di Eugenio Grandinetti
Piano come il vento che fruscia nel canneto in una notte di stelle insonni, parlami con la voce della malinconia mentre i grilli – lontano – nelle stoppie ripetono struggenti storie di rimpianti. Sto come un abete in cima a un monte calvo, ad ascoltar l’addio. Io ti amo, ti amo come t’ama il sole che t’accarezza al sorgere al mattino, t’amo come le stelle, che passano notti insonni a riguardarti, come il vento che fruscia nel canneto per dirti cose che non so capire. Io ti amo eppure devo dirti addio Noi siamo polvere; siamo la polvere dei nostri sogni; noi siamo cenere: siamo la cenere dei nostri giorni. Noi fummo soltanto i nostri sogni e i giorni a cui ci legava la speranza. Ora che tutto questo è ormai sepolto noi siamo soltanto l’ultimo rimpianto e poi più nulla. Tornerà, tornerà nel roveto a lacerare il canto tra le spine il rosignolo? “Tornerà” e tornerà col chiurlo lamentevole a rendere le notti malinconiche l’assiolo”? “Tornerà” “E tornerà a cantare tra i lupini, con la voce riarsa dal solleone, la calandrella?” “Tornerà” “E tornerà a zirlare tra le siepi, intirizzito dalla tramontana, il pettirosso?” “Tornerà” Tornerà, tornerà tutto ma io non tornerò! Questo è rimpianto io t’amo, t’amo come sempre t’amai e domani non più potrò amarti… - Questo è rimpianto! Non tornerà per me zinzilular di rondini adolescenti, aggrappolate ai fili del telegrafo, né lo squittire triste dello scricchiolo quando sui boschi nudi e silenziosi cade la prima neve. Non tornerà per me il ciclo delle stagioni, non tornerà mai più, pur se i pianeti ancora girano inutilmente attorno al sole come falene attorno ad un lucignolo. Parlami come fruscio di fronda, come murmure dolce di ruscello, dimmi l’ultimo addio: addio per sempre!