La pittura di Mario Tarantino

di Franco Casati


Si può essere artisti anche evitando il confronto col pubblico, coltivando una passione che si considera segreta e quasi proibita, nascosta ad occhi estranei, alla ricerca di un’espressione personale, di un’arte che nasca dall’esplorazione dell’arte stessa. E così si sviluppa la passione al confronto (ripercorrendo il cammino dell’arte del ‘900) fra le proprie potenzialità, aspirazioni e l’opera di Maestri affermati.

Può essere che, poni, fra le tante, l’opera di un Lorenzo Viani, la sua pittura sofferta e introspettiva, sia stata da stimolo e da viatico per il cammino intrapreso anche da Mario Tarantino; al fine di cercare se stesso, la propria identità di artista, e per indagare il mondo, la realtà, al di là e al di fuori delle apparenze. E’ così che la sua pittura si proietta in una ricerca, allargata a una aperta e libera dimensione culturale, svolta con intelligenza e
passione.

Ne escono ritratti stilizzati che sembrano interrogarsi sulla propria identità, figure allegorizzate, paesaggi scomposti secondo schemi cubisti o surrealisti atti a suscitare emozioni, o astratte costruzioni geometriche cariche di energia e di valori cromatici, soggetti vari e temi compositi. Compaiono richiami o citazioni da Casorati, De Chirico, Picasso, Modigliani, Kandinskij ed altri, a riprova di un percorso nell’ambito Novecentesco ispirato alla varietà e alla libertà della ricerca.

Mario Tarantino, nelle sue opere, pur sfumando spesso i colori, non sembra privilegiare una pittura tonale, ma si esprime attraverso un cromatismo controllato e contenuto, con
campiture di colore e decise pennellate, in un solido e morbido equilibrio coloristico; circoscritto all’interno della trama del disegno, ma spesso semplificato ed in evidenza. A volte il colore si carica di valore espressivo alla Van Gogh.

Ogni quadro ha una narrazione complessa ed elaborata, in una dimensione culturale che non è di immediata lettura o interpretazione. Sarà un’indagine, questa, da condurre in un futuro prossimo, per chi voglia sviscerare i contenuti delle opere.

Rimarchevole anche la presenza di qualche soggetto sacro, dove l’intento non appare di carattere devozionale, ma si prospetta come un’indagine su quel punto d’incontro fra divino e umano che ci interroga nell’ambito del pensiero.

Mario Tarantino, come artista, è rimasto nell’ombra per tutta la vita, nascosto, rifiutando di partecipare a mostre o a concorsi. Una riscoperta postuma appare perciò doverosa al fine di una adeguata valorizzazione.

Nota

Per conoscere e approfondire vita e opere di Mario Tarantino si può visitare il sito a lui dedicato: https://www.mariotarantino.net/

2 pensieri su “La pittura di Mario Tarantino

  1. …bello l’autoritratto di Mario Tarantino, con i caratteri marcati del volto, come scolpiti nella pietra; l’incarnito della pelle è piuttosto scuro, mentre gli occhi cerulei sembrano capaci di penetrare la realtà in trasparenza…Ho ho avuto la fortuna di conoscere l’artista, scomparso da pochi anni, in quanto compagno di vita di una cara amica…Ho molti ricordi legati alla loro compagnia quando vivevano ancora a Milano. Mario era una persona straordinariamente seria, discreta e riservata, forse perché molto intenso era il mondo delle sue emozioni e delle idee, tanto è vero che preferì sempre esercitare la sua arte nell’ombra…Sfogliando mentalmente l’album dei suoi dipinti, trovo notevole la sua produzione onirica panteistica. Ci trasmette la visione di un mondo attraversato da vetri colorati o misteriosi acquari stemperati in una intensa luce: paesaggi, volti e forme umane spesso stilizzate in geometrie, semplici oggetti si intrecciano, mescolandosi in un pieno universo…Solo la presenza insistente di occhi disseminati sui volti, come tra le cose, sembra rimarcare lo sguardo diffuso dell’artista, a tratti innocente, a tratti indagatore…Bellezza e inquietudine

    1. Quello che tu Anna rintracci nei dipinti di Mario è una meditazione che si esprime attraverso un unico particolare soggetto che accende di intensità poetica la pittura. Sparsi per ogni dove, tutti diversi, tutti separati eppure in qualche modo legati in intimità, appaiono, numerosissimi, gli occhi. Che si affermano come i protagonisti. E noi, stupiti, ci troviamo- probabilmente per la prima volta- a interrogarci su queste piccole rotelline che instancabili ci portano vicino e lontano. Lontano, perché grazie a loro possiamo perfino prevedere. E prudenti, perché conoscono la misura del loro schiudersi e insieme del richiudersi. Veramente ci aprono un mondo, visto che anche le nostre bestiole ci parlano con i loro occhi.
      Sono tanto naturali da apparire gli elementi più semplici che possiamo immaginare eppure al loro interno sono di una ardua complessità. Anche in loro è inscritta la dualità: sono due ma per raggiungere l’uno.
      Un detto antico dice che uno è l’occhio della misericordia, l’altro del giudizio.
      Ancora: mentre uno guarda in dietro, l’altro avanza per inesplorati sentieri.
      Questo soggetto sul quale potremmo a lungo soffermarci è così presente in numerosi dipinti tanto da apparire la nota che caratterizza la sua pittura.

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