di Eugenio Grandinetti
Eugenio Grandinetti, Viaggi, ilmiolibro.it 2014
[I viaggi che ci accingiamo a fare non possono esser considerati delle gite organizzate perché prevedono percorsi inconsueti,attraverso lo spazio ed il tempo,attraverso la memoria e la speranza,attraverso il reale e l’immaginario per giungere in un luogo provvisorio della mente che non sarà una meta ma solo una tappa da cui ,dopo una breve sosta,riprendere il cammino per altri viaggi ancora. (E. Grandinetti)]
Il mio viaggio
Il mio viaggio di sedentario è questo
foglio bianco di carta,questo attorto
percorso del pensiero,questo
filo d’inchiostro,esile,che segna
le tappe del cammino. Ma a ritroso
non trovo nella vita altro che errore
di vie tentate invano e poi dismesse
per timore,ripide e oscure forse,
e forse anch’esse senza un varco. Pure
valeva la pena di tentare,
di lasciare i sentieri pervii e perdersi
per altre solitudini,per altri
crinali pensili sul vuoto,instabili
ad ogni titubanza,ad ogni passo
malfermo,a ogni vertigine,e cadere
forse in un baratro,morire,
ma aver visto dall’alto dilatarsi
l’orizzonte,aprirsi spazi,
magari illusori,alle speranze,
svelarsi lontananze senza limiti
da percorrere liberi Ma ora
mi porta questa via come acqua in piano
che non trova un pendio e si dirama
in mille rivi minimi e ristagna.
E faticosamente
riprende il viaggio del pensiero:ancora
risalire alla fonte,ripercorrere
declivi già percorsi,ritornare
per inerzia alla piana,e dilagare e perdersi
nella palude dove lenta evapora
la vita come nebbia.
La strada
La strada era un declivio che saliva
faticosa d’intoppi e di dirupi
per pietre riarse e zolle
erbide e instabili
pendii di frane. La meta
era la vetta ruvida che orlavano
radi alberi e stenti,ed era infine
la discesa precipite,la china
pensile e senza appigli.
Il senso invece non lo sapevamo
o lo cercammo senza mai trovarlo.
Forse non c’era o forse era celato
oltre l’orlo del baratro.
Echi
Gli uomini sono,ognuno,soli
con le loro parole che hanno suoni
dispersi che s’estenuano
per distese infinite di silenzi
e lontananze.
Gli echi che ci ritornano sono ombre
ambigue che si formano alla luce
breve del desiderio e,quando questa
s’affievolisce,restano
tremule ed indistinte nell’attesa
d’estinguersi del tutto.
Gli uomini sono,ognuno,soli,
vedono come da un’isola trascorrere
onde mobili,affidano
all’aria richiami che raggiungano
altre isole,che devono pur esserci se il mare
ha onde che ritornano. Ma l’aria
ha vibrazioni brevi
e indifferenza.
Gli uomini rimangono,ognuno,soli
con le loro parole che si stancano
d’essere sole,che si fanno
pensieri afoni e forse desiderio
di silenzio.
Dopo la pioggia
Dove il sole si perse in una pozza
bassa d’acqua piovana che spargesti
con passo disaccorto in spessi spruzzi
di fango insudiciandoti
e insudiciando chi passava accanto,
era lì forse il senso,ma comprenderlo
era difficile. Imprevedibili
sono gli eventi singoli ed i giorni
passano sempre soliti e inconsueti
come per desiderio di restare
avvolti in un velo di mistero.
E tu passavi per sentieri ambigui
in una luce pallida,di un sole
che velavano ancora trame lasse
di nuvole esauste,e la penombra
nascondeva allo sguardo le tue tracce.
Ci sarebbero stati altri percorsi
forse da scegliere,per strade
assiepate di case e di parole
ancora improprie e vaghe
come i vapori della pioggia,radi,
che esalavano dai marciapiedi umidi.
Ci sarebbero stati altri percorsi,
ma infermo era il proposito
e la meta era incerta.
E con passo distratto tu passasti
tra i frammenti di cielo e le pozzanghere
senza comprendere.
Stagno
Affondo gli occhi in acque di memoria
perché dal fondo emergano parole
e volti e fatti ora dimenticati.
Ma la mota del tempo ha già coperto
ogni cosa,e quando la si smuove
l’acqua s’intorbida e ci porta immagini
confuse,che si decompongono.
Per quale via tu tornerai,che gli occhi
si sono fatti attenti alle ombre,ai tremiti,
ad ogni lieve turbamento d’aria?
Ma i giorni insensibili trascorrono
per un declivio uguale e con sé portano
le immagini sospese e le depositano
come mota sul fondo.
Vascelli
Passano a filo d’acqua inusitati
vascelli che hanno chiglie
leggere d’aria,che hanno vele
di desiderio.
Li sospinge lontano un vento rapido
di sguardi,li disperde
oltre orizzonti dalle ciglia curve.
Acqua e aria contengono il significato del tempo che trascorre . Un viaggio in cui le mete spesso si scordano, si offuscano dietro la cortina del nostro voler cambiare le cose , la vita. Spesso incontriamo i nostri desideri , ci lasciamo prendere da essi o li vediamo sul fondo di un’acqua che sembra intorpidirsi , ma l’aria, quella sì , ci riporterà al cammino alla voglia di continuare , di incontrarci e il mare davanti a noi sembrerà ancora blu, magari per poco tempo , ma sarà-. Complimenti a Eugenio!
…molto belle queste poesie: lo sguardo spazia in orizzonti ampi come il mare e si respira un desiderio di libertà e di spazi aperti, ma il viaggio incontra sempre ostacoli e lo sguardo affonda “in una pozza/ d’acqua piovana…” o in uno stagno della memoria, per poi veleggiare di nuovo sui vascelli leggeri del desiderio…Il poeta é un Ulisse solitario che viaggia in mare aperto senza una meta e lancia echi alle isole che restano sempre lontane
“gli uomini rimangono,ognuno, soli…”. Lo stesso assoluto di cui il viaggiatore si circonda e che lo appaga di bellezza e di mistero, crea un destino di solitudine senza ritorno…
sono tutte poesie una più bella dell’altra, per me che sono un appassionato dei viaggi ” mentali “, ora che ho smesso di farne tanti per lavoro.
ma ” dopo la pioggia ” è anche una gran bella poesia d’amore.
grazie per il dono che ci ha fatto.