Oppressori e sfruttatori (in Occidente, quasi tutti; differenziati solo dal grado di potere che ne deriviamo) con la non-libertà di altri uomini si pagano l’illusione di poter scegliere e regolare la propria individuale esistenza.[…]. Oppressi e sfruttati (e tutti, in qualche misura, lo siamo; differenziati solo dal grado di impotenza che ne deriviamo) vivono inguaribilità e miseria di una vita incontrollabile, dissolta ora nella precarietà e nella paura della morte ora nella insensatezza e non-libertà della produzione e dei consumi.
(Franco Fortini, Comunismo, 1989)
DAL BLOG DI PAOLA CARIDI
https://www.invisiblearabs.com/2024/12/24/bisogna-ucciderli-i-bambini-da-subito/?fbclid=IwY2xjawHZSSRleHRuA2FlbQIxMAABHbSdvRLju7Cd-8KnvaVj8_Zgi9jE_CawLcWowp7P3b4WhyQ4lsIBzDqlcA_aem_biVSepPYmKO4nM2T67IOVw#more-10473
Bisogna ucciderli, i bambini. Da subito.
24 Dicembre 2024 di Paola Caridi
“E’ venuto da noi un nuovo comandante. Usciamo con lui per il primo pattugliamento della giornata alle sei del mattino. Il comandante si ferma. Per le strade non c’è anima viva, solo un bambino di 4 anni che gioca nella sabbia del suo cortile. Il comandante improvvisamente inizia a correre, afferra il bambino e gli spezza il braccio all’altezza del gomito e la gamba, proprio qui. Poi salta sulla sua pancia per tre volte e se ne va. Siamo rimasti tutti lì a bocca aperta, guardandolo scioccati… Ho chiesto al comandante: “Cos’è questa storia?”. Mi ha risposto: Questi bambini devono essere uccisi dal giorno in cui nascono. Quando un comandante lo fa, diventa legittimo”.
Tra le testimonianze dei soldati israeliani a Gaza fatte a uno dei più importanti psicologi israeliani, Yoel Elizur, della Hebrew University di Gerusalemme, ce n’è una che descrive ciò che sta succedendo, in modo crudo, crudele, insopportabile. A Gaza, da parte delle truppe israeliane, dal 7 ottobre a oggi.
Non a caso il titolo per l’articolo di Elizur scelto da @haaretzcom, cioè da uno dei più coraggiosi giornali israeliani cui il governo di Netanyahu vuole negare il sostegno pubblico, è “Quando entri a Gaza, ti senti Dio”. Neanche Erode. Dio. Questa testimonianza è difficile da leggere e sopportare. A me, però, fa ancora più impressione, è ancora più insopportabile pensare all’uso delle macchine, ai quadcopter, ai droni, alle bombe che uccidono e squartano e polverizzano bambini. Come se le macchine togliessero ai soldati la crudeltà diretta, dunque la responsabilità. Non è così: la responsabilità crudele c’è tutta, in ogni chip dei computer, dell’intelligenza artificiale, e ogni pezzo di metallo che squarta bambini e adulti palestinesi.
Il silenzio e il diniego non cancellerà il genocidio. Allontanerà solo il momento della giustizia. Che arriverà. Arriverà, senza alcun dubbio.
Ho fatto una traduzione veloce di questo passo, per chi non conosce l’inglese. La versione originale, invece, si trova qui a questo link.
buon Natale
La foto: ho scelto due persone da nord di Gaza, dall’ospedale Kamal Adwan, l’unico funzionante e a rischio evacuazione in ogni momento. Uno si vede, è il dottore Hussam Abu Safiya, il direttore sanitario dell’ospedale. Gli israeliani gli hanno ammazzato un figlio di 8 anni, lo hanno ferito, lui continua a lavorare, a curare, a non abbandonare i suoi pazienti. L’altra persona non si vede, è dietro il telefonino che riprende l’intervista al direttore dell’ospedale. E’ uno dei pochissimi giornalisti rimasti nel nord di Gaza, Muhammad Alsharef: i nostri occhi e le nostre orecchie. Ne hanno ammazzati quasi 200, di giornalisti, di colleghi palestinesi di Gaza. Di medici e personale sanitario, oltre mille. Un medico e un giornalista. Il ritratto di Gaza.