di Donato Salzarulo
«Tuccio, cura a sòrete!…» Ogni tanto risento la voce di mia madre che m’ingiunge di vigilare su mia sorella, di prestarle attenzione.
Mia sorella ha un anno e sta dentro un seggiolone e io le sto vicino, seduto su un gradino. Mio fratello e gli altri due bambini della masseria, giocano sull’aia. Cura tua sorella, cioè preoccupati di lei. Non è la cura del medico, è quella esistenziale, quella che Heidegger chiama “Sorge”, distinguendola dalla prima che è, invece, “Kur”. Anche gli inglesi distinguono i verbi “to cure”, che significa curare, da “to care” che vuol dire interessarsi, prendersi cura, preoccuparsi, mostrare sollecitudine nei confronti di qualcuno/a.
Clicca qui per continuare la lettura
E qui per notizie su Orione, rivista culturale della Fondazione Sinapsi
questo discorso sulla ‘cura’ di Donato Salzarulo mi piace molto perchè esce dalla visione di un’attività quasi esclusivamente riservata alle donne. cura dei figli…dei malati…degli anziani…Ma scrive di un impegno che ci riguarda indistintamente. Molto belle le esperienze personali riportate…Davvero sarebbe auspicabile che attività di cura, fuori o all’interno delle mura domestiche, e nella scelta di professioni, gli uomini fossero piu’ coinvolti e presenti…Cura nel dedicare il proprio tempo a conservare, riparare, costruire, a volte anche a distruggere, ma per diversamente e bene ricostruire…corpo umano, relazioni, opere, giustizia sociale, ricerca, insegnamento, territorio ..in ogni ambito il giovamento sarebbe diffuso…L’uomo che si allontana dal modello del guerriero, del personaggio tutto d’un pezzo rinforzerebbe l’affermarsi di pratiche solidali e pacifiche. La cura, praticata universalmente, porterebbe l’essere umano ad allontanersi dell’uso nefasto e distruttivo delle armi e della guerra…a meno che non la si cosideri ‘l’igiene dei popoli, come cinicamente nel pensiero futurista…Si potrebbe allora dire che la cura, piuttosto che la pace, sia l’esatto contrario della guerra?