Fine del mio rapporto con “Lplc”
di Dario Borso
Il 7 maggio 2017 passai al litblog “Le parole e le cose” un pezzullo su inediti di Enrico Gadda, fratello del più noto Carlo Emilio: me lo pubblicarono subito, e mesi dopo lo passai al “Sole24ore”, che lo ripubblicò domenica 27 agosto.
Fin qui tutto bene (la mareggiata wagneriana sarebbe giunta in ottobre qui), ma un mese fa l’erede di Carlo Emilio mi ha comunicato di possedere i diritti sulle carte della famiglia intera. Da valente scopritore, passavo così dalla parte del torto, e siccome a rigor di legge una querela avrebbe coinvolto pure il direttore della testata, ho subito avvertito gli attuali responsabili di “Lplc” Massimo Gezzi e Italo Testa offrendomi di spiegare pubblicamente in un post la situazione: così infatti avrei potuto portare argomenti bastanti per scagionare sia me, sia il direttore responsabile, che nel 2017 era Guido Mazzoni.
La risposta di Gezzi e Testa è giunta rapida: hanno cancellato il pezzullo coi relativi commenti!
Ho fatto notare allora quanto strampalata fosse la loro mossa, interpretabile solo come un’excusatio non petita ossia un’ammissione implicita di colpa; ho segnalato che tracce del post-pezzullo erano rimaste un po’ ovunque in rete, a partire dalla pagina fb di “Lplc” (qui); ho avvertito che il link era finito pure sulla carta stampata, in un articolo di Paolo Di Stefano sul “Corriere della sera” e addirittura nella bibliografia de La guerra di Gadda, uscito per Adelphi a inizio 2021.
Niente, nessuna risposta. Neanche blowin’ in the wind…
UNA PREMESSA
https://www.feltrinellieditore.it/opera/opera/i-fantasmi-del-fascismo/#descrizione
Il recentissimo saggio di Simon Levis Sullam “I fantasmi del fascismo”.ha quattro protagonisti: lo storico Federico Chabod, il giurista Piero Calamandrei, il critico letterario Luigi Russo e lo scrittore Alberto Moravia. Quattro grandi intellettuali che, noti antifascisti nel dopoguerra, mantennero durante il fascismo un atteggiamento perlopiù di cautela e inazione politica, talora con cedimenti rispetto alla collaborazione al regime.
Nell’immediato dopoguerra essi tesero invece a ridefinire e riscrivere il proprio precedente percorso rappresentandolo sempre coerentemente improntato all’antifascismo. Se l’intellettuale viene solitamente immaginato come anticonformista e critico del potere, in realtà tende spesso ad adeguarsi alla maggioranza e a esprimerne gli orientamenti. Contano i condizionamenti politici e istituzionali, per esempio del sistema universitario, o delle istituzioni culturali in cui operano; conta l’esigenza di affermarsi sul piano culturale o artistico. Conta, in ogni tempo, anche la tendenza dell’intellettuale a dar voce e interpretare i sentimenti della maggioranza e talora cedere al potere. L’autoassoluzione degli intellettuali italiani rispetto alla propria implicazione con il fascismo ha tuttavia contribuito a deresponsabilizzare e scagionare l’intera società italiana rispetto alle proprie responsabilità nei confronti della dittatura.
UNA DEDUZIONE
Se li collocassimo indietro nel tempo di 80 anni, con buona approssimazione potremmo affermare che Guido Mazzoni sarebbe in esilio a Parigi, mentre Italo Testa e Massimo Gezzi in confino a Eboli, con Maria Borio a far la spola da Roma per dare loro un po’ di conforto (ma sottobanco preziosissime informazioni politiche dalla centrale).