.
Quando, negli anni 80 del Novecento, l’Industria Culturale stava sfondando le residue resistenze di una cultura che ancora poteva essere definita di sinistra, Franco Fortini scriveva:“mi piacerebbe […] una riduzione dei consumi. Con aumento dell’attenzione. […] Secondo me, la linea di avvenire dell’igiene mentale passa attraverso la diminuzione delle sollecitazioni: meno immagini, meno parole, meno musiche, meno tutto.”
(citazione da Chiara Trebaiocchi, Re-schooling Society. Pedagogia come forma di lotta nella vita e nell’opera di Franco Fortini, 2018 ).
Sbagliato? Aristocratico? Ascetico?
Lo si dimostri. Perché stiamo annegando nella molteplicità dei desideri e dei consumi indotti. E siamo arrivati nella palude della “comunicazione che non comunica”, all’annullamento reciproco dei messaggi.
Manca un sapere comune condiviso. E nessuno se ne preoccupa. (E qui ti rimando al post che ho pubblicato giorni fa.
E poi i commercianti? E’ bene avvertire che pure loro saranno importanti ma sono un settore minimo della popolazione di Cologno. E non si capisce perché l’Amministrazione dovrebbe privilegiare il rapporto con loro.
Per ultimo, il discorso delle “periferie nella periferia” così presente nella vostra campagna elettorale: è rimasto sulla carta. Non si è vista una sola iniziativa.
Concludo, perciò, indicando questa “piaga” da sanare: i sarebbe bisogno di *amministratori-educatori*capaci di svolgere la funzione di mediatori politici e culturali con la maggioranza della popolazione di questa città. E non ci sono.
APPENDICE

MANIFESTO PER “COLOGNO BENE COMUNE”

La città non dice il suo passato, lo contiene come le linee d’una mano, scritto negli spigoli delle vie, nelle griglie delle finestre, negli scorrimano delle scale, nelle antenne dei parafulmini, nelle aste delle bandiere.” (Italo Calvino)

Il mondo sta cambiando pelle. Cambia – soprattutto per la spinta delle innovazioni scientifiche e tecnologiche – la sua economia, la vita politica, la produzione di cultura, la mentalità, il comportamenti della gente. Anche Cologno sta cambiando pelle. Chi si avvantaggia di tale cambiamento  e chi ci perde? Noi che ci abitiamo conosciamo la nostra città  e i suoi mutamenti? E gli amministratori la conoscono? In una situazione piena di incertezze per il futuro nostro e dei nostri figli noi vogliamo:

– difendere e accrescere COLOGNO BENE COMUNE, cioè il territorio e le risorse di questa città e insieme i diritti umani e civili di tutti i suoi abitanti: solidarietà, uguaglianza, libertà, giustizia, pace.

– organizzarci con chi vuole ragionare e praticare nella vita quotidiana – non solo a  parole –  ideali  umani, laici e civili.

– provare ad andare oltre la Cologno mostrata dai mezzi di comunicazione di massa o dal Web per capire e incontrare la Cologno reale, più vasta, anonima e trascurata:  dei disoccupati, dei giovani costretti a  pessimi lavori precari, dei nuovi immigrati, dei poveri in crescenti difficoltà, dei malati, delle donne maltrattate,  degli sfrattati, di quelli che invecchiano male, degli individui soli, impauriti o azzittiti da piccoli o grandi  prepotenti

– affrontare i problemi della vita d’ogni giorno incoraggiando uomini, donne, bambini, giovani e vecchi di questa città a costruire forme di convivenza e di dialogo allegre, solidali, intelligenti e, dunque, umane.

– criticare insieme e in modi chiari  e decisi quanti mirano esclusivamente ai propri affari privati e si appropriano senza scrupoli delle risorse di Cologno peggiorandone l’invivibilità, l’insicurezza,  la nocività, il degrado ambientale e moltiplicando comportamenti incivili, egoisti o indifferenti.

(2018)

 

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