di Paolo Ottaviani
Qui, dentro un buio vicolo, dal muro
di una appartata corte, ecco s’accende
un’umile dorata luce e puro
un familiare aroma mi sorprende
nella bluastra memoria del greve
piovigginare tiepido che offende
questi inquietanti inverni senza neve.
E muoiono gli ulivi secolari
miti maestri onesti in ogni pieve,
padri dei padri, luminosi e rari.
Sorella mia ginestra
tu che ogni sorte accetti
e riconosci la pietà maestra,
tu che dispensi gioia agli architetti
d’ogni folle dolore,
reclinata alla luce, con maggiore
sapienza e con più fine
ardore le dottrine
antiche e nuove sospingi all’amore,
dimmi se il tutto è solo un vano errore.
Un brivido mi ha percorsa leggendo questa poesia. La forza dell’uomo con i suoi drammi e le sue colpe che chiede alla natura di aiutare se stessa. Meravigliosa poesia con uno stile che le si adatta perfettamente e commuove oltre che a portare la ragione e il sentimento dentro lo sconforto del poeta e nostro. Grazie è bellissima!
Bella lirica che, fra l’altro, dimostra come la metrica “chiusa” possa ancora servire e aprirsi in rime e cadenze che ripetono e rinnovano ritmi tradizionali innervandoli di umori linguistici, musicale e… psicologici originali. Nelle due parti, entrambe – ma la seconda in modo più diretto – voluto richiamo e omaggio a Leopardi, fin quasi all’imitazione mimetica, corre un pensiero antico espresso – com’è compito della poesia – in forme nuove capaci di coinvolgere il lettore di oggi.
…è una poesia così bella che andrebbe studiata a memoria, attraverso il cuore, e le rime aiuterebbero, come il contenuto dolce-amaro. La sorella ginestra che “..dentro un buio vicolo…s’accende…” mi ricorda il fiore di Leopardi, che sfida l’impossibile e dona ..l’ultima speranza, ma anche Il cantico delle Creature che diventa strazio delle creature:”…dimmi se il tutto è solo un vano errore”
Importante, o almeno per me significativo, il giorno scelto per la trasmissione di questa corona di spine, eppure sempre fiorite, di un giorno ante e durante il sepolcro della vita…”importanti” i richiami di Ottaviani a certi batteri che attualizzano il martirio dell’albero della vita dalle puglie a tutto il mondo delle pievi, sciacalli francesi too, che siano pievi di emanuele sterminio di campagna in atomica periferia o di antica rovina del cranio, corolla umana di gialli crocefissi ,golgota-progenie di fiori dette in tribù ante litteram da definirsi”civili “.Solo esse cerchi senza infiltrazioni, movimenti e occupy qualcosa che consegnano al progressista molto molto bianco, la repubblicana opportunità quindi di mercato, di adottare a distanza .Convenienza per il proprio orto ( di guerra), financo del povero millennario ulivo di Vernole. Robe che se fosse ancora vivo il nostro Giacomino,avrebbe imposto la vera dieta mediterranea, dipingendo ginestre e strappando la carta dalle mani del vandalo americano. Nel caso dell’amico ulivo, sopratutto smascherando la sua nera e molto bianca regina addobbata di attrezzi dell’orto a maschera dei loro missili e le risate dei francesi alla faccia dei pugliesi. Xilella docet, mentre i renziani fitti fitti sventrano altre ginestre sotto gli occhi compiaciuti dei padroni degli orti, vicini e lontani al bianco cupolone di uoscintòn, semi donati fino al modello campagna unilever, francescana dimora, san bergoglio home. Verso cui prodest, universo golgota loop.
La prima parte richiama la corte dei limoni ma nelle terzine le rime (a parte il dantesco “offende”) sono pascoliane: le neve la pieve, ma è “rara” l’immagine e la consonanza degli ulivi: “miti maestri onesti … padri dei padri, luminosi e rari.”
Nella seconda parte i versi brevi e musicali accentuano l’emozione.