
Fra i banchi (2)
di Angela Villa
B come Bemolle: alterazione, indicata in chiave o in una singola battuta, la nota a cui si riferisce deve essere abbassata di un semitono, divenendo così più grave.
Assemblea di classe. I genitori sono molti. Si presentano in due, madre e padre, siamo ancora in terza, in genere, il numero scende verso la quinta. Ci salutiamo, qualcuno fa la solita battuta:
– Sono finite le vacanze, maestre?
Sorridiamo, anche se ultimamente nella scuola c’è poco da stare allegri.
La mia collega illustra gli argomenti del programma d’italiano:
– Quest’anno impareremo come si scrive un testo, ma sarà più difficile, abbiamo poche ore, la collega di matematica ruota in tre classi e la suddivisione degli ambiti è organizzata in modo diverso.
Qui comincia il lungo elenco dei disagi provocati dai tagli ministeriali e lo sforzo che è stato fatto per far quadrare il conto delle ore totali in classe: per coprire le ore di lezione che mancano, già a giugno abbiamo avuto grandi discussioni e qualche sciopero, al grido di: “Si salvi chi può”.
Le maestre di quinta vanno in terza, quelle di quarta in terza, quelle di prima e seconda non vanno in nessun posto, perché l’organico è già ridotto, ci sono buchi orari sulle mense, allora qualcuno pensa di poter accorpare le classi: un solo insegnante vigila su due classi. Follia, perché è il momento più pericoloso in cui ci sono maggiori probabilità di incidenti: molti alunni che si muovono corrono, saltano in spazi ridotti.
Al termine del quadro nero, i genitori sono preoccupati ma non troppo, qualcuno ha perso il lavoro ed è in cassa integrazione, qualcun altro continua a cercarlo e non è facile a quarant’anni, e poi ci sono i lavoratori precari: una mamma esce di casa la mattina alle sette e si ritira alle otto di sera, sono anni che ha un contratto a tempo determinato. Allora penso che in ogni caso, sia pure in mezzo alla marea dei tagli ministeriali, la nostra situazione lavorativa è migliore di tante altre. La mia collega continua imperterrita, è decisa, scende nei particolari. Il tempo a disposizione per svolgere con calma un buon testo, non è sufficiente, i bambini hanno bisogno di momenti lunghi di riflessione e soprattutto di calma, i nostri orari sono continuamente spezzati, in una classe può capitare di veder ruotare anche cinque maestre in un giorno, diventa sempre più incisiva e drammatica:
-Io non ho più, come nel ciclo scorso, quattro ore di seguito, necessarie per fare un buon testo: due ore per la conversazione e la scrittura, un’ora per copiare in bella e una per il disegno, come si fa a scrivere un testo a spezzatino?
I toni si fanno gravi e melodrammatici, il suono della sua voce cala di semitoni, in semitoni, la immagino come un grande bemolle sullo spartito musicale di questa assemblea che somiglia sempre più alla scena di un “Sestetto Rossiniano” con tante voci che si confondono fra loro.
«Se ci perdiamo, incontriamoci tutti alla corona finale», così diceva, un noto cantante d’opera.
-Come si fa a scrivere un testo di Italiano a spezzatino? La domanda cade nel vuoto.
«Questo è un nodo avviluppato.» *
È il mio turno, spiego in sintesi, le principali difficoltà che dovremmo affrontare:
– Quest’anno è previsto lo studio delle materie orali: storia, geografia e scienze.
«Allora avranno compiti a casa anche durante la settimana?»
Li rassicuro. Buona parte del lavoro, si svolgerà in classe: domande guida, parole chiave, schemi mappe, tutti suggerimenti utili per una buona esposizione, ma è necessario un piccolo impegno anche a casa. I bambini devono imparare a studiare e per farlo, hanno bisogno di silenzio, di educare il corpo all’immobilità necessaria per leggere, capire e ripetere. A questo punto la classe si divide in due: i fautori dell’impegno e quelli del disimpegno. Interviene una mamma per dire che sua figlia segue un corso di pallavolo, è impegnata due giorni, il lunedì e il mercoledì, la pediatra ha detto che deve fare sport, il venerdì, inoltre, c’è il corso di yoga, sua figlia in questo modo impara a disciplinare il corpo a rilassarsi e concentrarsi e poi fra breve, inizierà il catechismo, tempo per studiare non c’è. D’altronde è meglio così, altrimenti la bambina trascorrerebbe il pomeriggio a chattare con le amiche facendo finta di ripassare. Un papà interviene scuotendo il capo:
– I nostri figli sono troppo impegnati non c’è bisogno di trascinarli in giro per corsi vari pur di tenerli lontano dal cellulare, si può dire un bel: «No!», secco e senza repliche, mia madre faceva così, ne ho ricevute di pantofole sul deretano e non mi sembra di essere cresciuto male!
– I bambini oggi sono diversi, mia figlia ama la danza da grande vorrebbe fare la ballerina segue un corso tre volte alla settimana e poi ci sono le gare la domenica.
Intervengo per placare gli animi e nel frattempo penso ai bambini che in classe si lamentano spesso:
– Che noia maestra oggi devo andare a …danza, karate, pallavolo…l’elenco è lungo.
Un mio alunno puntualmente ogni venerdì, prima dell’uscita da scuola, piange, non vuole andare in piscina…odia il freddo e l’odore del cloro e il padre sogna i campionati di nuoto.
Riprendo il filo del discorso e cerco di ristabilire la calma, forse ci vuole un po’ di equilibrio, magari un impegno solo durante la settimana e poi è anche bello lasciare i figli liberi di correre in un parco o di annoiarsi a casa. I latini dicevano che la noia è creativa e non avevano torto. Comunque disciplineremo i compiti, il carico non sarà eccessivo.
Ultimo argomento all’ordine del giorno: gita di fine anno: andremo all’Archeopark, annuncia la mia collega. Il suo entusiasmo è subito smorzato. La maggior parte delle famiglie boccia la proposta, è stato già visitato questo luogo, i bambini hanno già fatto quest’esperienza. Ci vuole qualcosa di nuovo. Siamo nella società in si cercano novità come il pane quotidiano. Guai ripetere la stessa esperienza due volte, guai andare sempre nello stesso posto e magari guardarlo con occhi diversi. I social richiedono sempre novità. La conversazione continua con diverse proposte su possibili itinerari alternativi. I genitori sono molto preparati sull’argomento. Siamo una società turistica. Una società in fuga. La domenica c’è sempre un posto da visitare, un luogo dove fuggire per allontanarsi dal caos metropolitano. Il desiderio di fuga è accompagnato da una smania esperienziale, provare, guardare, provare, fare, fare, fare. I nostri alunni fuori scuola svolgano tantissime attività, vanno al museo per trasformarsi in piccoli scienziati o in pittori affermati, diventano piccoli archeologi alla ricerca del fossile straordinario, si trasformano in scrittori nei laboratori di scrittura creativa …l’ordinario, è stato sostituito dal desiderio di esperienze straordinarie da poter fotografare e raccontare, che cosa resta per la scuola? In questa società d’immagini e di realtà virtuali, che cosa possiamo offrire di particolare oltre l’esercitazione più o meno guidata, la ricerca o il laboratorio digitale, che cosa ci distingue dalle altre agenzie educative, dove possiamo cercare la nostra unicità?
Forse la risposta è proprio nella relazione.
In quello che accade fra un esercizio e un racconto personale, fra un’esperienza di scienze e un lavoro di gruppo in classe, fra un’attività spontanea e una guidata.
Ancora una volta, fra i banchi.
* Consiglio di ascolto (rende perfettamente l’idea di una assemblea di classe): Gioacchino Rossini “La Cenerentola”, Atto 2, “Questo è un nodo avviluppato” (Sestetto), Film versione 1981. Teatro alla Scala, Claudio Abbado, regia Jean Pierre-Ponnelle.