di Gianmario Lucini
Trovata per caso su FB, grazie a Marco Ribani, la pubblico al volo. [E.A.]
La sua poesia aggredisce ma non uccide
direi a spanne che ha fallito il suo compito
– ne conviene? – ha rovinato il suo umore
ha spruzzato veleno, indisposto il lettore
oltraggiato la maestà delle istituzioni
senza ragione alcuna che sia chiara
esauriente, lei insulta la scienza
e la ragione: lei è proprio un coglione
suicida anomico, perdente in via
di totale perdizione. Lei ha bisogno
di riscattarsi e vincere per superare
quel senso d’inferiorità che la comprime
in una visione distorta della realtà
fra burn-out e paranoia, isteria
e irragionevole sindrome da utopia
che le impedisce la visione della verità
Tenerezza, altruismo, amicizia, amore
sono le chiavi di volta della convivenza:
lei le ripudia tutte, fomenta intolleranza
incita al disprezzo, si sente portatore
di una frigida giustizia interplanetaria
da inferiore vuole dominare
con arroganza e ressentiment nicciano
e intanto la vita le sfugge di mano.
Di sotto in su osservo il professore
veramente incazzato da fare paura:
ce l’ha con me, anche se è solo un sogno
ma nel sogno mi sfugge questo particolare;
me ne sto in silenzio, aspetto che si calmi
rientri nella sua dignità professorale
– preoccupato che la prova del mio delirio
sia questo dialogo che sta venendo male.
Osservi: ha scritto quasi ottocento versi
e in nessuno trovo la parola “amore”
– a parte la precedente citazione
dei principali assunti della mia psicologia –
lei addita i mostri perché non trova al mondo
bellezza alcuna, non sente l’eros vibrare
nel creato, non sa volere quel che vuole,
volerlo davvero, al di là del desiderio.
Considera una cagna la politica
assassini i militari di carriera
la guerra una faccenda di maiali
scannati per via come fosse uno spasso
premere il grilletto e non un peso
enorme da sopportare per il vantaggio
collettivo, lei non è punto saggio:
la morte è – si sa – un accidente della vita…
Ignoro se queste siano parole
sacrosante sue o soltanto il mio delirio
che si avvita su se stesso e s’inabissa
nei meandri più foschi dell’incoscio
vorrei rispondere ma non so cosa dire
non ne capisco molto di psicologia
o psichiatria: io mi fermo all’anamnesi
all’historya: se mi va scrivo – e così sia.
Il segreto del poeta vincente – dia ascolto
al mio consiglio – è vedere la bellezza
dove altri non la vedono, spargere amore
e sentimento giocando per il sottile
sul filo delle emozioni, forbire la lingua,
che suoni, che schiocchi e s’innalzi
al di sopra del tedio oggidiano: il poeta
sa creare mondi nuovi chiavi in mano.
Mi guarda intensamente, accigliato
dietro i cerchi d’osso degli occhiali
aspetta una risposta, una conferma
il raschiamento del barile, la disfatta
della mia assurda pervicacia – ma taccio
non so che dire, non sono allenato
a rispondere se non rifletto a lungo:
mi comporto da poeta maleducato.
Potrei simulare un malinteso ed evitare
la filippica del Doktor Adler, scusarmi,
dire che non è farina del mio sacco
io non so scrivere, non so pensare,
sono anche un po’ miope e afflitto da sciatica,
quelle cose le ho trascritte da siti Internet
così, per passare il tempo – tanto il guadagno
non è diverso da poeta a perdigiorno.
Mi accorgo che nel sogno comincio a divagare
divento una bolla di sapone o massa informe
che comincia pian piano a levitare
ed osserva dall’alto l’assetto verticale
di tutte le cose, dai libri nel soggiorno
al quadri del salotto e poi fuori:
tutto è verticale, gli alberi, le case
– la guerra è orizzontale: dunque non esiste.
Rientro dunque nella normalità sociale
di tenerezza, altruismo, amicizia, amore,
mi sento meglio, ho quasi le traveggole
vedo la poesia lontano fluttuare
come una nube rosa che appare nel mattino
di un giorno di festa, non mi resta
che cantare a squarciagola con fervore
la mia normalità e il pericolo scampato.
Tutto questo invero ha i suoi vantaggi
ritrovo un codice sociale condiviso
ormai dimenticato, ritrovo amici
poeti coi quali un tempo ho litigato,
facciamo pace, beviamoci una birra
anche se non mi piace, mi sento magnanimo
e tollerante verso la letteratura
tirem innanz, – che è già abbastanza dura…
Parteciperò ai premi letterari
raccomandato alla giuria dagli amici
degli amici – una fitta ragnatela –
sarò incoronato poeta, citato
nelle riviste di letteratura
e punterò a sconfiggere la morte
scrivendo libri e pagando per editare
coi soldi dei premi letterari.
Mi sento bene, Doktor Adler ora
anche lei se ne può andare dal sogno
lasciarmi guazzare in questa dimensione
almeno fin che non spunti il giorno
e la radiosveglia mi reciti notizie
riportandomi a visioni da ripudiare
– ma questo è facile: giro la manopola
ascolto canzonette e la verità riappare.
Convinciamoci, il dottor Adler aveva ragione. Infatti Lucini alla fine si sente bene, gira la manopola…
Ma io sto con lui: “io mi fermo all’anamnesi/ all’historya: se mi va scrivo – e così sia.”
SEGNALAZIONE
Un altro ricordo/omaggio a Gianamario Lucini qui:
http://poetarumsilva.com/2015/02/06/tra-cuore-e-indignazione-la-poesia-e-limpegno-in-gianmario-lucini/
Grandissimo Gianmario:”giro la manopola
ascolto canzonette e la verità riappare.”
Il Dottore era il tentativo di cambiamento, ma Gianmario era troppo chiaro con se stesso e con i suoi lettori, fedele e utilmente (per noi) sincero. Non si può diventare altro quando quell’altro non vive il tuo esistere. Meglio svegliarsi con la radiosveglia e due canzonette, guardarsi allo specchio e trovarti ancora nei tuoi panni. Ogni sforzo per diventare ciò che non sei è e rimane solo fatica da regalare a chi alla fine te la ributta in faccia. Gianmario faticava ma per rimanere Gianmario. Grazie.
*Nota
Rileggete prima d’inviare i commenti.
Non condannatemi a fare il correttore di bozze! [E.A.]
Ciao Gianmario, ho infilato la vecchia manopola e risalite e discese, ti ho intercettato anche questa volta, in quella gola a membrana fra queste valli e le vostre. E’ bello rincontrarti di tanto in tanto, anche se sfrecci in grande velocità con i tuoi ferri e mestieri mentre la tua cantata sembra finisca ricoperta al caldo di canzonette a fiocchi. Perdona se non ricordavo questa tua, è antepostuma(na)?Dobbiamo senz’altro ringraziare qul compagno di discese e risalite di Ennio, che a un certo snodo, ti ha così ritrovato a piedi e alla testa di un omovia, pardon ovovia, del signor Ribani. Siamo sempre i soliti spiriti burloni, nevvero Gianmario caro? Fai sul serio e non ti prendi sul serio, l’essenza del tuo spirito per me, forse perché il mio “universale”, più immateriale, a cui tendere vivendo e morendo e rivivendo, è proprio così. Modulazioni di frequenza da certe manopole ad altre, nevvero Gianmario? Grazie sempre di averti potuto conoscere e riconoscere anche questa volta, ti abbraccio in tutte le valli tu sia, Gesang der Geister über den Wassern (Goethe docet), attorno, sopra e sotto, la giovane signora, signorina poesia dall’Aleph, pardon dall’Aletsch al Bietschhorn
rò
…il grillo parlante o il diavoletto tentatore? Penserei piuttosto al secondo…Se non fossimo tutti cosi’ stonati: “tenerezza, altruismo, amicizia, amore”, perchè no? Ma l'”intonazione” sociale è solo nelle canzonette…Tuttavia sarebbe bello rispolverare il bello, per non dimenticarlo…Mi sembra che Gianmario Lucini in altri scritti si esprimesse cosi’…
Il Gianmario che gira la manopola e trova la verità nelle canzonette è quello che è stato “risanato” dal Doktor Adler, direi, quello “rientrato nella normalità sociale”… e non proprio il Gianmario Lucini reale.
…anch’io l’ho intesa cosi’
….Ascolto canzonette e la verità riappare…
C’è da meditare!
@ Banfi
… ma non nelle canzonette… malgrado le canzonette…
buongiorno domenicale a tutte/i…vorrei unire quanto emerso in questa pagina di memoria pre-poetica e poetica e politica personale e pubblica di Gianmario e per Gianmario, con quanto appena appreso nella lettura dell’ultimo post di Ennio. Ognuno dei partecipanti piu tangibili/leggibili/visibili, insieme a coloro che hanno letto, ascoltato , riflesso invisibili, ha sicuramente modulato con il proprio registro, filtro, natura, istinto facendosi o meno guidare , per proprio comodo (devo estremizzare per rendere, spero non me ne vogliate), accentando il carattere e la personalità di Gianmario in modo che solo una parte dei suoi vestiti, racchette o manopole, ferri ai piedi o al cervello, non stringessero troppo, lasciando almeno negli scritti, un’idealizzazione se non un’ideologia, che Gianmario incarna ( e incarnava e incarnerà) per via di una sua maggiore permeabilità a qualcosa che lo rendeva “impegnato” come una certa parte degli intellettuali d’oggi (che siano mainstream o meno) , nonché poeti, impersonano come pensieri e azioni per stare vicino ai tormenti e le tragedie umane, locali o meno, di guerre convenzionali o a bassa densità che non per questo “basso” sono di mor gravità, etc etc…. figuriamoci quanto può valere quanto appena detto per un intellettuale operaio quale Gianmario che era ( e in questo caso non si può più dire “è”) a tutto ciclo inte(g)ro, dal punto a, ergo creativo -ideativo , alla zeta, ergo delle fese economiche e diseconomiche, materiali e immateriali, in una parola il rischio poetico imprenditoriale a piu di 360 gradi come si suol dire in linguaggio ridotto aziendale.
….
Anche io , come altri che sono intervenuti, ho preferito sospendere o lasciare alla vostra memoria, la parte che di Gianmario mi sembrava piu strumentalizzabile da parte di coloro, poeti e non, si affidavano lui solo perché era un “buono”. Capace di scrivere contro se stesso come poeta e tutti gli altri suoi simili, ma non altrettanto attrezzato per mandare a quel paese tutti coloro che, con la scusa di certe manopole e canzonette, si aggregavano per la visione di un certo impegno, che sembrava antisistema, ma ne era , è e sarà il complemento perfetto per rafforzare il sistema. Quale? diciamo in una parola quello delle sopraffazioni , o chiamale ” ingiustizie” o “bruttezze” dell’uomo contro l’altro uomo. DIfatti , così strumentalizzandolo, molti non hanno visto come la sua lettera all’ultima propaganda contro l’iran, fosse tale, nuda e cruda, ma hanno potuto, ancora caldo il suo corpo, farne un antieroe, perfettmente compatibile a chi si vuole divorare l’iran come qualsiasi altra terra limitrofa, dall’iraq o l’afghanistan, i balcani e altro e altro ancora, dai quali e per i quali fatti di saccheggio, peraltro, lo stesso Gianmario aveva elaborato intere poetiche.
……
sono andata ben oltre le 25 righe chieste da Ennio per altre cause e direzioni, ma cioò che lega questo mio intervento-registro, rispetto al precedente, è quanto sto per scrivere: se vogliamo uscire dagli atomi in cui ci hanno ridotto, e di cui Ennio paga il prezzo ad esempio anche in questa nuova veste del sito(avendo concentrato tutti i suoi sforzi senza diversi fra mille e piu molti) , non possiamo che ripensare a un ‘esperienza completamente opposta , fatta di tanto plurale e realizzata da Gianmario. Nei suoi meriti di eccellenza corale, come un canto delle sue care montagne, manca qualcosa che si riflette infatti in questo contesto, dove di plurale manca a sua volta qualcos’altro. Sembra per primo che noi partecipanti visibili e invisibili, siamo numerosi, tanto come non lo è, quella componente che mi sono sempre chiesta dove fosse. Assenza che all’inzio di questo circolo di lettura o polisletture e poliscritture, imputavo, e me ne pento amaramente, alla “cazzimma” cerebrale di Ennio…e che ora posso meglio scandagliare attribuendo uan sua responsabilità di peso inferiore agli altre undicesimi, sol perchè non si sono messi in gioco come lui? anche e non solo, non solo questo. Ma d’altro canto anche la parte che si è mostrata più plurale, ergo questa da quest’ltra parte dei lettori, più attrezzati o meno come me a tutti i ferri del mestiere, ha realizzato un minimo denominatore comune del nostro senso d’in-sì-e-me? di in-s(i)emi?Anche fosse solo quello di suonare ensemble una canzonetta? Quale poi, una qualsiasi? C’è differenza per noi fra una di Claudio Villa (spero non me ne voglia il suo spirito) e un’altra di Rino Gaetano(spero il suo spirito sempre con me) ?
I tedeschi che sono sempre presi come nostri aguzzini, hanno in realtà solo una cosa per me, assolutamente pertinente a tale veste, ma anche alla giustificazione di tale “superiorità/elevazione”. Siamo in musica come nella realtà ante-artistica, melodramma e canzonette, neppure d’autore…erano queste le canzonette su cui si sintonizzava la manopola di Gianmario per poter ritornare a un sociale popolare? e quandanche, siamo proprio sicuri che lo spirito autentico d’ispirazione al verso finale, non fosse un’ autoironia per concludere in bellezza prendendo e prendendosi e prendendoci , al contempo, molto e ben poco sul serio?
Domande, solo domande, non solo canzonette?
l’ultimo verso è senz’altro ambiguo: c’è verità nelle canzonette o solo fuori dalle canzonette?
Kurt Weil scriveva canzonette con forte propensione alla verità, e quanti altri! in Italia, in USA, credo che Lucini la sapesse, questa ambiguità
certamente non era una questione di manopole!
@ ro
1.
Gianmario non era « un intellettuale operaio ». Era un intellettuale critico con una forte impostazione etico-politica umanistica.
2.
Gianmario non era «un “buono”», ma aveva come fine etico-politico del suo pensare/agire un ideale di bontà socialmente giusta. (Aveva dei “valori” a lui tramandati da figure che l’avevano formato. Ad es. Turoldo, don Milani e – di recente – Fortini, a cui si stava avvicinando…).
3.
Non mi va d’indossare l’abito del “martire di Poliscritture”, come mi pare d’intravvedere nelle tue parole. Ho sottolineato che non volevo drammatizzare né colpevolizzare gli altri (i 10 redattori, i lettori e/o commentatori). Se curo di più io il sito rispetto agli altri lo faccio per mia personale convinzione e in piena autonomia. Se supplisco (da *io/noi*, come più volte detto) temporaneamente il *noi* che non c’è («La pòlis che non c’è»…), è perché mi resta ancora una (tenue) speranza nella sua costruzione. Ma è certo che, se la supplenza dovesse diventare (come pare) definitiva, dovrei purtroppo riconoscere di essere stato un semplice epigono di una cultura ormai definitivamente *sommersa* (perché vinta), uno degli “ultimi mohicani”.
P.s.
Non mi giudicare un antipatico pedante, ma sarebbe molto utile che tu riscrivessi questo tuo commento in 20/30 righe.
Tenerezza, altruismo, amicizia, amore…”ritorno a considerare quello che considero il nucleo vero, ma fragile dell’essere umano, e che se non si accompagna alle idee di verità e giustizia e coraggio puo’ essere facilmente strumentalizzato dai potenti…Forse Gianmario Lucini si ribellava all’idea di “canzonette” come pastigliette atte a farci digerire certe realtà o comunque confonderci le idee…Ma la sua poesia è un capolavoro di profondità e di leggerezza, percio’ puo’ essere che, dopo un colloquio cosi’ serioso con un dottore della psicanalisi volesse un po’ prendersi-ci in giro…
Personalmente penso che da canzoni comeda discorsi nei bar emergano molte verità: chi siamo noi delle terre di mezzo, come di qualsiasi latitudine? Pizzichi di umanità dappertutto, niente mi puo’ essere estraneo
@ Abate e Annamaria
certamente malgrado le canzonette… fatto sta che , come dice giustamente Annamaria,” niente mi può essere estraneo”…
Non riesco a non pensare a quella canzonetta che faceva:”fatti mandare dalla mamma a prendere il latte -dai scendi ho bisogno di te-e-e-” . Mi ricorda il tempo in cui il latte lo vendeva fresco solo il lattaio, il mio era un omone grande che sapeva di latte anche quando era fuori dalla latteria. Compravo il litro nella bottiglia di vetro che poi riportavo vuota …bei tempi, quella era ecologia e non le palle che ci vendono oggi. Ma….forse era solo una canzonetta.
@Cristiana, Annamaria ed Emilia
mi spiace molto che abbiate preso il mio intervento così da voi slegato :
1 sia dal mio primo commento nella memoria attiva di Gianmario, con un certo insieme di sorelle a signorina poesia che gli era cara forse come sorgente del primo ( dalla montagna al bosco ai loro fiori , tempeste di neve e ghiacciai etc etc)
2 sia dal mio secondo, molto piu ampio e sinfonico (perdonate l’eventuale presunzione o immodestia) e più attinente sia alle canzonette di Gianmario, che alle sue manopole meccaniche nel senso di analogiche , sia all’evidente e palese “difficoltà” in cui si trova questo circolo di lettura. Davanti a Gianmario o altri o altro, il desiderio di accordare gli strumenti per fare esercizi politici, poetici, letterari , critici, viene sempre ogni volta risolto, o auspicato, o rilanciato, o strumentalizzato per rivendicare un’umanità che questo o quello, o questa cosa o quella, terrebbe più cara e sacra , meno estranea o più a cuore, sol perché è così o cosà più titolato con il suo “esempio di vita” ad essere “umanitario”. Chiunque denoti , riveli, esprima un atteggiamento che circostanzi qualcosa di leggermente diverso per andare a identico registro o altro, ma comunque a un tocco dell’essere , viene rovesciato, ribaltato, incompreso, scansato…questa, perlomeno, la percezione personale in questa situazione, o del tutto indiretta, mettendo nei panni di altre o altri che hanno registrato medesima difficoltà a inserire, nell’orchestra, ogni strumento valido per suonare nella filarmonica di Berlino o a Sanremo.
Forse è questione di educazione all’ascolto, come diceva e continua a dire mia madre. Forse, per quanto mi riguarda, è tutta colpa della musica. Quando ero piccola come Emy, Gianni Morandi mi stava già sulle balle a cinque anni come Rita Pavone, non perché preferissi loro Bach o Mozart che già erano diventati miei amici, ma perché i Giganti o i Dick Dick o Caterina Caselli e Nino Ferrer ed altri come loro, erano davvero per me come Brahms o mio fratello Ludwig.
…
detto ciò, nulla di particolarmente importante è avvenuto rispetto ad altre volte e altri ristagni, il muschio o le ninfee , i laghetti nelle cime, il sole e la neve ci sono ancora e Gianmario nella sua dimensione può sicuramente avere manopole e canti più di me e ognuno di noi.
a Ro
grazie Ro la tua forza è grande ! Con la Caterina mi fai confermare che anche le canzonette , solo perché erano nell’aria o dietro una manopola ci hanno comunque accompagnati anche nei momenti peggiori…o forse migliori. Il Morandi non piaceva anche a me ma quella canzone…chi non la conosce! Vedi a volte penso che la vita è come un racconto, che ha un gran bisogno della punteggiatura. Virgole,punti, puntini,parentesi,sospensioni,punti esclamativi,interrogativi sono dati da tutto ciò che scorre sopra di noi…la cosidetta normalità del nostro carissimo Gianmario…a proposito, ciao Gianmario!
@ ro: io ripetevo soltanto la linea del discorso della poesia, niente di più
Pizzichi di umanità dappertutto, niente mi puo’ essere estraneo
No, no: con questi “pizzichi di umanità dappertutto” sono lastricate le vie delle “guerre umanitarie” e questo slogan antichissimo del “niente mi può essere estraneo” * serve oggi quasi sempre per abbracciare soltanto i surrogati di verità che POSSONO A VOLTE ENTRARE ANCHE NELLE CANZONETTE.
Insomma cos’è oggi l’umanità? cos’é oggi l’umano?
Urge riflessione. Altro che nostalgia per il latte fresco del lattaio di una volta, cara Emy.
Rosa Braidotti parla, ad es., di post-umano qui:http://www.alfabeta2.it/2014/02/01/la-condizione-postumana/
E qualcosa di molto acre verso l'”umano” è presente ( a torto?) nei racconti di Franco Nova….
(Per non ricordare il buon Brecht…).
*Nota da Wikipedia
Homo sum, humani nihil a me alienum puto: frase in lingua latina che significa letteralmente: «sono un essere umano, non ritengo a me estraneo nulla di umano» (in parole più semplici: «Nulla che sia umano mi è estraneo»).
La frase è di Publio Terenzio Afro che la usò nella sua commedia Heautontimorùmenos (Il punitore di se stesso, v. 77) del 165 a.C.
Uno dei personaggi, Cremète, viene invitato a farsi i fatti suoi da Menedemo, e risponde con questa frase, che nel contesto della commedia si può tradurre come “sono un essere umano, e ritengo che tutte le cose umane siano fatti miei”.
Esistono varie versioni della frase: spesso viene omessa la parte iniziale Homo sum, e a volte anche il verbo puto, che anzi viene spesso omesso anche nelle traduzioni. Inoltre esiste la variante arcaica nil al posto di nihil. Nei contesti moderni, la frase aggiunge al suo significato originale quello di “non voglio lasciare da parte nulla, tutto quello che riguarda l’umanità e le sue realizzazioni è in grado di destare interesse in me”.
Come ogni altra citazione od opera in generale ebbe grande successo ed ampia valutazione nei secoli dopo la fine di Terenzio. Minor ruolo ebbe nell’epoca cristiana, che osservando la delicatezza dei sentimenti, l’indulgenza e la comprensione dell’animo umano interpretò i suoi scritti come precursori dell’arte dell’amore per il prossimo[senza fonte], e nel Medioevo in cui essi seguitarono ad essere letti ed interpretati. Ma il principale successo venne con l’Umanesimo e il Rinascimento in cui si sviluppò l’ideale della dignità umana e la citazione divenne portavoce dell’humanitas appena sviluppatasi.
…davvero non sapevo di citare un autore latino, ma probabilmente l’avevo già letta da qualche parte, grazie Ennio…Mi si invita a riflettere e lo faccio. Con quella espressione intendevo dire che se ascolto canzonette o discorsi da bar è perchè ” non voglio lasciare da parte nulla, tutto quello che riguarda l’umanità e le sue realizzazioni è in grado di destare interesse in me” Aggiungo che, persona del mio tempo, mi interessano anche le manifestazioni del “postuomo” o dell'”antiuomo” oppure del mezzo uomo o dell’uomo plagiato, primo per riconoscerle ed evitarle (nulla mi è estraneo, nel senso di una possibilità), secondo per non disprezzarle piu’ di quel tanto se vengono da “persone della strada” come me che so quante manipolazioni hanno subito, mentre la mia reazione è decisamente dura quando ascolto o leggo i discorsi di deputati e di senatori in parlamento o da scranni di maggior potere ancora, discorsi( che poi si traducono in comportamenti) solitamente ben ammantati di paroloni, dove raramente si parla di latte e di pane, ma di una strana giustizia sociale, tutta da una parte sola…Beh, allora divento insofferente…
Tornando a Gianmario Lucini: davvero volava alto con la sua poesia, come tu dici Ro, e il tuo filmato, in parapendio tra montagne innevate, ben dice quell’ammirazione che non sempre le parole sanno esprimere…
qui viene bene ricordare la elegantissima e sarcastica umanità di Toto Merumeni… (quasi alla Petrolini)
Caro Ennio hai sempre una gran ragione! Ma le canzonette devi ammettere che spesso direi spessissimo ci riportano alla realtà, quella vissuta o da vivere . Il mio pensiero che ti è sembrato così inutile fa parte di quella vita che mi ha vista lottare anche se alla radio si cantavano spensieratamente canzonette! Quando le ascolto , ricordo . Oggi,altre accompagnano la nostra vita piena di difficoltà e di situazioni irrisolte, crisi e terribili guerre, ma sopra arrivano le canzonette. Come del resto anche in guerra , come raccontava mio padre,che cantava brani dell’Aida (era tenore)altricanzonette dell’epoca..erano momenti la realtà era ben altro! Ma c’era anche la realtà dei sogni, quella che del ritorno a casa e bisognava resistere e aspettare, si doveva pensare a quest’ultima realtà quella del futuro senza farsi abbruttire dai momenti terribili e continuare a combattere. Questo secondo me è il senso che ci ha voluto tramettere Lucini. Così ho percepito. Poi continuiamo pure il discorso anche senza umanità…proviamoci …urlandoti comunque nell’orecchio che io non ho mai creduto alle guerre umanitarie e mi sembra che il senso di quel verso sia proprio : torniamo ad essere Uomini.
Non ti ha detto né espresso che il tuo pensiero o altrui ( di Annamaria o Critstiana ) sia “inutile” …se lo fosse, sarebbe semplicemente”ridondante” come per i linguaggi “macchina”…peraltro, visto che dovremmo o addirittura vorremmo pretendere di essere in linguaggi “homo sapiens”, anche l’inutile che tu hai percepito come tale, é come per le macchine, altamente dispersivo, dunque RISCHIOSISSIMO. più semplicemente Ennio in un modo, io in un altro, Nova in un altro ancora etc etc, esponi amo l alto rischio, ergo il pericolo estremo, di certi modi di sembrare e parlare dalla parte dell uomo, consapevoli o meno che é tutto ciò che desiderano coloro che lo scannano e divorano sotto le mentite spoglie di una libertà , una democrazia, oppure un’ecologia o un insieme di ribelli e tante femen e diritti (post ) umani.
Va bene vada per il dispersivo. Ora invito voi a riflettere sulle mie parole, ma forse è meglio che continuiate voi a ragionare così mi darete i mezzi per riflettere sulle vostre. Ciao
Ennio ha questo tipo di “speranza”, conseguenza necessaria a questa tua doppia possibilità, in conclusione abbastanza tanti in linea con temi analoghi in giorni, mesi e anni precedenti di questo circolo di “polistrumenti” pluriennali…è encomiabile in tutto ciò, ma per quanto mi riguarda sono fatta di altre speranze, non queste, non sono ancora attrezzata per linguaggi fra sordi , in cui ognuno dotato di un alfabeto dei segni diverso dall’altro.