Il Signore del Creato

Un po’ per celia e un po’ per non morir” (Ettore Petrolini)
Riflessioni sotto forma di filastrocche

di Rita Simonitto

Il Signore del Creato
Dalle critiche turbato
A rapporto chiamò i suoi.
“Ecco qua: affido a voi
Di andar di qua e di là
E dirmi poi ciò che non va.
No rimborsi ‘piè di lista’
Tranne qualche intervista.
No incontri pilotati
Per sgamare risultati
Che esprimono dissenso
Ricevendone compenso”

Nel bel mezzo dell’estate
Con il sole a sciabolate
Che mandava fuor di testa
Ogni mente pur modesta
Ecco Angeli Reali
A spiumar le loro ali
Da quel velo di pigrizia
Per la vita in letizia.
Più e più di anni luce
Alla meta li conduce.
“Laggiù, ehilà, un puntino
Contornato d’azzurrino!
Terra! Terra, eccoci qua
A scoprire ciò che non va”
Una frenata, un salto
Eran pronti all’assalto
D’una morente civiltà
Malata di modernità.
E nel briefing necessario
Iniziò l’Angelo Dario.
“E così, cari colleghi,
Al par mio tutti strateghi,
Concentriamo l’attenzione
Su un punto: lì l’azione!
‘Caput Mundi’? Ebbene sia,
per Gesù, Beppe e Maria”.
Niente ultra-cellulare 
Per poter comunicare.
Usavano il pensiero
Più veloce di un levriero.
“Qui l’Aurelia, vista mare,
Scorrimento regolare
Ecco vedo che un gatto
Attraversa soddisfatto”.
“So’ Alessandro e sto qua
Dentro il cuor della città.
I rifiuti? Dei giardini
Con al centro dei trenini.
Lì si muovono carrelli
Da svuotar. Poi tutti belli
Rivanno in postazione.
Un robot ha la gestione”.
“Qui Gengìss ai monumenti.
C’è un club di residenti
Che ne cura il decoro
Come fosse cosa loro”.
“Qui il Tevere dorato
Da battelli vien solcato:
Il servizio sponda/sponda
Effettuato vien sull’onda.
E che dire dei trasporti?
Aboliti tempi morti:
Pannelli illuminati
Agli incroci situati
Danno conto alla città
D’ogni intoppo che ci sta.
La stazione ferroviaria
Si divide terra/aria,
Disse Dario, in funzione
Del voler delle persone
Chi vicino, chi lontano:
ugni meta, un suo piano”.

Nel racconto di quei dati
Si sentivano onorati
D’aver fatto l’esperienza
Di amore e conoscenza
Che si danno una mano
Per il bene dell’umano.
“Oh vigliacchi, traditori!
Oh ma io vi caccio fuori!
In che Mondo siete stati
Buonisti ottenebrati!
Ma non è questa roba mia
È il Paese di Utopia.
Non vedo la malvagità!
Or che c’ho mannato a ffà’
A morir il mio bel Pupo
Se non c’è ombra del lupo?
Agnellini sono tutti?
Non ci stanno farabutti?
Ricordate: i farisei
Sono pur essi figli miei.
No. Non è questa la Terra
Che ancora sta in guerra
Che non crede più a niente
E mi sente impotente!
Io volevo sol capire
Se dover intervenire.
Ma son lor, a ben vedere,
Che la pietra fan cadere
Sui lor piedi, ben convinti
‘Solo altri saran vinti!’
Se ‘non san ciò che si fanno’*
Capirai che è un danno!
L’ignavia è ben potente
Ti porta a non far niente.
Fa ripeter il reato.
E così sono spacciato”.
Sfiduciato, avvilito
Dichiarò il “benservito”.

Anche Lui fece un errore,
Lo scoprì a malincuore,
Affidar tale partita
Senza ‘click’ di salva-vita
Dando poca importanza
Al poter dell’ignoranza
Che cela la sua essenza
In superba conoscenza.


*“Padre, perdona loro perché non sanno ciò che si fanno”, così disse Gesù sulla croce.

15.08.24

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