Da “L’occasione della poesia”

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di Giuseppe Panella

 

*Per tutta la vita cerchiamo di dimenticare:
i sogni, i desideri, il dolore, il fallimento,
gli amori marciti nell’attesa della morte,
le aspirazioni mancate e mai risolte
nel momento in cui trovano una svolta

Per tutta la notte in un morbido letto di piume
insopportabile come la panca di ogni galera
il ricordo e il rimorso si susseguono e incalzano,
fatti della stessa sostanza e della stessa angoscia,
privi di sostanza, eppure forti come una condanna

Per tutto il giorno il tempo si succede e si avvinghia
come un serpente nascosto nel deserto di sabbia
in cui la vita lo ha condannato a strisciare
e per il quale la felicità consiste nel cercare
vittime imprudenti di fronte al suo potere

Per tutto quello che rimane la Storia è l’incubo
in cui incastonare la nostra storia personale,
per trovare una via d’uscita possibile e banale
che in fondo consiste nel saper dimenticare
e seppellire in via definitiva il nostro male

Ma la memoria si contrae e si configge
come una freccia piantata nella mente,
impedisce all’oblio di subentrare
e costringe il ricordo a lavorare
come al rimorso di tornare e continuare

I morti del passato sono là,
tutti ancora vivi nel ricordo,
i corpi derelitti e incombusti
nonostante lo strazio, nonostante
l’accanimento feroce del delitto,
insieme al gioco assurdo e assoluto
del disprezzo

Le vite del passato sono ancora intatte
quando la memoria le riscatta
e ne ritrova fondamenti e valori,
bisogni insoddisfatti,
necessità primarie rimaste irrisolte
e desideri che sono eguali per ognuno,
brucianti e travolgenti come un sogno

La memoria di tutti è un sobrio patrimonio
che rimane indiviso e mai taciuto
quando sembra che tutto sia finito nel nulla,
e non ci sia più né salvezza né speranza
di poter resistere e trovare
uno sbocco possibile e opportuno
al peggio che incalza…

 

 

L’OCCASIONE PERDUTA

Questa è l’origine, il momento iniziale
di tutto il discorso:
non avere nulla da dire e dirlo lo stesso,
con parole frantumate e smozzicate,
con espressioni viete e stroncate
da mille oltraggi e devastazioni della mente,
con moniti inespressi e inespressivi

Questa è la fine e il sogno dell’inizio :
oggi è tempo di ricominciare
a pensare al futuro, alla promessa fatta,
al progetto mai smarrito nelle pieghe impietose
dei sottoscala della mente

Questo è il passaggio attraverso il tempo perduto
e mai ritrovato quando si tratta di trovare
la strada per andare in fondo a qualche cosa
che sia un amore, un progetto un desiderio,
la fusione con il destino che non trova sponde
con cui giocare a biliardo

Questo è l’impiego possibile dell’amore da sempre
Cercato e occasionalmente ritrovato
Nei ritagli di vita
Che non sono finiti, per fortuna,
nel cestino del dolore

E’ questa la mia occasione mancata?

Ogni giorno un’occasione si perde
e manca sempre qualcosa che si sarebbe potuto avere
e non si riesce più a realizzare nella vita
è un sospiro breve come un’esistenza
è un sogno compatto come un durissimo macigno
sulla strada che porta alla Montagna Sacra dell’oblio
è una vetta rimasta inaccessibile da sempre
è un lago da attraversare nel tempo poi scomparso all’orizzonte
è una sirena da sedurre che poi sparisce improvvisa
nel dilagante impeto dell’inverno
è un addio che sempre troppo breve si esaurisce
nel baleno di un saluto,
nel lampo di uno strazio,
nel dolce rimpianto del piacere condiviso
IL TEMPO NON E’ MAI TRASCORSO INVANO

Ho afferrato il tempo per la coda,
ho cercato lo spazio non finito del mio tempo
nelle mie mani che non sanno diventare sagge
e non vogliono accettare l’impossibile scarto
tra sogno e reale scansione insoluta della vita;
ho accettato di passare al setaccio della mente
i miei istanti rarefatti e dissolti nel futuro,
attimo per attimo, scarto per scarto, assurdo per assurdo,
—————————in fondo, la vita è sogno oppure no?

ho coperto di sabbia e paglia la strada maestra che riporta
alla soluzione più onesta del dilemma
che da sempre si biforca sulla strada
che conduce al non-essere
che accettazione piana e spesso vacua del destino;

ho scalato le vette notturne dell’insonnia
per ritrovarmi attento di fronte all’altra scena
che nel dormiveglia sembra vera
ma altro non è che la sincera matassa
che riporta Teseo al Minotauro e
Arianna a Nasso
———————in fondo, il mito ci succede sempre
———————e lo ritroviamo alla fine del destino
———————che ci accade di negare con rabbia
———————o con disdegno infinito

ho ricercato nel mio bisogno di trovare
le incognite che non ho risolto appieno
e come un cieco tentennante
mi sono accovacciato di fronte
ai cancelli del nulla
———————in fondo, sarà questo il bersaglio e così sia…

il colore esatto che non ritrovai,
il sogno incerto all’alba che non ho
interpretato,
la mente che non ho sdipanato
nell’eterno garbuglio dell’azzardo –
tutto resta a raccontare il gesto
infinito che ci accoglie nel suo baratro
dolente e ci conforta come solo sa fare
il tempo che consola…
al mondo altro non importa
perché sono qui a confrontarmi
con il dolore che sconforta
e il piacere che esalta
ogni giorno e sempre
il sapore potente
che non svanisce ancora…

 

 

FUTURO ANTERIORE

Sempre duro è il cammino che si svolge
Tra monte e valle in attesa di riposo
Eppure non c’è tregua né scampo da cercare
Perché la risposta non è facile a trovarsi:
Ci sarà il domani che si attese, vigili
Alle mutazioni impercettibili della Storia vissuta
Oppure il fracasso e il dolore e la morte saranno invano,
SEMPRE ?

Il futuro non è un’agevole conquista
Fatta di dolci promesse e mantenute
Ma un sogno aspro e fugace, un tormento
Di sussurri e di apprensioni, di sentimenti
Che si ripetono e si appoggiano al passato,
Oppure la vita che ci aspetta sarà ancora
Uguale e infausta e rinnegata dal Tempo
SEMPRE ?

Aspettiamo che scoppi la rivolta e il delirio,
Attendiamo il Moloch con le fauci spalancate.
Sorridiamo all’inizio e ridiamo della fine
In un senso o nell’altro, nel rispetto dei tempi
Stabiliti da altri e imposti dalla necessità
Di vivere come comunque accade ad ognuno
Senza opposizione o strappo, pacifici e sognanti,
SEMPRE ?

E’ tempo di cambiare la canzone
E cantare versi diversi e senza scampo,
Incitare allo scippo e alla rivoluzione,
Strappare il comando e non cedere alla
Larvata o pesante o diretta ingiunzione
Di lasciar perdere, di non credere e sognare,
Di rinunciare alla lotta e cedere al destino
Perché siano condannati e così sia?

Nel bosco ceduo i passi ricadono pesanti nel terreno molliccio e le foglie cadute, gialle e marroni, si schiacciano sotto le suole delle scarpe per non risollevarsi mai più. Il tempo esterno è grigio e stonato, fuori fuoco come un sogno in technicolor andato a male, inferiore alle attese, girato con poco denaro e attori svogliati. Il cammino è faticoso ma non impervio, le impronte si stagliano nette tra l’erba ingiallito e triste del sottobosco, l’aria è frizzante e non ancora riscaldata dal sole della primavera. L’attesa sarà lunga ma da qualche parte si arriverà comunque…
Il sentiero nel bosco non durerà infinito e implacabile, la sosta in mezzo agli alberi finirà un giorno
PER SEMPRE…

 

 

 

Il bosco ceduo era coperto di neve
nell’assolata domenica di un dicembre
stranamente tranquillo, senza spari
isolati e senza l’insensato vento
che portava la morte da lontano…

Il bosco e la montagna riflettevano
i rumori abituali dei suoi suoni
fatti di versi d’animali, di fruscii,
di sentimenti, di sogni, di sospiri…

Tutto intorno sembrava in attesa:
il silenzio degli uomini sembrava dare spazio
alla natura che ogni volta era stata turbata
dall’avvento di chi si era concesso di violarla

in nome di un ardito progresso o di un miracolo
capace di cambiare l’acqua in latte e miele
e far diventare realtà i sogni,
rovesciando prospettive antiche
e riscattando un mondo arcaico e invelenito

così si giunge all’epilogo possibile :
la distruzione di ciò che per secoli
era stato accuratamente evitato
in nome di qualcosa non ancora nato
semmai con altro nome conoscibile
e con altri disegni a forza imposto

la natura non può difendersi da sola
come uno strenuo fortilizio o un’isola
ma ha bisogno di una social catena
che si stringa intorno alla sua vena
madre e la mantenga nel suo stato
originario senza che perisca o spenga

la grazia originaria della vita
è inammissibile e mai si perde
nel continuo stridere degli anni
ma solo se si evitano quei danni
che la morte del suo cuore perfetto
della violenza altrui è il vizio infetto

res amissa è il tempo di esistenza
ma ciò che resta e mai non si consuma
rinasce nel suo mondo e poi riprova
come se fosse ogni volta cosa nuova…

panella

 

 

BREVE NOTA

L’occasione della poesia si doveva intitolare Serenità e sofferenze ma l’editore, giustamente o meno, non ha voluto e mi ha chiesto un altro titolo (quello che ha accettato). Ma va bene così perché in esso ci sono un omaggio a Montale, quello delle Occasioni e un riferimento alla filosofia di George Berkeley (una poesia del libro che però non allego, Esse est percipi, infatti è borgesianamente dedicata a illustrarne ma criticamente il pensiero). Ma l’occasione era soprattutto quella di scrivere ancora poesia dopo una lunga pausa (l’ultimo mio libretto, L’arma propria, è uscito, infatti, nel 2007 e conteneva la produzione fino al 2006). La sosta, mai completa peraltro perché qualcosa avevo pur scritto e pubblicato nel frattempo, era dovuta a questioni accessorie e non a sfiducia nei confronti dello scrivere poesia. In questa mia attività ho sempre creduto e probabilmente non smetterò di credere per molto perché l’unica possibilità che è rimasta a chi pensa che valga sempre la pena di continuare a parlare, nonostante tutto, nonostante il male personale subito, nonostante il degrado il disagio e le difficoltà del vivere associato in un contesto politico ormai disperato e disperante come quello italiano. Ma non ho voluto scrivere un libro “politico” come, in fondo, era L’arma propria (un libro di lotta come forse suggerisce il titolo stesso).

L’occasione della poesia è un libro che azzardo a definire sapienziale, frutto di esperienze drammatiche mie e di una nuova consapevolezza raggiunta sulla difficoltà del vivere che, pur tenendo conto della mia vita in parte ormai passata e molto intensamente vissuta, destinato soprattutto a chiarire a me stesso che cosa voglio ancora fare delle restanti sequenze della mia esistenza. Dico questo perché queste poesie avrebbero voluto essere altrettante scene, altrettante carrellate del lungo film quale è la vita di ognuno ma soprattutto perché al loro scorrere e svilupparsi vorrebbero dare senso e conseguenzialità. Salvo poi accorgersi alla fine del fatto che, se hanno senso, ce l’hanno perché sono gli uomini in grado di darglielo nel momento in cui decidono di gestire il loro tempo futuro, decidendo di non trascorrerlo soltanto, ma di viverlo veramente…

(Giuseppe Panella)

 

3 pensieri su “Da “L’occasione della poesia”

  1. …molto belle queste poesie che tracciano un percorso di resurrezione attraverso i sentieri del bosco-labirinto della memoria, dove si intrecciano storie del passato, personali come collettive, quest’ultime spesso a restituire un senso alla vita, dopo i tanti fallimenti…Il bosco per G. Panella non è un luogo reale, con le sue numerose forme di vita (come per il poeta G. Lucini), ma una proiezione trasfigurata dell’animo umano…E vi sono tracce del tempo che passa attraverso il mutare delle stagioni, che sono quelle della vita, e di un succedersi “sempre” uguale di percorsi ripetitivi, che segnano alla fine il fissarsi di un destino…Ma poichè il mai come il sempre non sono nell’esperienza umana, verrà pure il giorno in cui la sentenza “per sempre” sarà rovesciata, lasciando spazio ad altre possibilità: “E’ tempo di cambiare la canzone/ e cantare versi diversi e senza scampo…” Le occasioni perdute si possono recuperare attraverso una ripresa di cura della natura e lattraverso la scrittura poetica, come dire che finchè c’è vita, c’è speranza…

  2. Tre poesie a tema e tre temi diversi. La prima tratta del debito nei confronti del passato, non solo per l’eredità storico-politica da recuperare, ma anche per il suo essere lascito antropologico, naturale

    Le vite del passato sono ancora intatte
    quando la memoria le riscatta
    e ne ritrova fondamenti e valori,
    bisogni insoddisfatti,
    necessità primarie rimaste irrisolte
    e desideri che sono eguali per ognuno,
    brucianti e travolgenti come un sogno

    La seconda, L’occasione perduta, è una interrogazione sul presente, cinque volte compare la parola mente. Se la premessa è “non avere niente da dire e dirlo lo stesso”, lo svolgimento del tema conferma quel materialismo affettivo

    e il piacere che esalta
    ogni giorno e sempre
    il sapore potente
    che non svanisce ancora…

    La terza poesia, Futuro anteriore, ritorna al confronto, ma di più, al nesso tra il senso politico e il senso antropologico di una considerazione completa dell’esistenza: “la grazia originaria della vita/ è inammissibile e mai si perde”, quindi la conclusione della poesia

    res amissa è il tempo di esistenza
    ma ciò che resta e mai non si consuma
    rinasce nel suo mondo e poi riprova
    come se fosse ogni volta cosa nuova…

    Le poesie sono lunghe riflessioni con una cadenza piana e distesa, lo sviluppo del testo è: posizione del tema, dibattimento e conclusione, le strofe sono i diversi passi del ragionamento. Spesso si nota come la strofa abbia una sonorità propria che la distingue dalle altre, di suoni prevalenti e di ricorrenze consonantiche. La pacatezza mi pare il tono dominante che sottomette un materiale emotivo e razionale incandescente. La narratività spinge a rileggerle più volte.

  3. Leggendo queste tracce di esistenza pensavo che la vera poesia è la sola capace di far nascere interrogativi, e , sollecitata dalle riflessioni senza riserve di Giuseppe Panella, di domande me ne sono venute parecchie: cercare, non dare risposte, è questo ciò che io penso debba fare la poesia.
    GDL

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