ENNIO ABATE

VI
oh alto immigratorio sognato,
buon delirio giovanile
stacco dalla città-madre-presepe  
buon delirio giovanile [e]
[ma quanto] dolente  ricerca  di Donna
sosta d’ansia  e ritrovata immagine
balenata tra i geloni dei freddi d’infanzia 
che poi poesia  la chiamavano loro
ma nel Lavoro che la strappa
reinventarla  in alto immigratorio di desideri
ondeggiare  mentre con tutto il  corpo caldo e teso
già andava  in mezzo a sconosciuti
in stanzoni scaldati dal respiro  d’impiegati
martoriati in decenni d’ufficio
di benessere
di bassi sorrisetti copertura
[con voglie e bassezze da cessi di pensione]

 

VII
oh basso basso immigratorio
nelle pensioncine  sue cellette monacali
eremi di lettura  turbati da languori e sognacci
da stridii di tram fino a notte fonda
da padroncine – no cibo in stanza, no donne – 
volti di cane che fiutano il proibito
tra le ciglia e la pupilla insonnolita

(da IMMIGRATORIO D’AMMORE 2008)

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