“Un po’ per celia e un po’ per non morir” (Ettore Petrolini)
Riflessioni sotto forma di filastrocche
di Rita Simonitto
L’abbacchio alla romana Perder fa la tramontana. Il carciofo alla giudia? Nessuno sa che cosa sia Se non l’ha prima gustato A dovere cucinato. Sor Tonotto ai vinelli Provenienti dai Castelli Era ben noto in città Per le sue specialità. Ma un dì dalla vetrata A colori, smerigliata Apparir ecco qualcuno Non capiva se era bruno O biondo. Era mattina Operosa la cucina Si appressò con un “Buondì. Non sembrate uno di qui” “Non lo sono” disse quello “Vengo qui come l’agnello…” “Del Buon Dio?” chiese Tonotto Che se la faceva sotto. “No, io son quell’animale Niente, sa, di personale A cui proprio stamattina Han fregato l’agnellina. Se è padre può capire Quanto ciò faccia soffrire”. E Tonotto di buon cuore Fu travolto dall’orrore Ma poiché quella pietanza Era proprio d’ordinanza Si sentiva invischiato Dalle leggi del mercato. “Facciam una transazione Dio mi fa da testimone. Quanto vuole Sor Agnello Per redimermi da quello Che ho commesso? Qual prezzo? Trenta piotte più un pezzo Di recinto green testato Con il bonus rinnovato?” Ma prima di firmar carte Osservò lo “stato d’arte”. Presentatosi eretto Forse solo per rispetto Non sapeva di divino Ma neppur tanto d’ovino. Guardar volle sotto pelo E così apriti cielo Per tastar il biondo vello Scivolò via il mantello. Il lupo ingannatore Che puntava sul buon cuore Del padron della osteria In un lampo prese il via. No. Non era disperato. Una volta che salvato Ebbe la nera pellaccia Ridacchiò alla facciaccia Dei porelli creduloni Convinti che esser buoni Stia nel dire “sissignore” Senza tema dell’errore D’affidar all’altrui testa L’andamento della festa. 30.08.24