Su amore, accettare, soffrire, noia, uno/due e fine

di Franco Nova

PRIMA DI TUTTO L’AMORE
 
Molte fole per vivere,
amare la semplice verità;
la coscienza si piega in due
il cuore vuol essere solo.
In cielo l’azzurro dà fiducia,
le nuvole sornione sono rare
in genere stese all’orizzonte
e sempre vicine a dissolversi.
L’uomo furbo non si fidi
le nubi sono inaffidabili,
all’improvviso mentono
e l’azzurro si fa terso
partecipando alla congiura
segreta contro il cuore.
Per vincere basta il coraggio
di uscire da se stessi
lanciando il siluro dell’amore.
Dubbi e timori son dissolti
dalla tensione per l’amata.
Lontani i pericoli di errare;
se ciò accade è ormai tardi
per potersi ritirare. 
ACCETTARE SENZA RISERVA
 
Ci ritiriamo come fossimo sconfitti
e intrigati dal fango nel cammino.
Non siamo in rotta disordinata,
il pensiero corre al rispetto da
conquistare con massima dignità.
La donna è pur gentile e bella
ma manca d’attenzione per chi
non è giovane e attraente come lei.
E’ pero cara e sensibile nell’animo,
sono io che invece dovrò deluderla
essendo così lontano dal piacere
di una lieta gioventù lanciata
nel flusso della vita piena.
Ha con forza conquistata una
esistenza di ostentato orgoglio
e debbo essere soddisfatto
dei suoi successi femminili,
accettando senza riserve di
servirla nei suoi desideri.
Godrò dei suoi attimi di riposo,
sarò un Napoleone a Sant’ Elena. 



SOFFRIAMO PER CAUSA NOSTRA
 
Le nubi annunciano tempesta
e non solo quelle in cielo.
Dentro di me c’è turbine
pronto ad esplodere se
la fanciulla non torna presto
dal viaggio in terre sconosciute.
Vengo in riva al largo fiume
che scorre calmo nella pianura
sperando mi trasmetta serenità.
Accetto il diritto dell’adorata
d’essere libera nelle scelte,
ma non sono tranquillo pur
se non ve n’è motivo alcuno.
La colpa di tale stato d’animo
è certamente tutta mia;
mi sento inadeguato a lei
con la sua bellezza travolgente.
Se non muto il mio carattere
non ci sono alternative
alla sofferenza del rapporto
o a quella di lasciarla.
Diciamo la verità: soffriamo
per il nostro modo d’essere
e ne diamo la causa agli altri.



QUANTA NOIA!
 
Domani è un giorno diverso
solo per le molecole in cielo
e il disporsi delle loro correnti.
La vita mortale è solo noia
e non era certo prevista così.
Dovremmo porci fini diversi
e specifici per ognuno di noi;
siamo invece eguali nel fare
e ancor di più nel pensare.
Giorno dopo giorno sempre
lo stesso assetto mentale
mentre è invece turbolento
il conflitto tra i vari convitati.
Il vivere è piatto, scorre lento
e mai altera il suo andamento;
la musica è del tutto priva
di mutamento nelle tonalità.
Solo alla fine spunteranno
comportamenti molto vivaci
per la scelta dell’ultima dimora.




UNO O DUE NON FA DIFFERENZA

Vortici d’aria che non spostano foglia
sono i suoi sentimenti per la donna
pronta ad accettarli senza esaltarsi.
Un amore preludio all’uscita da sé
e alla compenetrazione reciproca,
mentre per la donna è un canto
intonato tra due esseri separati.
Finirà che i due staranno insieme.
Lui si sentirà una persona sola
con le loro anime in piena unità;
lei sarà cosciente d’essere in due
con parti distinte ma complementari.
A monte sta il timore d’essere soli
che fa sintesi della contraddizione. 



L’EVENTO FINALE, TUTTA LA VITA
 
Ricordi di memoria lontana
cullano una tepida malinconia
e s’intenerisce l’anima mia.
Siamo ora in dolce tumulto,
lento ti avvolge il passato
con rapidi guizzi di gioia.
Che il passato non si riviva
è ovvietà oggi dimenticata
con il riproporsi d’una festa
di bei tempi assai lontani.
Avvolti da luce splendente
andiamo per giardini fioriti
con profumi mai scordati.
Tutte le donne amate sono 
fra loro abbracciate con
sorrisi e canti angelici.
Ogni tempo è cancellato,
il passato è tutto presente,
la malinconia t’accarezza.
La serenità dei già vissuti
illumina i loro volti mentre
sono in barca con Creonte.
inneggiando alla comunanza
di chi è sempre stato insieme

2 pensieri su “Su amore, accettare, soffrire, noia, uno/due e fine

  1. “La serenità dei già vissuti
    illumina i loro volti mentre
    sono in barca con Creonte.
    inneggiando alla comunanza
    di chi è sempre stato insieme.”

    Mi suonano un po’ criptici questi versi, forse a causa del lapsus sul nome di Creonte (anziché Caronte?), lapsus su cui sarebbe da sbizzarrirsi sia da un punto di vista psicoanalitico che socio/politico dato che il Re tebano non fu certo tenero con la giovane Antigone, condannandola a morire sepolta viva poiché aveva osato contrastare la sua legge. Togliere il diritto di parola, condannare al silenzio (ovvero murare vivi) abusando del proprio potere non è forse una triste esperienza del nostro quotidiano?
    Possibile che Caronte, il triste nocchiero, non chieda almeno un obolo maggiorato per traghettare nell’Ade questi odierni Creonte che si sentono esenti da ogni responsabilità, sono “sereni”, convinti di essere stati sempre nella giusta via e infatti inneggiano alla “comunanza di chi è sempre stato insieme”.
    Sinceramente non capisco il messaggio. O forse vale la tarantella del “Chi ha avuto, ha avuto, ha avuto. Chi ha rato, ha rato, ha rato. Scurdámmoce ‘o ppassato, simmo ‘e Napule paisá!
    Ma che sia Napule o qualsiasi altra parte del mondo, non è che significhi che queste persone – che si sono mostrate pro Antigone ma in realtà mascherando la loro parte violenta tenendola a bada ma non sempre riuscendovi – se la sfangano sempre perché anche Caronte è ‘assente’, si eclissa o chiude un occhio?
    Mi sembra un passaggio un po’ ambiguo.
    .

  2. Dichiara: il pendolo “Molte fole per vivere,/amare la semplice verità;/la coscienza si piega in due/il cuore vuol essere solo.”
    Una oscillazione continua tra sé e sé, ma la beffarda riunificazione è crudele: “Solo alla fine spunteranno/comportamenti molto vivaci/per la scelta dell’ultima dimora.”
    “Vortici d’aria che non spostano foglia” e per darsi unità si riferisce a un elemento terzo, ben camuffato, è una “fanciulla, bellezza travolgente” tuttavia “l’uomo furbo non si fidi”, e infatti sono preferibili le nubi (“inaffidabili”, peraltro) al cielo terso.
    L’asciutta crudele prospettiva sfuma in malinconia, ricordi che, da lontano, come ha letto acutamente Rita, evocano forse anche “rapidi guizzi di gioia” e “giardini fioriti/con profumi mai scordati”, fin che l’imbrogliato Caronte è assente?

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