di Guido Galdini
per giorni e giorni d’assedio la città era vissuta immersa nel frastuono, tamburi, strepiti, trombe di conchiglie, urla e lamenti di chi, per combattere, non aveva altre armi oltre alla voce
ma allorché Quauhtemoc (1) si consegnò agli invasori cadde un silenzio improvviso e totale: circondato da secoli di rumori quel silenzio non s’è ancora interrotto. * i Mixtechi, (2) il popolo delle nubi, riuscivano a comprendere la lingua fino a circa sessanta chilometri da casa, la distanza che era data percorrere, a piedi, in due giorni di viaggio: il limite dell’altrove era segnato in modo indelebile dalle impronte per noi che abbiamo perduto la consuetudine della strada ogni centimetro è diventato incomprensibile. * quando ad Hatuey, un cacicco (3) di Cuba, prima del supplizio proposero di convertirsi per ottenere il suo posto nel cielo, chiese loro se il cielo era il luogo dove vivono, dopo morti, gli spagnoli ricevuta una risposta affermativa dichiarò che preferiva l’inferno: anche in tema di paradiso, quando si entra propriamente nel merito, le opinioni finiscono per divergere. * tutti i popoli conquistati e raccolti sotto il giogo dell’impero del sole (4) pare non fossero del tutto grati del proprio stato di sudditi; accolsero quindi il manipolo d’invasori come Dei sopraggiunti per offrir loro la liberazione più intricato fu poi chiedere ad altri Dei di liberarli dagli Dei liberatori: ma tutto questo non fa eccezione all’uso promiscuo, che si fa ovunque nei tempi, della perenne parola libertà. * la notte combattevano soltanto a luna piena perché l’oscurità non li potesse nascondere alla caduta del comandante si disperdevano come uno sciame al soccombere della regina al tempo della semina del mais abbandonarono l’assedio di Cuzco,(5) era più urgente la battaglia che li attendeva nei loro campi d’altra parte, nello Yucatan (6) le guerre iniziavano a ottobre, dopo avere concluso tutti i lavori agricoli della stagione la civiltà che gli abbiamo portato è riuscita finalmente a distoglierli da queste ingenue abitudini primitive. * la comparsa davanti all’Inca di qualsiasi suo suddito, generale o bracciante, era regolata dal seguente cerimoniale: doveva presentarsi umile e scalzo, tener gli occhi bassi, e avanzare con un peso sulle spalle per mostrare a se stesso le fatiche da mettere in conto nel cammino verso il potere, se mai l’avesse colto la tentazione di perseguire questa estrema futilità. * la scellerata libertà di vivere che Vespucci condannò nei nativi, ci reca ancora un costante imbarazzo ovunque ritroviamo le sue tracce; occupàti a cercare sempre l’uguale il diverso è un’abitudine da scongiurare. * i maestri maya che firmavano i loro vasi non lo facevano per vanità ma per scrupolo; ad esempio, Aj Maxam, dipingendo il suo nome sul Vaso dei Fiori dell’Anima, dove esili, incerti, bruni gigli galleggiano nell’oltremondo in un mare di candidi flutti, si premuniva di ricordare a noi tutti che, se è un nume a guidare le onde, è sempre un uomo che ne registra le oscillazioni. * al grand’Inca non era concesso d’indossare due volte la stessa veste: appena smessa la consegnava ai suoi servi perché fosse all’istante distrutta, o donata ad un suddito meritevole di ricompensa riflettiamo su questa irreparabile perdita: nella sua onnipotenza non poteva nemmeno permettersi di possedere il proprio maglioncino preferito quello blu. * per i Panare (7) del Venezuela Dio non può essere ringraziato, implorato o temuto, ma soltanto festeggiato questo spiega la nostra tristezza che non si spiega come si possa evitare di far ricorso, per la stesura di un contratto, a un prontuario di tristezze condominiali. * il vecchio di una comunità spagnola rimasta esclusa per secoli nella foresta intatta del Petèn, ma ormai raggiunta dalla civiltà, accende una sigaretta a Felice Bellotti, (8) gli offre il fuoco da un antico acciarino e gli propone tutta la sua amarezza: “non ci mancava niente prima, e adesso cominciano a mancarci troppe cose” nel contatto con le genti nascoste non offriamo oggetti ma assenze: il desiderio è la merce di maggior pregio. * ovunque era il diavolo di cui andavano in cerca nei loro passi verso la redenzione; tutto era diavolo, ciò che non capivano, o che capivano con sicurezza eccessiva quando si danno troppe risposte esatte non è costume scegliere le più serene: c’è un diavolo alla fine di ogni percorso di comprensione. * cosa resta quando tutto è finito, cosa resta quando niente rimane l’ombra esatta nel taglio di uno sguardo che ci fissa mentre spariscono gli occhi, l’indomabile azzurro che non ha nessun cielo da cui estrarre la sua luce, l’eternità domestica e temeraria delle pietre accostate senza perfidia; ciò che attingeva alle bufere dell’estasi ora si attarda nelle paludi per scomparire ma quando non avremo più scrupoli a travestire da provvisorio anche l’immortale, ed il ricordo si sarà fatto cenere di tutta l’ombra sottratta allo splendore, rimarrà solamente il dolore scompigliato e raccolto lungo i passi di mille Potosì: (9) nulla mai lo potrà contenere per quanti secchi avremo cura di sommergere, nulla mai lo potrà cancellare per quanto oblio verseremo sulle pupille. NOTE Quauhtemoc – Ultimo sovrano azteco nella disperata difesa di Tenochtitlan (l’odierna città del Messico). Mixtechi – Popolazione precolombiana del Messico sudoccidentale, di grande abilità artigianale, segnatamente nel campo dell'oreficeria. Cacicco – Capo di una comunità tribale del centroamerica, termine che fu successivamente esteso ad altre regioni del continente Impero del sole – Nome che comunemente indicava l’impero inca Cuzco – Capitale dell'impero inca, in Perù, a tremila e quattrocento metri di altitudine, tuttora popolata da circa trecentocinquantamila abitanti. Yucatan – Penisola del Messico meridionale, dove fiorì la tarda civiltà maya. Panare – Popolazione del Venezuela meridionale che abita il bacino dell'Orinoco. Felice Bellotti – Scrittore novecentesco, autore del volume di impressioni di viaggio “Terra Maya”. Potosì – Località delle Ande boliviane, a più di quattromila metri d'altezza, dove fu scoperta la maggior miniera d'argento del Nuovo Mondo, sfruttata per alcuni secoli, a prezzo di infinite perdite umane tra i nativi, costretti all’estrazione del metallo in condizioni inenarrabili.
…trovo moto belle queste poesie di Guido Galdini con il loro andamento lento, amaro-ironico e riflessivo. A testimoniare come occorra andare a ritroso nel tempo per rintracciare barlumi di civiltà