di Donato Salzarulo
I Ho l’orizzonte di un giorno che mi attende. Mi inoltro sul sentiero del bosco dove qua e là alberi seccati o travolti dai venti non vengono raccolti. Quanta legna nel sottobosco potrebbe alimentare camini, focolai di riscossa.
Qualcosa accadrà – sono certo – che mi sorprenderà. Arrivo a sera un po’ stanco, ma non è questo che mi dà l’amaro in bocca. È il buio, il giorno vissuto come un lampo. II Leggo per essere portato dove non sono, dove il pensiero non è ancora arrivato. Domani verrò a svegliarti. Da troppo tempo immersa nel sonno minerale non riesci più a parlare. Affidi solo a me i tuoi pensieri, quelli fioriti dentro come ricordo o eco di un incontro ancora sorprendente. Non so come sfuggire al turbinio inconcludente dello stare tra la gente. Lasciami il tuo cellulare, il cordone ombelicale, la fascia oraria in cui potrò chiamarti, ricevere consigli, dialogare. È urgente sentirti, aprirmi al tuo sguardo. Sul dolore della tua assenza ho molto da dirti. III Fatti trasportare dal vento. Il mondo è un esperimento. I libri giocano a nascondersi. Da qualche giorno cerco il Santagata su Dante, quello dell’Io e il Mondo, e non lo trovo. Ho dovuto fare ricorso alla Biblioteca Civica. Ora lo succhio. Quando lo richiudo, Dante in sovracoperta sembra dirmi: «Abito in casa tua da anni, fratello addormentato. È ora di svegliarti, d’aprire il tabernacolo e portare un po’ in giro il suo miracolo.» Sarà che sono entrato di nuovo nel mio mese col sole di ieri, il cielo coperto di oggi, la pioggia, l’instabilità della primavera… Stamattina sento d’essermi svegliato con la buona cera. Assorbita la trave del Diciotto Febbraio, sono in fuga da Cologno. Mi salva Laura, Barcellona, Dante che mi sogna con la sua Beatrice, divina incantatrice. Ho pronunciato la parola della malattia. Mio padre col viso scavato, spesso in lotta col mondo, disposto a scatti di rabbia ed ira; mia madre viva, loquace, ossessiva che l’assediava per ancorarlo ai compiti di famiglia, al salario, al lavoro, all’acquisto della casa, alla costruzione di un improbabile tesoro. Che malvasia sanno procurarmi certe pagine! Che terapia! Mi slanciano, mi gettano oltre il muro di cinta della malinconia. Domenico aveva girato, conosciuto il mondo, la guerra, la precarietà del giorno. Appassionato, ma disincantato, per lui di concreto c’era solo il corpo e la terra. «Da morto, buttatemi dove volete…» Ho ricevuto in eredità la sua allergia per l’ambrosia, il cibo degli dei. Era un sogno di donne, di sesso e accoppiamento. Veniva prima d’aver pensato Dante come figura importante della partita. Camilla, intanto, con la trecciolina inondava di bolle la panchina su cui ero seduto. A maggio il profumo di pitosforo libera la mente, mi regala il coraggio del fosforo. Maggio 2014 NOTA: Il libro evocato nei primi versi della terza parte è di Marco Santagata, si intitola “L’io e il mondo. Un’interpretazione di Dante” (Il Mulino, 2011). Con la “trave del Diciotto Febbraio” (primo verso, quarta strofa, terza parte) si allude agli arresti per corruzione e turbativa d’asta del Vicesindaco e dell’assessore all’edilizia privata della Giunta di Cologno Monzese (di cui l’autore faceva parte). Effettuati dalla Guardia di Finanza, essi si verificarono, appunto, il 18 febbraio 2014. Domenico era il nome del padre dell’autore.
1 L’apertura introduce su un terreno (inoltrarsi, sentiero, bosco vivente) di resti naturali seccati o abbattuti che potrebbero tuttavia riaccendere, attraverso la memoria, un senso abbandonato (la riscossa). Il tempo è stato breve ma c’è una attesa certa.
2 Il collegamento avviene attraverso la memoria creativa ( “Leggo per essere portato/dove non sono” e anche “dove il pensiero/non è ancora arrivato). Le opposizioni seguenti “minerale/fioriti”, “sfuggire/turbinio”, … “cellulare/cordone ombelicale”, “sentire/sguardo”, “assenza/dire” strutturano il medium necessario per addentrarsi nella memoria del passato e nella chiave con cui, al presente della poesia, il poeta lo verifica e lo rilegge
3 (: infatti “il mondo è un esperimento”!)
La poesia precipita (e il mio commento taglia corto) in una annodata (e articolata) compresenza di memoria e ragione, di eredità umana ricevuta, corpo e terra, empaticamente trasmessa a Camilla. La riflessione, “allergia per l’ambrosia”, sveglia il poeta, lo conferma portatore del proprio miracolo “oltre il muro di cinta/della malinconia”.
Il Pitosforo rima con fosforo ma la componente “(s)foro” ha senso diverso, è spora in un caso, e portatore di luce nell’altro. Ma il profumo resetta la mente (bisogna chiedere a Paolo Di Marco se conosce questa funzione di reset dei profumi). Il coraggio è dunque prodotto dal reset combinato di luce e profumo! Io non ne dubito affatto.
la poesia di Donato mi trasferisce in un flusso di pensieri e di stati d’animo. Inizialmente piuttosto statici poichè:
“Ho l’orizzone di un giorno/ che mi attende”, cioè quello di uno spazio ristretto e senza sorprese…Nel bosco il vento (che qui ha una funzione distruttiva) strattona gli alberi, li fa rinsecchire e cadere, ma poi tronchi e rami non vengono raccolti per farli ardere nei camini e alimentare “focolai di rivolta”…il poeta parla certo della situazione che stiamo vivendo, franata e immobile. La fine del giorno lascia “…l’amaro in bocca”. Nella seconda strofa, il poeta ricerca una strada per uscire dalla secca e la lettura certo aiuta ad andare oltre lo sconforto, ma è attraverso la ricerca di un incontro contatto intimo con una persona, non piu’ tra i vivi, che puo’ davvero aiutarlo a riprendere il cammino della speranza e non del sopravvissuto. Una ricerca spamodica, viscerale: il poeta supplica”…il tuo cellulare,/ il cordone ombelicale…” per potersi ricollegare con la madre, la stessa fonte della vita. E il viaggio del poeta sembra cosi’ liberarsi dalla dimenticanza e dalle forme stagnanti della propria esistenza. Allora iIrrompono nella sua memoria persone e personaggi altrettanto cari e ancorati in esperienze vissute; il vento si fa propizio per inseminare, cosi’ l’ape a succhiare il nettare di fiori vitali…si rincorrono nella mente le letture piu’ significative, “Dante come figura importante della partita”, come di autori che l’hanno ben interpretato per noi, ma ancor prima l’eredità lasciata a lui dal padre Domenico per il quale di importante c’era solo “il corpo e la terra”, esempio di una modalità di amore concreta e carnale…Si aggiunge al coro la tenera Camilla che proietta verso il futuro il nonno attempato…E il profumo del pitosforo, robusta pianta mediterranea delle origini, alimenta il coraggio di continuare…Una poesia che cerca nei compagni di strada di una vita, presenti e passati, la spinta e l’esempio per proseguire il proprio viaggio…
” Qualcosa accadrà – sono certo –
che mi sorprenderà.”
Ma intanto il buio dopo “il giorno vissuto come un lampo” dà l’amaro in bocca.
A un preludio di legni secchi, buoni forse per collettivi “focolai di riscossa” ma lasciati a giacere inutilizzati, seguono due sezioni in cui l’imperativo è il risveglio: una privata riscossa che passa per la “riattivazione” delle radici materna e paterna, il recupero di un’identità scossa (fra le altre cose) da un “diciotto brumaio” colognese e di conseguenza sparpagliata, come certi libri che ci sono ma non si trovano. La madre consiglia, esorta, il padre ha legato all’autore precise idiosincrasie a cui è bene attenersi. Ma fondamentale è anche il padre spirituale, pensato come “figura importante/della partita” dopo “un sogno di donne, / di sesso e accoppiamento”: un naturale indistinto da cui si distacca, nel risveglio, la persona individua, la sola che possa “aprire il tabernacolo / e portare un po’ in giro / il suo miracolo”.
E se catalizzatore alchemico non sarà il biancospino proustiano, divenuto introvabile, ma il più diffuso pitosforo, miracolo sarà ugualmente.
Ringrazio Cristiana, Anna Maria ed Elena per i loro commenti. Sono molto acuti, precisi e suggestivi. Per quanto mi riguarda, li ritengo abbastanza condivisibili. “L’imperativo è il risveglio”. Direi proprio di sì. Non solo quello della mia vicenda psichica, ma quello collettivo, quello che si potrebbe accendere con la legna secca del sottobosco. Il testo ha diverse “voci” e vari bersagli. Forse troppi. Per questo probabilmente ha zone limpide ed altre un po’ più oscure. Ma riuscì, dopo il “diciotto brumaio” colognese – grazie, Elena, per questo richiamo storico – a darmi la spinta, come scrive Anna Maria, per proseguire il mio viaggio esistenziale e politico-culturale. Ancora oggi, dopo sette anni, attinge acqua al mio pozzo psichico. “Il Pitosforo rima con fosforo ma la componente “(s)foro” ha senso diverso, è spora in un caso, e portatore di luce nell’altro”. Questa di Cristiana è un’annotazione molto importante. Quasi lacaniana. La interpreto come un’apertura all’inconscio di questo testo. Ancora grazie
“Non sa come sfuggire/ al turbinio inconcludente/ dello stare tra la gente.”(Donato Salzarulo)…momento di solitudine ricercata importante per il poeta che vuole ricucire il filo di dialoghi interrotti o rinverdire la memoria di autori che hanno avuto un peso nella sua formazione e vita…Auspicabile per tutti, direi, quando ci sentiamo svuotati di significato, eppure per molti oggi è impossibile sottrarsi al caos, alle ammucchiate dei CPR, alla babele delle lingue, allo smarrimento di chi si sente respinto ed è in mezzo alla gente che ricerca un significato comune di speranza, nonostante…Impara a dare e a ricevere aiuto e consolazione, dopo che ha forzatamente reciso legami, e ricerca qualche significato tra i compagni di un viaggio complesso, non sapendo quando e se potrà ricucire con il suo passato…Noi abbiamo vissuto la migrazione, ma forse, se dal sud al nord Italia, in condizioni ancora in un certo qual senso protette…