Per «POLISCRITTURE 2». Terza parte

Sommario.
La lezione di Franco Fortini: lascito e sua rielaborazione non scolastica. Le scritture della città e lo scontro mobile e ubiquo tra città e anticittà, tra partecipazione e omologazione, tra centro e periferia. Pluralità e differenza delle scritture ma anche della critica e dialettica (dialogo ma anche polemica) tra “molti” e “uno”. La poesia, l’ipotesi di una «poesia esodante», l’attenzione ai filoni ecologici e non antropocentrici in poesia e l’intervento critico sulle discutibili forme della vasta ma ambivalente produzione poetica e parapoetica contemporanea. Il femminismo, la sua critica a una idea di umanità universale, in realtà maschile, la critica alla separatezza tra sfera personale e pubblica, ‘ambito politico e vita privata e al condizionamento del mercato e del denaro sulle identità sessuali. Attualità e pericolosità delle guerre, dell’accumulo di potenziale distruttivo negli arsenali nucleari e banalizzazione della violenza e della guerra nell’informazione-spettacolo.

5. Nei dintorni di Franco Fortini

Per diversi redattori di «Poliscritture 1» la lezione di Franco Fortini (difesa delle “nostre verità”, visione del comunismo come movimento “che è già il comunismo”, ripudio delle forme autoritarie, mitologiche, palingenetiche dell’idea di rivoluzione, importanza del pensiero critico, rapporto non semplicistico e non puramente distruttivo con la tradizione, coscienza che esistono al mondo più lotte e conflitti di quanti ne possa sognare ogni filosofia e che “nulla è sicuro” ma tu scrivi…) ha significato un lascito da conservare e rielaborare non scolasticamente. E dal 1994, anno della sua morte, costantemente nella rivista cartacea e sul sito, abbiamo contribuito ad un «buon uso» della sua opera, partecipando anche ad iniziative a Milano e altrove dove il suo nome compariva.
Riferirci in questi anni al suo magistero non ci ha impedito di scorgere che esso è rimasto importante e significativo ma solo per poche minoranze, divenute ancora più esigue per i fallimenti di tutta la generazione del ’68 a cui Fortini indubbiamente parlò. In «Poliscritture 2» vogliamo continuare a proteggere e rimeditare questo suo lascito, confrontandolo con i mutamenti incessanti che la storia ci sta imposto e con la lezione di altri intellettuali, anche della stessa generazione di Fortini, che hanno indicato prospettive più o meno marcatamente differenti dalla sua ma caratterizzate da analogo atteggiamento critico rispetto al presente.

6. POLISCRITTURE = Polis / koinonia

«Poliscritture 2» deve diventare più decisamente un luogo di sedimentazione delle scritture della città, intendendo la città postmoderna come uno scontro mobile e ubiquo tra città e anticittà, tra partecipazione e omologazione, tra centro e periferia – con una lettura totalmente rinnovata di questa contrapposizione. I processi in atto di dissipazione e ridislocazione dell’urbano sono processi fondamentalmente segnici: questo è quanto potremmo aggiungere ed esplorare come «Poliscritture 2». Altri argomenti che possono interessarci e caratterizzarci: la rinascita, fisica e virtuale, delle piazze, e il rapporto tra città e comunità.

7. POLISCRITTURE = Poli / scrittura

«Poliscritture 2» resterà il luogo della necessaria pluralità e differenza delle scritture ma anche della critica. Non vogliamo ossequiare un pluralismo di facciata e politicamente corretto, ma consapevoli che oggi, in regime capitalistico, né i “molti” né “l’uno” sono un valore in sé, per come storicamente si presentano (e questo vale soprattutto per i “molti” sul cui stato di indigenza – materiale, culturale, cognitiva, morale – non si devono chiudere gli occhi), vogliamo, in campo politico ma anche in “letteratura”, preservare un rapporto fluido tra molti e uno. E questo può avvenire non nella logica della mera tolleranza, convivenza o giustapposizione dei diversi, in una sorta di neutralità vetrinistica, ma affrontando le differenze, che vanno messe in movimento – come già si è detto – sia attraverso il dialogo che mediante la polemica aspra ma rispettosa dell’interlocutore (perché fondata, secondo noi, sulla reciprocità e non sull’unilateralità del criticare), essendo il conflitto sempre operante o latente, non esorcizzabile con regole o galatei astratti, ma governato nella contingenza dagli stessi interlocutori e dalla comunità che li segue.

8. La poesia che (non) vogliamo

In «Poliscritture 1» è stata accordata un certa attenzione alla poesia, all’interno della congerie poli-scrittoria nella rubrica fissa del sito «Zibaldone-Poesia/ Moltinpoesia», dove in parte è confluita l’esperienza fatta a Milano dal «Laboratorio Moltinpoesia» tra 2006 e 2012.
In questo stesso periodo fu messo a fuoco un abbozzo di teorizzazione di «poesia esodante», che teneva conto sia della odierna pluralità delle scritture poetiche o parapoetiche di massa – contestando certe sue discutibili forme (dalla poesia elitaria, laureata, compiaciuta a quella domenicale e ammiccante o asettica, senza voce e senza corpo; e poi certe cordate accademiche o scuole poetiche in lotta per un tozzo di visibilità; o l’idea che la poesia sia frutto di un’ispirazione che tutto giustifica e trascende; ecc.) –, sia l’esigenza di un lavoro critico su questa vasta ma ambivalente produzione.
In parallelo a questa ricerca riteniamo interessante approfondire quei filoni di poesia che hanno cercato di assumere un punto di vista ecologico e non antropocentrico nella narrazione della realtà. (Per la tradizione letteraria italiana si pensi soprattutto a Leopardi, e in altri contesti – nordamerica e nordeuropa – alle scritture che fanno riferimento alla cosiddetta ecologia “profonda”). Ma con gli anni l’attenzione si è allentata e, tranne rari e circoscritti momenti di discussione redazionale sull’argomento (ad es. nel n.12 cartaceo sul tema poesia e guerra), non si è fatto molto né per precisare le coordinate specifiche del lavoro poetico che ci interessa e che intendiamo sostenere e diffondere né per delineare degli esempi di “buona poesia” e/o delle letture articolate dei testi poetici di volta in volta proposti: dai ‘classici’ alla poesia mancata – da Montale al più ingenuo esponente della moltitudine poetante. Né infine ci si è mossi in direzione di una serrata critica dei testi di poeti “canonizzati” dai mass media (ad esempio Merini).

9. Femminismo

Il femminismo ha accusato i partiti e i movimenti di sinistra di condividere – con il capitalismo e i precedenti millenni di cultura occidentale denominati “patriarcato”- una idea di umanità universale, in realtà maschile, normativa per tutta la società e i pensieri, in teologia, nei diritti umani, in campo politico ed economico.
Ancora oggi il femminismo critica il permanere di quella idea di universale-maschile che sforza la natura, inferiorizza le donne e i soggetti deboli, i popoli da colonizzare e da dominare. Ora, quasi 50 anni dopo, il femminismo ribadisce, con le migliori pensatrici e gli ampi movimenti di massa, la differenza tra i sessi e la libertà femminile, e propone un ripensamento possibile per tutta l’umanità. Perché non sia pensabile il dominio di una parte su tutti gli altri, per non separare la sfera personale da quella pubblica, l’ambito politico e la vita privata.
Sul nesso corpo sessuato e identificazione sociale (il rapporto sesso/genere) molte e molti hanno riflettuto, e si sono collegati con il femminismo più movimenti. Naturalmente i movimenti femministi e quelli gender hanno subito attacchi tesi a logorarli e inquinarli, a volte con successo. Posizionamenti diversi e conflitti interni ne sono la prova. Il neoliberismo favorisce pratiche come la GPA (gravidanza per altri) che rivela non soltanto la grave condizione economica e sociale di madri “noleggiate”, ma punta all’irrilevanza della differenza femminile, a favore di figli “prodotti del mercato” e di contratti. Anche rivendicare la sussistenza di diverse identità sessuali (la sigla LGBTQIA significa: lesbiche, gay, bisessuali, transgender, queer, intersessuali e asessuali), nonché il riconoscimento che queste diverse identità ottengono quasi solo per ragioni mediatiche e di mercato, rischia di rendere non significante la materialità del corpo. Un corpo non rilevante, per la figura di un lavoratore/lavoratrice mobili, fungibili, precari, come da richiesta del capitalismo oggi. C’è poi anche un femminismo che si richiama alla meritocrazia e incoraggia le donne a cercare il successo, e a volte si incrocia con l’ideologia neoliberista. Come già a suo tempo, secondo Sciascia, quelli dell’antimafia, esistono oggi anche professionisti/e del femminismo, che usano il tema, tra l’altro effettivamente nevralgico per la necessaria parità sociale tra i sessi, per costruire la proprie carriere pubbliche.
Tutti questi fenomeni sono per lo più ricevuti in modo poco elaborato dall’opinione pubblica, che spesso risponde con ostilità e rifiuto. D’altra parte i fenomeni del sessismo, della violenza sulle donne e del femminicidio ripropongono un conflitto tra maschi e femmine, che secondo il femminismo risale a millenni e che comunque il capitalismo connota in termini storicamente peculiari.
Poliscritture vuole dare attenzione a come il mercato e il potere del denaro intendono entrare sempre più nelle vite personali, per condizionare i rapporti fondamentali e i ruoli e le identità sessuali stesse. In vista di questi temi saremo anche attenti alle analisi e alle posizioni che esprimeranno i movimenti stessi.”

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10. Guerra e pace

Ultimo ma non meno importante fra i dossier che Poliscritture 2 vuole affrontare e nei limiti delle proprie forze tentare di approfondire è quello che riguarda l’attuale realtà geopolitica globale, con particolare attenzione alle guerre, nelle più varie tipologie con cui esse oggi si articolano, e ai fenomeni correlati della crescita dell’industria degli armamenti, del riarmo che interessa un numero crescente di stati, della devastazione ecologica e monumentale conseguente alle azioni belliche. Si pensi particolarmente, per quest’ultimo rilievo, alla particolare potenza distruttiva degli arsenali nucleari, la cui minaccia non si è mai attenuata ma che sembrano essere tornati di drammatica attualità.
Il problema del moltiplicarsi delle guerre in questo primo scorcio del XXI secolo, con tutti i suoi esiti inevitabili, violenze, distruzioni, massacri e migrazioni, è tanto evidente da imporsi ogni giorno all’attenzione di un’opinione pubblica sempre più distratta, narcotizzata dall’abitudine e dalla banalizzazione indotte dall’informazione-spettacolo.
A politiche sempre più interventiste, se non dissennate, poste in atto dalle classi dirigenti, risponde una crescente disaffezione alla cosa pubblica e disattenzione da parte dei cittadini e dei popoli e un fastidio che tocca anche una parte del mondo intellettuale. Si preferisce ignorare la questione, quando non ci si schiera più o meno apertamente dalla parte del cosiddetto Occidente, in una nuova e surrettizia riproposizione dello scontro colonialista fra la civiltà europea e la barbarie delle popolazioni dell’ex Terzo Mondo.
Come ebbe a scrivere qualche anno fa Gabriel Kolko, il XXI secolo «il mondo ha raggiunto il punto più pericoloso della sua storia recente, o forse di tutta la storia» sia a causa della persistente politica aggressiva degli USA che per l’accresciuto potenziale distruttivo degli armamenti peraltro oggi a disposizione di molte più persone e Stati.
Di fronte alla serie di sfide costituite in generale delle nuove strategie delle varie potenze in conflitto per l’egemonia regionale o globale e al fatto che lo stesso esercito italiano sia impegnato in oltre venti missioni oltre confine, mentre il bilancio delle spese per la difesa nazionale cresce di anno in anno, è doveroso e urgente riflettere su scelte fatte spesso senza che se ne dia una adeguata informazione alle cittadinanze; e sottolineare tenacemente i pericoli che le nuove strategie politico-belliche pongono non solo alle singole nazioni ma a grandi aree geo-politiche e all’umanità tutta.
Infine pensiamo che quanti sono consapevoli dei rinnovati pericoli propri della nostra epoca non possano che ripartire, malgrado i fallimenti del Novecento, dal principio che fu di Rosa Luxemburg: “Socialismo o barbarie”; e dunque dalla coscienza che l’eliminazione delle guerre come strumento di prevaricazione e violenza è inseparabile dalla definitiva eliminazione dello sfruttamento capitalistico dell’uomo sull’uomo.

11. Cantieri

Su alcuni o tutti i punti sopra elencati verranno costruiti dei cantieri, ossia degli approfondimenti seminariali e partecipati, aperti ad altre persone e/o siti e riviste interessate, che potranno svolgersi anche via web e che verranno documentati sul sito oppure potranno dare origine a rubriche fisse ivi ospitate.

12. Appendici (in preparazione)

Questo documento verrà successivamente corredato con due appendici, dopo discussione collettiva, riguardanti:
a) Piano finanziario
b) Piano editoriale
Sul documento finale verrà poi chiesta l’adesione di massima da parte dei redattori presenti e futuri, che si impegneranno così a sostenere il progetto nei modi che verranno concordati.

Novembre 2017

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