Riconoscimenti

di Marcella Corsi

            Lo spazio si era finalmente allargato. Il 60 troppo pieno era andato in tilt: porte chiuse, autobus fermo e poi al rimessaggio. E noi in molti sul 62, che provvidenzialmente lo seguiva. Ma di spazio relativo per ognuno ce n’era parecchio di più. Così m’ero appoggiata comoda ad una delle pareti, la busta con l’ultimo numero di Poliscritture appoggiata a terra tra i piedi, lo sguardo più libero di fermarsi sugli altri. A finire di leggere l’articolo sull’etica militante in poesia iniziato sul 60 avrei pensato più tardi. E mi tornava in mente quanto scritto su un altro autobus qualche giorno prima: guardandoti in faccia ognuno/ si guarda facendo confronti/ per rughe per pieghe per intenzione/ di movimento o prova d’assalto// se sei fortunato lo sguardo/ non ti cancellerà di molto.

Occhiali neri, capelli ben scuri nonostante un’età non più giovane e abito da lavoro ‘in’, la sorella meno simpatica di Davide era lì sulla destra, senza nessun piacere di rivedermi o salutarmi. L’ex di mia sorella era stato un mio buon amico ma lei non… L’assecondai spostandomi appena, in modo da interporre un giovane di alta statura tra di noi. Né l’avvicinarsi della fermata a largo Argentina, con gli inevitabili micro-spostamenti per guadagnare la porta, arrecò disturbo al comune progetto di non riconoscimento.

A piazza Venezia era salito uno strano ometto, con una coperta di lana scozzese leggera appoggiata da un lato sulla spalla, poi a coprire il capo e poi di nuovo a sovrapporsi sulla stessa spalla. Ai piedi ciabatte orientali sopra calzini bianchi, un giaccone ampio e borsa a tracolla sul busto sottile. Girato verso chi si apprestava a scendere – un’anziana piccola quanto lui gli stava di fronte aggrappata all’asta alla quale io pure, oltre la paratia di vetro che delimitava l’uscita, mi tenevo – cominciò a parlarci in una lingua incomprensibile. Vi riconobbi pochissime parole. Ma alcune sì: islam, al-qā’ida, al-jaseera, Allah…

Tamponai il brivido che partiva dallo stomaco guardandolo fisso negli occhi. Pensai ‒ valutando velocemente se sotto il giaccone potessero esserci…, se le sue mani stringessero… ‒ pensai: se è arrivato il momento, affrontiamolo con dignità, e da vicino… ma Sara (hai ragione, sì, lo riconosco, non sono riuscita a non scappare almeno con il pensiero) se avesse ancora bisogno di me…

L’autobus si fermò prima che avesse messo mano a… Continuava a parlare la sua strana lingua guardando ora l’uno ora l’altro. Anche la sorella di Davide doveva scendere e lo guardava. Londra, Madrid, Parigi, Berlino… anche qui adesso!

Finché la vecchietta davanti a me: “Sì, però mo’ facce scenne!” Non lo guardò nemmeno in faccia.

E scendemmo. Anche lui. Mi sentivo addosso gli occhiali scuri della sorella… Quasi un’eroina mi sentivo. Dentro il racconto di un film.

Lo seguii per qualche passo sul marciapiede che s’allargava davanti a Feltrinelli, rallentando per allontanarmi da lui, ma non troppo velocemente (per non farmi notare). Lei la intravidi di nuovo al semaforo (chissà dove lavora, ma in fondo non me ne importava nulla). Quello svoltò prima di arrivare a via Arenula. Lo seguìi con lo sguardo finché fu in vista. Che ti prenda un accidente!

Camminando verso il Tevere, con qualche difficoltà per via dei moltissimi che come me andavano al lavoro, riflettevo: lei sì, la vecchina, aveva riconosciuto il gusto perdente di mettere almeno a qualcuno un po’ di paura. A lei davvero non l’aveva messa. Io invece…

Pensai che dovevo scriverla questa ‘avventura’: un po’ d’autoironia, almeno!

4 pensieri su “Riconoscimenti

  1. Per me che ho scelto di vivere in solitudine, con rapporti consapevoli, i Riconoscimenti sono altro problema, sostanzialmente linguistico: le parole e soprattutto la sintassi (in questa per ora infilo anche la retorica) uniche mediazioni. Nel bosco-citta’ invece Marcella deve cogliere indizi, rapidi movimenti che alludono a significati da interpretare, e che è opportuno classificare tra le possibili minacce. La città ha una dimensione sua che trasforma in profondità l’animalita’ umana in cittadinita’ umana. Come anche uccelli e gatti e cani cittadini non sono come i loro conspecifici liberi sul territorio. Poi, covid favorente, cinghiali e cervi si spingono a esplorare la parte pietrosa, ricordando ai cittadini la precarietà del cambiamento di stato vitale in cui si trovano.
    Il breve racconto di Marcella dice la città, i percorsi riconoscibili in un contesto complesso, le tappe emotive condensate in occasioni ripetibili, le tracce e gli indizi che occorre classificare senza sicurezza del loro senso.
    Dai cacciatori in gruppo paleolitici ai piccoli esploratori-raccoglitori cittadini. Quasi una foto, con brevi momenti filmici, di movimento. Niente di più lontano dal teatro, dalla scena.

  2. … mi spiace di non essermi potuta affacciare sul sito nei giorni scorsi: avrei visto prima questo commento di Cristiana, e prima avrei risposto.
    La sua lettura di questo raccontino, scritto soprattutto per ironizzare su mie e altrui paure, mi colpisce per intuito e sensibilità. L’immagine della città come Cristiana l’ha vista c’è dentro tutta, anche se per cenni, che però nelle intenzioni dovevano (potevano, và…) far partire riflessioni.
    Anche il “quasi una foto” è azzeccato: questo fa parte di un gruppo di racconti che ho assemblato sotto il provvisorio titolo di Immagini di un passato non proprio prossimo. Racconti non lunghi, talora brevissimi, che tentano di dare l’immagine (“con brevi movimenti filmici” naturalmente) di un momento particolare, forse significativo.
    Grazie Cristiana.
    (Sarei curiosa di leggere un tuo commento nel dibattito sul racconto suscitato dal post pubblicato a partire dalle affermazioni di Elena. Le ho trovate inappropriate nel tono ma interessanti per la riflessione cui debbono dar luogo. Spero che ci torni sopra per esplicitare meglio quel che intende. Però ho l’impressione che il tuo intuito potrebbe esser utile da subito… )

    1. Volentieri Marcella, ma non so a che dibattito ti riferisci e dove. Tenendo conto che sono sempre interessata alle posizioni che Elena esprime. Sappimi dire.

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