di Ennio Abate
Ieri, sulla mia bacheca Facebook, dove avevo pubblicato la copertina delle “Poesie inedite” di Franco Fortini con un richiamo al carteggio che ebbi con lui ( qui), ho avuto un lungo, intenso e polemico scambio di opinioni con Mary Blindflowers (che è stata di recente ospite qui su Poliscritture). Poiché la polemica riguarda il rapporto tra poesia e politica e rivela i “cattivi umori” che circolano nel languente dibattito culturale sui social quando si sfiorano questioni importanti ma oggi eluse, mi affretto a riprenderlo subito, anche se schematicamente, ripartendo da questi punti:
1. Discutere del rapporto tra poesia e prosa è come discutere del rapporto tra poesia e politica (o, in generale, tra poesia e potere; e, dunque, non solo tra poeti e editori o poeti e attuale “società dello spettacolo”).
2. Non a caso la polemica di Mary Blindflowers ha avuto come bersagli prima Franco Fortini (“A me Fortini non piace. Lo so che è considerato un mostro sacro ma proprio non riesco a trovare un senso in questa prosa che va a capo.”) poi anche Pier Paolo Pasolini ( “ perché secondo te Fortini e Pasolini se non avessero avuto agganci sarebbero stati Fortini e Pasolini?”), scrittori “sporcatisi” con la politica.
(Nota. Mary parla della politica astoricamente, senza fare alcuna distinzione tra destra e sinistra, senza dunque valutare se e quanto uno scrittore sia stato fascista o antifascista, riformista o rivoluzionario; quindi nella logica tutta antipolitica – e si potrebbe dire populista – oggi dominante sui mass media. Si legga anche questo attacco a Fortini pubblicato sul suo blog (qui) e che ho già criticato [1].
3. Al rifiuto della politica (“Per me il vero intellettuale non fa politica, chi fa politica non può mai essere libero”; “ l’arte deve svincolarsi dalla politica che la sta facendo morire”) cosa segue? Viene avanzata una proposta, migliore di quelle oggi praticate e che aiuti ad uscire dalle “posizioni sociali svantaggiate” in cui lei/noi ci troviamo come scrittori, poeti o moltinpoesia? Non mi pare.
4. Il suo rifiuto (morale direi) della ”realtà di una editoria corrotta e solo per ricchi” è anche il mio. Cosa ci differenzia allora? Il modo – apolitico, impolitico, politico in senso dinamico e non gregario? – in cui sviluppare la critica verso quel mondo poetico-politico ufficiale, che anche lei denuncia.
5. Secondo me, la critica di Mary Blindflowers e di molti, che oggi sui social si occupano di poesia, letteratura, ecc., rischia di essere una critica-sfogo, una pseudo-critica, che facilmente diventa (e qui esemplifico con sue affermazioni):
– lamentosa e autosvalutante: “non ti sei mai sentito dire da più d’un negazionista mai che se non pubblichi con grossi editori è perché non vali nulla “; “Noi che non arriviamo in vetrina ma chi siamo? Siamo nessuno, non ci conosce nessuno”; “ vabbè come dicono a Roma, riconsoliamoci con l’aglietto.”; “Tanto i nostri libri non campeggeranno mai nelle vetrine in milioni di copie. Siamo figli di un dio minore.”;
– sfiduciata e rassegnata:“Cosa può fare il singolo? Chi vede i suoi libri nelle vetrine dei vari Volo e Moccia? “;
– retoricamente indignata e inutilmente “abbaiante” nei confronti dei potenti (presunti o reali) dell’”upper class”, cioè di quelli che hanno “successo” o hanno “santi in paradiso”: “Finché sarà tutto in mano loro non possiamo lamentarci se il talento viene depresso e se nelle librerie ci sono libri scarsi”; e, ancora più spesso, nei confronti dei meschini o dei vanitosi, che pure non mancano tra noi poeti e poetanti: “mi fanno ridere certi poeti nei social che hanno 4 amici al seguito e si vantano di essere conosciuti e pubblicano con pinko palla pallina pallettolina “;
– caricaturale: “certo hai ragione, facciamo discorsi inutili su cosa sia o non sia poesia, sugli uccellini nei boschi di rose, sui cespugli di more e lamponi, sulla metrica, la costruzione ritmica del verso che non è un verso se non va a capo a caso e a seconda dell’umidità dell’aria “;
– disfattista: “potete parlare ore su poesia e prosa, discettare a lungo ma resta il fatto concreto che se hai agganci qualunque cagata è buona e se non ne hai rimani dove stai, sconosciuto e beffato”; ”Per me la cultura è solo un bluff, un’illusione esattamente come gli eroi, gli scrittori icona, i poeti intoccabili e i registi ineffabili”;
6. L’arma polemica più usata da Mary Blindflowers, seppur vivace e caustica, mi pare troppo individualistica e poco attenta alla complicata costruzione di un io/noi (cioè di un rapporto nuovo e indispensabile, secondo me, tra scrittura e politica/potere). Eccessiva è, infatti, la sua insistenza a distinguere se stessa, attenta al “fatto concreto”, l’unica “realista” (“ io sono realista e registro il fallimento della poesia grazie a quelle relazioni politiche e amicali che ormai non si distinguono più dall’arte che è diventata politica”) dalla massa degli altri, che sarebbero sempre e soltanto quelli che “ vivono nelle favole”, gli illusi che non fanno che “spacciare la zuppa per il pan bagnato”, i dediti al “ricamino per la propaganda”.
7. Pur conservando aspirazioni vagamente democratiche (“Io non sono contenta perché per me la democrazia è premiare il talento non i soldi”) e cogliendo nel segno quando indica certi vizi corporativi e nepotistici del “sistema culturale”, oggi accresciutisi proprio per l’assenza di voci solidamente critiche, Mary Blindflowers finisce per interiorizzare – e questo mi pare il limite più dannoso della sua posizione – proprio la Legge dei più forti, la loro filosofia di vita, i loro valori: “Se si parte da posizioni sociali svantaggiate non si arriva da nessuna parte, questo è un fatto. “; “Non fai carriera in Italia senza amici e agganci politici , il talento e’ quotato zero spaccato”; “Per essere letti o sei un servo di partito o sei uno nato ricco dell’upper class.”.
Nota
[1] ” I due per me non sanno proprio di cosa parlano. E, tuttavia, vantano la propria grossolana ignoranza e i loro pregiudizi da liceali svogliati. Come la volpe esopiana, che non riesce a saltare e ad assaggiare l’uva, anch’essi dichiarano immatura la poesia esaminata e se ne vanno tronfi di sé. Non mostrano alcuna curiosità o voglia di capire qualcosa che è fuori dai loro “gusti”. Né alcun desiderio d’informarsi sul testo o sull’autore. Fingono di cadere dalle nuvole.i Ma, porca miseria, che possano avere dei limiti loro come lettori e interpreti neppure gli passa per la testa? E, visto che Fortini non è un esordiente e ha avuto interpreti del calibro di Mengaldo, non potrebbero almeno leggere qualcosa in più prima di giocherellare con quei “non si capisce”? Il caso vuole che sul n. 9 del cartaceo di Poliscritture (scaricabile qui:https://www.poliscritture.it/la-rivista-in-pdf/ ) pubblicai un saggio di Roberto Bugliani proprio su questa poesia. […] Se poi il loro obiettivo è sparlare del “poeta di sinistra” per confermarsi nei loro pregiudizi,iiio mi sentirei di lasciarli nel loro brodo. Non si può banalizzare la complicata questione del rapporto tra poesia e prosa, senza cercare di capire perché la poesia di Fortini “pare prosa” o sta così “addosso alla prosa”. Invece di crogiolarsi in salti da palingenesi (tra l’altro i due scrivono: ‘palinengesi”…), sarebbe meglio documentarsi sull’atteggiamento fortemente critico che Fortini ha avuto verso la sinistra per tutta la sua vita. Ecco, se vuoi un esempio di sciatteria nella critica all’accademia o ai poeti pubblicati dalle grandi case editrici, questo per me sta in testa alla classifica
i «Chi sono gli dei della mattinata che Fortini celebra in un’inerte e assolutamente prosaica poesia della raccolta del 1973, intitolata presagamente “Questo muro” (in tema di mutismo comunicativo)? Non si riesce ad intuirlo.»
ii “che è in realtà un pessimo poeta e un imitatore ottocentesco, ci troviamo per l’ennesima volta di fronte ad un uomo di partito, un uomo di sinistra”,
L’incapacità di demolire il mito costruito dalla politica, nella fattispecie di sinistra, parola abusatissima e depauperata di senso ormai, credo sia il tuo limite profondo. Non hai il coraggio di una valutazione obiettiva sul testo, giudichi il nome sbandierato e proposto dal potere e non il contenuto di un testo. Così nasce la civiltà degli intoccabili poeti politicamente agganciati. Manca in questo tuo articolo la parte in cui dici che Fortini e Pasolini non erano raccomandati ma avevano una serie di relazioni amicali e politiche. Chiamare la zuppa pan bagnato per giustificare l’ovvio, non aiuterà a combattere il sistema. E non hai risposto alla mia domanda: se Fortini e Pasolini non avessero avuto agganci o relazioni amicali e politiche, come le chiami tu, sarebbero stati Fortini e Pasolini? Una domanda a cui non vi conviene rispondere perché vi imbarazza ammettere che la cultura occidentale e i suoi mostri sacri sono un semplice bluff e che santificate esattamente ciò che il potere politico vuole che santifichiate.
Rileggi il nostro scambio su FB con attenzione e vedrai che alla tua domanda ho risposto.
E, per favore , obietta alle cose che IO ho scritto citando le possibilmente sena mettermi nel mucchio di un generico VOI….
No non hai risposto per nulla e sai benissimo a chi è riferito il Voi, a te e a quanti non hanno saputo fare di meglio che postare le copertine dei libri di Fortini e Pasolini come se fossimo dei trogloditi che non le hanno mai viste. E poi se dici che un articolo non va bene devi anche demolirlo dialetticamente, cosa che non hai fatto.
La poesia di Fortini è prosa, puoi girare la frittata come ti pare, ma di poesie Fortini non ne ha mai scritto. Che poi voi viviate di miti e sottigliezze in sofismi delle parole e vogliate giustificare una prosa per poesia, è altra faccenda. Carta canta, rimane il testo e non potete farci nulla se c’è gente che lo legge senza farsi condizionare dal nome o dal l’eco di un partito ormai morto e sepolto, fatevene una ragione.
Tra l’altro, vorrei farti notare, caro Abate, che io nel criticare la poesia di Fortini, non ho dato giudizi di valore né su di te né su Fortini, ma mi sono limitata a vedere il testo poetico che continua a non convincermi. Tu invece mi hai offeso, dandomi della populista, invidiosa, disfattista, e spostando l’attenzione dal testo poetico al tuo interlocutore che hai attaccato del tutto gratuitamente. Ti ho risposto qua, e nella mia risposta ancora come vedi io mantengo la mia lucidità e non ti offendo né do giudizi di valore su di te, ma ribadisco il mio concetto di libertà intellettuale che tu e tutti quelli che la pensano come te, circa il legame politica-arte, vorrebbero negarmi: https://antichecuriosita.co.uk/2020/01/17/fortini-ennio-abate-miti/
Essendomi dato la zappa sui piedi dando spazio ad una polemica che speravo potesse essere approfondita in modi intelligenti e invece si avvita nel solito dialogo tra sordi, faccio le mie ultime precisazioni di cui sono in debito soprattutto coi pochi seri lettori di Poliscritture. [E.A.]
A. SU “FORTINI, ENNIO ABATE, MITI”
(https://antichecuriosita.co.uk/2020/01/17/fortini-ennio-abate-miti/)
Piccolo elenco delle cose che Mary Blindflowers non vuol vedere o capire:
1. Ho postato la copertina “Poesie inedite” di Fortini sulla mia pagina FB con un link al carteggio tra me e lui pubblicato nel 2010 sul vecchio sito di Poliscritture (http://www.backupoli.altervista.org/article.php3?id_article=404&var_recherche=un+filo).
Voleva essere un semplice omaggio-ricordo perché quei versi erano in epigrafe al mio scritto. Il mio intento non era dunque di tessere chissà quali lodi della poesia posta nella copertina del volumetto, come Blindflowers mi accusa. Lo “sbandieramento mediatico di questa poesia” è, dunque, una invenzione pretestuosa e prevenuta tutta sua.
2. Non vedo nel dibattito acceso e prolungato tra me e Blindflowers dove siano gli elementi di censura da parte mia, tanto da farle dire: “È assolutamente proibito pensare”. Ho semplicemente replicato. A lei che ripeteva e ripete ancora: “A me personalmente, e lo dico da lettrice, questa poesia non piace. Non mi piace la prosa che va a capo e che viene definita poesia soltanto perché c’è dietro un nome illustre” ho controbattuto così: “Non è affatto “un mostro sacro”. E non è “prosa che va a capo”. Queste sono semplificazioni.”. Non vedo nessuna proibizione di pensare, ma una discordanza di opinione. E nessun “sacrilegio”. E’ lei che distorce, enfatizza e fa la caricatura della mia posizione. (Dovrei solo forse pentirmi di averle dato tanto corda impegnandomi seriamente fino a mezzanotte in quello scambio su FB).
3.
Sempre in preda a una furia polemica tutta sua mi confonde persino con Annamaria Pagliusano, che è intervenuta all’inizio dell nostro scambio (e poi – più saggiamente di me – si è giustamente defilata). Blindflowers mi attribuisce, infatti, una affermazione della Pagliusano (“ un esempio di cultura e umanità si, un intellettuale in cui politica e poesia coincidevano nel modo più profondo e consapevole di stare al mondo… “), fatta nella discussione su FB. In più, sostiene che io avrei fatto tale affermazione a proposito del banale scritto di Lucio Pistis e Sandro Asebès (che ho criticato in nota). Cosa del tutto falsa.
4. Mi conosce così poco e da così poco tempo da permettersi però di insinuare tranquillamente (e non so sulla base di quali mie affermazioni nella discussione con lei) che io possa pensare che una poesia vada giudicata “sulla base di una indagine del rapporto dell’autore con la politica”! (Lascio perdere i link al blog Moltinpoesia o a Poliscritture che rimandano alle mie posizioni su questo tema).
5. Peggio ancora: si permette di dire gratuitamente: “Insomma Abate ci sta dicendo che quando leggiamo una poesia dobbiamo prima di tutto considerare il nome di chi l’ha scritta e il suo fecondo rapporto con il potere, sì perché sempre secondo il suo parere, l’arte dovrebbe andare a braccetto con la politica e col potere, costruire un rapporto di feconda sinergia.”.
Da quale mia affermazione avrà dedotto queste fesserie non lo so.
Da qui: “Noi ci troviamo ad operare in una situazione storica molto diversa, molto atomizzata e potremo arriva da qualche parte (non certo in “paradiso”) solo se l’area sociale-politica-culturale in cui agiamo riuscirà a trovare forme di sostegno dinamico e strumenti di comunicazione ed egemonia, agendo nel/contro il “sistema” divenuto molto più corporativo e chiuso. “ ?
O da qui: “ E non è detto che di per sé chi aderisce ad un partito non possa essere poeta o artista”.
6. Un altro esempio di distorsione: “Insomma siccome Fortini è Fortini, Pasolini è Pasolini, che sono le icone mito della sinistra, tutto quello che hanno fatto, poesie comprese, ci deve piacere per forza, è obbligatorio, non ci sono vie d’uscita perché la politica è cultura e la cultura è politica”. Ma dove avrei detto scemenze del genere?
7. Continua ad insistere che non avrei risposto alla domanda per lei “decisiva”: “se Pasolini e Fortini non avessero avuto queste relazioni amicali e politiche, oggi parleremmo di loro? Saremmo qui a fare discorsi di lana caprina sul perché le loro poesie sembrano e sono prosa?”.
Ripeto: ho risposto. Qui: “tu fai intendere che quel “non mi piace” ha delle implicazioni più generali e sposti il discorso sul tuo cavallo di battaglia”:il sistema culturale “marcio”, “mafioso”, “nepotista”, etc. Non ti piacciono Fortini e Pasolini non solo perché farebbero prosa mascherata da poesia ma spieghi la fama che hanno conquistato ESCLUSIVAMENTE col sostegno di personaggi “potenti” ( “se per esempio Pasolini non avesse avuto dietro Bertolucci già famoso che lo ha spinto, poteva anche cardare la lanetta, come tutti) o perché si sarebbero adeguati al “sistema”cultural-politico” ( “L’Italia è un paese meritocratico basato sul partito e sugli agganci e la poesia non fa eccezione”; “Leggiamo autori che campeggiano nelle vetrine perché hanno dietro politica e raccomandazioni”; “il migliore è Scalfari che pubblica i suoi ragli poetici ovviamente con Einaudi”).
Qui, secondo me, sbagli. Non perché il sistema cultural-politico sarebbe “aperto”, “democratico”, “accogliente”, ma perché sostituisci i discorsi (complessi) che richiederebbero di entrare nel merito della prima questione (la poesia di Fortini o Pasolini si riduce davvero a prosa? La poesia non ha mai a che fare con la prosa?) con uno troppo semplicistico sul sistema cultural-politico che credo – te lo dico sinceramente – finisca solo per solleticare le frustrazioni dei tanti che scrivono e la concezione fatalistica che chi “non ha santi in paradiso” sarà un fallito.
A me pare una posizione non soltanto ingenerosa verso i tanti – te, me e molti altri – che fanno cultura *critica* da posizioni sicuramente svantaggiate e da isolati ma anche senza vie d’uscita e disfattista (“ Un poveraccio può solo augurarsi di non avere alcun talento!).
L’unica via per fare poesia sarebbe, infatti, quella di procurarsi prima un “santo in paradiso”. Ma, essendo in molti a scrivere, quanti santi ci vorrebbero? E se invece si trattasse di capire che il “paradiso” ( la società dello spettacolo”) è un falso? E se, invece, come sostiene Annamaria Pagliusano – secondo me realisticamente – “oggi contro il potere dell’economia e della politica non c’è che la persistenza della volontà singola da spendere in concrete comunità di intenti”? E cioè di resistere come “io” singoli ma senza rinunciare a costruire un “noi” in grado di democratizzare/ribaltare il (falso) “paradiso”?”.
8. Altra sciatteria o distorsione (e non semplice refuso). Riporta una mia frase”: “Mary parla della politica storicamente, senza fare alcuna distinzione tra destra e sinistra, senza dunque valutare se e quanto uno scrittore sia stato fascista o antifascista, riformista o rivoluzionario, quindi nella logica tutta antipolitica – e si potrebbe dire populista -oggi dominante sui mass media”.” trasformando il termine da me usato “astoricamente” in “storicamente”. Cioè nel suo contrario.
B. SUI COMMENTI
1.”Manca in questo tuo articolo la parte in cui dici che Fortini e Pasolini non erano raccomandati ma avevano una serie di relazioni amicali e politiche.”
Di “raccomandazioni” parli tu, non io. Non manca. Ho indicato il link della nostra discussione su FB e chiunque abbia voglia di farsi un’idea la trova lì. Ma, per essere preciso e agevolare il lettore, la ricopio qui : “Quelli che tu chiami “agganci” (lasciando intendere: raccomandazioni, connivenze) erano in realtà *legami amicali e politici* che Fortini e Pasolini stabilirono posizionandosi politicamente in senso antifascista e democratico-comunista nel dibattito politico e culturale del dopoguerra, collaborando a riviste (Il Politecnico, Discussioni, Ragionamenti, Quaderni Piacentini, ecc) a determinate case editrici (Einaudi, Garzanti). Hanno cioè fatto parte di un grande movimento sociale, politico e culturale, trovando in esso alleati o compagni e condividendo quelle ideologie e qui valori di vita al posto di altri (fascisti, di destra, democristiani). Questo all’ingrosso, ma sarebbe necessario seguire i vari percorsi. Fortini ad es. è stato nell’immediato dopoguerra nel PSI e poi ne é uscito è ha collaborato per il resto della sua vita con gruppi “eretici di sinistra: Quaderni Rossi, Quaderni Piacentini, Il manifesto, Altre Ragioni, ecc. Pasolini è stato sempre vicino o nel PCI in modi molto contraddittori e combattuti. Quindi la loro fama o l’attuale residua fama è molto legata (anche se non del tutto) a questa partecipazione, a queste loro scelte non meramente individualistiche. “
2. “Tra l’altro, vorrei farti notare, caro Abate, che io nel criticare la poesia di Fortini, non ho dato giudizi di valore né su di te né su Fortini, ma mi sono limitata a vedere il testo poetico che continua a non convincermi. Tu invece mi hai offeso, dandomi della populista, invidiosa, disfattista, e spostando l’attenzione dal testo poetico al tuo interlocutore che hai attaccato del tutto gratuitamente. “
Ripeto. Per me non era in discussione un giudizio sul testo di Fortini in copertina. E non ho offeso. Tendo sempre a non personalizzare. Ed, infatti, ho scritto:
“Secondo me, la critica di Mary Blindflowers e di molti, che oggi sui social si occupano di poesia, letteratura, ecc., rischia di essere una critica-sfogo, una pseudo-critica, che facilmente diventa etc…”.
Abate perché ripeti le stesse cose a loop? Mi hai dato della populista, dell’abbaiante che si sfoga per invidia contro l’upper class e poi ti risenti se ti rispondono? E continui imperterrito a pretendere che a tutti piaccia Fortini per forza se no si è dei semplificatori ignoranti. Ebbene, a me non piace, non è mai piaciuto, che ti piaccia o no è un dato di fatto, che ti piaccia o no a me francamente interessa davvero poco. Se tu chiami le raccomandazioni “rapporti amicali e politici” non mi frega nulla, la sostanza per me non cambia, è un rimestare all’infinito nel nulla. Perché ti scaldi tanto? Non mi piace la poesia di Fortini, nemmeno quella di Pasolini mi piace. Non capisco nulla di poesia? Può darsi, che vuoi fare, ma non puoi impormi con la prepotenza il tuo punto di vista. Io ho il mio, tu hai il tuo. Ognuno rimane nelle sue posizioni, perché ti agiti? Io non ti ho mai offeso, non ti ho chiamato populista, semplificatore, ignorante, inutile, invidioso, come hai fatto tu perché francamente non mi interessa colpire l’interlocutore con stupidaggini che andrebbero un attimo dimostrate. Non basta dire sei ignorante per dimostrare che uno è ignorante, bisogna provarlo. La poesia di Fortini non mi emoziona, è ignoranza questa? Può darsi. Ma non tutti sono intelligenti e bravi comunisti come te.
Hai scritto anche populista e invidiosa e tante altre cosette…
E comunque giri sempre attorno al punto centrale, alla domanda nodo della faccenda: Fortini e Pasolini se non avessero avuto il partito, sarebbero diventati Fortini e Pasolini? Ti imbarazza rispondere a questa domanda così innocente?
Mi sembra che Mary Blindflowers sappia leggere i testi. Ottima la sua esegesi di “Agli dèi della mattinata” di Franco Fortini che non è, come è stato detto, “un attacco” contro chicchessia, ma una semplice, pacata e ragionata analisi di uno scritto insidiosamente e ingiustamente presentato come poesia. Forse Fortini, persona intelligente, avrebbe approvato. Altri invece sembrano ostinarsi a ragionare non sui testi, oggettivi e, una volta editati, immutabili, ma su quell'”aura” che è stata costruita, spesso con l’attiva complicità degli autori, sui testi stessi. E’ come leggere con lenti appannate. Si finisce per non “leggere” più ma di inseguire e ribadire ciò che un tempo fu letto sotto quell'”aura” deformante (i presunti poteri forti, i presunti grandi editori…)
@ Ottaviani
Tanto per capirci, trovi “ottima” questa lettura di ” Agli dei della mattinata” (https://antichecuriosita.co.uk/2017/09/29/franco-fortini-politica-poesia/), che non è firmata da Blindflowers ma da due suoi collaboratori?
Sono perfettamente d’accordo. Comunque, come dovrebbe sapere bene un qualsiasi vero letterato, in questo campo nessuno ha il potere di un giudizio definitivo, perchè qui è proprio il caso. La letteratura non è scienza matematica, come sostenevano Margherita Hack (che piantò Lettere il primo giorno) e soprattutto mio padre ingegnere.
Ormai la letteratura è diventata la scienza del potere e del partito e dell’editoria che conta, ma carta canta, c’è poco da fare, il testo parla da solo, il resto è ricamo a tombolo di intellettuali da salottino. Questo articolo di Abate è nato perché ho osato dire che Fortini poeta non mi prende, non mi appassiona e non mi tange, dopo aver pure precisato che è parere opinabilissimo, quale sacrilega opinione! Come posso mai aver osato? E come possono mai aver osato i due liceali svogliati criticare l’uva a cui non arriverebbero? Non si fa…
@ Dall’Olio
Mi scusi, sempre tanto per capirci, è perfettamente d’accordo con chi?
Come? Non sono stata chiara? Sono sempre lampante, lucida come uno specchio. Con Ottaviani e Blindflowers, naturalmente. Guardi, lo dirò solo una volta. Io non sono uno dei suoi studentelli dell’ITIS. Se è tanto competente, si trasferisca in un liceo classico (ho insegnato 4 anni al “Cairoli” di Varese, dove spesso tenevo lezioni di letteratura inglese a livello universitario; nella stessa scuola sono stata collega di Silvio Raffo, che mi ha insegnato molto). Poi il Nord mi ha seccato con la sua aridità e sono tornata in Toscana.
@ Dall’Olio
Il suo commento è comparso dopo il mio e scrivere:”Sono perfettamente d’accordo” senza specificare con chi mi ha lasciato in dubbio. Per un attimo mi ha fatto illudere! Adesso che mi ha chiarito le sue preferenze e ha persino ricordato la giusta distanza da rispettare tra insegnanti di ITIS e di Liceo classico, posso morire tranquillo. L’Italietta con la puzza sotto il naso è sempre quella: parte dal Nord e arriva al massimo in Toscana. Buone cose.
Cose che M. Blindflowers non vuol capire. Ti rispondo: Punto 1 sullo sbandieramento mediatico. Quando si posta pubblicamente su fb la copertina di un libro è come se si agitasse una bandiera per attirare l’attenzione nel social media. Non vedo come questo termine possa turbartio offenderti. Punto 2 Impedisci agli altri di pensare perché riduci un parere opposto al tuo su una prosa piuttosto evidente, ad una mera semplificazione e definisci con linguaggio offensivo chiunque abbia un parere diverso dal tuo; punto 3 ti invito a rileggere meglio il mio articolo e tu non hai criticato in nota, hai offeso, criticare non è offendere. La distinzione non ti è chiara del tutto; punto 4 hai affermato chiaramente durante la discussione su fb che la mia apoliticità non offre soluzioni al problema dell’editoria ma è una svolta individualistica, laddove invece la soluzione sarebbe aggregare e coinvolgere politicamente le persone. Hai letto la poesia di Fortini senza guardare il testo negando che sia prosa, fatto che anche un cieco vedrebbe e a parte postare recensioni di critici del suo stesso partito, non hai detto una parola che esprima un serio giudizio critico personale sul testo. Punto 5 Esprimi pareri generici e non fai ancora nessuna critica del testo che faccia pensare che ragioni con la tua testa e non con quella del mito in confezione regalo. Punto 6 Nel momento in cui ho espresso un mio parere sulle poesie in questione non hai confutato ma mi hai offeso, se non confuti ragioni con il metro della politica, perciò è inutile che fai sofismi e neghi una cecità nel valutare l’opera. Punto 7 Eludere la domanda fingendo di rispondere senza dire nulla non è rispondere, continui a bamboleggiare con le parole. Punto 8 Quando leggo una poesia non mi frega nulla se chi l’ha scritta è di destra o di sinistra perché valuto il valore del testo non la corrente politica a cui appartiene lo scrittore. Punto fine sei piuttosto noioso e ripetitivo.
… i presunti poteri forti, i presunti grandi editori, i presunti poeti…
Ho impiegato molto tempo a leggere tutto, qui in Poliscritture.it, in Poliscritture su Facebook e nei link a cui si rinvia. La polemica fra Ennio Abate e Mary Blinflowers mi sembra davvero inutile perché non dice quasi nulla a chi legge “dall’esterno” e non cambia nulla per chi legge “dall’interno”. Ma avendo perso molto tempo, per trarne comunque un qualche frutto, azzardo un mio commento:
1) I due in “dialogo” (Ennio Abate e Mary Blindflowers) hanno idee molto diverse su Fortini in generale e sulla sua poesia «Agli dèi della mattinata» stroncata da Blindflowers. Niente di male, è possibile e avviene continuamente avere idee diverse. Ma si sbaglia – a mio parere – quando dal giudizio (improvvisato o raffinatamente e criticamente elaborato che sia) si passa a una ingessatura che avvolge e appesantisce il giudizio di elementi che non hanno più nulla a che fare con la poesia che si critica. Blindflowers stronca la poesia di Fortini e poi passa a una rancorosa critica al mondo della grande editoria, legata ai partiti, al successo che Fortini e Pasolini avrebbero avuto per le loro raccomandazioni, o i loro legami, con il partito ecc. È la solita sciocca critica di chi si muovo nel sottobosco letterario nei confronti di chi ha avuto e ha successo. Sciocca non perché non abbia elementi di verità, ma perché gli elementi di verità sono affogati e distorti da elementi di altro tipo, fra cui gli elementi caratteriali / esistenziali propri della persona che critica, che trasformano la critica in sterile (e spesso patetica) lamentazione. Questo contrasto fra sottobosco e bosco letterario esiste da secoli, forse da sempre, e ha una sua ragion d’essere, una sua struttura sociale, una sua fenomenologia che conosce sia l’aspetto fisiologico sia quello patologico. Se si passa dal fisiologico al patologico, si cade nel patetico.
Blindflowers passando dall’analisi letteraria della poesia all’accusa politica contro Fortini, lega con un salto logico due temi, mescolandoli in modo inappropriato e scadendo nel patologico. Se vuole demolire la poesia di Fortini lo faccia con gli strumenti appropriati, lasciando perdere ciò che non c’entra. Se invece vuole accusare Fortini di avere successo non per il suo talento ma per i suoi legami politici lo faccia con altri strumenti, di analisi storica, sociologica e ideologica. Il miscuglio di argomenti diversi e da collocare in ambiti diversi non serve a chiarire e meno ancora a convincere.
2) È vero che Ennio Abate ha una specie di “fissa” per Fortini, ma non mi sembra un peccato e tanto meno una colpa. Per ragioni pertinenti alla sua storia personale e politico il suo rapporto con Fortini è per lui importante. Non c’è niente da dire. Ci sono storici della filosofia che hanno dedicato la vita a Hegel, storici della letteratura che si sono concentrati su uno o pochissimi autori. Sono scelte che è difficile, se non impossibile, sindacare. Si può casomai discutere se il suo richiamo a Fortini sia sempre pertinente e sempre utile a meglio comprendere spezzoni della nostra storia, che magari potrebbero meglio essere chiariti con il richiamo ad altri autori.
3) Ma ci sono altri aspetti della polemica che vanno oltre le posizioni personali dei due dialoganti discordi e che si riferiscono ad argomenti di dibattito più volte trattati ma che tornano continuamente fuori.
Uno è il rapporto fra poesia e prosa. A mio parere non esistono confini fra poesia e prosa, non esistono categorie capaci di discriminare con sicurezza ciò che è poesia e ciò che è invece prosa. Come ho scritto altre volte, il termine poesia ha più significati e per ognuno di essi andrebbero usate categorie diverse. Quindi, criticare con pedanteria una “poesia” perché sarebbe in realtà una “prosa” non ha senso, se non all’interno di una particolare concezione. Particolare e di parte, sempre. Che «Agli dèi della mattinata» sia poesia o prosa può fregarmene pochissimo. Per me è poesia, per altri è prosa? Non cambia nulla. C’è un testo da leggere e c’è da riferire che effetto ci fa la lettura, poi c’è da analizzare con strumenti più sofisticati il significato e il valore dell’effetto che ci fa. Infine c’è da mettere in rapporto quel testo con “il resto del mondo”, per dire che significato ha, se ce l’ha, in quel contesto; se ha valore, se ci rivela qualcosa, se emerge fra i testi che hanno significato emblematico, oppure no.
Una semplice constatazione: quella poesia è stata ripresa, citata, letta, postata come cosa fatta propria (a volte anche con arbitrari cambiamenti nella disposizione dei versi e nell’uso di qualche parola) in decine e decine di blog e di pagine Facebook, a parte le pubblicazioni, le letture scolastiche in antologie ecc. Significa che per un certo numero di persone quella poesia ha un valore emblematico, sia sul piano dell’emotività personale sia su quello più vasto in senso lato. Significa che per un certo numero di persone si tratta di una poesia bella e significativa. Questo è un dato di fatto, qualunque sia il valore intrinseco della poesia stessa. Dire che si tratta di prosa, dire che chi l’apprezza si sbaglia, dire che manca un punto esclamativo dove dovrebbe esserci ecc. significa solo dire che si è in disaccordo, ma non che si ha ragione. Difficile, forse impossibile dire chi e perché ha ragione e forse nessuno ha ragione o torto in questa diversa valutazione estetica, letteraria e storica di un testo. È così, e basta.
4) L’altro aspetto è il rapporto fra il sottobosco e il bosco letterario, fra autori poco noti o del tutto ignoti e gli autori di successo. Il rapporto è in gran parte fisiologico perché effettivamente gli autori ignoti o poco noti si collocano a un livello tale per cui non possono avere successo. Magari non sono privi di meriti, ma, possiamo dire, hanno meriti misurati su una diversa e più ristretta collocazione dei loro testi. La diversa collocazione potrebbe essere di carattere geografico: autori di merito e livello locale (comunale, provinciale, regionale), ma privi del necessario respiro per diventare autori di livello nazionale o internazionale. Oppure hanno meriti rispetto a gruppi particolari di lettori, o rispetto a particolari argomenti trattati. Ma non sono scrittori e poeti di livello nazionale e internazionale.
Qualche più rara volta il rapporto è invece patologico, perché autori di livello nazionale o internazionale restano oscuri e letti solo da una ristretta cerchia di amici e conoscenti e non riescono ad avere ascolto dai grandi giornali, dai critici letterari e recensori più noti, dai grandi editori, dalle giurie dei premi letterari e così via. Restano, insomma, esiliati nel sottobosco. Io credo che questi casi ci siano, ma che non siano poi tanto numerosi. Sono più numerosi i casi contrari: di chi ha successo senza meritarselo.
5) I motivi per cui un autore in genere e un poeta in particolare ha o non ha successo possono essere tantissimi. Il fenomeno è complicatissimo e non riguarda solo il come è organizzata oggi la non più esistente “repubblica delle lettere”: il mondo dei giornali, dell’editoria, dei giornalisti culturali che scrivono le recensioni, dei critici letterari accademici e così via. Ma credo che ci sia un punto fermo da prendere in considerazione con estremo realismo: non è mai vero (o, per prudenza, dirò: non è quasi mai vero) che chi ha successo non abbia talento. Chi ha successo ha talento e chi non ha successo non ha talento. Il talento è un elemento facilmente commerciabile nella società di oggi, e raramente capita che venga ignorato e trascurato. Ma gli studi sociologici di questo aspetto dimostrano piuttosto che esistono vari tipi di talento e magari uno ha scarso talento come poeta ma molto talento nella capacità di promuovere se stesso e avere successo, per cui ha successo. Ecco un banale esempio di una persona che ha un certo tipo di talento e che lo usa per avere successo in un campo in cui non ha o ha meno talento. Ciò avviene in ogni tipo di attività. Prendete, ad esempio l’università: su dieci ricercatori, avrà più successo il più bravo nella disciplina specifica o il più capace di valorizzare se stesso, sebbene sia inferiore come capacità? Il talento di avere successo è un talento reale, e ha valore reale, non una è una inutile fantasticheria. E in molte carriere questo talento è più utile rispetto a quello specifico specialistico disciplinare.
Detto questo, possiamo aggiungere che ci sono poeti (come tanti altri in altri settori di attività) che hanno talento come poeti ma nessun talento nell’aver successo. Bravi poeti, ma negati, per le loro caratteristiche personali e sociali, ad avere successo, perché incapaci – sottolineo “incapaci” – di valorizzare il proprio lavoro; oppure capaci di farlo sono in determinati e ristretti ambienti.
Poiché da sempre, e oggi molto meno dei decenni e secoli scorsi, non è la società letterarie a ricercare i talenti nuovi, a cooptarli e integrarli, ma sono i talenti nuovi a doversi promuovere, farsi notare, farsi cooptare e integrare, avviene che chi non ha lo specifico talento adatto al successo non riesce a raggiungerlo.
Ci si può lamentare fin che vuole, ma in una società in cui niente avviene a caso, salvo i colpi di fortuna, salvo il realizzarsi di un caso di “cigno nero”, salvo vincere alla lotteria o all’enalotto, chi non si muove nel modo appropriato non avrà successo perché anche il successo richiede specifiche capacità tattiche e strategiche e specifici investimenti di tempo, di energie fisiche e psicologiche e di progetti di lavoro. Molte persone che pur avendo capacità specifiche hanno scarso successo, in realtà non sono disposte ad avere successo alle condizioni in cui la società di oggi apre le vie del successo, o perché non sono capaci di percorrere quelle vie o perché le rifiutano per motivi personali o etici o ideologici o altro.
6) Vediamo ora la domanda che Blinflowers rivolge ad Abate: «se Fortini e Pasolini non avessero avuto agganci o relazioni amicali e politiche, come le chiami tu, sarebbero stati Fortini e Pasolini?». Domanda mal posta. La domanda corretta è il suo rovescio: «Se Fortini e Pasolini non fossero stati Fortini e Pasolini, avrebbero avuto agganci o relazioni amicali e politiche?». Costruire agganci e relazioni amicali e, in qualche caso, meritare anche vere e proprie raccomandazioni (il letterato famoso che raccomanda all’editore di pubblicare un esordiente, per esempio), fa parte del necessario talento di promuovere se stessi e il proprio lavoro. Non si tratta di complotto o di intrigo (anche se questi non mancano) ma del naturale e appropriato talento di costruirsi l’ambiente di lavoro anche dal punto di vista delle relazioni sociali. Che c’è di male? Nulla. Salvo che le relazioni non siano usate scorrettamente come potere in difesa di se stessi e a danno di altri. Ma quando è così, va dimostrato che è così e non lamentarsi genericamente.
In ogni lavoro e in ogni attività (anche non di lavoro e volontaria) contano, oltre agli impegni e alle capacità specifiche, le relazioni entro le quali il proprio lavoro o attività sono collocati. Ciò è inevitabile, normale, giusto. E che una buona rete, una buona collocazione possano dare maggiore successo è pure inevitabile, normale e giusto. Si possono criticare le forme patologiche: tipo l’opportunismo amorale, il mancare di spina dorsale, l’agire in modo scorretto cercando di fare lo sgambetto ai concorrenti e così via. Ma le forme fisiologiche delle dinamiche sociali nel campo letterario e di lavoro in genere non si possono criticare genericamente perché il tal editore ha pubblicato un brutto libro di poesie (raccomandato) mentre ne ha rifiutato uno di maggior valore (ma non raccomandato). Ciò succede spesso e normalmente e ha le sue ragioni, e caso mai sono queste ragioni che una per una, sempre evitando le rampogne etico-rancorose generiche, vanno analizzate. Una delle ragioni è, ad esempio, che la selezione dei testi ha un costo alto che molti editori non possono sostenere e che i grandi editori cercano comunque di evitare perché sarebbe un investimento non remunerativo. Allora si prendono in esame solo i testi proposti da nomi autorevoli e tutto il resto si butta nel cestino della carta straccia senza leggerlo. Molti editori lo dicono chiaramente nel loro sito invitando i nuovi autori a non inviare testi perché la casa editrice non ha la possibilità di leggerli. Ci si può lamentare fin che si vuole, ma non si può pretendere che un editore spenda dai 200 ai 500 euro (in stipendio per i lettori interni o per i consulenti esterni) per la lettura di ogni testo che arrivi in redazione, per poi sceglierne uno da pubblicare su mille. Un editore che ragionasse in questo modo sarebbe destinato al fallimento. Per questo motivo sono nate agenzie che a pagamento (a spese dell’autore) leggono i testi e, se li considerano validi, li presentano agli editori. E sono pure nati moltissimi editori a pagamento: che leggono tutto e pubblicano quasi tutti, purché l’autore paghi le spese. L’aspetto imprenditoriale e commerciale dell’editoria non deve essere trascurato se si vuole capire cosa avviene. La lamentela non serve. E si potrebbe continuare nell’analisi dei tanti altri elementi che decidono se un libro avrà o non avrà successo. Ma mi fermo qui, e spero che il richiamo a un maggiore e corretto realismo serva a qualcosa.
Ben detto! C’è solo da aggiungere che la Blind ha costruito il suo pistolotto solo su una poesia di Fortini, quella in copertina al libretto Einaudi. Poteva approfondire un filino. Magari avrebbe trovato migliori ragioni per dire.
E caro Tito abbiamo approfondito e recensito Fortini soltanto che lei era un filino impegnato e non se ne è accorto.
Quell che ragionano come lei e che distinguono bosco da sottobosco senza penetrare nei meccanismi perversi dell’editoria, sono la principale causa del fallimento culturale di questo Paese. Quello che pensano che il successo letterario di un autore dipenda da moltissimi generici e approssimativi fattori, quando vediamo tutti cosa viene pubblicato, contribuiscono allo status quo nel quale evidentemente si trovano benissimo. Quelli che pensano che non si debba svelare il bluff di una cultura costruita col potere dei partiti, hanno interesse a dire che si diventa patetici e lamentosi nel parlarne. La mentalità di chi pensa che siccome un testo viene condiviso su fb plurimamente e pubblicato nelle antologie sua validissimo, è proprio l’illusione di chi quel testo non lo ha mai letto e per informazione nel mio blog abbiamo fatto sia una disamina del testo letterario fortiniano sia articoli a parte sullo stato di corruzione editoriale. Quindi il pistolotto che ha costruito la blind e che vedete su fb è solo il seguito di un lamentio di Abate durato da quando abbiamo postato la recensione di Fortini che Abate non ha digerito. Tutto questo sproloquietto su editori a pagamento e altro non c’entra nulla con la domanda base a cui quelli come voi non vogliono rispondere. Se tutti questi scrittori celebrati e famosi non avessero avuto agganci, oggi parleremmo di loro? Io non credo. Perciò la cultura occidentale è soltanto un bluff e stiamo parlando di nulla. Continuate a leggervi le antologiee vslutare un testo col metro della fama e del bosco. Gli editori che contano leggono solo la roba di gente raccomandata. Si vede infatti quante librerie stanno chiudendo. Buona giornata.
Ringrazio Luciano Aguzzi per il suo intervento, che riporta la discussione sui temi del post (apprezzamento o rifiuto di una poesia di Fortini, ragioni del successo o insuccesso di un autore, caratteristiche dell’attuale sistema culturale) ai termini realistici e problematici che ogni discussione dovrebbe avere.
Nei confronti di Mary Blindflowers non avevo ostilità preconcette di alcun tipo, visto che solo pochi giorni fa (10 gennaio 2020) l’ho ospitata su Poliscritture e mi sono impegnato volentieri in una accurata presentazione di quattro sue opere grafiche. Adesso, però, non è più in corso un dialogo o un confronto. Da parte sua c’è un martellare ossessivo della sua “verità”. Gli altri – tutti: da Fortini a Pasolini a quanti intervengono in questa discussione – sono collusi con “una cultura costruita col potere dei partiti” e non vogliono inchinarsi di fronte all’unica risposta – la sua – alla unica “domanda base” (sempre la sua) da cui dipende il futuro della cultura. Dopo i suoi ultimi commenti mi devo assolutamente ricredere e pentire del credito che le ho dato.
Abate non è mia la domanda, è di tutti gli uomini e le donne che vogliono cambiare qualcosa. Aguzzi ha fatto un’analisi come la tua offendendo l’interlocutore. Se questo è lo spessore delle vostre analisi, direi che siete scarsi. Le domande vi irritano perché sapete bene la risposta ma questa risposta segnerebbe il crollo dei vostri miti di cartone il che vi spiazzerebbe. Meglio mentire a voi stessi e dare del populista patologico a chi osi interrogarsi. Ma cosa pensate che solo io mi faccio domande? Perché le librerie chiudono? Perché Mary Blindflowers si fa una domanda? O perché il lettore colto si fa domande e inizia a svegliarsi? Perché la collana specchio di Mondadori è fallita? Perché solo io non ho più comprato i libri che pubblicano? Non farsi domande non è una cosa buona. Chiudersi nel pregiudizio nemmeno, offendere chi si interroga non è atto culturalmente valido. La realtà parla chiaro. Il testo parla. Se soltanto voi lo leggeste con occhi lucidi, forse vi fareste due domande invece di richiudervi nelle vostre certezze che quelle si sono patologiche.
@ Blindflowers
Sì, tutti gli uomini e le donne che vogliono cambiare qualcosa si fanno proprio quella domanda e rispondono proprio come tu vuoi che rispondano! Scendi dal pero. Nessuno ti vuole offendere o ti sta offendendo. Sei tu, semmai, che proietti sugli altri le tue false certezze e impedisci ogni possibilità di confronto.
Ti invito a scendere dal tuo trono di cartone. La domanda ti disturba? Ma perché? Lo so che la risposta che tu e io e tutti sappiamo segnerebbe il crollo dei tuoi miti ma forse svegliarsi dal sogno non ti farebbe male. Dormite nei vostri gusci di cartone e pensate di vedere il mondo da due buchi fatti nello spessore della vostra stessa prigione e vi scandalizzate se qualcuno vi fa una semplice domanda. Perché ti agiti tanto? Cosa pensi che tutta la gente sia stupida? Che creda alla favola dell’intellettuale perfetto? Ai miti di plastica intoccabili che avete confezionato per la propaganda di un partito che poi di fatto, rassegnati, non esiste nemmeno più. C’è un surrogato ora che pubblica sicuramente gente di meno spessore di Fortini, e la ruota gira. Niente cambia. Solo la qualità è un po’ scaduta. Il tuo trono è divelto. Il mondo sciolto. Le illusioni stanno a zero. L’editoria è letame, la cultura una illusione, oggi più che mai. E chi ne parla viene considerato patologico, ma ti sei mai interrogato sul fatto che invece la patologia la crea chi ragiona come te? Che il vero rassegnato sei proprio tu e chi giustifica un sistema corrotto?
@ Blindflowers
Sui troni ( di legno o di cartone) non sono mai stato. E’ per questo che posso invitarti con calma a scendere dal pero. Ma puoi anche rimanerci. Solo che diventa più difficile o impossibile dialogare. Buona fortuna.
Abate, il pero fa buoni frutti, la tua ostinazione nel non voler rispondere nemmeno a te stesso, fa solo un poco ridere, certo rispondere alla mia domanda ti farebbe crollare il trono dei miti sotto il sedere, troppo doloroso. Meglio vivere in stato di idillio comatoso e crogiolarsi nel sugo dei vecchi miti intoccabili.
Buona fortuna a te!
Abate tu parli di sano confronto culturale ma usi termini che non indicano confronto ma imposizione del tuo gusto e delle tue idee. Ti sei riletto? Hai visto cosa hai scritto? Non hai confutato nulla. Oltre ad un ventaglio di insulti gratuiti che tu e il tuo compagno Aguzzi avete confezionato, sapete dire altro? Pasolini e Fortini come tutti gli scrittori affermati avevano qualcuno dietro e adesso gli editori pubblicano pure gente senza spessore culturale, nemmeno si preoccupano di salvare le apparenze. Questa è la cultura italiana. Una grande raccomandazione. Il sistema imploderà ad un certo punto, inevitabile, già si avvertono i segni di questa implosione. Famose collane chiudono i battenti. Le librerie chiudono. E sarà sempre peggio. E stiamo ancora alla domanda a cui vi rifiutate patologicamente di rispondere. Fino a che quella domanda non avrà risposta saremo al punto di partenza. Ma abbarbicati ai vostri miti non vedete nulla né nel testo né oltre perché siete ciechi volontari. Vi piace la gabbia e ve la godete. La vostra reazione psicologica però sappiatelo è comune. Tutti dicono che se critichi il testo di uno famoso sei invidioso. Ma non hai detto nulla e stai continuando a girare su te stesso per non ammettere come funzionano le cose. Non si può curare un male se il paziente pensa di essere sano e finché continuate a dire che gli editori non sono classisti e politicizzati, il mondo editoriale resterà malato. Se siete totalmente incapaci di una visione lucida perfino dei vostri miti, se non siete in grado di buttarli giù dai loro scranni dorati e dalle nicchie dei santini, siete i primi corresponsabili dello status quo, non vi rendete nemmeno conto che scrittori senza alcuna gavetta e nati dal nulla ma con forti agganci, pubblicano subito i loro libri spesso scadenti con la grossa editoria. Continuate a giustificare, a sostenere che chi ha successo ha successo perché è bravo, continuate a mentire a voi stessi e ai lettori. Quando si legge e analizza il testo e si dimostra che tutta questa bravura non c’è, allora che fate ? Date degli ignoranti ai recensori e difendete l ‘indifendibile perché evidentemente avete interesse a che l’editoria sia un ‘isola per raccomandati. Ma se lo stesso Calvino raccomandava i suoi pupilli nei concorsi letterari, di cosa stiamo parlando? Il talento è un fatto incidentale. Non si arriva in alto col solo talento. Continuate a mentire e fingere che non sia così come il gatto che nasconde la cacca sotto la sabbia. Viviamo nel bluff per il bluff e non c’è cura finché ci saranno vecchi barbogi come voi che fanno il gioco del sistema.
@ Blindflowers
“Viviamo nel bluff per il bluff e non c’è cura finché ci saranno vecchi barbogi come voi che fanno il gioco del sistema.”
Beh, essendo vecchi, tra poco toglieremo il disturbo. E allora si vedrà meglio il TUO BLUFF perché, anche senza noi, rimarrai TU DA SOLA a fare queste lamentazioni inconcludenti.
Abate e perché dovrei rimanere da sola? Pensi nel tuo delirio che il mondo finisca con te? Non credi che ci possano essere nel mondo persone che svincolate dalle tue logiche di partito e dall’inossidabilità dei tuoi miti preconfezionati, ragionino con la propria testa? Certo voi vecchi adulatori dell’editoria così come sta combinata, state lavorando per fare in modo che le masse non pensino e che i giovani diventino sempre più cretini, ma c’è sempre qualcuno che dice no, non ci sto, io ragiono con la mia testa non con la vostra.
Prosit!
Abate, quello che né tu né i tuoi compagni di merende capite è che la domanda può estere estesa a tutta la cultura italiana anche da prima che l’Italia fosse Italia, come avrebbero fatto se no Orazio, Virgilio e Tito Livio ad essere imperituri nei secoli se non avessero dato il culo a Ottaviano Augusto? E D’annunzio, tra l’altro anche piuttosto illeggibile. Cosa ne sarebbe stato di lui se non si fosse prostrato al Duce? Fortini è un pretesto per fare un discorso molto più ampio. Siamo nel 2020 e ancora mettiamo in atto questi meccanismi. Ma oggi comincia a incepparsi la macchina, i libri non si vendono più, i lettori, me compresa, si sono stufati di spendere soldi per comprare libri di scrittori barzelletta. Perché c’è un indebolimento della qualità, prima quantomeno pubblicavano gente che sapeva scrivere, adesso nemmeno scrivono più, stanno in tv a fare i divi e pettinarsi la testa calva. Tutto questo vi piace? Beati voi. Come si dice? Chi si contenta, gode!
E comunque Aguzzi lo spessore delle sue analisi si vede da come interagisce dando del patologico a chiunque osi protestare e sostenendo che il sistema editoriale è fisiologicamente perfetto così come sta. Lei è il perfetto uomo del sistema. Finché ci sarà in Italia gente come lei non cambierà mai nulla. La invito io ad un maggior realismo. La storia non è acqua, ci dice come vengono costruite le carriere e perché. Certo è più comodo dare dell’invidioso patologico a chi ne parla. È il cavallo di battaglia dei servi del sistema che hanno tutto l’interesse a lasciare le cose come stanno, offendere l’interlocutore a più riprese senza argomentare. Noi abbiamo giudicato Fortini leggendo i suoi testi e disaminandoli in un lungo articolo. Quindi non è vero che non abbiamo approfondito. Abbiamo poi fatto un discorso serio e pacato sul perché tutto quello che scrive un raccomandato di partito sia considerato oro. Il discorso sulla corruzione editoriale non è slegato dal testo perché è proprio il testo che dimostra come poeti di scarso valore diventino famosi grazie unicamente agli agganci politici. Perlomeno prima avevano lo stomaco di portare in cielo gente che aveva un qualche spessore culturale, adesso nemmeno più quello. Basta guardare cosa pubblica oggi Mondadori. Il libro di Francesco Sole spalmato in tutte le librerie. A voi piace questo. Ci sguazzate in questo mondo perfetto e giustificate l’editoria corrotta. Chi ne parla è un malato roso da invidia. Vi lascio alla vostra sana visione del mondo. Vi faccio altresì notare che non ho mai offeso i miei interlocutori mentre voi mi state offendendo e state dando senza punto conoscermi giudizi di valore sulla mia sanità mentale. Chi offende lo fa per mancanza di argomenti. Infatti state ripetendo a pappagallo gli argomenti di chi non vuole che si critichi il sistema editoriale: chi protesta lo farebbe per invidia e perché è un povero fallito malato. Oltre a queste mediocri argomentazioni, che tendono a offendere l’interlocutore, avete altro da dire? Tutto qui? Dissero lo stesso anche quando Pistis e Asebes criticarono Saviano. Idem. Siete invidiosi di chi ha successo. Patologici. Eppure i due recensori fecero una disamina del testo. Se leggere un testo in modo approfondito e super partes è essere dei malati, allora d’accordo, leggiamoci le pagine gialle e diciamo che sono poesie.
@Abate
Non avrei usato l’avverbio “presagamente” preferendo la locuzione “come un presagio” e mi sarei astenuto dall’infantile paragone “Fortini-Debolucci” e avrei introdotto qua e là qualche altro lieve ritocco…Per il resto confermo il mio giudizio. Aggiungo, dopo aver letto l’intervento di Luciano Aguzzi, in gran parte condivisibile, che se “quella poesia è stata ripresa, citata, letta, postata…” ciò non costituisce prova che per quel certo “numero di persone si tratta di una poesia bella e significativa”. Possiamo solo immaginare, neppure affermare con sicurezza, che l’abbiano letta.
Quindi condivide l’analisi di Aguzzi che dà del malato di mente rancoroso a chiunque osi criticare il sistema editoriale?
No, non condivido quella brutale personalizzazione: “Blindflowers passando dall’analisi letteraria della poesia all’accusa politica contro Fortini, lega con un salto logico due temi, mescolandoli in modo inappropriato e scadendo nel patologico”. Affermo invece l’idea generale che il rancore possa offuscare le limpide ragioni delle analisi… Ma io non mi sentirei chiamato in causa se mi dessero del rancoroso, tanto meno del patologico…. Ma fa bene Lei a rispondere per le rime, visto che l’accusa è stata personale…
Paolo Ottaviani, sì, l’accusa è stata personale, gratuita e del tutto fuori posto, un’accusa a cui non ho risposto con altre accuse o insulti, troppo facile. Il legame tra testo ed editoria corrotta per me c’è, perché è proprio il testo che ti dice se uno scrittore è valido o no. Si può essere d’accordo, si può non essere d’accordo, ma mai mi permetterei di dire che un mio interlocutore è patologico solo perché ha un’opinione differente dalla mia. Penso che anche in questo ci sia un deficit d’analisi, uno snobismo supponente di fondo e un obnubilamento causato da paraocchi mentali ed ideologici. L’offesa personale non porta veramente da nessuna parte. Di tutto il resto si può discutere con civiltà e pacatezza.
@Mary Blindflowers
D’accordo e solidale con Lei…. E mi perdoni se mi appello alla saggezza popolare: “Chi ha più prudenza l’adopri!”
@ Ottaviani
Mantieni pure il tuo giudizio positivo sullo scritto di Lucio Pistis & Sandro Asebès, figuriamoci.
Ma, io preferisco l’analisi di Roberto Bugliani (n. 9 di Poliscritture) che ho segnalato. E siccome credo che i testi linkati nessuno quasi se li va a leggere, ne stralcio almeno un passo, in modo che si possa fare un confronto (sempre se se ne ha voglia):
Partendo, come parrebbe, da lontano (e nulla è più lontano di una forma classicheggiante, di una invocazione di maniera, di una poesia come idillio), Agli dèi ripropone in tutta la sua moderna problematicità il nodo proprio di arte e letteratura, riassumibile nella dialettica di vero e falso, di realtà e finzione, di dire e non dire. Ma ciò che ha reso possibile il percorso testuale dall’idillio della vita campestre tranquilla e felice, in cui l’io lirico trova protezione e riparo in quanto immerso in una sorta di simbiosi con la natura, alla sua negazione radicale che rimette in gioco il soggetto poetico attraverso l’improvviso straniamento dovuto a una percezione “seconda” (e le “ansiose formiche” in chiusura fanno parte di tale percezione), è appunto il ricorso alla verità metatestuale, nel contempo interna ed esterna al discorso poetico, la quale trasforma lo sguardo naturalistico sul paesaggio in sguardo politico, vale a dire in sguardo di parte che svuota di ragione la verità stessa dell’idillio. E di questa parte (anche testuale) è aspetto determinante il giudizio, la valutazione conseguente la messa in relazione del dato poetico naturale-espressivo con quello a valenza storica della rielaborazione intellettuale e conoscitiva che perviene alla denuncia dell’artificio lirico: gli “dèi inesistenti”. La messa in guardia da un lato verso facili (perché manieristiche) letture del mondo e del libro, e dall’altro la rivendicazione formale, non meno che contenutistica, del rapporto critico, vale a dire contraddittorio e tensionale, tra poesia e realtà, tra parola e cosa (o mondo), è quanto Agli dèi enuncia nella complessa interezza del suo messaggio lirico che, affermandosi in quanto tale, nega se stesso, e da questo innesco ha luogo ha origine il processo dialettico tra pathos ed ethos, tra natura e storia, tra alto (l’impianto testuale classicheggiante; i “luminosi cumuli” delle deità celesti) e basso (il luogo terreno, il sociale chiamato a concludere la parabola dello sguardo e l’excursus lirico).
A conclusione delle nostre riflessioni, peraltro abbisognanti di ulteriori approfondimenti, diciamo che Agli dèi costituisce un referto a nostro avviso tra i più emblematici del rapporto complesso intrattenuto da Fortini con il paesaggio (meglio sarebbe dire: con i paesaggi) da lui goduto e sofferto nel corso della sua lunga fedeltà alla casa di Bavognano di Ameglia.
@Abate
Vanamente concettoso il testo propostomi. Il testo fortiniano non dice le cose che il critico gli attribuisce. E’ il classico esempio di una lettura che si muove acriticamente sull’onda di un'”aura” precostituita…
Scusate se mi permetto di intervenire ma ho bisogno di una chiarificazione.
Non riesco a capire una cosa da questo complesso dibattito sulla poesia di Fortini.
Pasolini è deceduto da quasi mezzo secolo. Fortini da oltre vent’anni.
I partiti che hanno contribuito a dare vita alla realtà culturale di quella che si conviene definire la prima Repubblica, in cui si sono mossi sia Pasolini che Fortini, sono realtà scomparse dai primi anni novanta. Insomma da più di una generazione.
La signora Mary Blindfowers parla, probabilmente a ragione, di un degrado della cultura e dell’editoria di questo paese, come si esprime oggi e quale si è venuta articolando in questi ultimi anni.
Allora mi chiedo sono esistiti partiti politici che dopo il 1992 hanno proposto una propria ideologia culturale? Esistono oggi partiti con un disegno culturale che vada al di la di uno sciatto pragmatismo?
Cosa c’entrano insomma Fortini e Pasolini con la cultura d’oggi, se non nella dimensione di una lezione ormai iscritta nella storia letteratura (anche qui che si può accettare o criticare a seconda dei punti di vista).
Nel loro caso si può parlare, se non erro, di una analisi di qualche cosa che nel bene e nel male è entrato nella storia della cultura di questo paese.
Altro ovviamente è chiedersi se un movimento politico possa o non possa avere un suo disegno di egemonia culturale.
Cosa lecitissima ma estranea al relativismo d’oggi.
Sempre che dietro al discorso della signora Mary non ci sia la solita critica nei confronti della sinistra storica e dei suoi partiti. Ancora una volta cosa lecitissima ma allora diciamolo chiaramente …
Giulio Toffoli, io cerco il punto di vista trasversale, non mi interessano gli attacchi alla sinistra storica, oltretutto non ho mai avuto simpatie destrorse. La discussione su Fortini è nata quando io ho fatto una domanda che ha molto infastidito Abate ma che può essere estesa a tutta la cultura italiana sia di destra che di sinistra: Se Pasolini e Fortini non avessero avuto dietro relazioni amicali e politiche, oggi parleremmo di loro? Possiamo anche fare altre domande: Se Virgilio non avesse unto Ottaviano Augusto, oggi sarebbe nella storia della letteratura latina? Il punto centrale non è che non mi piaccia Fortini poeta, cosa del resto ininfluente, ma un altro. Il punto è che oggi non si possa criticare Fortini o altri famosi senza essere accusati di ignoranza. La storia della nostra cultura è basata sui rapporti con la politica, da sempre emerge chi ha agganci e chi emerge non può essere toccato! Oggi l’editoria sta continuando ad adottare i metodi dei tempi di Ottaviano Augusto che si sono protratti nei secoli fino ai nostri giorni, soltanto che adesso con la società di massa c’è un imbarbarimento. Si pubblicano libri senza qualità oggi purché scritti da figli di professori universitari o personaggi agganciati politicamente. Forse questo sistema funzionava ai tempi di Pasolini e di Fortini e ai tempi di Augusto, ma oggi funziona? Se funziona perché le librerie chiudono? E se si parla di democrazia perché l’editoria continua imperterrita a ripetere schemi antichi, classisti, esclusivisti, che penalizzano validi scrittori che non ce la fanno solo perché poveri e non politicamente servili? Quanto può durare questa situazione? Caspita siamo nel 2020 e ancora l’editoria si muove come nell’antica Roma. Io direi che siamo fritti!
Gentile Mary potrei sbagliare, non sono un “fortiniano” come Ennio, ma mi vien quasi da dire che quello che lei dice è molto più vicino al discorso di Fortini, quello più vivo e che non ha esaurito la sua funzione neanche oggi, di quanto possa sembrare.
Cerco di spiegarmi: nel 1979 Fortini scrisse una critica di quelle pepate che lui sapeva scrivere ad un volume appena pubblicato da Einaudi, il Diario di Giaime Pintor. Il suo saggio: “Vicini e distanti. Il Doppio diario di Giaime Pintor” gli valse l’ostracismo dal quotidiano il Manifesto e una reprimenta di Luigi Pintor sull’Espresso.
E’ una vecchia lettura ma, spero di non sbagliarmi, mi sembra proprio che il tema fosse esattamente quello che lei propone oggi alla nostra attenzione. La differenza fra chi ha ingressi privilegiati nel mondo della cultura e chi è invece un emarginato.
Lasciamo da parte il discorso su Fortini e la sua poesia, che può ovviamente piacere o no, e invece credo sia molto più importante quello che lei dice sulla editoria d’oggi. Sulla sua incapacità di svolgere quella che dovrebbe essere la sua funzione. La sua stessa ragion d’essere.
Aguzzi non a torto mette a fuoco gli aspetti economici e empirici che rendono difficile l’attività di un editore. Probabilmente ha, almeno in parte, ragione … ma gli editori come tutti i capitalisti hanno nel fondamento stesso del loro dna quello del rischio. Se si muovo come parassiti nel loro orticello e non vanno a cercare nuove voci che fanno?
Per cui il problema non è politico in senso stretto ma semplicemente legato alla evoluzione di un capitalismo liberista che sembra incapace di guardare oltre l’orizzonte della pura speculazione finanziaria …
Questo è il tema su cui, a mio vedere, dovremmo tutti noi fermare la nostra attenzione…
Ma infatti Giulio Toffoli, io penso che alcune nostre posizioni siano pure vicine a quelle di Fortini, perché da sempre l’editoria marcia su binari del privilegio. Certo che gli editori sono anche imprenditori e capitalisti, ma non so fino a che punto beccare mangime nel proprio circolo chiuso faccia bene alle vendite. Io francamente trovo scandaloso che scrittori validissimi non vengano nemmeno letti mentre poi pubblicano autori mediocrissimi. Per esempio Enrico Brizzi continua a pubblicare con grossi editori dei libri che nemmeno per accendere il fuoco van bene, dopo la fiammata del suo romanzo, si è arenato, letterariamente parlando, e pubblica soltanto perché è figlio di un professore universitario. Questo non è nemmeno fare business perché io penso che venda pure poco, è proprio un’editoria che va contro se stessa, che pubblicizza e propone scusate il termine, merda che ha una vita limitatissima. Ha detto bene lei, girano nel proprio orticello, escludendo validi autori e facendo morire la cultura. Ma se dici questo sei una malata di mente invidiosa del successo altrui e che non vale nulla. Questa è la riposta che ti danno quando chiedi di affrontare l’argomento.
Gentile Mary, intervengo raramente in discussioni simili a quella che vi ha visto opposti a Ennio Abate. Mi trovo a disagio quando esplodono discussioni che superano i limiti di una ragionevole dialettica.
Però in questo casomi era parso che fosse utile cercare di individuare un terreno comune che guardasse verso il futuro piuttosto che verso il passato. Ciò perchè mi era sembrato di trovare accenti nei suoi interventi che mi invitavano a cercare di costruire un ponte superando incomprensioni senza senso.
La lettura del testo di Pistis e Asebes, che alla fine ho individuato dopo tanto cercare, mi ha colpito molto sfavorevolemente.
Inanzitutto vi vedo una conoscenza limitata del percorso di Fortini che meriterebbe maggiore rispetto.
Poi un giudizio sulla cultura di sinistra, marxista, che è francamente nella sua superficialità fin offensivo.
Aggiungo che vorrei vedere saggi scritti da questi signori che siano a livello di quelli di Fortini.
La critica è una cosa e va sempre esercitata e rispettata ma quando trascende i limiti del buon senso diventa un cattivo esercizio dell’intelletto che è spiacevole e aggiungo fin poco tollerabile.
In questo senso forse ripensare alle critiche di Ennio Abate con maggiore attenzione sarebbe stato fin dall’inizio un buon elemento su cui costruire ponti e non muri.
Una occasione sprecata, mi lasci dirlo.
Giulio Toffoli io non la penso così e poi come ha appena fatto lei si può contestare una recensione con educazione, mica deve piacere per forza, ci mancherebbe. A me quello che ha dato fastidio è che Abate non ha fatto come lei, si è limitato all’insulto inoltre come tutti rifiuta di costruire un ponte perché non si rende conto che mentre noi poveri mortali litighiamo, gli dei giocano a scacchi e ridono di noi.
Ennio Abate, ti hanno risposto: https://antichecuriosita.co.uk/2020/01/18/ragione-offesa-delluomo-banale/
Giulio Toffoli, una cosa che Abate non vi ha detto in relazione al succitato ponte e alla collaborazione, è che dopo che in privato mi ha espresso lamentele per l’articolo su Fortini, io l’ho invitato a postare una sua critica della critica nel mio stesso blog, ma lui non ha proceduto. Gli avrei concesso spazio per una replica serena e una confutazione lucida. Invece ha preferito sboccare qui nello sproloquietto e farmi passare per una sciocca invidiosa.
Gentile Mary …
Che dire… ok. Peccato speriamo di trovare altre favorevoli occasioni di incontro.
Nonostante tutto mi pare che si possa convenire sul fatto che questo mondo non ci convince ed un altro deve pur essere possibile…
Mi è piaciuta molto la sua immagine degli dei che ridono.
Dovremmo imparare da loro ma ci rimane il limite della nostra materialità che non sempre ci aiuta.
Auguri
Giulio Toffoli, credo di sì che si possa aspirare ad un mondo migliore, anche se per il momento è soltanto chimera. L’immagine ridente degli dei e degli scacchi può avere più significati. Il riferimento esoterico-simbolico al potere non è puramente casuale. Resta da chiedersi chi è la regina , chi il re, chi i fanti? La dimostrazione che la parola scritta sfugge al suo creatore perciò esiste il pro e il contro. E io li amo entrambi purché il livello della conversazione rimanga civile.
…vorrei spezzare una lancia a favore del testo: “Agli dei della mattinata” di F. F….ma poteva anche avere un altro titolo, l’autore poteva essere anonimo o scritto da un ragazzo di terza media che si diletta di scrittura, nessuna importanza se si tratti di poesia o prosa, comunque ogni scritto merita un minimo di rispetto, mentre, seppellirlo sotto una valangata di parole -recensione critica?-che gli negano il diritto all’esistenza, non lo fanno respirare, gli tolgono la voce, il silenzio, il ritmo, il senso… mi sembra uno scempio…L’autore poi, essendo scomparso, non può replicare, perciò non mi meraviglio che Ennio Abate, più animosamente, e Luciano Aguzzi, più pacatamente, siano intervenuti…Sul problema editoriale, invece, trovo che Mary Blindflowers in parte abbia ragione
Annamaria Locatelli, io mi sono tenuta super-partes, non censuro nessuno nel mio blog e ho detto anche ad Abate che gli avrei dato lo spazio per una contro recensione in nome del pluralismo. Aguzzi non ha protestato pacatamente ma è stato molto maleducato perché mi ha insultato gratuitamente. Oltretutto l’articolo non è nemmeno mio. Non sono mai stata invidiosa di nessuno nella mia modesta esistenza perché penso che nessuno sia degno di essere invidiato. Per aver postato la recensione di due collaboratori mi sono sentita dare della rancorosa rosa di invidia per chi ce l’ha fatta, etc. Quando poi agli intellettuali fai presente la forte e ormai intollerabile relazione politica agganci letteratura, si irrigidiscono, negando la realtà. Ho appurato di persona che gli editori che contano ti leggono soltanto se ti presenta qualcuno, questa è esperienza personale non cose avvertite per sentito dire. Dell’opera in se stessa non importa nulla a nessuno. Questo è un fatto ma non si può dire, allora continuiamo così che va bene. Anziché essere uniti per cambiare la situazione, gli intellettuali che Aguzzi definisce del sottobosco, con termine anche offensivo e snob, che fanno? Si fanno la guerra tra loro e vanno a recensire positivamente tutti quanti i libri degli scrittori TV nella speranza di essere notati. Abate ha montato un caso per nulla. Poteva controrecensire, io non gli ho negato lo spazio. Ma non lo ha fatto, meglio rispondere offendendo l’interlocutore come i bambini dell’asilo.
Inoltre vorrei dire che quella recensione riguarda la poesia di Fortini non tutta la produzione di Fortini. Nemmeno a me piace come poeta. E quindi? Dove sta il problema? Sono obbligata a farmelo piacere soltanto perché ha un nome? Non credo che funzioni così. Nemmeno Pasolini come poeta mi piace. E allora? Mi deve piacere tutto quello che ha fatto perché è l’icona della sinistra? Più leggo le sue poesie e meno mi piacciono. Sono ignorante e invidiosa perche ho espresso un parere da lettrice? Devo seguire il parere di tutti e rinunciare a pensare con la mia testa? Ebbene no, non ci sto!
@Annamaria Locatelli
Gentilissima Annamaria, qual è secondo Lei la cosa peggiore: maltrattare un testo scritto o maltrattare una persona?… Non mi sembra che siano state porte le doverose scuse a Mary Blindflowers. Certo non si dovrebbe mai “maltrattare” niente e nessuno. Ma qui è stata maltrattata una persona non un testo. Il testo è stato criticato, aspramente criticato forse con la stessa energia con la quale era stato lodato. In merito al testo siamo pari. In merito alla persona no. Con viva cordialità
APPUNTO N. 1
PERCHE’ IL MIO ATTEGGIAMENTO VERSO MARY BLINDFLOWERS NON PUO’E SSERE CONSIDERATO NE’ PREVENUTO NE’ OSTILE NE’ OFFENSIVO.
Documento 1 ( mail del 6 gennaio 2020) di Ennio a Mary:
Gentile Mary,
il nostro confronto su FB è iniziato in modo casuale e improvvisato. Avevo notato la grinta critica intelligente dei tuoi post e, come faccio spesso con chi non conosco, ho provato a lasciare un commento “d’assaggio” (e con un pizzico di provocazione). Sappiamo entrambi com’è andata. Adesso ci conosciamo un po’ di più, ma siamo ancora – credo – ad uno “spiarci” attraverso il buco della serratura (il Web). Prendiamoci del tempo, evitiamo scaramucce, leggiamoci le cose vecchie che abbiamo scritto. Questo è il mio invito. Come ti ho poi detto, ritengo che tra noi esistano sia differenze di vario genere (e punti forse di vero contrasto) sia convergenze. Ciò detto, per mostrare il concreto il “metodo” con cui mi rapporto alle scritture altrui, parto da due testi, uno tuo e uno dei tuoi collaboratori (suppongo):
Il primo (https://antichecuriosita.co.uk/2020/01/04/scrittori-recensioni-editoria-talento/?fbclid=IwAR0wvccS0c9hZ-O-mhc-28RpSiwkuSbuvaX6j2Wrblo8DMie2K8RDT0OKsc ), che ho letto ieri sera, mi trova del tutto concorde sulla denuncia che fai del sistema editoriale e della inesistente “democrazia delle lettere”. Cose simili ho scritto io pure, in riferimento al “mondo della poesia”, nel periodo (2006-2012), in cui, alla Palazzina Liberty di Milano, ho tenuto un “Laboratorio Moltinpoesia”, successivamente confluito in due blog ( http://moltinpoesia.blogspot.com/ ; Vhttps://moltinpoesia.wordpress.com/ )) e poi in Poliscritture. Dissentirei leggermente sulla conclusione che mi pare un po’ disperata.i Quel che facciamo – spesso da soli o alleandoci con altri quando è possibile – dovrebbe mirare ad uscire dalla trappola e a distruggerla, pur sapendo quanto sia difficile.
A questo punto salta fuori la questione del “metodo” o dei “metodi più efficaci” da costruire.
Nel nostro scambio del 26 dic. 2019 (Cfr. allegato inviato in messaggio privato su FB) ho affrontato – ammetto – la questioneii in modo general-generico, suscitando la tua irritazione (“Proponila tu una soluzione che funzioni e che sia forte se sei tanto bravo”). Poi ho precisato meglio le mie intenzioni.iii Io, come te e molti altri, ho agito e agisco “ secondo coscienza” e non voglio affatto tacere. Ma so che una posizione etica non basta. E perciò invito – te e un po’ tutti quelli che si trovano ai margini del sistema – ad “affinare le analisi, a costruire alleanze, a non sprecarsi in rovelli vani, a cogliere con esattezza i bersagli”. A porsi, in sostanza, il problema di costruire un intervento etico-politico. Su questo forse siamo distanti, visto che hai scritto: “io penso che la politica non debba essere cultura, che il vero intellettuale sia quello che non fa politica e non ha tessere…. a politica impedisce la trasversalità nel pensiero”. Ma rassicurati: non è certo la politica delle tessere o dei partiti quella che ho in mente io. (Parlo di politica da farsi “nel linguaggio” e nei rapporti che con esso possono costruirsi…).
Il secondo è lo scritto di due collaboratori di “Antiche curiosità” riguardante Fortini (https://antichecuriosita.co.uk/2017/09/29/franco-fortini-una-tessera-per-la-poesia/?fbclid=IwAR1VP2DyCzLnY13kr0qRxnSPeiVowHy5LncyfKIlWqPg1Acg5IghRWkDInA ).
Su di esso sono molto critico. Lo giudico davvero penoso e particolarmente offensivo per me. Ho conosciuto, studiato e scritto numerose volte su Fortini (basta scrivere il suo cognome in ‘cerca’ di Poliscritture). I due per me non sanno proprio di cosa parlano. E ,tuttavia, vantano la propria grossolana ignoranza e i loro pregiudizi da liceali svogliati. Come la volpe esopiana, che non riesce a saltare e ad assaggiare l’uva, anch’essi dichiarano immatura la poesia esaminata e se ne vanno tronfi di sé. Non mostrano alcuna curiosità o voglia di capire qualcosa che è fuori dai loro “gusti”. Né alcun desiderio d’informarsi sul testo o sull’autore. Fingono di cadere dalle nuvole.iv Ma, porca miseria, che possano avere dei limiti loro come lettori e interpreti neppure gli passa per la testa? E, visto che Fortini non è un esordiente e ha avuto interpreti del calibro di Mengaldo, non potrebbero almeno leggere qualcosa in più prima di giocherellare con quei “non si capisce”?
Il caso vuole che sul n. 9 del cartaceo di Poliscritture (scaricabile qui:https://www.poliscritture.it/la-rivista-in-pdf/ ) pubblicai un saggio di Roberto Bugliani proprio su questa poesia. Per comodità e risparmiarti ricerche, ti mando il testo in allegato. Potresti passarlo ai due per colmare un po’ le loro lacune. (Sperando che non ripetano anche nei confronti di Bugliani il comportamento della volpe).
Se poi il loro obiettivo è sparlare del “poeta di sinistra” per confermarsi nei loro pregiudizi,vio mi sentirei di lasciarli nel loro brodo. Non si può banalizzare la complicata questione del rapporto tra poesia e prosa, senza cercare di capire perché la poesia di Fortini “pare prosa” o sta così “addosso alla prosa”. Invece di crogiolarsi in salti da palingenesi (tra l’altro i due scrivono: ‘palinengesi”…), sarebbe meglio documentarsi sull’atteggiamento fortemente critico che Fortini ha avuto verso la sinistra per tutta la sua vita. Ecco, se vuoi un esempio di sciatteria nella critica all’accademia o ai poeti pubblicati dalle grandi case editrici, questo per me sta in testa alla classifica.
Sperando di poter continuare il confronto, un caro saluto
Ennio
Caro Ennio, piacerebbe anche a me un confronto sereno e collaborativo. Quello che mi ha irritato non è il fatto che tu sia discordante con le mie conclusioni o con la critica di Pistis e Asebes alla poesia di Fortini, ma il contenuto poco confutativo della tua replica, la volontà di colpire l’interlocutore. Siccome ho detto che Fortini poeta non mi coinvolge, hai detto che sono disfattista, populista, invidiosa e abbaiante inutilmente contro l’upper class. Questa non è replica da intellettuale sensato ma da bimbo piccato. Hai fatto lo stesso con i due recensori: ignoranti, liceali svogliati etc. Poi hai postato il parere di un critico. Ebbene ti pare che rispondere con insulti e per bocca altrui sia una giusta e ragionevole confutazione, invito all’apertura di un dialogo? A me no. Come ho detto pure in privato ti ho invitato a scrivere una controrecensione per l’articolo che ti ha disturbato ma tu non hai ragionato e hai preferito, con mio sommo dispiacere, abbandonarti all’emozionante brezza dell’insulto. Guarda che l’invito a controrecensire è sempre valido, come sai io non censuro e mi piace mettere anche pareri opposti nel mio blog, poi sarà il lettore a tirare le somme. Per quanto riguarda invece la solidarietà tra intellettuali, eh io ho riscontrato che quando si tratta di apparire nel blog con la loro paginetta, sono tutti leoni, quando si tratta di denunciare uno status quo intollerabile, scusa il termine, se la fanno nei pantaloni. Quando ho denunciato pubblicamente molti editori che non pagano le Royalties tutti solidali nelle chat private ma in pubblico tutti zitti. Questa è l’italietta degli invertebrati. Non vedi che i blog sono tutti uguali? Che fanno recensioni ricalcate su quelle della stampa nazionale? Almeno noi leggiamo il testo e ci facciamo un pensiero autonomo. Giusto o sbagliato che sia, è sincero e libero e non abbiamo la pretesa di essere ineffabili o perfetti, anzi. Se si vuole costruire un dialogo occorre rispetto in primis, poi verrà tutto il resto.
@ Blindflowers
” Siccome ho detto che Fortini poeta non mi coinvolge, hai detto che sono disfattista, populista, invidiosa e abbaiante inutilmente contro l’upper class.” (Blindflowers)
Niente affatto. Ho scritto: “Che Fortini a te non piaccia come poeta è legittimo e non ho niente da obiettare. ” (Cfr. Appunto 2)
Non c’è alcuna relazione per me tra il tuo rifiuto della poesia di Fortini e le critiche che ho mosso al taglio che dai alla tua critica del sistema culturale, tra l’altro precisando che è un atteggiamento diffuso ed un *rischio* (Vedi punto 5 di questo post).
No, caro Ennio, hai scritto ben altro. Scusami, ma questo lo hai scritto tu:
“lamentosa e autosvalutante; sfiduciata e rassegnata; retoricamente indignata e inutilmente “abbaiante” nei confronti dei potenti (presunti o reali) dell’”upper class”, cioè di quelli che hanno “successo” o hanno “santi in paradiso”; caricaturale; disfattista”.
Poi la ciliegina sulla torta, dulcis in fundo:
“Mary Blindflowers finisce per interiorizzare – e questo mi pare il limite più dannoso della sua posizione – proprio la Legge dei più forti, la loro filosofia di vita, i loro valori”.
Ah e su fb mi hai dato pure dell’invidiosa: “frustrazione impotente”, “combatti contro avversari di comodo”, “non maceriamoci a invidiare l'”upper class”.
Un profluvio di aggettivi, di definizioni. Io non ho detto un aggettivo che è uno riferito a te. In questo sta la differenza dialettica tra me e te. Proprio le basi sono diverse, l’approccio, il tipo di ragionamento. Ti invito a rileggerti. Grazie.
APPUNTO N. 2
PERCHÉ NON HO REPLICATO AL TESTO DI “LUCIO PISTIS & SANDRO ASEBÈS© “ SUL BLOG “ANTICHE CURIOSITÀ.
Perché avevo già dato un giudizio negativo sul loro modo di affrontare sia “Agli dei della mattinata” sia la sua personalità E l’avevo comunicato in privato a Blindflowers così:
Documento 2 (mail del 7 gennaio 2020 di Ennio a Mary):
Che Fortini a te non piaccia come poeta è legittimo e non ho niente da obiettare. Altra cosa è commentare una sua poesia e dare giudizi frettolosi e, secondo me, sbagliati, come hanno fatto i due collaboratori.
Comunque preferisco per ora discutere di questo punto in privato. Sia con te e sia con i due “anziani” come me. Se, mettendoli al corrente di quanto ti ho mandato (compreso il saggio di Bugliani), avessero voglia di replicarmi, dagli pure il mio recapito e mail.
Ti ringrazio anche della tua proposta di ospitarmi sul tuo blog. Non vorrei cominciare, però, proprio con un pezzo che confuta un articolo di due collaboratori abituali. E poi ho varie cose a cui sto lavorando e devo ancora finire il commento sui tuoi quadri.
APPUNTO N. 3
A Lucio Pistis & Sandro Asebès© che, in replica a questo mio post Fortini, “Pasolini e il realismo più reale del re (quello dei dominatori)”, mi scrivono :“Finché ci sarà gente come te, assolutamente incapace di interloquire civilmente e con idee proprie, svincolate dal partito, non usciremo dal tunnel dell’editoria malata a cui tu stai contribuendo” seriamente che posso rispondere?”, mi sento di dire solo questo:
Mi sembrate dei Pansa in sedicesimo. Al suo revisionismo storico, che ha sputato sulla Resistenza, volete aggiungere un vostro modestissimo revisionismo letterario” cominciando – chissà perché – proprio da Fortini, il quale del sistema politico-letterario che voi fingete di combattere, è stato uno dei critici più acuti e intelligenti? Bene, fate pure, ma a debita distanza da me. Sì, al “signore in oggetto [che] non [vi] conosce, non sa nulla di [voi], né delle [v]ostre letture,” basta quel poco che ha letto e “tante buone cose” anche a voi.
Ennio dai giudizi frettolosi, e i due recensori non hanno iniziato affatto da Fortini! Hanno recensito molti autori prima di lui. Il tuo giudizio è puramente emozionale. Ti invito a riflettere.
@ Blindflowers
Non avranno iniziato da Fortini ma su Fortini hanno scritto cose per me inaccettabili e banali. Il mio non è un giudizio emozionale. Il vento tira da una certa parte nel mondo culturale. Si devono smantellare o sputtanare o denigrare certi valori, certi autori, e rivalutare altri valori, altri autori. Il puzzo di questo revisionismo, che si maschera da ricerca della verità nascosta si sente in tutta la pubblicistica del 99% degli sgomitanti intellettuali, poeti, scrittori, ecc. io lo sento. E per me i due collaboratori del tuo blog, che saranno forse persino sinceri democratici, sono trascinati da questo vento. Non credo di sbagliarmi.
Continui a non capire, a definire, a dare giudizi sulle persone, io ti ho invitato a smontare l’articolo punto per punto, perché continui a girare su te stesso come una trottola? Io se trovo una cosa inaccettabile cerco di demolirne il senso, non punto i piedi come i bambini piccoli dicendo ho ragione io, io sono buona e voi tutti cattivi. E da noi non tira nessun vento, questo te lo garantisco. Quindi le tue insinuazioni sono di bassa lega e non ti fanno onore, sono elucubranti giustificazioni da uomo ferito nelle sue incrollabili certezze.
E credo gentile Ennio che il tuo modo di procedere appuntato sulle persone contro cui continui imperterrito a dare giudizi di valore non supportati da sufficiente conoscenza, sia un modo di procedere banale e comune che ignora completamente il testo e la sua disamina o confutabilità. Sai bene che è possibile confutare tutto. Non capisco altresì questa tua continua ostinazione nel voler colpire lo scrivente anziché la scrittura, il tuo rispondere da una parte denigrando l’avversario, dall’altra ignorando completamente la possibilità di una risposta personale e non veicolata da terzi, sul testo. Non basta prendere le parole altrui come hai fatto con me e scriverci sopra, disfattista, invidiosa, populista, etc. Neghi uno dei principi base della saggistica, ossia quando si afferma si deve sempre cercare di provare ciò che si dice, altrimenti diventa una giungla, anzi per rimanere in tema aguzziano, un sottobosco oscuro…
@ Blindflowers
Un’ultima replica su questo punto e poi stop, perché ripetere le stesse cose non giova né a me né a te né a chi segue.
Non mi metto a “smontare l’articolo punto per punto” perché una vera critica – o a quella poesia di Fortini o alla sua figura di intellettuale e poeta, che tra l’altro studiosi anche giovani già portano avanti e che Lucio Pistis & Sandro Asebès© sono quasi certo che ignorano – non vi troverebbe alcuno spunto interessante. E lo dico pacatamente. C’è di meglio in giro su cui spendere il proprio tempo. Bisogna documentarsi sui punti alti della critica e non sugli sfoghi travestiti da critica.
Ennio, certo, hai ragione c’è di meglio in cui spendere il proprio tempo, infatti è da quando è uscito l’articolo che fai il diavolo a 4 e sono giorni che continui a offendere, questo è far di meglio. Per me tu la controrecensione non la sai fare, si vede come ragioni anche da come hai preso alcune mie frasi da fb e ci hai apposto sopra l’etichetta, populista, invidiosa, disfattista, senza dire sostanzialmente nulla. E questo per te sarebbe confutare. Per me no, trovo che sia un procedimento molto molto scarso. Dubito che potresti scrivere per esempio saggistica, non hai le basi. Temo che tu non sia in grado di tener testa ai miei due recensori, altro che tempo e tempo, c’è inadeguatezza qua. Ora offendici che è l’unica cosa che sai fare.
Ennio e se proprio vuoi che sia sincera fino in fondo, per me la tua intolleranza è tutta fascista anche se dici di essere di sinistra, per me ti comporti come un fascista. Anche la tua ultima riposta lo dimostra.
Abate, ma ti ascolti quando parli o vedi quello che scrivi? “Non mi metto a “smontare l’articolo punto per punto perché una vera critica… non vi troverebbe alcuno spunto interessante”, caspita tu sei così importante da parlare a nome di tutta la “vera critica” e i veri critici, poi che definizione aleatoria e inutile. ChI sarebbero i veri critici? “Sono quasi certo che Pistis e Asebès ignorano”, ancora una definizione di ignoranza senza alcuna conoscenza. Sono molto divertita dalle tue elucubrazioni apodittiche. Beato te che sai con certezza tutte queste cose e conosci la vera critica… Io sono certa solo di non sapere nulla, socraticamente parlando.
Il testo è questo:
Agli dèi della mattinata
Il vento scuote allori e pini. Ai vetri, giù acqua.
Tra fumi e luci la costa la vedi a tratti, poi nulla.
La mattinata si affina nella stanza tranquilla.
Un filo di musica rock, le matite, le carte.
Sono felice della pioggia. O dèi inesistenti,
proteggete l’idillio, vi prego. E che altro potete,
o dèi dell’autunno indulgenti dormenti,
meste di frasche le tempie? Come maestosi quei vostri
luminosi cumuli! Quante ansiose formiche nell’ombra!
(F. Fortini da Questo muro, 1973)
Merita davvero tanta attenzione e tante polemiche? Credo abbia ragione Mary Blindflowers: “c’è di meglio in cui spendere il proprio tempo”.
Insomma Abate, Fortini poeta deve piacere a tutti per forza se no tu levi la stima alle persone che osano avere un parere proprio. A questo punto siamo arrivati? Mah, e se ti dicessi che a me la suindicata poesia non dice nulla contenutisticamente e stilisticamente? Niente ritmo, nessuna ricerca sulla lingua, immagini piuttosto stereotipate e stra-abusate. Una poesia innocua, classicheggiante e vetusta. Che fai Abate ora mi spari? La tua totale incapacità di sopportare un parere diverso dal tuo è quasi divertente.
@ Blindflowers
“Che fai Abate ora mi spari?”
No, ti lascio a sguazzare nel tuo brodo ( come ti consigliai di fare nei confronti dei tuoi “persecutori” su FB).
Abate, per questo hai montato tutto questo delirio? Per farti un brodo? Non hai tempo per controrecensire ma hai tempo per continuare a mandare messaggi su messaggi. Per quanto intendi continuare? Giusto per sapere… Avvertimi quando hai deciso di smetterla.
@ Ottaviani
Ti stimavo, anche se ci siamo da tempo persi di vista. E pure di recente ho fatto il tuo nome per quella antologia di poeti italo-spagnoli che sai. Ora, però, mi devo ricredere anche su di te. Ricompari dopo anni su Poliscritture, e va bene. Ma per difendere la signora “maltrattata” e fare le pulci su Fortini (da morto)? Su, su, sottrai dalle grinfie del “fascista” Abate la signora e correte insieme a spendere il vostro tempo dove c’è “di meglio”!
A questo punto non c’è più dibattito, e forse non c’è mai stato. Mary Blindflowers mi pare divorata da una ossessione iterativa non razionale, i suoi interventi non partono dai testi e le sue risposte sono costruzioni psicologiche che si creano bersagli immaginari (io, ad esempio, divento nelle sue un sostenitore del sistema. Ma va là e smetti di straparlare e sragionare!). Ma a parte le evidenti distorsioni psicologiche e logiche, ciò che è più grave e che impedisce un vero dibattito è che Mary Blindflowers spazia da Virgilio («come avrebbero fatto se no Orazio, Virgilio e Tito Livio ad essere imperituri nei secoli se non avessero dato il culo a Ottaviano Augusto?») a Calvino («Ma se lo stesso Calvino raccomandava i suoi pupilli nei concorsi letterari, di cosa stiamo parlando?») ecc.; dalla crisi delle vendite del libro e quindi delle librerie alle strategie editoriali degli editori, tutto giudicato un abisso di immoralità e di legami privilegiati (raccomandazioni, clientelismo di partito ecc.), ma tutto giudicato in modo uniforme, senza la minima distinzione analitica storica e sociologica (ad esempio: le modalità, lungo i secoli e i millenni, di formazione delle classi dirigenti, alle quali gli scrittori di successo appartengono; le modalità sociali di diffusione delle opere letterarie e la loro funzione; le trasformazioni sociali, economiche, commerciali e tecnologiche che determinano i fenomeni della produzione e circolazione del libro, ecc. ecc.). Per cui alla fine la sua opinione diventa una specie di ideologia, anzi di religione, bloccata attorno ad alcuni dogmi. Il giudizio sulla poesia di Fortini, all’interno di questo modo di ragionare, diventa solo un esempio fra i tanti possibili e perde ogni sua specificità.
E contro i ragionamenti che si basano su dogmi e nemici immaginari, che si ergono a pseudo-religione, non c’è nulla che tenga.
Mary Blindflowers ripete: « io ragiono con la mia testa». Ha ragione, e si vede! Lei non tiene conto delle teste degli altri, non considera gli altri degli interlocutori, ma solo dei seguaci o dei nemici. Lasciamola dunque ragionare con la sua testa e con i suoi dogmi.
Caro Aguzzi con la scusa del periodo storico, giustificate l’ingiustificabile, vero è che la raccomandazione dai tempi dei romani ad oggi è sempre esistita ma ammettere questo come tollerare un parere differente su un vostro mito intoccabile, vi turba al punto da arrovellarvi in speciose ragioni irragionevoli e da ragionare senza leggere il testo se non col metro del partito. Parlare con voi è inutile perché siete incapaci di qualsiasi analisi che esuli dalla critica di parte, completamente ciechi di fronte a un testo che però parla da solo e che pretendete di inquadrare in un sistema storico-politico per dargli un valore e una profondità che non possiede affatto, un po’ come i lavori di Andy Warhol che non valgono una cicca fritta ma inquadrati in un sistema politico diventano arte, peccato che di fatto restino lavori mediocri buoni solo per fare business, dato che nemmeno disegnava. Chi ragiona come voi col metro della politica, è la principale causa di un imbarbarimento in tutte le arti che trovano in intellettuali come voi la loro assurda giustificazione pseudo-filosofica d’esistere e non c’è cosa peggiore per la ragione che voi dite di difendere, avere dei miti costruiti e intoccabili. E continuate a rispondere sempre con argomenti vaghi che esulano dal testo. Ci troviamo di fronte a una poesia. Spiegatemi con parole vostre, invece di criticare me, perché sarebbe splendida, dato che io tutto questo splendore non lo vedo, o siete buoni a non dire nulla criticando me? Non spostate la vostra preziosa attenzione su di me ma sul testo. Convincetemi della sua profondità. Lasciate perdere Pansa e Ottaviano Augusto, visto che siete tanto bravi spiegate lo splendido fascino di questa poesia. Lo sapete fare? O ripetete come un pappagallino le frasi dette da altri?
@Abate
La tua stima? Significa solo che apprezzavi le mie poesie e i miei saggi. Mai altro ho proposto ad alcuno. E quella stessa stima me l’avevi già tolta quando osai criticare un tuo testo. Non so e non mi importa sapere se ciò ha comportato anche un rovesciamento del tuo giudizio sui miei lavori. Apprendo solo ora da te che hai fatto il mio nome per l’antologia italo-spagnola. Sapevo che ero stato segnalato da altri, sempre loro libera sponte. Ma detta così sembra assumere il vago sapore di un ricatto del quale beatamente m’infischierò. Infine non correrò in soccorso di nessuno ché Mary Blindflowers ha ben mostrato di sapersi difendere da sola…. Eppure sarebbe bastato signorilmente chiedere scusa. Ma, come disse Totò, “Signori si nasce!”
@ Ottaviani
” E quella stessa stima me l’avevi già tolta quando osai criticare un tuo testo.”
Niente affatto. E lo prova il fatto che, pur avendo interrotti i nostri scambi, ho proposto spontaneamente il tuo nome per quell’antologia. ( Sulle “scuse” ho ora fatto una domanda nell’APPUNTO 4: “Chi “maltratta” chi in questo scambio?)
APPUNTO N. 4
PER UN BILANCIO CRITICO DI QUESTO POST E DEI COMMENTI CHE HA SUSCITATO
Questo post sta diventando il termometro che misura la febbre di un malato. Il malato è il “noi” pubblico (che si occupa di poeti e poesia). Non riusciamo più non solo ad intenderci, ma ad ascoltarci. Quindi dialogo impossibile, concordo con Aguzzi. Pur deluso, ho resistito alla tentazione di censurare i commenti, improvvisamente in crescita. Mi sono detto: saranno il documento della crisi “comunicativa” che arriva anche nello spazio di Poliscritture. Ma sento anche il bisogno di definirla, capirla di più, intendere cos’è in gioco in questo scontro di emozioni e idee. So che ci vorrà del tempo. Nei commenti sono venute fuori cose cotte e crude (o crudissime) e la voglia di smettere di leggerli e di analizzarli è forte. Io per ora mi limito a proporre alcune ipotesi:
1.
Siamo di fronte ad uno scontro tra difensori della ragione (io, Aguzzi, Locatelli) e una “destrutturatrice” della ragione? (Blindflowers, come ho detto, ha presentato sul suo blog un manifesto del “destrutturalismo”)
2.
C’è una gestione dell’aggressività “misurata” (sempre relativa e valutabile soggettivamente, è vero) e una gestione che va “oltre la misura”? (O, detto altrimenti: Chi “maltratta” chi in questo scambio?).
3.
Uscendo dai personalismi e dalle affermazioni estreme e assolute (tu sei patologico/a, fascista, sinistrorso/a, destrorso/a e via etichettando) dov’è il “fumo” e dove l’”arrosto nelle cose dette da Abate, Aguzzi, Blindflowers, Lucio Pistis & Sandro Asebès©, Locatelli ?
Il “fumo” non è mai tutto da una parte e l’”arrosto” tutto dall’altra parte. Ma uno sforzo per capire le ragioni qui contrapposte chi lo fa di più?
Io e Aguzzi, dicendo certe cose, siamo “la principale causa del fallimento culturale di questo Paese”?
Lucio Pistis & Sandro Asebès© sono rappresentanti – consapevoli o inconsapevoli – di un “revisionismo letterario” che li avvicina a quello “storico” di un Pansa o sono i sani demolitori di Autori “mitizzati” che hanno avuto una fama immeritata dando “il culo” (a Ottaviano, al Duce, ai Partiti della Repubblica)?
La poesia ha o non ha a che fare con la prosa e con la politica (e con l’editoria o i mass media che ne amplificano o riducono il valore del suo messaggio)?
Abate il bilancio critico tu e Aguzzi fatelo con la vostra critica sul testo di Fortini, non spostando volutamente l’attenzione su di me per insultare. Il resto è noia. State parlando di nulla. Resta il testo è non è proprio un granché.
Scusate i refusi, sto col cellulare, se non mi rinfacciate pure quelli…
@Abate
Ti sbagli. Riguardati gli archivi. “Con te non voglio più niente a che fare” scrivesti dopo che io avevo criticato un tuo testo su Baronissi…
@ Ottaviani
Non trovo questo mio testo e non ricordo in che occasione ho scritto queste parole che mi attribuisci. Se possibile, inviami a ennioabate@alice.it, e ti dirò.
@ Ottaviani
E ancora a riprova del tuo atteggiamento prevenuto. Ho trovato il passo incriminato:
4 gennaio 2018 alle 11:14 Modifica
@ Ottaviani
Vedi che il pargoletto acido sei tu. Presentandoti con “faccia d’uom giusto” (“Ennio è un uomo intelligente, autocritico e buono e mai me ne vorrà!”), ti sei messo a fare le pulci al mio lavoro come un arcigno professore di liceo. E continui a sbeffeggiarmi indirettamente, senza nominarmi. Mi spiace solo di aver tentato ancora di dialogare con te. Chiuso.
Rispondi
‘Chiuso’ ,nel contesto del post che chi ha voglia può esaminare a questo link:https://www.poliscritture.it/2017/12/29/barunisse/, non mi pare equivalga a: “Con te non voglio più niente a che fare”. Maronna mia, addò simme finite!
@Abate
No, non ho tempo per queste ricerche. Mi fido della mia memoria. Io ricordo. Se tu vuoi smentirmi apri i tuoi archivi. Il tuo testo iniziava più o meno così: “Che senso ha oggi (o a chi) parlare di Baronissi?”. So per certo, perché fattami “de visu”, che la mia segnalazione per l’antologia italo-spagnola è stata idea di altri. Posso sbagliare, ma visto che tu menti (o non ricordi) sui veri motivi del tuo ostracismo nei miei confronti mi è più facile credere che tu, obtorto collo, abbia dovuto fare buon viso di fronte al mio nome presentato da altri…
@ Ottaviani
Comodo buttare il sasso e nascondere la mano. Nel mio archivio non ho trovato nulla, perciò ti ho invitato a inviarmi quello che avrei scritto. Tu accusi e tu devi provare.
@ Ottaviani
Sul secondo punto, malgrado la meschinità del tuo atteggiamento nei miei confronti:
da Ennio Abate R: Auguri e novità 1-gen-2019 21.48
Da: ennioabate@alice.it (ennioabate@alice.it) aggiungiblocca Mostra dettagli
A:
Caro Alessandro,
grazie per questa tua proposta davvero interessante. Non so quale sia il tema della antologia in programma. E perciò ho fatto una cernita solo degli autori finora pubblicati su Poliscritture e in base alla loro qualità in generale. E per ora ti mando due liste:
A. autori da me preferiti (e mi ci metto anche io):
Ennio Abate, Marcella Corsi, Anna Maria Curci, Eugenio Grandinetti, Sonia Lambertini, Giorgio Mannacio, Luigi Paraboschi, Antonio Sagredo.
B. autori di buon livello:
Franco Arminio, Leopoldo Attolico, Francesco Di Stefano, Arnaldo Ederle, Paolo Ottaviani, Lucio Mayoor Tosi, Donato Salzarulo, Rita Simonitto, Fabio Strinati, Armando Tagliavento, Alberto Tomiolo.
Dai un’occhiata e riparliamone quando il vostro progetto sarà più definito.
Per il resto, escludendo la situazione politica che è peggiorata col governo Lega-M5S demagogico e populista, inaccettabile quanto lo erano i precedenti di centro sinistra, le cose in famiglia e le attività a cui tengo (Poliscritture, ricerca di interlocutori, sistemazione dei miei scritti) procedono abbastanza bene.
Ti auguro un buon 2019
Un abbraccio
Ennio
Mi chiedo: ha senso che continuate? Mi pare che sia un percorso che non aiuta nessuno.
Un tempo si diceva che il troppo stroppia.
Voltiamo pagina.
Grazie
Giulio Toffoli, nessun senso, tanto nessuno risponderà mai in merito al testo perché si ragiona con logica da fast-food. Amen. La messa è finita, andate in pace. Io chiudo, voi continuate pure.
@ Toffoli
Giulio, mi permetto di dissentire. Non dico che si debba continuare così con questo dialogo tra sordi ma, prima di voltare pagina, mi pare necessario capire le ragioni di fondo del dissenso. E, per questo, nell’Appunto 4 ho abbozzato delle domande “aperte”. Se quanti finora sono intervenuti (magari fin troppo) non ci sono riusciti, sarebbe bene che ci provino altri che si sono esposti di meno. Altrimenti, anche dopo che questa pagina fosse voltata, resta qualcosa di non detto e un sentimento di sfiducia nella discussione pubblica.
Abate resta che vuoi avere ragione per forza, ma non hai nulla da fare? Non lavori? E meno male che non avevi tempo per una controrecensione sul testo ma per fare chiacchiere su web ne hai e pure tanto. Ti saluto. Dite e pensate quel che vi pare, anche tutto il male possibile. Mi sono stufata e mi si scarica il cellulare. Buone cose.
@Abate
Ho memoria e coscienza a posto. Non sono abituato a mentire. Tu hai detto di non voler più niente a che fare con me quando io ho criticato un tuo scritto su Baronissi. Non puoi chiedere a me di rintracciarlo. Sei tu il responsabile del tuo blog e solo tu puoi, se vuoi, rintracciare quell’articolo e i relativi commenti. Altrimenti è come chiedere all’agnello le prove dei morsi del lupo. L’agnello non ha prove ma ha certa memoria dei morsi. Altro che “tirare il sasso e nascondere la mano”! La lettera che produci fotografa le tue contraddizioni. Da una parte fingi di non ricordare il tuo giudizio sprezzante su di me “il professore di liceo con la matita rossa” (io non ha mai insegnato in alcuna scuola!), poi mi giudichi “di buon livello” (ridicolo!) in una segnalazione mai da me sollecitata o richiesta e infine mi dai del meschino. Forse sei un po’ confuso, caro Ennio Abate. Per me la storia finisce qui. Buona vita.
@ Ottaviani
Quindi – fammi capire – tu non sei “abituato a mentire” mentre io lo sarei, visto che hai scritto: “Posso sbagliare, ma visto che tu menti (o non ricordi) sui veri motivi del tuo ostracismo nei miei confronti mi è più facile credere che tu, obtorto collo, abbia dovuto fare buon viso di fronte al mio nome presentato da altri” ?
E continui a scrivere: “Tu hai detto di non voler più niente a che fare con me quando io ho criticato un tuo scritto su Baronissi”, anche dopo aver letto i due miei precedenti commenti (https://www.poliscritture.it/2020/01/17/fortini-pasolini-e-il-realismo-piu-reale-del-re-quello-dei-dominatori/#comment-95479 ; https://www.poliscritture.it/2020/01/17/fortini-pasolini-e-il-realismo-piu-reale-del-re-quello-dei-dominatori/#comment-95478 )?
E ti senti un agnello morsicato dal lupo, che sarei io?
Caro Ottaviani,
sia lo scritto “Barunisse” che ho ritrovato, malgrado il tuo altezzoso rifiuto di cercarlo, sia la mail del gennaio 2019 ad Alessandro per l’antologia dei poeti italo-ispanici dimostrano che il mio ”ostracismo” nei tuoi confronti te lo sei inventato tu e che io avevo proposto il tuo nome spontaneamente e non “obtorto collo”, come hai scritto. E non vedo quale “ricatto” ci sarebbe da parte mia a ricordarlo ora.
Tu parli di mie “contraddizioni”. Io, invece, vorrei che riconoscessi un mio atteggiamento di apertura che non viene mai meno anche verso le persone che la pensano diversamente da me; o che, se poeti, si muovono su prospettive lontane dalla mia .
Via anche la foglia di fico del vittimismo, per favore che ha inquinato abbondantemente anche questa ultima discussione. Tu non sei un agnello né io sono un lupo. Mi hai mosso spesso delle critiche ed io pure te ne ho mosse. E ciascuno secondo il proprio stile (aspro o velato). Da uomini liberi, adulti e alla pari. Se, dopo quello scambio del 2017 o questo d’oggi dobbiamo prendere atto dell’impossibilità di un dialogo più fraterno e costruttivo tra noi (questo era del resto il senso del mio “Chiuso” nel 2017, che tu hai trasformato in “ “Con te non voglio più niente a che fare” ), non capisco perché dovrebbe venir meno la stima fra di noi. La mia nei tuoi confronti era rimasta (e perciò avevo fatto il tuo nome per l’antologia). E resta pure adesso, anche se – come scrivi – la storia tra noi dovesse finire qui. Buona vita anche a te.
P.s.
Trovi ridicolo che ti abbia messo nella categoria dei poeti “di buon livello”. E perché mai? Non c’è la libertà e la soggettività dei giudizi tanto esaltata in questo post da te e Mary Blindflowers? Nei confronti di Fortini va bene e nei confronti tuoi (o miei) no?
Su «Questo muro» di Franco Fortini esiste un’ampia letteratura. Pier Vincenzo Mengaldo gli ha dedicato un lungo saggio in «Letteratura italiana Einaudi. Le opere», a cura di Alberto Asor Rosa, vol. IV tomo II. Leggibile anche in file:///D:/Libri%20digitali%20D/Mengaldo%20Pier%20Vincenzo,%20«Questo%20muro»%20di%20Franco%20Fortini%201996.pdf.
Una scheda su Franco Fortini con alcune considerazioni sulla poesia «Agli dèi della mattinata» anche in https://altritaliani.net/nel-centenario-della-nascita-di-franco-fortini/ dove Gaetanina Sicari Ruffo (27 giugno 2017) scrive, fra l’altro:
«Tra i maggiori poeti e saggisti europei del secondo dopoguerra […]. Il suo classicismo inquieto e manieristico, la sua capacità di connettere letteratura e storia, la sua tensione etico-politica di matrice marxiana, ne fanno un intellettuale sui generis tra i letterati italiani. La sua intensa attività di traduttore (Milton, Goethe, Kafka, Brecht, Eluard, Proust) e la sua apertura alle letterature e alle storie di altri paesi, sono testimonianza altresì di un cosmopolitismo interculturale quanto mai attuale in tempi di ritorni nazionalistici e xenofobi.
[…] Il suo ritmo di traduttore e di saggista fu davvero intensissimo: Goethe, Milton, Kafka, Brecht, Einstein, Eluard, Proust, Lukàcs, Adorno, i formalisti russi e molti altri.
Figura complessa, ha dato sviluppo al dialogo culturale italiano del dopoguerra come critico di punta, intervenendo in numerose questioni di allora con il suo autorevole giudizio e la sua grande preparazione.
Assolutamente libero ed autonomo, ha incarnato diverse funzioni lungo la sua carriera, senza aderire a nessuna corrente letteraria tranne che all’ermetismo iniziale. Fu docente nella Facoltà di Lettere e Filosofia di Siena e molto noti furono i suoi seminari di Studi in Italia ed all’estero sul Simbolismo, Surrealismo, sulle Teorie letterarie in Francia, su Dante, Manzoni, Noventa, Proust e tanti altri ancora.
Oltre all’innumerevole saggistica su autori italiani e stranieri, io l’ho conosciuto soprattutto come poeta dalle ampie aperture al cosmopolitismo contro il chiuso nazionalismo e la xenofobia, diverso dal Croce nel sopravvalutare la poesia lirica come espressione del sentimento soggettivo, influenzato piuttosto dal poeta americano Edgar Lee Master e dal triestino Umberto Saba, ha scritto componimenti apparentemente prosastici, rinnovando profondamente il dettato poetico e attingendo la liricità da elementi esterni al testo, intrecciati con allusioni e richiami.
Il suo è un discorso polisemico a vari livelli e nella sua ambiguità sta la sua originalità. Non è una poesia solo ferma alle apparenze, concreta, fatta di cose, ma allusiva ed impegnata. Talvolta dalla sofferenza della quotidianità emerge l’impegno sociale e politico molto profondo. E’ una poesia portatrice di messaggi veritieri che riflette una coscienza formatasi attraverso prove durissime e contrasti drammatici, limpida e retta.
Il poeta non si sofferma sugli eventi, ma predilige un linguaggio atemporale costruito su una forte base classica che trasforma in vari modi.
Il vento scuote allori e pini. Ai vetri giù acqua/
Tra fumi e luci la costa la vedi a tratti, poi nulla./
La mattinata si affina nella stanza tranquilla.
Un filo di musica rock, le matite, le carte./
Sono felice della pioggia. O dei inesistenti,/
proteggete l’idillio, vi prego. E che altro potete/
o dei dell’autunno indulgenti dormenti,/
meste di frasche le tempie? Come maestosi quei vostri/
luminosi cumuli! Quante ansiose formiche nell’ombra!
Versi essenziali, allusivi alla grandezza del mito superbo e d’altra parte allo squallore della morte! Due aspetti in forte contrasto tra loro che suscitano una varietà di pensieri ed accostamenti!».
Non condivido totalmente né il saggio di Mengaldo né la scheda di Sicari Ruffo, che riporto fra le tante citazioni possibili per dire tre cose:
1) L’importanza di un autore, al di là di una sua singola poesia, sta nel ruolo storico complessivo che ha svolto. Fortini è una presenza forte nel panorama letterario italiano della seconda metà del Novecento e la sua collocazione di rilievo se l’è guadagnata con il percorso dell’intera vita, dalla lotta partigiana (in Val d’Ossola, lui, di famiglia ebraica e costretto a rifugiarsi in Svizzera), all’intensa attività di saggista e traduttore presente, in modo autorevole, nel dibattito culturale. E poeta che esprime in testi mai banali la parte più intima, anche problematica e contraddittoria, della sua esperienza; poeta che cerca anche strade innovative nella costruzione metrica e nell’elaborazione della forma in cui si esprime.
2) Quindi, al di là della condivisione o meno della sua opera, è un autore che merita rispetto e critiche, quando è il caso, meditate e articolate, non semplicistiche e liquidatorie sulla base di assunti banali quali il presunto successo perché “raccomandato”.
3) «Agli dèi della mattinata» è considerata una delle sue poesie più alte da molti, sia lettori comuni sia critici professionisti esperti. Possono sbagliarsi? Sì, possono anche sbagliarsi e tutti hanno il diritto di pensarla diversamente, ma se si vuole essere dentro un dibattito e non giudicare da fuori con prese di posizioni estranee al dibattito, sarebbe necessario tenere conto del parere autorevole di altri, e non liquidare tutto come prodotto di corruzione etica-estetica-editoriale-politica ecc. E contestare il parere di altri con argomentazioni specifiche, articolate e solide, perché, guarda un po’, fra chi ritiene Fortini una presenza forte ci sono lettori delle più diverse provenienze culturali e politiche e non è affatto vero che si possa attribuire il “successo” di Fortini solo a una parte politica individuabile in modo stretto.
Ad esempio, l’Editore Marzorati, che non è certo sospettabile di partigianeria comunista, pubblica l’opera – raccolta di saggi «Novecento. Gli scrittori e la cultura letteraria nella società italiana» (1980-1989), diretta da Gianni Grana, che dedica un capitolo (volume IX pp. 8667-8703) a Fortini scritto in parte da Giovanni Raboni e in parte da Pier Vincenzo Mengaldo) e un altro capitolo di aggiornamento (volume XI tomo II pp. 765-771) scritto da Giuseppe Zagarrio.
Diversità di autori e di giudizi che testimoniano che Fortini non è un “fenomeno” da attribuire alla moda provvisoria e alle provvisorie sorti politiche e amicali di questo o quel gruppo, ma che ha una consistenza che va oltre i fenomeni passeggeri e di parte e che si deposita nella storia della cultura, della letteratura, della poesia. Da qui si può partire per darne giudizi diversi, anche critici, anche molto critici se si vuole, ma è da qui che bisogna partire, da questa storia, da questa sua storia.
…scusate, ma nella trascrizione della poesia di F. Fortini, manca il quarto verso che a me sembra fondamentale per comprenderla:”…la mattinata si affina nella stanza tranquilla…”. Una poesia che a me piace molto, come lettrice, mi ricorda “La quiete dopo la tempesta” di G. Leopardi e mi trasmette serenità…momentanea, come sempre
Nota di E. A.
Ho aggiunto il verso mancante nella poesia di Fortini riportata da Luciano Aguzzi
Il link corretto del saggio di Mengaldo in «Letteratura italiana Einaudi» dovrebbe essere questo: http://mcozzapoesie.altervista.org/joomla/pdf/Fortini2.pdf
La signora Mary Blindflowers aveva lasciato questo commento definitivo:
Mary Blindflowers20 Gennaio 2020 alle 18:35 Modifica
Abate resta che vuoi avere ragione per forza, ma non hai nulla da fare? Non lavori? E meno male che non avevi tempo per una controrecensione sul testo ma per fare chiacchiere su web ne hai e pure tanto. Ti saluto. Dite e pensate quel che vi pare, anche tutto il male possibile. Mi sono stufata e mi si scarica il cellulare. Buone cose.
Pertanto ho eliminato un altro commento che ripete quanto abbondantemente da lei già esposto. Buone cose e stop al dialogo tra sordi.
AL VOLO/ ENEA E CAPRONI
(con qualche analogia con quel che si tenta di fare in Poliscritture…)
proprio la solitudine è determinante per l’attualità e quasi l’atemporalità di questo Enea: «l’uomo colto nella sua più assoluta solitudine, simbolo, per me, dell’uomo di quegli anni, e forse non soltanto di quelli, se ancora oggi ci troviamo soli di fronte a una tradizione che sta per sgretolarsi e una speranza che non riesce a prendere consistenza». E ancora: «Sono i miei consueti temi, più scarniti: la solitudine dell’uomo d’oggi nella massa, forse la morte stessa dell’uomo, Enea sempre più solo e che sempre meno sa quale città fondare».
(Da GIORGIO CAPRONI, IL MIO ENEA
di Alessandro Fo
http://www.leparoleelecose.it/?p=37547)
Avendo in mente i commenti di questo post…
AL VOLO/ UN COMMENTO DI GIUSEPPE C. SU “LE PAROLE E LE COSE” A PROPOSITO DELLA FUNZIONE DEL CRITICO “ISOLATO E INVISIBILE” IN TEMPI DI SMARRIMENTO DEL SENSO CRITICO
Quindi va bene il critico isolato e invisibile, ma la sua invisibilità è sana o patologica a seconda della rete culturale che siamo in grado di tessere. Al momento, il critico è più saltuario, meno sistematico, non scrive per raccogliere i suoi scritti, e pubblica dove può. Ma, nei casi migliori, questo non è un limite: anzi, induce a un senso di responsabilità molto più severo, a un contatto più quotidiano con un futuro che non si ricorderà di noi.
(http://www.leparoleelecose.it/?p=37529#comment-424910 )
In questi giorni sto leggendo i saggi di Pier Vincenzo Mengaldo su Franco Fortini, “I chiusi inchiostri”, e mi sono imbattuto su un suo giudizio più che positivo per una poesia di Fortini “agli dei della mattinata”, che nella mia ignoranza non conoscevo. “Agli dei …” è definita come “…uno dei tuoi testi più alti, una di quelle liriche in cui è la cultura stessa a farsi, per alchimia, poesia.” Allora per rimediare alla mia lacuna l’ho cercata in rete per leggerne immediatamente il testo e il primo risultato proposto è proprio questa serratissima discussione sviluppatasi su Poliscritture ormai 2 anni fa…
L’impressione generale riguardo i toni usati in molti interventi, soprattutto di chi voleva, legittimamente, discuterne il valore con un giudizio opposto a quello di Mengaldo ma fin troppo liquidatorio, è stata di stupore. La questione si è trasformata da una valutazione critica su un testo ad una scelta di campo, uno scontro ideologico fra schieramenti non solo avversi ma nemici. Probabilmente questo è un aspetto che Fortini, e chi lo stima, si porta dietro proprio in ragione del suo collocarsi precisamente, da intellettuale e poeta allo stesso tempo, in una parte politica definita. E che questo generi una sorta di pre-lettura dell’opera poetica.
Provo a dire sommessamente e fuori tempo la mia sulle due critiche che maggiormente mi hanno colpito:
– questa non è poesia, questo testo è prosa;
– l’opera di Fortini (e Pasolini) gode di buona critica non per il valore intrinseco ma per la sua collocazione politica all’interno di un sistema partitocratico.
Sul primo punto credo che la discussione sia destinata a non concludersi mai, direi anche per fortuna, altrimenti dovremmo certificare la fine di una forma d’arte come la poesia e la sua incapacità di rinnovarsi. Invece credo che continuare a farsi la domanda se davanti ad un testo siamo in presenza di poesia o prosa dimostri la vitalità di una prassi artistica. La differenza sta nel tipo di risposta che forniamo alla questione: sentenziare che quel testo non è poesia ma è prosa, sottintendendo un giudizio negativo, un disvalore della seconda rispetto alla prima, ecco questo non lo condivido. Condivido l’opinione di Aguzzi quando scrive: “A mio parere non esistono confini fra poesia e prosa, non esistono categorie capaci di discriminare con sicurezza ciò che è poesia e ciò che è invece prosa.” La poesia per me non è un valore aggiunto ad un testo, o addirittura ad una condizione esistenziale, secondo una interpretazione molto in voga nei social. Tutto dipende dalla forma e contenuto di quel testo: se anche “Agli dei della mattinata” non fosse poesia questo ne farebbe diminuire il valore?. Per quanto mi riguarda io la considero una poesia. E’ vero che nei primi versi il punto finale del verso coincide con il contenuto del testo ma si tratta di quattro istantanee brevi, che delineano in sintesi una condizione esistenziale, un panorama al quale si affaccia il poeta. Lo stile è preciso, nitido, non retorico e questo me lo fa apprezzare.
La parte più lirica è nei versi successivi, dove c’è una sorta di invocazione ironica agli dei, inesistenti, ai quali sembra che l’autore chieda la sospensione di quel momento, di quell’ “idillio”. Condivido l’osservazione di Simonitto che: “Essi sì ‘esistono’, ma come prodotto di una nostra proiezione talmente densa da sembrare reale; così come la natura non “è” matrigna, essa semplicemente è, a prescindere dalle nostre attribuzioni. Il conflitto pertanto sta dentro di noi, tra il nostro desiderio e la realtà.”
La metafora finale delle formiche, richiama ad una condizione delle masse presenti nella “storia” senza una soggettività politica propria ma determinata dalla loro natura, un concetto espresso magistralmente non con un saggio sociologico ma con un verso
Sul punto della critica favorevole immeritata di Fortini e Pasolini capisco che, rimanendo a questa poesia, “Agli dei…” possa non essere il capolavoro della poesia moderna e contemporanea e possa non essere apprezzata. Fortini come qualsiasi altro poeta può semplicemente non piacere per questione di “gusto”.
Da qui a promuovere una “crociata” per la liquidazione dell’opera nel suo complesso, con l’argomentazione che la sua fortuna sia stata determinata dalla collocazione ideologica di Fortini in quel determinato contesto, mi pare davvero eccessivo. Condivido nella discussione sul sistema editoriale l’analisi di Aguzzi, in quanto rappresenta una descrizione della realtà e non un giudizio di valore. Può non piacere ma se ne deve prendere atto in maniera razionale. E’ come se per il fatto di definirmi un nonviolento, un pacifista, per semplificare con una parola concetti ben più ampi, io posso ignorare che in questo momento c’è una guerra in corso al centro dell’Europa e non farci i conti. D’altra parte è inevitabile che qualsiasi autore, una volta riconosciuto dalla critica, possa poi godere di un credito positivo non sempre giustificato e che anche la sua collocazione in un determinato contesto storico possa trarne vantaggio. Ma questo vale per tutti: non si può prescindere dalla propria collocazione storica, nessuna attività umana si sviluppa nel “vuoto”, tanto meno quella letteraria.
Ciao Luca, sono fondamentalmente d’accordo con le tue riflessioni, e commento personale, intorno alla poesia di Franco Fortini. Una poesia che mi è molto piaciuta per quel respirarvi un’aria rarefatta, un raccoglimento particolare, in rari momenti di certe rare giornate, quando si riesce a tenere controllata l’ansia e si guardano le cose semplici di casa con tenerezza rassicurante, magari tra, o proprio a causa di, due situazioni travolgerti: un temporale che si scatena a scrosci d’acqua sui vetri di casa, ma sembra anche lavare via pesanti atmosfere…e quelle formiche che rodono nell’ombra con la loro accellerata attività di pensiero e di preoccupazioni…Il poeta Fortini sembra invocare gli dei inesistenti della mattinata: “…proteggete l’idillio, vi prego” come rivolgendosi a se stesso, nell’autunno dell’età, chiedendo di essere piu’ indulgente e concedergli quello spazio breve di pace domestica