Mìneche (4)

Narratorio 14

di Ennio Abate

E dint’a n’ata foto …sul retro, lato destro, e stampato: Cartolina postale…a metà su una linea verticale:

F
O
T
0
BAYER

Mìneche stavaprimo dei seduti da destra – in mezzo a sedici uomini. Sulla cartolina non c’era data. Né parole scritte. Poteva essere stata fatta prima che partisse militare? O dopo, quando era già militare, durante un suo ritorno a Coperchia di Pellezzano. Quanti anni poteva avere? Diciotto? Venti? Di più? E chi erano quei sedici? Dal Foglio matricolare, al momento dell’esame di leva, nel 1916, Mìneche risultava di professione operaio. Potevano essere operai come lui o artigiani. E quello al centro – il direttore, o cape – di una azienda di un imprecisato settore. Forse si erano fatti fotografare in un giorno di festa. Tutti maschi, dunque. Nessuna donna.  Vedi che sguardi seri, compressi, non sorridenti. Si mettevano così seri soprattutto quando si facevano fotografare? Otto almeno con il fazzoletto nel taschino. E tutti con giacche, scure per lo più, e camicie bianche e cravatte. Tranne quello seduto al centro, il più importante di tutti, pare.
Sarà stato il fotografo a disporli su tre file. Due seduti su un terreno, che pare poco curato. Forse un cortile interno o un pezzo strada delimitata da un muro alto ricoperto di foglie? Di edera? Pare. Dietro i due, la fila dei cinque seduti. Simmetricamente due a sinistra e due a destra. Al centro sempre quello, l‘unico senza cravatta. Con la mano sinistra sul cappello appoggiato sulla sua coscia sinistra e con l’altra mano che trattiene dritto con pollice e indice il bastone da passeggio. Dietro tutti gli altri – dieci – in piedi. Quindi: 2+5+10= 17.
Mìneche è come nella foto coi commilitoni (qui). In mano, invece del fucile, ha il bastone da passeggio. Che allora si usava. Ma ce l’hanno solo in quattro. Perché? Segno di distinzione? È soddisfatto di essere in mezzo a loro? Erano gente importanti con cui Mìneche ci teneva a stare? Ma sono come assenti, pensieruse. E  solo in tre hanno i pantaloni bianchi. Come mai?

Sì, mo ve vene in mente a canzone: Sciur padrun da li beli braghi bianchi. Ma cà stamme ao Sud. Si e tre ca tenene e braghe bianche so signuri e cummannene, so sempe signuri ro Sudditalia. N’ata cosa rispetto ao Norditalia. Questa era gente i cui padri erano vissuti sotto i Borboni. 

E se scorressimo il gruppo volto per volto? Nessuna barba. Volti rasati. Alcuni coi baffetti. Uno coi mustacchi  o i baffi arricciati all’insù. Ca a notte usavene pure lore creme e unguenti e piegabaffi pe fa bella figura miche sule e femmene so fissate pa bellezza! Però nella foto tranquilli, impenetrabili, decisi. Di altri tempi. E se fossero militari?

Ma baste cu tutte ste domande, prufessò! Me parite [sembrate] nu poco ‘ncapunite [ostinato, stregato]. Che pensieri vi sono venuti guardando questa foto vecchia, ingiallite, forse del 1920, dove Mìneche compare con adulti che neppure avete conosciuto da ragazzo. O saccie. Vhanne fatte penzà a quanne Mìneche riceve: “mittiteve cu chille ca stanne meglie e vuie!”. Oiccà [Ecco] – vi siete detto – questi sono proprio quelli che per Mìneche stavano meglio di lui e della sua famiglia. Nunn’è gente ca porta a coppole. Nun fatichene a terre pe campà. Avete pensato a quando Mìneche vi disse: “A vacche se mangiaie e libre”. Che, da ragazzo, lui  la mattina, prima di andare alle elementari del paese, Coperchia, doveva svegliarsi più presto. Per dar da mangiare agli animali nella stalla. E che aveva odiato quelle fatiche che lo stancavano e lo distraevano dallo studio. E forse non sopportava neppure le altre famiglie contadine  – “chille che stanne peggio” per Mìneche. 

I sedici della foto dovevano appartenere alla piccola borghesia di campagna, quella in cui Mìneche fu contento di entrare, passando da contadino a operaio – per quanti anni poi? – e scegliendo poi  la carriera militare.

Eh, sì! Cheste ca virite dint’a foto po esse piccola borghesia e paese. Lontana dalla vera borghesia cittadina. Virite na cosa. Cà nisciune  tene a barba o  o pizzette, a allore facevene l’omme veramente ‘mpurtante, ma sulamente e baffi o e baffetti.

Di Chiero foto così – lui giovane in mezzo a gente importante, fosse pure di paese – mai ce ne furono. E neppure di lui con la famiglia o coi parenti. Nunn’ere tiempe. Erene nate nmiezz’a na guerra. In un paese di campagna. L’abitudine di farsi foto non c’era. Le macchine fotografiche allora erano  costose. E a chi di loro  poteva venire voglia di farsi una foto, come faceva nelle famiglie dei signori? E poi con tutta la famiglia o assieme ad altri  parenti? Non ci pensavano. Ogni famiglie viveva chiusa e separata dalle altre. Soltanto in occasione di matrimoni o feste di paese si riunivano e si mescolavano per qualche ora. Complimenti, salamelecchi. E sai quante invidie e pettegolezzi e malignità venivano fuori durante e dopo quegli incontri! Chiero e Eggidie avevano solo una o due foto di quand’erano ragazzi.

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