Dio Etica Libertà

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di Angelo Ricotta

Esistenza di Dio

L’esistenza di Dio non è provata secondo i canoni attuali della scienza, né lo è il contrario. Benché l’esistenza di Dio non sia logicamente incompatibile con le conoscenze scientifiche contemporanee purtuttavia se Dio esistesse davvero la scienza non avrebbe significato. Infatti Dio sarebbe proprio la teoria finale che si va cercando, non occorrerebbe indagare ulteriormente su altre ipotesi ma solo dedicarsi alla sua conoscenza o contemplazione. Al più solo la teologia rimarrebbe l’unica scienza e la pratica mistica l’unica attività sensata. L’esistenza materiale stessa sarebbe inutile. La situazione è analoga a quella di avere un problema che non sappiamo risolvere e che è molto probabile che non ci basterà la vita per venirne a capo. Ad un certo punto ci rendiamo conto che c’è una persona al mondo in grado di risolverlo. Questa persona sarebbe felice di essere interpellata e ci fornirebbe gratuitamente la soluzione. Che faremmo? Ovviamente smetteremmo di occuparci del problema e contatteremmo subito la persona. Evidentemente, però, una consistente parte dell’umanità non è così sicura dell’esistenza di Dio, per cui si esplorano intensamente altre ipotesi.  Allo stato attuale la scienza non è in grado di spiegare molti aspetti dell’universo, come l’esistenza o meno di una singolarità iniziale, la possibile esistenza di più universi, forse infiniti, l’origine stessa della vita. Per quel poco che abbiamo compreso già questo universo appare estremamente bizzarro secondo i canoni umani. Per spiegare certi fenomeni la mente umana ha dovuto creare concetti dal sapore fantascientifico come lo spazio-tempo quadridimensionale curvo, o paradossali come dualità onda-corpuscolo, principio d’indeterminazione di Heisenberg, l’interpretazione probabilistica, le stravaganti proprietà delle forze subnucleari, le molteplici dimensioni e singolari proprietà delle teorie delle stringhe, le misteriose materia ed energia oscure e molte altre stranezze forse ancor maggiori. Non mi meraviglia quindi che la teologia si possa occupare di entità astruse come Dio e gli angeli e di luoghi misteriosi come purgatorio, inferno, paradiso. Entrambi, l’approccio scientifico e teologico alla conoscenza, condividono una grande capacità immaginativa, ma c’è una differenza essenziale tra essi: la conoscenza scientifica è basata sull’esperienza e sulla deduzione matematica e quindi è in grado di modificarsi anche drasticamente nel tempo, mentre la teologia non produce nuove verità ma al più nuove interpretazioni di una verità che si suppone rivelata una volta per tutte. Nel corso del tempo c’è sempre stato qualcuno che ha sostenuto che la scienza era ormai arrivata alla teoria finale e che quindi la ricerca fondamentale era finita, rimanevano solo gli studi di dettaglio e le applicazioni. Queste previsioni sono state regolarmente smentite, anche in brevissimo tempo, dalla scoperta di nuovi fenomeni che hanno portato a revisioni profonde, e a volte sconvolgenti, delle teorie.  È anche vero che le attuali frontiere teoriche della fisica rischiano di essere in gran parte inverificabili sperimentalmente; se ciò accadesse davvero la fisica perderebbe la sua tradizionale natura di scienza sperimentale, diverrebbe un esercizio matematico e correrebbe il rischio di tramutarsi in una filosofia o addirittura in una mistica, anche se sui generis. Personalmente sono intimamente convinto che il più e il meglio sono ancora tutti da scoprire. Qualche contemporaneo continua a sostenere che si arriverà comunque alla teoria finale. È una speranza analoga a quella dell’attuale teologia evolutiva che ipotizza una crescita spirituale che ci porterà a trascendere la natura umana e quindi ad avvicinarci sempre più a Dio, secondo tesi già sostenute da Teilhard de Chardin. Questo processo continuerà fino a identificarci con Dio? In tal caso scienza e teologia diverrebbero una cosa sola, anzi diverrebbero entrambe inutili a causa della singolarità divina. Ad ogni modo questo processo implica la necessità di cambiamenti radicali di metodologia in entrambe le discipline. Come ha mostrato Gödel i sistemi ipotetico-deduttivi, come sono in parte la scienza e del tutto la teologia, hanno dei forti limiti nella dimostrazione di verità, pertanto la nostra mente dovrebbe percepire intuitivamente certe verità  anche molto complesse e ciò non mi sembra possibile allo stato attuale o in un futuro prevedibile. Dovremmo diventare altro. Ma lo possiamo? O finiremo per estinguerci per lasciare il posto ad altri esseri così diversi da noi come noi dai dinosauri? Ad ogni modo, personalmente, ritengo estremamente improbabile l’esistenza di Dio, in particolare del dio e dei suoi annessi e connessi descritti dalle religioni che sono, con tutta evidenza, l’ipostatizzazione delle gerarchie delle classi dominanti.

 

L’etica

L’etica cristiana, che si può riassumere nella dottrina dell’Amore, pone a suo fondamento Dio stesso che avrebbe creato l’uomo a sua immagine e somiglianza. In tal modo l’etica cristiana acquista lo status di un assoluto, affrancandosi dal relativismo delle filosofie e delle categorie di spazio e di tempo. Questa posizione ha bisogno di postulare l’esistenza di Dio la quale è quantomeno problematica dal punto di vista scientifico. Io ritengo che la nobiltà dell’etica cristiana non viene meno se ammettiamo che essa è un’elaborazione umana, anzi ne viene maggiormente dignificata. Ho sempre ritenuto che Gesù sarebbe ancora più grande se riconoscessimo che è stato un semplice uomo. Secondo me non bisogna temere il relativismo ma aver più fiducia nella validità intrinseca della dottrina cristiana che  è l’acquisizione più elevata dell’etica. In questo modo si possono evitare obiezioni e contraddizioni  relative alla natura umana e al male e al loro rapporto con Dio. Non concordo però con certe posizioni di cristiani estremisti che, attraverso aberranti ragionamenti, approdano ad una forma della dottrina dell’Amore che io definisco la mistica della sofferenza. Quest’ultima, lungi dal produrre effetti benefici, opera invece contro l’uomo in nome di un’irrealistica e disumana dottrina.

 

Libertà dell’uomo

Non è certo che l’uomo possa considerarsi davvero libero. È libero l’animale? Secondo la dottrina cristiana l’animale non è libero mentre lo è l’uomo per volere divino. Va da sé che una simile giustificazione non è accettabile dal punto di vista scientifico. Per la scienza prima occorre definire con chiarezza cosa si intenda per libertà e poi stabilire una procedura operativa per determinarla. Né l’una né l’altra cosa è stato possibile elaborare finora, per cui il problema rimane irrisolto. Turing ipotizzò la possibilità di scrivere un programma  che potesse rispondere alle domande simulando una persona umana. Questo programma non è ancora stato realizzato, ma non è impossibile in linea di principio. Per dare un’idea della difficoltà di stabilire dei criteri che identifichino un comportamento libero, supponiamo che mi si proponga una scelta fra A e B ed io “volontariamente” scegliessi “a caso “ A, secondo il mio punto di vista soggettivo. Ho davvero fatto una scelta libera? E come faccio a sapere che è a caso? In effetti i concetti di libertà, causalità e casualità sono profondamente interrelati e le loro connessioni ancora largamente inesplorate. Un altro concetto associato ai precedenti è quello di caos o caoticità. Naturalmente i matematici hanno cercato di dominare questi concetti, come d’altronde quello di infinito, restringendone di molto il dominio e quindi il significato, ma proprio per questo le versioni matematiche non sono del tutto sovrapponibili a quelle concernenti la realtà fisica. Ad esempio, se affermassi che ho scritto la seguente sequenza numerica “3112182119271328410203” in piena libertà scegliendo a caso tra i numeri naturali, mi credereste? C’è una regola o non c’è invece? In questo caso specifico un esperto di decifrazione di codici non tarderebbe ad accorgersi che ho codificato la frase “cantami o diva” con una chiave abbastanza semplice, ma in altre situazioni non esiste metodo certo per appurare se una determinata sequenza di simboli è casuale o meno. Ad esempio, la sequenza dei numeri primi è casuale? Ritornando al problema della scelta tra A e B si potrebbe pensare che un complicato ma deterministico procedimento, causato dalla mia struttura psico-fisica ovvero dai miei caratteri ereditari e dalle mie esperienze di vita, mi ha imposto di optare per A. Insomma siamo uomini-macchina, come già sosteneva La Mettrie, o siamo esseri liberi per volontà di Dio come sostiene la dottrina cristiana? Infine il problema si riconduce ancora una volta all’esistenza di Dio. Egli è il garante di ogni affermazione circa l’universo. Se manca questo riferimento assoluto manca ogni certezza. Personalmente non credo nella libertà umana, nel caso e nel caos. Penso che ciò che noi percepiamo come tali sia solo la somma delle nostre ignoranze e che noi, l’universo, ogni cosa siamo macchine, raffinatissime, certo, ma pur sempre meccanismi. L’indeterminismo introdotto dalla meccanica quantistica nel mondo microscopico non credo sia una proprietà intrinseca di quegli enti ma solo la nostra percezione di una realtà di una scala spazio-temporale troppo differente da quella cui sono usi i nostri sensi. E se il caso e anche il caos sembrano manifestarsi nel mondo macroscopico è perché la nostra matematica, la nostra capacità di conoscere tutti gli aspetti di un fenomeno è limitata dalla nostra stessa natura. Altri esseri, altre entità non è detto che percepirebbero la realtà allo stesso nostro modo e in un ambito così limitato.

Se infine non esiste un vero e proprio libero arbitrio ciò significa che non siamo realmente responsabili dei nostri atti, siamo degli automi. Questo implica, ad esempio, che il concetto giuridico di “capacità di intendere e di volere” è privo di significato.

 

 

 

Nota:  Angelo Ricotta

Sono nato a Prezza (AQ) il 19/12/1947. Sono emigrato in Venezuela al seguito della mia famiglia, vivendovi dal 1951 al 1958. Ivi ho frequentato le scuole elementari in spagnolo. Tornato in Italia ho proseguito gli studi dovendo imparare l’italiano in quanto in famiglia si parlava solo in un particolare dialetto abruzzese. Infine mi sono laureato in fisica e ho poi svolto la mia attività di fisico presso l’istituto ISAC, sezione di Roma, del Consiglio Nazionale delle Ricerche. Ho sempre avuto interessi variegati cimentandomi anche nella scrittura di poesie e racconti brevi. Ho autopubblicato su lulu.com due mie raccolte di poesie “A poesie spiegate” e “Poesie scientifiche”.

18 pensieri su “Dio Etica Libertà

  1. È da ammirare ogni fatica fatta per comprendere, e io dunque l’ammiro.
    Però è da ammirare un poco meno qualunque fatica fatta per comprendere cancellando la storia, facendo finta che nessuno abbia pensato o scritto prima di noi.
    E io dunque questo la ammiro un poco meno.
    È curioso: abbiamo ereditato di tutto e la cosa che vogliamo di più al mondo parrebbe essere ricominciare da zero.

  2. …trovo molto chiaro e coerente il discorso contenuto in questo saggio di Angelo Ricotta, che , credo, non vuole essere un trattato conoscitivo assoluto, anzi alla lettura resta molto forte l’impressione dell’incompiutezza. L’approccio sembra prevalentemente scientifico-teologico, meno storico-filosofico…come una tessitura iniziata rigorosamente, ma come interrotta. Riguardo all’Etica umana A. R. conclude: ” Se infine non esiste un vero e proprio libero arbitrio ciò significa che non siamo realmente responsabili dei nostri atti…”, tuttavia poi nei suoi vari interventi riferisce spesso di precise responsabilità individuali e collettive negli eventi storici contingenti e ciò presuppone nelle scelte dell’uomo la possibilità di una intuizione conoscitiva, riguardo al bene e al male, non del tutto deterministica

  3. Credo che quanto sto per dire sia già stato detto, e forse ad abundantiam, ma siccome sono ignorantissimo in teologia, e ignorante in filosofia, lo (ri)dico. A mio avviso l’esistenza di Dio fa tutt’uno con la consapevolezza che l’individuo ha del proprio “ciclo biologico”. Se non esistesse tale coscienza, non esisterebbe nemmeno Dio. E siccome la scienza è e sarà impotente riguardo a tale ciclo, l’uomo conferisce la potenza a (un) Dio. Infatti, tutte le culture, tutte le civiltà, hanno cercato i loro Dii (chiamarli “dèi” sarebbe riduttivo). E il “ciclo biologico” si trasforma in ciclo filosofico. A ogni nascita d’un uomo nasce Dio, a ogni morte d’un uomo muore Dio (anche perché la verifica non si dà)

  4. * “purtuttavia se Dio esistesse davvero la scienza non avrebbe significato. Infatti Dio sarebbe proprio la teoria finale che si va cercando, non occorrerebbe indagare ulteriormente su altre ipotesi ma solo dedicarsi alla sua conoscenza o contemplazione”: ma non è affatto vero! Infatti non c’è nessuna conseguenza logica tra le due parti della sua frase, tra conoscenza di dio e cessazione della conoscenza.

    * “Al più solo la teologia rimarrebbe l’unica scienza e la pratica mistica l’unica attività sensata. L’esistenza materiale stessa sarebbe inutile”: ove fossimo solo pensiero disincarnato! Ma l’esistenza materiale è l’unico modo reale in cui potremmo persino conoscere dio, quindi religione e scienza sono tuttaltro che in contraddizione. Separate, dice Fabiola Gianotti, che dirige il cern e si dichiara credente.

    * “la teologia non produce nuove verità ma al più nuove interpretazioni di una verità che si suppone rivelata una volta per tutte”: nessuna rivelazione è un pacchetto di informazioni chiare ed esaurienti, né la teologia *interpreta*, piuttosto *interroga*.

    * “È una speranza analoga a quella dell’attuale teologia evolutiva che ipotizza una crescita spirituale che ci porterà a trascendere la natura umana e quindi ad avvicinarci sempre più a Dio, secondo tesi già sostenute da Teilhard de Chardin. Questo processo continuerà fino a identificarci con Dio?” per fortuna c’è ancora un po’ di tempo…

    * “L’etica cristiana, che si può riassumere nella dottrina dell’Amore, pone a suo fondamento Dio stesso che avrebbe creato l’uomo a sua immagine e somiglianza. In tal modo l’etica cristiana acquista lo status di un assoluto”. Io capovolgerei l’affermazione, l’etica cristiana pone a fondamento l’amore umano, e da quello sale all’amore di dio.

    * “In effetti i concetti di libertà, causalità e casualità sono profondamente interrelati e le loro connessioni ancora largamente inesplorate”. Quello che conta è però quale concetto tra i tre guida l’esplorazione. La storia e l’intenzionalità umana tendono a scegliere il concetto di libertà come guida per districarsi tra cause e caso: non che la libertà trionfi, ma orienta e guida.

  5. Cerco di rispondere in modo sintetico ma esauriente a tutti coloro che si sono presa la briga di commentare questo mio intervento.

    @Ezio Partesana
    In realtà non mi sono inventato nulla. Credo che Democrito, Lucrezio Caro, La Mettrie stesso che cito, e poi Bertrand Russell e tanti altri che si possono facilmente individuare, sottoscriverebbero ciò che ho scritto in quanto c’è molto di loro in queste riflessioni. Non cerco l’originalità a tutti i costi ma una sintesi che mi faccia comprendere meglio il mondo.

    @Annamaria Locatelli
    Come ho scritto per Ezio la storia della filosofia (e della scienza) sono implicite nei ragionamenti. L’intento era di presentare dei risultati, con qualche giustificazione, in modo il più sintetico possibile, lasciando poi a ciascuno le proprie elaborazioni e confronti. Sulla responsabilità non c’è contraddizione. Il fatto di essere degli automi non ci esime dalla responsabilità, nel senso che intendo io. Ciò che io contesto è l’istituto giuridico (si dice così?) della capacità d’intendere e di volere nell’atto di compiere il reato, che mi è sempre apparso come un sotterfugio che permette di evitare la pena. Un costrutto probabilmente basato su convinzioni religiose. Per me se uno commette un reato va punito, ovvero va messo nelle condizioni di non nuocere, tout court. Questo è l’unico criterio che ritengo logico.

    @roberto bugliani
    Interessante questa considerazione. Probabilmente è stata già detta ma neanch’io lo so. Non sono però sicuro che la scienza sarà sempre impotente su di esso. Forse c’è da augurarsi che lo sia perché rabbrividisco al pensiero di quello che se ne potrebbe fare. Mi pare fosse Piet Hein che dissse “La percentuale di idioti fra i premi Nobel è la stessa che altrove”. Non c’è di che gioire.

    @cristiana fischer
    Metto i numeri a questo articolato intervento (scherziamoci un po’ su!).
    1) Non conoscenza ma esistenza di Dio. A me sembra evidente che se c’è davvero Dio, con tutti gli attributi che gli vengono riconosciuti, ogni azione umana è inutile anzi l’umanità stessa è inutile. Persino l’Universo non avrebbe senso. In una singolarità infinita ogni cosa si annulla.
    2) I mistici di ogni religione cercano di annullare la propria materialità per immergersi nel Creatore. Religione e scienza sono incompatibili. Mi sembra di aver addotto degli argomenti significativi, non so dire meglio. Per me chi afferma il contrario è in malafede, lo fa per opportunismo.
    3) Ogni religione ha il suo libro sacro che è considerato la parola divina rivelata all’umanità. Lo dicono i teologi non io.
    4) Teilhard de Chardin lo pensava. Ho l’impressione però che il suo pensiero sia ritenuto un po’ eretico.
    5) Lo stesso sostengo io ma non i teologi, per costoro viceversa ogni cosa promana da Dio. D’altronde c’è una logica in questo: solo Dio può garantire l’assolutezza di qualsivoglia costrutto. L’umanità non può concepire nulla di assoluto anche come estrapolazione.
    6) Ma non c’è prova che l’umanità possieda il libero arbitrio. Questo è proprio l’oggetto delle mie considerazioni. Non lo si può assumere come assioma. Se però si postula l’esistenza di Dio allora la sua parola (rivelazione nel libro sacro) diviene indiscutibile.

    1. Credo che lei ed io ci rivolgiamo a due dii diversi, per usare l’espressione di Bugliani: mi pare che lei si richiami a un’dea positiva e corrente di onnipotenza, assoluto, autosufficienza… così ci veniva trasmessa dal vecchio catechismo, l’essere perfettissimo, signore del cielo e della terra. In effetti che se ne fa di noi uno così? A parte chiedere obbedienza e devozione?
      Io mi interrogo solo sul bisogno umano di divino, quello relativo al ciclo biologico di Bugliani, così diffuso e generale da qualche migliaio di anni. È la strada di in interiore homini habitat ecc. In questo uomo interiore tutto è precario, anche la libertà è solo una necessità (penso a quelli che per libertà perdono la vita). Tanta preoccupazione che dio renda inutile la conoscenza e addirittura la mia esistenza materiale non ce l’ho. A quel dio che schiaccia non arrivo (che non e tuttavia quello che atterra e suscita, affanna e consola, piuttosto soggettivo anch’esso).

  6. Non so quanto questo commento possa aiutare il dibattito, ma mi sento di specificare alcune cose; anche perché così posso pensare, che si riesca a comprendere quello che dico (o che dirò) a proposito di altri temi.

    DIO – Qualsiasi religione è riduttiva di cosa possa essere “dio”; e strumentale agli interessi di chi l’ha creata. Probabilmente la rappresentazione più credibile di questo concetto (chiariamo subito: “dio”, per un essere materiale qual è l’uomo, è un concetto; non un signore un po’ anziano, barbuto e piuttosto suscettibile) l’ha data il Buddismo.

    Ad ogni modo, rifacendomi al libro delle tre religioni rivelate (che è il più semplice da capire – forse – per noi Occidentali), “dio” è quella vibrazione primordiale da cui tutto è partito e che sottende ogni manifestazione, cosa, ecc. a qualunque dimensione. Temo, però, che anche questo sia una spiegazione riduttiva.

    ETICA – Innanzitutto non è che ci sia solo un’etica cristiana. Come per ciò che viene chiamato “Tradizione”, ce n’è una cristiana, una induista e via discorrendo; una per ogni religione, insomma; Positivismo compreso.

    Perciò il trucco sarebbe arrivare, o almeno avvicinarsi ad un’Etica, che sia scevra dalle interpretazioni e dalle implicazioni date dalle religioni. Compito arduo, ma che val la pena di tentare.

    LIBERTA’ DELL’UOMO – Tanto più l’uomo si svincola da dogmi, religioni e ideologie (recuperando il rapporto con la Natura che lo circonda; e – fatto questo – tentando di trascendere il lato materiale della sua esistenza, se lo ritiene opportuno), tanto più è libero. Ovvio che si tratta sempre di una libertà relativa, perché tale ragionamento riguarda qualsiasi altra creatura vivente; e noi – liberi o no – siamo dentro un sistema di relazioni, che non è possibile ignorare. E che non è saggio: i casini in cui ci troviamo, derivano principalmente dall’avere ignorato questa rete di rapporti da almeno duemila anni.

    Compito anche questo arduo, specie dati i condizionamenti di cui si è vittime, causa la gabbia di dogmi, religioni e ideologie, che con tanta cura ci si è costruiti attorno; ma che – anche in questo caso – val la pena di tentare.

    Buona fortuna a tutti.

  7. “Perciò il trucco sarebbe arrivare, o almeno avvicinarsi ad un’Etica, che sia scevra dalle interpretazioni e dalle implicazioni date dalle religioni. Compito arduo, ma che val la pena di tentare.” Alberto Rizzi

    Scriveva Bertrand Russell « So che alla mia morte dovrò imputridire e che nulla del mio ego sopravviverà. Non sono più giovane e amo la vita. Ma mi rifiuto di vivere tremando di terrore al pensiero del nulla, la felicità non è meno vera perché deve finire, né il pensiero e l’amore perdono il loro valore perché non sono immortali. »
    (Bertrand Russell, Perché non sono cristiano, cap. Il mio credo, p.59, Longanesi & C. 1960)

    Questa però è una forma di stoicismo che non è per tutti. I più si aspettano di essere ricompensati per la loro devozione a Dio, non accetterebbero di comportarsi bene se infine li aspetta il nulla.

    1. Per A. Ricotta: (“Questa – l’opinione di B.R. – però è una forma di stoicismo che non è per tutti. I più si aspettano di essere ricompensati per la loro devozione a Dio, non accetterebbero di comportarsi bene se infine li aspetta il nulla.”)

      C’era una bella storiella medievale, nella quale un cavaliere rimproverava un monaco, per le gioie della vita che si perdeva di fronte al nulla, che secondo lui attendeva tutti dopo la morte. Al che il monaco gli rispondeva: “Forse hai ragione tu; ma pensa, se ad aver ragione fossi io…”

      Detto questo, ritengo che ciò che si aspettano i più, sia nel complesso insignificante. Ognuno è libero delle sue scelte, più che mai in un tema come questo; e se qualcuno ha bisogno della carota agitata davanti a lui, si accomodi…

      Personalmente rifiuto l’idea che – ricompensa o no – ci si giochi tutto in questa vita, per l’eternità: come sostengono le religioni rivelate. Ipotesi che puzza lontano un miglio di terrorismo psicologico.

  8. @ Angelo Ricotta :
    stralcio dalla sua risposta

    “I più si aspettano di essere ricompensati per la loro devozione a Dio, non accetterebbero di comportarsi bene se infine li aspetta il nulla. ”

    non sono d’accordo, per quanto mi riguarda, e sarebbe lungo spiegare, e forse non ne sono all’altezza .
    Però per me fare il bene vuol dire migliorare il mondo giorno per giorno, e non solo cercare il premio eterno.
    La salvezza è in quello, la risposta su Dio è solo l’amore, il resto è ( mi perdoni )
    “cattiva letteratura ”
    Aggiungo solo questo : se io non credessi in Gesù Cristo come Incarnazione di Dio, non crederei neppure in Dio, che da come è presentato nella Bibbia spesso fa perdere la fede anche a chi ce l’ha.

    Infine se mi posso permettere le vorrei suggerire la lettura di ” Dio e il suo destino ” l’ultimo scritto di un teologo controcorrente, Vito Mancuso, che potrebbe fornire qualche spunto di ampliamento alla sua visione.

    Per ultimo vorrei rimandarla alla lettura del capitolo 6 del Vangelo di Giovanni, versetti dal n. 26 al 58, sono due paginette, non le trascrivo per non tediare, ma per me sono molto molto chiarificatrici.

    grazie e mi scusi

  9. Non ho capito se la “cattiva letteratura” è quella mia (probabile) o di Bertrand Russell (difficile)!

    Scherzi a parte, il 30-31 maggio 2009 partecipai ad un seminario su “La salvezza” dell’associazione “OREUNDICI”. I relatori erano il teologo Carlo Molari, il missionario fratel Arturo Paoli e Vito Mancuso. Dopo gli interventi dei relatori c’era la possibilità per il pubblico di salire sul palco e porre delle domande. All’epoca avevo già elaborato i temi qui presentati e posi i quesiti sull’esistenza di Dio. Dalla sala gremita si alzò un mormorio di disapprovazione. I relatori mi guardarono per un attimo muti e quindi mi congedarono senza risposta.
    Qualche giorno più tardi spedii per email le mie tesi a Vito Mancuso, invitandolo a darmi delle risposte. Dopo alcuni giorni ancora mi arrivò una sua telegrafica mail che mi diceva di essere impossibilitato ad analizzare le mie tesi perché era molto occupato e da allora non si è fatto più sentire. Evidentemente egli si vuole relazionare personalmente solo con gente che conta, gli altri possono leggere i suoi scritti. Tempo dopo m’è capitato tra le mani il suo libro “Io e Dio”. Francamente non ce l’ho fatta a leggerlo tutto. Libro noioso che vorrebbe dimostrare che Dio non può non esistere senza portare alcun argomento valido in merito e perciò alla fine conclude che egli sente che Dio esiste. Pertanto ho deciso che non avrei letto più niente di questo autore.

    Tornando a lei io ho la massima stima per i veri credenti. Però personalmente non mi accontento di affermazioni apodittiche. Lei dà per scontato l’esistenza di Dio e il fatto che si sia incarnato in Gesù mentre io no.
    Non vedo che relazione ci sia tra il desiderio di agire per migliorare il mondo e l’esistenza di Dio.
    A meno che, come io sospetto, da parte dei credenti non ci sia la convinzione che i “senza Dio” siano necessariamente persone malevoli e forse diaboliche. Questo spiegherebbe l’atteggiamento di esclusione nei miei confronti dei personaggi su citati.

  10. Quando ho letto il titolo di questo post di A. Ricotta, pensando all’Etica e, conseguentemente, alla Libertà, il mio pensiero è subito andato ad Aristotele (385-322 a.c.) e alla sua Etica Nicomachea. All’uomo che attraverso l’esercizio della proàiresis riconosce e si confronta con i limiti del suo desiderio e del suo potere. Che si pone delle domande sul rapporto “fini” e “mezzi” per poterli raggiungere (analisi concreta della situazione concreta?). E che la proàiresis, questa specie di progetto di passione, non è mai disgiunta da mente, intelletto e disposizione etica (*).
    Ma tutto questo mio andare indietro non è *per ricominciare da zero* (Partesana, 12.2.16, ore 15.05), ma per vedere quanta strada è stata fatta (più o meno distorta) e quante domande ci assillano ancora.
    Ma poi viene introdotto ‘Dio’ e allora i termini della questione cambiano.
    Così mi metto tra i ‘poveri in spirito’, non per avere la beatitudine, ma per poter fare delle caute osservazioni a fronte di questo impegnativo lavoro di A. Ricotta.
    Per venirci a capo dal bailamme degli interventi (peraltro tutti interessanti e che meriterebbero un impegno attentivo di lunga durata e quindi inadeguato al mezzo che stiamo utilizzando) si potrebbe fare una specie di selezione a partire dal “punto di vista”, dalla “prospettiva” da cui si guarda l’oggetto d’indagine.
    Il modello esplicativo va verso l’immanenza o verso la trascendenza? Non è sufficiente sostenere che i due modelli si possono ‘integrare’ tout court, perché bisogna pur sempre avere chiara qual è la parte dominante (a qualsiasi titolo) e qual è quella subordinata. Ad esempio, nel nostro processo di crescita, cerchiamo di integrare le nostre parti primitive, ‘selvagge’ (nessun giudizio di valore, sia chiaro) cercando in esse ciò che di importante può essere accolto e valorizzato. Ben diversa è la situazione quando prendono il dominio gli aspetti primitivi per i quali lo stesso concetto di ‘integrazione’ risulta di difficile accesso senza una guida adeguata.
    Però in questo modo, anziché semplificarsi, le cose si complicano perché chi si pone queste domande è l’uomo e l’uomo chi è? Di che pasta è fatto? Chi lo ha fatto? Non si è fatto da solo perché ‘farsi’ così male sarebbe da pirla! Quindi qualcun altro lo ha fatto?! E che, intelligentemente, ha contemplato che avesse anche delle mancanze perché proprio attraverso quelle, se riconosciute con umiltà, potrà accedere alle beatitudini. Ad esempio, “Beati i poveri in spirito” declina una specie di disponibilità totale, una consegna piena al Creatore, alla sua volontà (onnisciente?) per cui, attraverso di essa si realizza il mistero di salvezza che contempla tutti gli uomini. Mi sembra di poter capire che, se ognuno fa questo, diventa suddito di un regno che ‘non viene da questo mondo’ – “il mio regno non è di quaggiù”, dice Gesù nel suo interrogatorio – e si crea una specie di ecumene che si mette in ascolto della parola di rivelazione. Parola che diventa veicolo di verità.(**)
    Pensando a quanto scritto da L. Paraboschi (13.2.16, ore 17.32) – * Però per me fare il bene vuol dire migliorare il mondo giorno per giorno, e non solo cercare il premio eterno. La salvezza è in quello, la risposta su Dio è solo l’amore* -, parrebbe che il miglioramento del mondo (a prescindere da ciò che il mondo possa volere oppure no) non passi attraverso una lotta, un conflitto (***), ma si configuri come un cerchio che si chiude su di sé senza mutazione rivoluzionaria. Lo stesso evangelista Giovanni ci dà a vedere un Gesù padrone sia degli avvenimenti (si fa catturare dai soldati, da un lato, e salva i suoi apostoli, dall’altro) nonché della storia nella quale si adempiono le profezie fatte proprio da lui in merito alla sua morte.
    I concetti di etica e di libertà riposano pertanto in questa trascendenza, stanno dentro il *se io non credessi in Gesù Cristo come Incarnazione di Dio, non crederei neppure in Dio*.
    Lo stesso concetto di ‘fede’, che ritengo molto importante assieme a quello della speranza – non mi pronuncio in merito alla ‘carità’ – , però in questo contesto anziché trasformarsi nei termini laici di ‘fiducia’ (che si può dare e si può togliere), tende a chiudersi quando c’è la paura di perdere il controllo .

    Note:
    (*) Aristotele, NE6.13[1145a,4-6] La proairesis non sarà retta senza saggezza e senza virtù. Giacché la saggezza ci fa porre il fine e la virtù ci fa operare le azioni atte a raggiungerlo.
    (**) Da Vangelo di Giovanni:
    “ 56 Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui. 57 Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per me. 58 Questo è il pane disceso dal cielo, non come quello che mangiarono i padri vostri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno»..
    (***) Il conflitto viene certo previsto, ma la visione (e il giudizio ?) dei suoi esiti è sempre letta nei termini di “ad maiorem Dei gloriam” (Prima lettera ai Corinzi di S. Paolo).

    R.S.

  11. @Rita Simonitto
    Cara Rita io non sono né un filosofo né uno storico in senso proprio, ma solo un ex-fisico sperimentale competente in una specifica disciplina. Naturalmente ho una discreta cultura generale per aver frequentato con profitto il liceo scientifico dove ho avuto degli ottimi insegnanti, che qui ringrazio ancora per la passione che mi hanno trasmesso e che mi ha stimolato il desiderio di approfondire gli argomenti che studiavamo su testi extrascolastici . Tutto ciò per dire che non ho ben compreso il senso del tuo erudito intervento. Per esempio non conosco l’Etica di Aristotele e quindi non so come si rapporti alle mie riflessioni. Una lunga pratica di lettura e scrittura scientifiche mi ha abituato all’uso di un linguaggio scarno, essenziale. Perciò sono a disagio di fronte a testi che utilizzano un linguaggio più elaborato. In fondo io mi sono posto tre chiare domande. Esiste Dio? L’Etica è umana o promana da Dio? Esiste il libero arbitrio?
    Per me le risposte sono state: Dio non esiste, anzi è un concetto dannoso per l’umanità, e quindi L’Etica è un costrutto umano e quindi non esiste il libero arbitrio. Ho dato delle sintetiche giustificazioni di queste mie conclusioni, ovvero tutto dipende dall’esistenza di Dio (e degli attributi che gli si riconoscono). Capirei perciò una risposta diretta che affermasse chiaramente che invece Dio esiste per delle precise e nette ragioni. Se invece affidiamo la scelta a un fatto personale, ossia ne facciamo un articolo di fede, è chiaro che ogni discorso è superfluo.

  12. @ Angelo
    capisco le buone ragioni per dire *sono a disagio di fronte a testi che utilizzano un linguaggio più elaborato*: a mia discolpa dico che non volevo menare il can per l’aia ma, senza dubbio, dato il tema, prenderla un po’ alla larga (e quindi non certo ‘more scientifico’!).
    Però, nella premessa al mio intervento ho ribadito che, se il titolo del post avesse trattato di Etica e di Libertà (costrutti ‘umani’ come pure lo è la ‘costruzione’ del divino), avrei potuto espandere il mio pensiero attingendo a pensatori (metti Aristotele) che hanno preso in considerazione il problema. Ma, se in questa disamina, mi viene introdotto ‘Dio’ come essere trascendente, sulla cui esistenza mi viene richiesta la dimostrabilità o meno (e su quali basi posso dimostrarlo se non per fede?), questo l’ho visto come un inceppo del pensiero. E questo inceppo sì che è dimostrabile. Perché a quel punto i concetti di Etica e Libertà non sono discettabili in sé, ma dipendono dal fatto che chi ne tratta creda in Dio oppure no. E quindi c’è un vincolo a monte. C’è chi non lo percepisce come ‘vincolo’, ma lo accetta come un far parte di un unico corpo mistico. Allora, buon per lui.
    Per me non è così. So che il bisogno di religiosità ci appartiene ma, appunto, “ci appartiene” e quindi siamo noi a tentare di farci i conti (e non viceversa).
    R.S.

    1. Adesso è chiaro. Concordo. Comunque mi rimane la curiosità di sapere, anche in estrema sintesi, cosa scriveva Aristotele sull’Etica. Cercherò di documentarmi. Non è che non conosca Aristotele. A suo tempo avevo iniziato uno studio epistemologico sulla caduta dei gravi. Volevo capire se ai tempi di Aristotele sarebbe stato possibile dedurre la corretta legge del fenomeno, almeno qualitativamente, eseguendo degli esperimenti con la tecnologia dell’epoca. Per questo ho consultato La Fisica e il De Caelo.

      1. Così per celia, breve Bignamino su rapporti politica e cultura (e il loro interfacciarsi) a proposito dell’Etica di Aristotele (385-322), della decadenza della metafisica e dell’emersione degli studi scientifici (funzionali al cambiamento sociale).
        Nel 323 a.c. muore Alessandro Magno e, passando sotto il dominio della monarchia macedone, le città greche modificano la loro struttura. Non sono più centri in cui il cittadino si confronta con i suoi rappresentanti ma le decisioni vengono prese altrove, a Palazzo. Il cittadino diventa ‘suddito’, non si realizza più nella attività politica sulla quale perde ogni potere e ogni responsabilità. Pertanto i campi della riflessione filosofica (con le ricadute sulla politica) vengono a decadere. Perde spazio l’interesse per la metafisica. Diventa centrale lo studio dell’ Etica intesa però come auto dominio, ovvero l’unico luogo in cui la persona è in grado di decidere e, conoscendo e controllando le proprie emozioni, può impedire che gli eventi, su cui non ha alcuna influenza, lo possano turbare.
        Il centro del pensiero filosofico rimane comunque Atene, mentre prende risalto sempre maggiore il centro culturale di Alessandria d’Egitto dove, finanziata da denaro pubblico, viene istituita una accademia di studiosi soprattutto scienziati.
        Nasce, voluta dai Tolomei, ‘diadochi’ di Alessandro Magno, la famosa biblioteca di Alessandria che raccoglie un gran numero di studi e di opere per un presunto numero di 490.00 rotoli.
        Sono anni di grande fervore.
        Vediamo già con Aristarco di Samo (310-230 a.c.), astronomo alessandrino, la formulazione della prima teoria eliocentrica basata su osservazioni e calcoli.
        Eratostene di Cirene (275-195 a.c.), alessandrino, misurò, unendo misurazione e processo deduttivo, la circonferenza della terra quasi esattamente (Km. 40.500 di contro alla misura effettiva di 40.090).
        Ctesibio di Alessandria (285-222 a.c.) studiò orologi di precisione come la clessidra ad acqua munita di galleggiante.
        Nel mare di Anticitera (tra Creta e il Peloponneso) fu ritrovato il primo calcolatore risalente al 1° secolo a.c. Un calendario perpetuo realizzato con ruote dentate: la straordinarietà del meccanismo prevedeva già la presenza di un differenziale (quello che fa girare le ruote dell’automobile a velocità diversa in curva), una invenzione (ri)scoperta dall’orologiaio francese Pecquer solo nel 1827.
        Tutti questi studi erano conservati nella imponente Biblioteca di Alessandria: molti finirono bruciati grazie alle ‘attenzioni’ illuminate dei romani (Cesare), dei cristiani e degli arabi.

        R.S.

        1. Ho sempre avuto la massima stima per questi scienziati dell’antichità i quali, con pochissimi mezzi, sono stati in grado di ottenere risultati meravigliosi. In particolare non mi sono mai riuscito a spiegare in modo convincente come mai il sistema eliocentrico di Aristarco di Samo, che era praticamente uguale a quello che ripropose Niccolò Copernico ben 1800 anni dopo, non abbia avuto successo mentre si affermò, 400 anni dopo, il farraginoso sistema geocentrico di Claudio Tolomeo.

    2. “So che il bisogno di religiosità ci appartiene ma, appunto, “ci appartiene” e quindi siamo noi a tentare di farci i conti (e non viceversa).”
      Credo che sia il solo possibile approccio a qualunque domanda religiosa e metafisica: fare i conti con la nostra domanda e trovare in essa eventuali risposte. Impossibile invece mettersi fuori di noi in una pretesa altra realtà, nella esistenza o non esistenza di dio e, da lì, dare una risposta alla *nostra* domanda. Prima mettersi fuori, poi da lì tornare dentro. Impossibile.

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