Io sono Artaud

di Nevio Gambula

Il poeta Artaud, l’attore, il regista, il visionario, rivive attraverso un racconto delirante la sua esperienza di vita. Nove anni passati in manicomio, subendo ogni forma di violenza fisica e psichica, in un mondo dove si aggirano medici implacabili e funziona-ri di una società che lo rifiuta, spietati e disumani. È la storia di un soggetto scorticato vivo, invaso da fantasmi e costretto dentro una cella buia e spoglia che lo rende invisi-bile; gli effetti dell’elettroshock attraversano il suo monologo interiore, come i residui di un incubo. Il suo linguaggio è infatti aspro, a tratti lancinante; dalla sua bocca sprigiona qualcosa di straziante, brandelli di parole, frasi sconnesse, confusi ricordi, propositi di rivolta. La costante presenza della malattia e dell’allucinazione rende il suo racconto informe, pieno di crepe, mentre la parola è masticata con rabbia, distorta, restituita da una voce sempre più demoniaca, da posseduto. Ed è proprio la voce a suggerire l’affanno di un uomo che cerca, nella violenza della sua condizione, uno scatto che lo liberi dalla prigionia.

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