Un Giovanni Pascoli inatteso

Giovanni Pascoli dal nido al cosmo”
saggio di Bruno Nacci 
(Edizioni Ares 2024)

Presentazione e nota di Emma Pretti

Pascoli stornellatore e poeta dalle facili rime. Pascoli dall’espressività minore che canta troppo spesso lacrimosi sentimenti famigliari. Poeta bloccato nella nostalgia di un’infanzia troppo presto interrotta. Pascoli poeta delle “nonne” e della facile commozione.

Forse nessun altro come Giovanni Pascoli è stato sommerso da una montagna di stereotipi al punto da navigare nella storia della nostra letteratura con un’immagine quasi completamente deformata e sminuita. Bisogna ammettere che in molti si sono adoperati per fare in modo che ciò avvenisse e la distorsione della sua figura letteraria e umana si radicasse. Ecco perché il libro di Bruno Nacci si presenta tanto più necessario e indispernsabile per riportare alla luce infine un esatto e completo profilo storico e poetico, ripulirlo dalla polvere di decenni sordi alla sua statura di studioso e autore, sradicarlo dal dagherrotipo a cui l’insegnamento scolastico lo ha da sempre condannato.

Il saggio di Bruno Nacci “ Giovanni Pascoli dal nido al cosmo “ già dal titolo annuncia l’intenzione di portare avanti una visione più ampia dell’opera del poeta e ci propone una lettura senza dubbio inaspettata, intrigante come un romanzo pur essendo meticolosamente documentata e analizzata nelle sue numerose parti critiche.

A cominciare dalla sezione iniziale, la sua biografia, dove emerge un Pascoli del tutto inatteso, opposto allo studioso accademico, al professore universitario e latinista immerso esclusivamente nei suoi studi; in realtà il poeta manifesta intense passioni politiche di stampo anarchico, un carattere difficile con impennate ribelli che lo conducono a scelte estreme e spesso contradditorie. Un indocile, rivoluzionario che fatica ad accettare compromessi, e questo sicuramente non lo aiuterà nella carriera accademica, caratterizzata da continui alti e bassi, riconoscimenti e delusioni.

Dalla critica non raccoglie trattamenti migliori. Fatta eccezione per la stima, l’apprezzamento e l’amicizia di D’Annunzio, da più parti arriveranno giudizi nel complesso pieni di riserve e perplessità sul peso concettuale delle sue raccolte..

Anche qui il saggio di Bruno Nacci interviene a fare chiarezza tra le voci che si sono levate pro e contro la sua produzione poetica. Da Croce in poi molti hanno imputato a Pascoli <<…una poesia che consiste in qualcosa che è fuori dalla letteratura…; essa è di cose, è nel cuore stesso delle cose>> come scrive il Serra, senza capire che il poeta non è tutto nelle cose <<ma nella musicalità che coglie nelle cose facendole risuonare e che esprime inseguendo le armonie e le vibrazioni di questa musicalità…>>. Nel suo saggio Nacci oppone a questi giudizi argomentazioni fondate e sottili: <<Come controprova dei limiti di un sentimento critico diffuso (un tempo come solo in parte oggi), si potrebbe portare il disinteresse per Pascoli di un lettore acuto e profondo come Giovanni Gentile. Dedicò pagine sottili e illuminanti a Leopardi, ma non una al poeta che pure per motivi sbagliati avrebbe potuto sentire più vicino a sé, soprattutto negli ultimi anni. Leopardi, poeta e pensatore, si presta a una indagine concettuale che trova riscontro nelle liriche e nelle prose liriche. Ma Pascoli è tutto nei suoi versi e anche i concetti si piegano e si dissolvono nella parola…Essa educa il lettore a un ritmo, a una melodia, a un fraseggio che tiene lontano il filososfo o il grammatico filosofo, che sempre vorrebbero appuntare la parola con lo spillone per tenerla ferma. In ultima analisi: ucciderla o ammutolirla.>>

Pagina dopo pagina nel saggio emerge la figura di un Pascoli a tutto tondo, sfaccettata, poliedrica, ricca di sfondati prospettici: Pascoli insigne e originale latinista che raggiunge vette inusuali anche in campo europeo, dove conquista riconoscimenti tra i più prestigiosi e con grande sensibilità inserisce elementi di innovazione concettuale ed espressiva all’interno di componimenti in quella che viene considerata una lingua morta; e poi ancora Pascoli studioso controverso di Dante che si scontra nuovamente con la critica, Pascoli botanico e pensatore. Ma soprattutto poeta capace di sondare la classicità per ricavarne una linfa nuova che gli permetta di spingersi oltre e varcare una frontiera <<…quella frontiera fra la grammaticalità della lingua e l’evocatività della lingua…>> e aprire la porta allo sperimentalismo europeo che entra di prepotenza con il Futurismo ma che deve riconoscere di essere debitore nei confronti di Pascoli nell’uso del linguaggio, anche come riproduzione onomatopeica di suono, e della metrica.

E ancora Nacci apre uno sfondato di intensa profondità << La poesia è stata interpretata come un desiderio regressivo di morte. Ma in Pascoli…l’attenzione cade piuttosto su quella che, con leggera forzatura, potremmo chiamare “scena primaria”.Più che di regressione si dovrebbe parlare di recupero di una innocenza che è premorale, di uno schiudersi alla vita e al mondo (il fanciullino)che ancora non conosce la contaminazione dell’esperienza, il giogo della storia. O meglio ancora: il permanere in una condizione di meraviglia originaria, di verginità sensoriale, che nel proseguire degli anni si ripresenta solo nelle fattezze confuse del sogno e nell’atto poetico. >>.

Accuratamente Nacci passa in rassegna tutta la sua produzione ( non solo poetica), dispiegandone la profondità attraverso un linguaggio lontano dal critichese artefatto e incomprensibile, proponendo al contrario una fluida nitidezza e la capacità di non perdere mai di vista il nocciolo della argomento preso in esame. Tutt’altro che un tomo pedante e indigesto, al contrario un’opera che può aiutare un ampio ventaglio di lettori a comprendere la figura e la produzione poetica di un autore che una certa miopia critica e il tempo avevano quasi del tutto offuscato.

Un ultimo accenno all’immagine di copertina, in linea con il carattere del saggio: la foto ci mostra un Giovanni Pascoli rilassato, soddisfatto, pipa in mano, lieve sorriso e lo sguardo sardonico che sembra anticipare la sorpresa della lettura.

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