di Donato Salzarulo
I A volte t’incontro dove non c’è poesia, dove il tosaerba spiana il prato di parole o le ortiche pungono le idee seminate lungo il sentiero. Poi non contenta, mi parli della tua passione segreta della tua identità veicolo di memoria e storia. Su tutto di recente hai scritto deliziosi quadretti. Vorresti mostrarmeli, ma li hai sepolti nell’archivio dei tuoi non detti. II Se il giorno apre spiragli, se all’improvviso il tempo si ferma nei tuoi occhi e un riverbero di luce dona per un attimo la voglia, d’uscire dalla vita coatta allora il cuore freme e sente la tua voce di latta, travolta dalla follia della speranza. Tu sei il respiro dell’attesa. una visione di lava che lascia la cenere vulcanica sul fianco destro del monte e rende la vita più fertile, il teatro più fecondo. III Regalami la gioia, l’allegria dell’incontro tra micro e macrocosmo, tra la nascita sotto il Castello e il mistero di quest’universo in espansione, degli infiniti mondi in continua creazione, regalami il senso di una stella, il perché delle galassie, dei buchi neri, dei collassi gravitazionali, della materia e dell’antimateria. Amore e ribellione, odio e pacificazione (…) Questa sera scrivo sul mare. Buio nero all’orizzonte. Ho letto di Moravia che lottava per scongiurare l’inverno nucleare. IV «Vivere è un’abitudine» ha scritto Anna da qualche parte. Vero. Ma non è come bere il tè ogni mattina o fare la passeggiata pomeridiana. - Oggi non ho potuto. Il cielo era grigio ed ha regalato un po’ di pioggia alla terra assetata. – L’abitudine rassicura, ma toglie il fiato. Per restare umani, occorre imboccare l’altra strada. V Leggendo l’articolo sul Manzoni di Fortini, viaggiavo senza dubbio ad alta quota. Mi spostavo da un cielo all’altro, da un grande letto di nuvole alla visione d’un oceano d’azzurro. E pensavo a te, pensavo al nostro viaggio verso la patria della rivoluzione. Forse rischio di collocarmi fuori dal tempo, se non faccio sentire le sirene d’allarme, i boati dei bombardamenti, i massacri Non posso fare del romanzo un’isola di perfezione VI Del resto io stesso non conosco granché il mio Dentro. Non per paura o per timore d’imbattermi in qualche bufera. Soltanto perché un oceano è un oceano e chi ha tentato una traversata sa che l’imprevisto è dappertutto. E poi Il mio Dentro è in continuo mutamento, subisce un sollevamento ininterrotto di pensieri emozioni sentimenti immaginazioni, fantasie, sogni… Un delirio che l’Io tiene a bada a malapena VII Ho davanti l’orizzonte di una metamorfosi che vivrà senza di me, tra le alture di un futuro sconosciuto. Non mi manca il coraggio, non mi stanca questa casa di fantasmi, questo continuo camminare da sveglio su un sentiero privo di meta. Perché sei tu la mela, la mente lieta del mio cuore. (…) Poesia è quest’interno ed esterno. È ciò che la voce mi detta insieme alla figura che mi aspetta, l’incantesimo della tua malinconia, la luna che segue la mia ombra lungo la via del tempo ristretto che m’avvampa. La vita occorre donarla per riscattarla dalla morte. La lotta per il senso, questa è la nostra sorte.
Nota: L’Anna del quarto quadretto è Anna Achmàtova.
Marzo 2023
Qui è IL romanzo, l’accento cade su chi lo crea, non sul tu che lo interpreta. Chissà il terzo movimento cosa raccoglie (se sono solo 3). La sintesi del romanzo vivente mi parrebbe “Poesia è quest’interno ed esterno/È ciò che la voce mi detta insieme/alla figura che mi aspetta”.
un poema complesso già dal titolo che suona come un enigma: “Vederti è il romanzo”…Rivolto alla poesia, a una donna specifica o alla donna in assoluto? Forse il poeta si rivolge alla “sua” donna, come alla Donna, ovvero al significato che le attribuisce…Come colei che riesce a dare un senso anche alla realtà vuota di senso, o che rischia di non averlo…Non le attribuisce la perfezione della donna-angelo dei poeti del dolce stil novo, non è l’angelo che fa datramite tra la terra e il cielo: è anche lei concreta persona vivente con i suoi limiti e contraddizioni, una realtà “in prosa” come un romanzo, eppure capace di ispirare versi..Llei come saldo ancoraggio alla vita: “Tu sei il respiro dell’attesa/ una visione di lava che lascia/ la cenere vulcanica/ sul fianco destro del monte/ e rende la vita piu’ fertile,/ il teatro piu’ fecondo.”
Tuttavia la presenza della donna non gli è risparmiata la conoscenza degli orrori e delle brutture della realtà, anzi il poeta non lo pretende, vuole lucida la sua mente: i limiti di lei sono anche i suoi limiti di conoscenza, soprattutto del suo mondo interiore, il Dentro come un oceano insondabile…”Il romanzo” diventa una preghiera quando il poeta supplica: “Regalami la gioia l’allegria/dell’incontro tra micro e macrocosmo,/ tra la nascita sotto il castello/ e il mistero di quest’universo/in espansione degli infiniti mondi/ in continua creazione/regalami il senso di una stella…” Il poeta non tace la sua fragilità, la sua “dipendenza”…la sua forza sta anche in questo