7 luglio 2024. Una boccata d’aria francese?


a cura di Samizdat

Sopresa in Francia, vince la sinistra. Le Pen terza. Attal lascia. Melenchon: governiamo noi
Doccia fredda per la destra al secondo turno delle legislative. Bardella: “Ha vinto l’alleanza del disonore”. Macron, il cui blocco centrista è secondo, invita alla prudenza e attende i risultati definitivi
(https://www.agi.it/estero/news/2024-07-07/elezioni-francia-exit-poll-risultati-le-pen-macron-27049641/)

Primi commenti

Lino Di Martino
La Francia non delude!

Vive la République!
Vive le Nouveau Front Populaire!

Anna Gallizia Rooney
Partecipazione oltre al 67%

MARIA G MERIGGI
Poi verranno i problemi ma stasera è troppo bello per essere vero
La Francia che già nel 1871 ebbe per ministro un lavoratore ungherese governata da un partito che fa della xenofobia la sua ragion d’essere sarebbe stata un insulto insopportabile

Stefano G. Azzarà
Fanculo a Le Pen e a Macron, a Trump e a Biden, a Starmer e a Farage, a Meloni e Salvini, ai postfascisti, ai neofascisti e ai liberali italiani, quelli conservatori e quelli democratici.

Fanculo a Repubblica, al Corriere, a Sky, alla Rai e a La 7.
Fanculo ai servi degli Stati Uniti e ai complici del genocidio palestinese.
Fanculo a tutti quelli che in Europa volevano rendere impronunciabile la parola comunismo e persino la parola sinistra.

Maria Grazia Fabrizi
Politiche 2024.Insomma al giornalismo Italiano, quello dei giornalisti in vista, quelli con il diritto riconosciuto di veicolare le opinioni, la vittoria del NFP guidato Melenchon è andata proprio di traverso. Pare che, in segno di lutto, Rampini abbia indossato bretelle nere e Secchi ,Bocchino, ma anche Alessandro Giuli con Libero e tutto il Corsera non riescano a trovare le parole. Mentana invece si lancia in consigli strategici, sotto forma di ipotesi, per escludere il nuovo fronte popolare dal governo.

 

2 pensieri su “7 luglio 2024. Una boccata d’aria francese?

  1. SEGNALAZIONE

    Pierluigi Fagan
    https://www.facebook.com/pierluigi.fagan/posts/pfbid0GSuodaEPa6SD1hT28yBPd3aC3j5qMg2txm1qpzqxVV5oCeVCGp2ptYeBFpzEbeccl

    SOCIOLOGIA DELLE TRANSIZIONI. Il caso francese. Nel 2016, E. Macron fonda il suo partito sullo slogan “En Marche!”, esortativo, ottimistico, prospettico. Non si sa se Macron leggesse il movimento della società francese di cui voleva prender la guida o se pensasse lui stesso di provocarlo, sta di fatto che quell’invito a mettersi in marcia prendeva in pieno il senso dinamico di una transizione quale poi in effetti si è e si sta verificando.
    Per leggere questa transizione dobbiamo dimenticarci lo strato sovrapposto della politica elettorale. La politica elettorale col doppio turno è fatta apposta per ri-convogliare al centro l’espressione finale che si avrà in parlamento. Per leggere la transizione dal punto di vista di sociologia politica tocca invece rimanere alla conta dei puri voti.
    I puri voti dicono questo: RN 10 milioni, SINISTRA 7 milioni, MACRON 7 milioni, REP 1,5 milioni. In pratica, nel Paese, l’elettorato di destra RN è due terzi dell’altro 10 a 15 mio, 38% del totale.
    Questo risultato sopravviene quello di appena due anni fa. Appena due anni fa, RN contava 3,5 milioni e quindi si può dire abbia quasi triplicato la sua base elettorale in si poco tempo. La SINISTRA ha più o meno confermato la sua consistenza mentre il partito di governo ha perso un milione di voti, più o meno in favore di RN.
    La “mossa Macron” è stata quindi molto più furba ed efficace di quanto i commentatori abbiamo inizialmente intuito ed in effetti, colpa dei commentatori (incluso chi scrive) non aver tenuto in debito conto la logica meccanica del secondo turno. La Francia si trova così con lo “scampato pericolo”, con una SINISTRA addirittura nominalmente vincente, certi che questa si sfarinerà offrendo al partito di centro, sponda per fare un governo di utilità nazionale, vedremo se con o senza i REP. I 10 milioni di elettori di destra piuttosto connotati però rimangono.
    Poiché si può dubitare che i prossimi anni serviranno a ricucire la tela strappata della sociologia politica francese, ci si domanda cosa succederà. Si andrà a nuove elezioni? Si terrà RN ed il suo elettorato sempre ben oltre i margini dell’accettabilità politica? Le loro istanze verranno giudicate false e quindi da ignorare o vere ma da ignorare ugualmente? Macron riuscirà a portare il tutto, più o meno indenne al 2027 alle nuove presidenziali? Date le analisi sulla situazione economica e di bilancio francese che sono quantomeno precarie, Standard&Poor’s Global Rating ha già fatto sapere di esser pronta ad abbassare il rating, come farà a garantire “crescita e consolidamento debito pubblico” come richiesto dai mercati?
    Platone diceva che il politico era come il comandante di nave in tempesta. La tempesta francese, al di là dei risultati elettorali giuridicamente controllati, continua. La transizione in una delle due colonne dell’UE e dell’euro è “en marche”. Verso dove vedremo.

    COMMENTO

    Ennio Abate
    “La transizione in una delle due colonne dell’UE e dell’euro è “en marche”. Verso dove vedremo.”

    Il ‘vedremo’ mi pare elusivo. La domanda cruciale da farsi mi pare: cosa si può fare – (scommessa) – per non illudersi di aver vinto, per non “sfarinarsi”, per erodere il più possibile quei ” 10 milioni di elettori di destra piuttosto connotati”?

  2. SEGNALAZIONE

    Andrea Zhok
    https://www.facebook.com/andrea.zhok.5/posts/pfbid0231Uf5uniN8RbTNw4B73S8FPtaXCkwyKfpTeVy4zb69bcpq46vFsGGD7u7sf53JBcl

    Stralcio:

    In sostanza, questo è l’esito elettorale in termini di distribuzione del potere:
    Nouveau Front Populaire 25.95% –> 182 seggi
    Ensemble (Macron) 24.54% —> 168 seggi
    Rassemblement National 37.05% –> 143 seggi
    Ora, io vedo oggi molta comprensibile soddisfazione a “sinistra” per questi esiti elettorali.
    E personalmente, pur non ritenendomi da tempo un elettore “di sinistra”, apprezzo anch’io quantomeno il buon risultato di France Insoumise (Mélenchon) all’interno della coalizione di sinistra, partito che ha finora portato avanti un’agenda sociale all’interno ed un’agenda equilibrata sul piano della politica estera (cosa che non si può dire affatto per il laburista Keit Starmer).
    Ma se solleviamo per un momento il naso dalle nostre inclinazioni, tifoserie e soddisfazioni personali, il dato principale manifestato da queste elezioni (accanto ad altre in Europa) è l’oramai strutturale divergenza tra espressione del voto popolare e distribuzione del potere.
    Nel caso dei sistemi elettorali, che ci sono stati venduti in tutta Europa nel nome della “governabilità”, vediamo in modo macroscopico una immediata disconnessione tra l’espressione numerica dell’opinione pubblica e la rappresentanza parlamentare.

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