di Ennio Abate
Il titolo complessivo di questi disegni del 1976-’78, “Alberi e vegetali”, ma anche quelli particolari sono approssimativi. So di indicare così soprattutto una mia intenzione di stabilire un legame tra segni grafici e “cose” (viste o pensate). Di alcuni disegni (ad es. “Albero attraverso la finestra”, “Siepi a Scanzano”, “Attrezzi ed erbe”, “Piante secche in un vaso”) potrei dire dove e in quali occasioni ebbi la spinta a farli. Evocano (ma solo per me) la finestra al terzo piano di una casa che ho abitato; il paesaggio piatto con rare siepi attorno a una casa colonica a Scanzano; il terrazzo della casa dei miei genitori a Salerno, dove, in vasi di terracotta o vecchie bagnarole fuori uso riempite di terriccio, crescevano piante di pomodoro o di basilico e persino un piccolo nespolo. Negli altri, le forme sono state inventate al momento e non saprei trovare riferimenti tra esse e cose, luoghi e tempi da me vissuti. Sono venute fuori soltanto dai gesti casuali o semiconsapevoli della mia mano, che guidava la penna in legno col “pennino Cavallotti” d’acciaio (dello stesso tipo di quelli usati da ragazzo alle elementari nel dopoguerra o più tardi per disegnare a china)? Oppure da uno schema elementare, inconscio che comunque guida i movimenti della mano quando disegno? (Non voglio neppure parlare di idea o di forma e non mi addentro in questi problemi che so complessi). Oppure da immagini viste in libri illustrati o quadri o riproduzioni di ogni tipo sedimentatesi nel tempo? Guardando a distanza di tempo questi disegni, noto soprattutto un loro carattere “primitivo” e quanto siano forti i contrasti tra le forme bianche, compatte, plastiche e chiuse, quelle tratteggiate e quelle compattamente nere. [E. A.]
Nota
Per questi disegni valgono le regole stabilite da Creative Commons License Deed che si leggono qui: https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0/deed.it
A proposito….
“Il disegno di un albero non mostra un albero, ma un albero come è stato visto da chi l’ha disegnato, mostra un albero osservato. Abitualmente in un batter d’occhio riconosciamo la pianta che abbiamo davanti; per disegnarla, però, occorrono innumerevoli e prolungate osservazioni, ciascuna delle quali raccoglie una piccola evidenza che non appariva immediatamente, perché ha preteso una certa densità dello sguardo. Le cose in natura non mostrano un’unica e immutabile veduta, come quella che restituisce il disegno sul foglio, eppure, dice John Berger, la veduta, che nel disegno appare immutabile, essendo composta da innumerevoli colpi d’occhio, rappresenta una totalità di visione e non una singola vista, possiede, cioè, una pienezza di realtà che soltanto di rado sperimentiamo nella vita.”
(Da Pensare il disegno di Giuseppe Di Napoli: https://www.doppiozero.com/materiali/pensare-il-disegno?fbclid=IwAR27icaRNxh-Fof__ZUGzR3759iaHuFxcAWFS_xdcWFNrIR2IjzBwmfgDho