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Il Gioco Segreto…che ci ha regalato quarant’anni

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Le armi segrete dell’impero, e la sua nemesi

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AI, Lavoro e Capitale

di Paolo Di Marco

1- AI

Ne suo articolo seminale (Computer Machinery and Intelligence, Mind 1950) Turing non chiede cosa sia l’intelligenza -compito disperato, dice- ma sostituisce la domanda con un’altra, rappresentata dal ‘gioco dell’imitazione’: una persona in una stanza deve indovinare mediante una serie di domande se il soggetto al di là della parete sia uomo o donna o, successivamente, macchina. Questo verrà poi chiamato test di Turing e rappresenta tuttora il criterio principe del riconoscimento di una Intelligenza Artificiale (in breve AI).
Ma c’è un problema: l’equivalenza fra le due domande è ingannevole; Turing non ci dice che la macchina al di là della parete è intelligente, ma che è indistinguibile. E nel 1950, dato lo stato delle conoscenze sull’intelligenza, questo poteva essere considerato soddisfacente.
Questa attenzione al risultato (il cosa), indipendentemente dal modo di raggiungerlo (il come), viene mantenuta in tutti gli sviluppi successivi, a partire dal convegno ‘fondativo’ del ’56 organizzato a Dartmouth da McCarthy, dove filosofia e scienze neurocognitive sono del tutto marginali rispetto al nucleo matematico-ingegneristico (‘quando il seminario inizierà avremo un accordo eccezionale sulle questioni filosofiche e linguistiche così potremo perdere poco tempo con quelle quisquilie’ scrive Minsky). Il risultato principale del convegno è porre le basi della ‘AI simbolica’ come insieme di regole per la manipolazione di simboli matematici.
Grazie a questo percorso nascono i primi ‘sistemi esperti’: un esempio interessante è il programma ELIZA (dello psicoterapeuta Weizenbaum) che alla affermazione del paziente ‘Io sono Giuseppe’ risponde ‘Da quanto tempo sei Giuseppe?’ e una successione di domande che rimandano sempre la palla al soggetto, lasciandogli la forte impressione di un colloquio oracolare. (Come un famoso programmino per ragazzi degli anni’60, ‘Pangolino’ che faceva credere al fruitore di avere un programma intelligente).
Come osserva Ross Ashby a Dartmouth ‘quando parte di un meccanismo è nascosta all’osservazione il comportamento della macchina appare notevole’. Ma su questa strada della manipolazione di simboli nascono anche macchine per la ricerca automatica di antibiotici come pure giocatori automatici di scacchi (Deep Blue di IBM) capaci di battere il campione del mondo.
A questo percorso se ne aggiunge in parallelo un altro, tradizionalmente legato al termine di cibernetica: sono tutti i meccanismi a retroazione (feedback) che forniscono i sistemi meccanici di capacità di autoregolazione. Dalla antica chiaccherina dei mulini all’umile sciaquone del wc al termostato questa capacità, aiutata e sviluppata dall’aggiunta di piccoli calcolatori programmabili, oltre a sviluppare l’automazione delle macchine fornisce ai robot un’altra vestigia umana.  McCarthy ci gioca (!973, ‘The Little Thoughts of Thinking Machines’) parlando dei termostati che spengono le caldaie perchè ritengono la temperatura troppo alta, e inizia un’abitudine nominale che si attaccherà alle ‘smart machines (le macchine furbe/intelligenti)’ di oggi.
Anche combinando questi due percorsi il risultato, però, resta insoddisfacente in elementi cruciali, come il riconoscimento delle immagini e del linguaggio: un bambino di un anno ha abilità inimmaginabili anche per le macchine più potenti.
Ma, visto che all’origine della ricerca era stato di fatto esclusa la parte sulla struttura dell’intelligenza umana, il cammino riparte dal gioco dell’imitazione e lo eleva a paradigma; si danno in pasto molti esempi di foto contenenti facce ad una macchina (simbolica) a reti neurali insieme ad un esempio di faccia, e si fanno variare le configurazioni della rete selezionando darwinianamente quelle che che restituiscono la maggior parte di corrispondenze vere, in un processo di affinamenti successivi. È un classico esempio di forza bruta: più esempi si hanno e maggiore è il successo. Altrettanto per il linguaggio. Il successo clamoroso di ChatGPT nell’imitare un colloquio umano è dovuta alla mole enorme di dati che ha avuto in pasto.
Questo però è accompagnato da distorsioni (bias) ed ‘allucinazioni’, che errori non sono ma caratteristiche intrinseche dell’imitazione. (Se pensiamo a un oggetto funzionale con una struttura articolata, un’imitazione può somigliarvi moltissimo ma non cogliere quei particolari che sono essenziali alla funzionalità..si veda anche qui ).
Potremmo dire che l’imitazione produce un linguaggio stereotipato, pieno di tutte le idiosincrasie e presupposti nascosti (che sono parte caratterizzante di ogni linguaggio) mescolati a caso. Come nelle immagini il passaggio dalla Gioconda ad Andy Warhol.
Come sempre poi c’è il diavolo nei dettagli: i modelli basati su una grande messe di dati (LLM) prendono il linguaggio di massa , più facilmente accessibile, e quindi anche privo di parole e costrutti rari. Quindi quello con minor quantità di informazione. E per risparmiare vengono assunti a valutare le parole e i costrutti dei giovani kenyoti sottopagati, come in ChatGP: uno strato di presupposti nascosti sovrapposto ad un altro.

2- lavoro
avvertenza: le previsioni sono basate su calcoli già distorti dalle assunzioni originarie: non si parla infatti tanto di AI quanto di un insieme di AI, automazione, sistemi esperti e simili.
le più accurate sembrano le previsioni IMF, laddove le indagini per paese (Francia, Italia, Cina) sono le più contaminate

A differenza dei redditi da lavoro dove i divari diminuiscono, con l’AI aumentano i divari nei redditi da capitale e nelle ricchezze. La ragione principale è che l’AI porta ad una sostituzione del lavoro e ad un aumento della domanda per capitale in AI, aumentando i redditi da capitale e i valori dei beni di investimento. In ogni scenario i tassi d’interesse (= profitto) di quasi 0,4 punti percentuali, col potenziale di compensare parzialmente la tendenza naturale alla discesa dei tassi di interesse in UK e in genere nelle economie avanzate

Come dicevamo queste previsioni mettono insieme automazione ed AI;

Dato quanto abbiamo detto sulla natura dell’AI, il lavoro più a rischio è quello
-dei livelli bassi del lavoro d’ufficio,
-delle agenzie di viaggio
-fino alle banche, alle agenzie di assicurazioni
-i contabili, rappresentanti di commercio
-gli addetti al ricevimento, i magazzinieri
-cassieri e commessi

non cambia la struttura dei call center e delle assistenze, che sono già state ridotte al momento a programmini tipo Pangolino fatti per impedire contatti telefonici reali;
anche con l’AI la funzione rimane la stessa, solo con un po’ di cipria in più.
Il World Economic Forum stima che l’AI sostituirà 85 milioni di lavoratori entro il 2025.
FreeThink ritiene che il 65% dei posti di commesso potranno essere stati automatizzati per quella data.
PwC valuta che a metà anni ’30 il 30% dei posti di lavoro potrebbero essere automatizzati, vuoi per automazione dei macchinari vuoi per sostituzione di impiegati.

Per il lavoro manuale semplice (dai campi alle città) è la solita automazione e le sue convenienze, l’AI rimane distante.

i limiti
Qualcuno sostiene che insegnanti e dirigenti, per fare due esempi, non saranno sostituibili, ma sicuramente ci proveranno.
Per il lavoro d’ufficio complesso qualcuno può illudersi all’inizio e affidarsi all’AI invece che agli umani, salvo poi , in genere, ricredersi.
Tutto dipende da quanto affamato è in quel momento il capitale finanziario e quanto è disposto a scommettere su di un bluff.

Se andiamo ad immaginare il risutato come sostituto di un nostro interlocutore di un ufficio significa che anche noi dovremo adeguarci a questa povertà informativa, in un continuo ciclo perverso. Ma è un modello di impiegato che entra in crisi ad ogni elemento nuovo od imprevisto; e la cosa si può estendere anche a lavori più impegnativi ma standardizzabili; un radiologo sostituito da un sistema esperto AI addestrato alla lettura delle lastre: funziona mediamente bene..finchè non arriva una malattia nuova (tipo Covid) i cui effetti non sono ancora codificati: o tutti i radiologi licenziati vengono riassunti (ma ormai non si trovano più) o la fiducia nei risultati crolla..e vengono licenziati anche gli amministratori.

Non solo il modello statistico dell’AI codifica tutti i pregiudizi e stereotipi riproducendoli con un’aura di oggettività computazionale. Ma, come dice O’Neil (Weapons of math destruction, 2016) il paradigma dell’AI, che si può leggere come proiettare il passato nel futuro, non funziona proprio in campi che cambiano o si evolvono.

3- il capitale barbone

La svolta avviene a cavallo degli anni ’70: le imprese ai piani decennali, poi quinquennali sostituiscono progressivamente termini sempre più brevi per i rendiconti;
il cambiamento è funzionale al capitale finanziario che diventa predominante, e si arriva fino ai rendiconti trimestrali.
L’attenzione si sposta dal processo produttivo e dall’oggetto al profitto disponibile a breve. La proprietà delle imprese si sposta progressivamente dall’imprenditore al capitale finanziario, la cui presenza dominante nei consigli di amministrazione diventa la norma (BlackRock controlla oggi un terzo delle imprese mondiali, e non è solo).
Il fuoco sul profitto immediato va anche a cambiare la forma del processo produttivo: il percorso laboratorio->fabbrica>grande fabbrica automatizzata non è più la norma, sostituito da processi mirati alla massimizzazione del profitto circolante (come il decentramento in tutto il mondo in cerca del lavoro a minor prezzo; v. la crisi e l’abbandono in Italia di Comau, l’impresa che per un certo periodo era la più avanzata per i processi di automazione).
L’innovazione tecnologica si manifesta sempre più come fuoriuscita dall’impresa madre di singoli o rami eretici, mentre il grosso si riduce a cambiamenti cosmetici che assicurino un rapporto indolore col ciclo del consumo.
Il capitale finanziario nutre una massa di renditieri, di cui alcuni (l’1!%) assorbono cifre paperonesche, ma coinvolge nella propria logica larga parte della popolazione: chi ha un piccolo risparmio, o vende casa ed è in attesa di comprarne un’altra, o ha dei soldi superiori alle necessità immediate lo affida alle finanziarie o alle banche (che lo passano alle finanziarie) e diventa compartecipe della stessa logica: non importa dove e in cosa sia investito, importa che renda il più possibile.
Così la mobilità del capitale finanziario, che dismette e riacquista per il solo tornaconto immediato diventa logica universale. Quella che una volta si chiamava la logica del barbone: meglio un bicchiere oggi che una bottiglia domani.

Questa fluidità del capitale finanziario è l’elemento più appariscente, anche se, volendo completare il quadro, dovremmo parlare delle isole intorno a cui questi flussi girano, dei mescolamenti, dei vortici e coaguli. Che poi descrivono la struttura del potere. La mappa ruota necessariamente intorno a questo capitale che generato dal lavoro se ne autonomizza e lo domina, e da qui allarga la sua sfera a inglobare anche ciò che  all’origine non ne era parte. Allargando anche radici e dimensioni della sua nemesi.
Ma, ricordando come Arrighi ha descritto il flusso del commercio e denaro genovese nel ‘500 (Giovanni Arrighi, Il lungo secolo XX, 2014) e come da questo nacque la Spagna e l’impero di Carlo V, la parte iniziale del lavoro è capire in che acque stiamo navigando.
Che, per tracciar rotte, è parte ineludibile.

Una nota

Quando Marx parla delle merci, osserva come per il capitalista non conti più il loro valore d’uso ma solo il valore di scambio. Che possiamo anche aggiornare dicendo che la presentazione, la pubblicità, la forma sono molto più importanti della funzionalità dell’oggetto.
Questa considerazione vale anche per l’AI. L’interpretazione del gioco dell’imitazione come Santo Graal dell’AI va a braccetto colla natura del capitalismo; e fa ben vedere come l’AI è entrata in sinergia coi mercati ed è evoluta in una disciplina dominata dai giganti della Silicon Valley ed è stata da loro ‘corporatizzata’.
Ma questo con una possibile Intelligenza Artificiale reale c’entra poco.
Come dice Dreyfus (What computers can’t do, ’72) ‘il primo uomo che si è arrampicato su un albero poteva affermare di aver compiuto un progresso tangibile verso l’ascesa alla Luna’, ma purtroppo raggiungere la Luna richiede metodi qualitativamente differenti dall’arrampicarsi sugli alberi.
Per un progresso tecnologico reale le imitazioni non bastano.

bibliografia ulteriore
1- Paolo Di Marco, L’automazione, D’anna
2- Paolo Di Marco, L’organizzazione del lavoro sociale, D’Anna
3- Franco Romanò e Paolo Di Marco, La dissoluzione dell’economia politica
4- Rapporto IMF SDN/2024/001, M. Cazzaniga et alii, Gen-AI: Artificial Intelligence and the future of work
5- Deepak P-Mere Imitation, Psyche/Aeon 24
6- Aghion P.-Artificial Intelligence, Growth and Employment:The Role of Policy
7- Capello, Lenzi-Automation and labour market inequalities: a comparison between cities and non-cities
8- Yang Shen & Xiuwu Zhang1, The impact of artificial intelligence on employment:
the role of virtual agglomeration

Covid, l’ultima parola


di Paolo Di Marco

a) premessa
Con un articolo sul NYTimes del 4 Giugno della biologa molecolare Alina Chan abbiamo finalmente e pubblicamente tutti gli elementi necessari a dire l’ultima parola sulla pandemia.
Dato che si presenta come un giallo colla classica lenta raccolta di indizi, la formulazione di ipotesi e i colpi di scena, per non dimenticare tutti i possibili depistamenti, ne seguiremo lo svolgimento lungo le tappe essenziali.
(nella foto: Fauci, Daszak e il Covid) Continua la lettura di Covid, l’ultima parola

25 Aprile: Socialismo o Democrazia

di  Paolo Di Marco

Che questo 25 Aprile in Italia lo festeggiamo (si fa per dire) con un governo di fascisti, leghisti e mafiosi (anche se tutti parodie di parodie, come dice Travaglio) è un tributo alla concezione del mondo dei nostri liberatori americani, il cui nome ufficiale è ‘democrazia occidentale’ e la cui sostanza si vede bene nei resoconti del secondo 25 Aprile che si festeggia in Portogallo, nel 50° della rivoluzione dei garofani.
Ci sono dei documentari su ARTE che ne ripercorrono le tappe drammatiche ed entusiasmanti; l’origine africana della rivoluzione, con Amilcar Cabral che ne è il fulcro; guerriero e teorico porta la Guinea Bissau, la colonia più povera, ad essere il Vietnam del Portogallo; anche dopo il suo assassinio la lotta degli africani nelle colonie, Mozambico, Angola, Guinea Bissau è la spinta alla rivoluzione dei capitani portoghesi -il paese più povero ed arretrato d’Europa dopo 48 anni di dittatura.
Quando anche le colonie acquistano l’indipendenza i marxisti terzomondisti come Arrighi vedono iniziare la traiettoria di un sogno che da Maputo arriva a Detroit.
Ma quello che succede in Portogallo è di chiarezza esemplare: i due giorni che rovesciano la dittatura fascista più longeva d’Europa (ma va ricordato che il segreto della sua longevità sono le Azzorre come base per gli alleati durante la Seconda Guerra e la partecipazione alla Nato come membro fondatore) sono il prodotto congiunto della rivoluzione dei capitani e della partecipazione popolare, che rende vincente il bluff dei militari ribelli. E questa partecipazione non si arresta, diventa volontà di protagonismo ed autogestione, nella società e nel processo produttivo. Un entusiasmo ed una cooperazione la cui bandiera naturale è quella rossa del comunismo.
Quello che colpisce è l’ottusità dei commenti di esperti e diplomatici, che vedono la situazione come espressione della dicotomia est-ovest, ignorando del tutto il popolo come possibile soggetto; ma è così che la trattarono allora i grandi giocatori. Esemplare la Germania, dove la CDU di Strauss appoggia e finanzia i golpisti di destra di Spinola (l’ex generale e presidente provvisorio) e la SPD finanzia in maniera segreta ma esorbitante i socialisti di Soares in funzione anticomunista. Mentre il KPD della DDR crea improbabili iniziative popolari comuni. Con gli accordi di Helsinsky (sia quelli ufficiali sia le trattative sottobanco) Breznev lascia all’Occidente mano libera.
Il che permette la realizzazione del classico gioco a quattro sponde, con la destra che promette il golpe, la sinistra che ci casca e cerca il contro golpe, la destra che prova il suo golpe e i socialisti che si presentano come i salvatori della patria..e, con l’appoggio ufficiale di tutte le potenze e quello ufficioso di finanzieri e banchieri vincono le elezioni.
E annunciano democrazia e sviluppo economico.
Ma quello che nei documentari si vede bene, si respira quasi, è l’abisso che separa la prima fase, con il popolo che aveva una libertà vera, la voglia e capacità di autodeterminarsi, di gestire il potere, dalla seconda, dove tutto quello che resta è il diritto di parola e una scheda da riempire.
Del resto che la ‘democrazia occidentale’ con la libertà abbia poco a che fare lo fanno vedere in questo periodo i governi europei ed USA, dove anche la libertà di parola è scomparsa. Quando a Varoufakis si proibisce di andare in Germania perchè potrebbe parlare di pace, quando alla Columbia di New York si arrestano gli studenti e gli ‘ebrei per la pace’ perchè appunto di pace vogliono parlare significa una delle due: o la ‘democrazia occidentale’ è degenerata a fascismo, oppure è sempre stata solo retorica, buona solo per volatili non volanti.  Come d’altronde il termine sviluppo economico è diventato una di quelle parole che le persone per bene non pronunciano più (soprattutto a tavola). D’altra parte la regola base è sempre stata  la stessa che era scritta sui tram: NON disturbate il manovratore. Che è una metafora della democrazia occidentalmente intesa.

 

Il guaio con la scienza

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L’Energia, i suoi equilibri e le forme sociali /1/

di Paolo Di Marco

1- L’auspicabile sparizione di Energia Oscura e Materia Oscura

L’Energia è uno dei concetti più semplici e insieme più abusati della Fisica.
Ovunque vi sia una forza se questa sposta un oggetto compie lavoro. (L≈FxS)
L’energia è la capacità di compiere lavoro, e ad ogni campo di forza quindi è associata un’energia, che si può misurare, combinare, trasformare (ad esempio da energia potenziale ad energia cinetica).
È un pò più complicato con l’uso in ambiti meno definiti, dato che è difficile stabilire una metrica e delle operazioni (controllabili e condivisibili) per l’energia morale o affettiva o mistica, per quanto uno senta di poterle descrivere e anche valutare.
Uno degli ultimi arrivati, stavolta in cosmologia, è l’Energia Oscura.
Malgrado il nome minaccioso il termine rappresenta semplicemente il fatto che l’Universo si sta espandendo, e viene quindi ipotizzata l’esistenza di un’energia (e quindi Forza) che causi questa espansione.
Ma dato che l’unico effetto visibile è proprio l’espansione (l’allontanamento delle galassie avviene come se qualcuno gonfiasse un pallone sulla cui superficie le galassie si appoggiano) e non si vedono responsabili diretti è stata chiamata oscura; e molti ricercatori basano la loro carriera su questa indagine.
Peccato che, come Rovelli si sgola a spiegare da molti anni (anche sul tubo), questa energia è così oscura che proprio non c’è: infatti l’espansione è già contenuta nell’equazione fondamentale della Relatività Generale, e specificamente in una piccola costante chiamata appunto costante cosmologica.
Va detto che il pasticcio è anche colpa di Einstein, che dopo aver scritto l’equazione vide che la costante era incompatibile con la stazionarietà dell’universo che era allora la convinzione generale. E quindi tolse la costante; solo che l’universo che risultava era sì stazionario ma instabile -come un acrobata in equilibrio su un pallone; e quindi alla fine ce la rimise. E recentemente le è anche stato attribuito un valore preciso, piccolo ma significativo. (Einstein chiamò questo pasticcio il suo più grande errore).
Solo che tutti i ricercatori che ricevono finanziamenti per studiare l’energia oscura sono ovviamente riluttanti a farsi convincere…per non parlare delle riviste dove attira molti più lettori dei leptoni o della gravità quantistica a lacci

(Arxiv, 21 Feb 2010, poi Nature,]Why all these prejudices against a constant?’, E. Bianchi, C.Rovelli)

Per la materia oscura la situazione è meno semplice; la sua esistenza serve a spiegare un’altra osservazione: che il comportamento di stelle e galassie segue traiettorie descrivibili solamente con molta più massa di quella che si vede.
Solo che la ricerca di particelle di materia esotica (talmente strana da essere invisibile) in quantità sufficienti non ha finora dato frutti, anche perchè la si vede all’opera sulle altre Galassie ma vicino a noi non appare rintracciabile. Eppure la massa in questione è tanta, più di quella visibile.
Ma forse c’è una soluzione, e proviene proprio dall’abbandonare il terreno di caccia preferito dalla gran parte dei fisici sperimentali, quello degli enormi acceleratori che vanno a combinare e scombinare tutti i tipi possibili di materia, e cominciare a ragionare su altre forme che massa ed energia possono assumere.
E su questa strada si è sviluppata un’ipotesi interessante, che non si tratti di altra materia ma di una fase diversa della materia: una fase semifluida (tipo i condensati di Bose-Einstein con cui si lavora in campo quantistico). dove gli effetti quantistici si estendono su larga scala. Questa ipotesi (Sabine Hossenfelder, Aeon, Feb 24) ha avuto molto successo a spiegare buona parte del comportamento ‘anomalo’ delle galassie, anche se rimane ancora strada da fare. L’elemento che mi sembra migliore è proprio la strada intrapresa fuori dagli schemi dei particellisti ad oltranza.
(Detto sottovoce, l’intelligenza contro la forza bruta).

2- Il bilancio energetico nella fisiologia umana

Progressivamente le ricerche sul funzionamento del corpo umano, o meglio del sistema corpo-mente, convergono su uno dei centri più antichi del cervello, l’ipotalamo. Il suo compito centrale è l’omeostasi, cioè il controllo del bilancio energetico. Ma per realizzarlo si deve occupare praticamente di tutti i meccanismi principali su cui la vita si basa, assumendo così un ruolo decisivo per l’organismo nel suo complesso.

Facciamo un esempio: un gruppo di raccoglitori/cacciatori che parte per una caccia all’antilope. Il modo in cui cacciano è assai diverso dalla caccia di oggi, basata sulle armi; allora la caccia era un lungo inseguimento, dove l’antilope scappava e i cacciatori correvano lentamente dietro; l’antilope li distanziava, poi doveva fermarsi a riposare, e i cacciatori la raggiungevano, e lei doveva scappare di nuovo; finchè alla fine si accasciava col cuore a pezzi e i cacciatori le davano il colpo di grazia. La resistenza dei cacciatori dipendeva da due elementi: la sudorazione, che permetteva di smaltire più velocemente il calore, e l’intelligente ripartizione dell’energia (anche tra i capofila che si davano il turno e tra loro e i cercatori di tracce  ma in ognuno nel sistema cuore-polmoni-retroazione muscolare-attenzione). Quindi il controllo omeostatico giocava su più fattori, compresi i meccanismi e le vie solo indirettamente implicati nella gestione dell’energia. E fra questi anche rigenerazione e longevità. Esaltando il ruolo delle interazioni mente-corpo che già sono responsabili dell’effetto placebo in tutte le sue varianti.
Questa potenza dell’interazione potrebbe venir sottovalutata dall’atteggiamento meccanicista che proviene da una metafora coniata da G. Gamow al tempo della scoperta del codice genetico: lo definì la ‘matrice’ (blueprint: cianografia nel suo uso tipografico) del nostro organismo; e da questo è nata un’immagine iperdeterministica del nostro sviluppo. In realtà (ci dice R. Prum su Aeon/Psyche di Gennaio) i geni sono solo la base di riferimento, con cui il nostro organismo è in dialogo continuo, in una interazione che cambia molti dei termini dello sviluppo. Prum applica questa visione dinamica in particolare al sesso, usando il linguaggio della ‘Teoria dell’eccentricità (Queer Theory)’, dove spiega la sessualità come il risultato del dialogo organismo-geni e quindi senza risultati rigidamente prefissati.
Ma questo punto di vista può venir allargato a molti altri aspetti del nostro essere, aprendo orizzonti che erno bloccati solo dal pregiudizio.

3-L’omeostasi nella società

Partiamo ancora dalla fisiologia, e dall’ipotesi atavistica del cancro:
Davies ci racconta che occorre risalire all’origine degli organismi multicellulari, quando esseri unicellulari si fusero insieme per ottenere vantaggi competitivi, arrivando progressivamente al livello di complessità degli animali moderni. Ma nel momento in cui una cellula si trova sottoposta ad uno sforzo eccessivo (stress) o a elementi nocivi (chimici, radioattivi, termici) indebolisce il proprio legame col resto dell’organismo e tende a tornare allo stato isolato; crea così un’isola individuale dove riprende le abitudini isolate (anche di rirpoduzione) comprese le difese nei confronti dei suoi vicini. E l’organismo infatti ogni giorno scatena scaglia attacchi contro le cellule che si ritirano dalla cooperazione e si sviluppano per contro proprio. (i tumori).
Una società che funziona in questo modo, fondata sulla cooperazione e insieme la divisione dei ruoli, e con una repressione feroce di ogni individualismo, è spesso stata invocata come esempio ottimale, anche dai nemici di quella dittatura socialista cui più assomiglia. A suo favore si potrebbe invocare un argomento apparentemente inoppugnabile: che in fondo questo è stato il risultato di un’evoluzione verso l’ottimo durato milioni di anni, e sarebbe quindi difficile fare meglio. Ma, come tutte le analogie, anche in questa si nascondono fallacie; e l’energia è il punto cruciale: mentre il passaggio dagli organismi unicellulari a multicellulari è spinto e guidato dall’omeostasi -l’efficienza nell’uso dell’energia, la società umana (sappiamo poco come si sia evoluta quella dei dinosauri) ha seguito questo criterio solo nella sua prima fase (circa trentamila anni, se parliamo dell’uomo moderno e progredito); poi se ne è progressivamente liberata trovando e creando energia (cibo incluso) abbondante.
E non conta che se guardiamo alla media degli uomini nelle varie epoche c’è sempre stata una minoranza che si prendeva la quota maggiore delle risorse, e quindi forse nella media non ci fosse sovrabbondanza: quello che conta, per il nostro paragone, è che a un certo punto l’equilibrio energetico non è più stato il criterio dominante per la formazione sociale nel suo complesso.
Da quello che ci raccontano gli archeoantropologi (Graeber) il bello delle prime forme sociali basate sull’omeostasi era che non c’era bisogno di strutture apicali che facessero rispettare le regole: queste erano autoevidenti, e così i comportamenti individuali erano legati ad abitudini le cui necessità erano palesi; ancora nel ‘700 nelle tribù irochesi i capi erano quelli con più capacità oratoria e di convinzione, e non c’erano punizioni per chi non rispettava le regole. La città ucraina di 10000 anni fa di 500000 abitanti senza neppure capi era anche un monumento all’efficienza di questo principio.

4- Un libro, due acrobazie, e ancora l’omeostasi

Le arti marziali vengono raramente studiate dal punto di vista della Fisica, e il caso meglio studiato è quello del Judo (A. Sacripanti). Però le complicazioni biomeccaniche che intervengono rendono assai difficile ottenere risultati generali. Negli altri casi si usano generalmente concetti tanto semplici da essere semplicistici e anche sbagliati.
L’Aikido invece fa categoria a sé: dal lato marziale non c’è la lotta fra due avversari, ma solo un attaccante che perde sempre e un attaccato che devia la forza dell’attaccante e nel caso la rivolge su di lui. Dal lato filosofico si rifà a buddhismo e taosmo e ha come maestro quello stesso Nagarjuna che usa Rovelli in Helgoland.
Ne prende a base la vacuità, cioè l’esistenza di qualcosa mai in isolamento ma solo rispetto a qualcos’altro e la usa come cardine del rapporto tra i due protagonisti, uniti anche nel respito.
E questo permette la prima acrobazia: l’analisi delle tecniche con la fisica diventa immediato, usando la relatività primigenia di Mach, e se ne ricavano leggi generali; di cui la sostanza è che vale sempre il principio di conservazione dell’energia.
La seconda acrobazia nasce passando all’aspetto biologico, dove gli anziani che praticano si trovano davanti tutti i problemi dell’età. E scoprono o riscoprono la profonda unità mente-corpo e le capacità del corpo di autorigenerarsi,se opportunamente convinto; attraverso vie che la moderna neurofisiologia sta riscoprendo ma che appartengono anche ad un bagaglio atavico.
Tutto questo in un libro testè uscito (in inglese) sia in forma cartacea sia come ebook con Amazon ed Apple:

Paolo G. Di Marco/The Physics of Aikido and the Body-Mind Unity

Ma implicito nel discorso del libro c’è anche un elemento centrale: che le tecniche dell’Aikido rispettino il principio di conservazione dell’energia significa che è stato introdotto nelle arti marziali un meccanismo di omeostasi; e riflettendo su come molte tecniche possano venir descritte come un ‘respirare insieme’ vediamo la competitività trasformarsi in cooperazione.. Il che significa non solo che l’aggressività non è elemento di base della natura umana (come ci spiega anche Graeber ne ‘L’alba del tutto’,) ma anche che quando si presenta può venir trasformata nel suo opposto. Bisogna solo trovare la tecnica giusta.

Breviario sul clima per smemorati

(Nella foto: c’era una volta un lago che era un mare, il lago Aral..)
di Paolo Di Marco

Premessa
Si sta svolgendo la COP28, conferenza sul clima periodica che dovrebbe verificare gli impegni sul clima dei maggiori paesi. Che la presieda il presidente della Compagnia petrolifera nazionale del Dubai (che ne ha approfittato per fare accordi sottobanco per vendere più petrolio) ne chiarisce bene lo spirito. Che il risultato maggiore (al di là delle chiacchere) sia la sostituzione (a parole) del carbone col nucleare ne delinea anche l’apparenza fisica, un misto tra Totò e Pulcinella.

Facciamo brevemente il punto. Continua la lettura di Breviario sul clima per smemorati

Oh che bella guerra!

Note sulla nuova guerra americana

di Paolo Di Marco

1- ∂F, TF9

Durante la guerra contro il Daesh gli americani hanno sperimentato e usato tattiche nuove, centrate sulla minimizzazione della presenza diretta e quindi delle perdite dei loro soldati. E questo ha portato all’impiego di nuovi tipi di armi e anche un nuovo tipo di organizzazione.
Le armi:
-droni (comandati da specialisti situati in basi negli Stati Uniti)
-cannoni a lunga gittata a tiro rapido (obici da 11 m)
-aerei da battaglia (caccia) con equipaggio
Queste armi e la mancanza delle truppe di terra con la loro classica struttura rendevano obsoleta la forma gerarchica solita, centrando tutto su una unità mobile di racolta informazioni, selezione dei bersagli e comando delle armi, tutti integrati.
Una delle principali era/è la Delta Force, Task Force 9.
Loro la selezione degli obiettivi, loro il comando degli attacchi.
Trump aveva concesso alla Delta Force una larga autonomia, e la Task Force 9 di fatto non rendeva conto a nessuno del proprio operato.
Due esempi:
a) diga di Mosul: su un lato del fiume c’era una piccola postazione dell’ISIS; non essendo riusciti a distruggerla con mezzi convenzionali TF9 ordina ai caccia americani un bombardamento con bombe pesanti; una finisce sulla diga, fortunatamente inesplosa. Isis e tecnici e miliziani governativi collaborano a disinnescarla. Avrebbe causato un’inondazione a valle con decine di migliaia di morti.
b) Raqqa: la città è controllata dal Daesh. Con cannoni a lunga gittata (obici M777A2) in postazioni lontane e invisibili dalla città i marines del 10° e 11° battaglione sparano senza interruzione per due mesi 1100 caricatori uno, 10000 l’altro (nel Desert Storm del 91 erano stati in tutto 70). I bersagli sono di tutto, da supposti rifugi militari a moschee, scuole, centrali energetiche. In qualche caso l’ordine è di sparare a griglia, ovvero indiscriminatamente.
Quella che viene operata è una guerra segreta, non dichiarata, che nel 2017/2018 si allarga alla Siria. E in cui dei soldati americani non si vede l’ombra, ma si sente solo il rumore. E dove nessuno è ufficialmente responsabile della selezione dei bersagli e tantomeno delle perdite civili.
Gli unici effetti sui soldati americani sono i rari casi di stress su chi, chiuso in un bunker del Montana, ammazza sconosciuti di cui non sa le colpe coi droni; e in maggior misura le conseguenze neurologiche degli spari dei cannoni a lunga gittata, che distruggono a livello di microconnessioni il tessuto nervoso degli  operatori ( a un tasso superiore al 50%).

2- le nuove armi

Anche se le armi tradizionali non perdono la loro attrattività, anzi, e recentemente si sono anche scoperte ecologiche (per aggirare le norme sui finanziamenti socialmente accettabili), si stanno affacciando nuove armi che hanno il potenziale per cambiare lo scenario bellico ma anche quello produttivo.
1-Uno sono i droni, che come abbiamo visto in Ucraina non debbono essere necessariamente grossi e costosi ma possono essere immediatamente derivati dagli esemplari commerciali, sia a scopo di raccolta informazioni che di attacco mirato. Il che rende ancora più obsoleta l’attuale struttura centralizzata degli eserciti.
2-Un secondo sono i mezzi plananti: utilizzate anche dai cinesi per i missili nucleari, le traiettorie plananti escono dai vincoli delle traiettorie balistiche, rigide e prevedibili, riuscendo a modificarle in modo imprevedibile ma anche penetrante: appiattendo gli archi di traiettoria e riuscendo a passare al di sotto dei sistemi di avvistamento, o nel caso stando nascosti nelle coltri di nubi per poi buttarsi in picchiata.
(Era anche un’idea utilizzata dagli Zengakuren in Giappone nel periodo delle lotte studentesche, col lancio di dischi esplosivi mediante bracci che imprimevano rotazioni -analoghi al lancio dei piattelli- idea più minacciata che attuata ma che permise loro a lungo di mettere in stallo la polizia).

3-Un terzo è, ovviamente, l’Intelligenza Artificiale
(In questo caso un drone con A.I. usato dall’esercito israeliano)
Questa può essere usata a vari livelli: da sistema di guida autonoma di droni (che evita i limiti del comando a distanza) a sistemi di riconoscimento e guida sui bersagli, a sistemi di risposta automatica ad attacchi nemici.
Ricordando l’esempio del sistema di riconoscimento di attacchi nucleari che stava per lanciare una salva di missili nucleari contro l’URSS per aver interpretato come attacco nemico il sorgere della luna..l’unico commento che possiamo fare è : che Allah ci protegga!
D’altro canti i tempi di risposta ridotti e la molteplicità del tipo di attacchi tende a far preferire questi sistemi a quelli umani o misti per un semplice vantaggio di tempi di reazione. E che Yahweh ce la mandi buona.

4- Un quarto è ancora, ufficialmente, silente ma si prepara, le armi batteriologiche: sono circa 40 i laboratori americani (o da loro finanziati e controllati, come fino ad Agosto scorso Wuhan) dove si studia la guerra batteriologica (dopo il bado dell’ONU e di Obama ora chiamata col nome ‘politicamente corretto’ di ‘gain-of-function’ (aggiunta di funzioni; ricordiamo i passaggi base: si prende un battero o virus già esistente e con buone potenzialità di diffusione e letalità (v. il virus dei pipistrelli), gli si aggiunge un pezzo (aggiunta di funzioni) che lo rende più letale e specifico per l’uomo (tipo la proteina Spike con le ‘forbici molecolari’ ), si prepara un vaccino da iniettare alle proprie truppe; si diffonde l’agente patogeno nel territorio/tra le truppe del nemico; quando ha fatto effetto si mandano le proprie truppe../Specifichiamo che il ‘gain-of-function non è necessariamente a scopi bellici: dei circa 50 laboratori che lo usano in giro per il mondo (compreso uno in Italia) una decina sono a scopi pacifici.

5- Il quinto non è un’arma, ma conta di più, le informazioni: dai tempi in cui ero piccolo e i bip del primo Sputnik sorpresero il mondo il cielo si è riempito di migliaia di satelliti, parlanti o silenziosi, e che in larga parte ci spiano (con una precisione insospettabile)

In parte dei governi per scopi militari e di spionaggio, in larga parte di telecomunicazioni e gestiti da privati, ma con potenziale doppio uso, come ha mostrato Musk quando  ha messo Space X a disposizione dei militari ucraini. O come ci mostrano anche i film che ci fan vedere come si possa seguire un’auto o una persona dappertutto.

3-la nuova guerra

a) Aggiornando von Clausewitz, : ‘la guerra e la politica tendono ad essere fatte vieppiù con gli stessi mezzi’.
Maestro indubbio di questa commistione è indubbiamente stato il testè scomparso Henry Kissinger, che per questo ha anche avuto il Nobel (la motivazione ufficiale era per la pace, ma era talmente improbabile e provocatoria da non poter che nascondere l’ammirazione per l’aggiornamento di von Clausewitz).
Il bombardamento a tappeto della Cambogia (500.000 tonnellate di bombe e 150000 morti) che ne distrusse l’economia (e en passent aprì la strada al dominio dei Khmer rossi) è stato esemplare, così come la sua orchestrazione del colpo di stato cileno di Pinochet, forzato dall’irresponsabilità del popolo cileno che, pensando di essere in democrazia, aveva scelto un presidente non gradito agli USA. Gli stermini di Indonesia/East timor e Pakistan/Bangladesh portano anch’essi la sua firma.
Ma alla semplice, qualcuno direbbe semplicistica, brutalità di Kissinger si sta progressivamente affiancando, forse sostituendo, una tattica più raffinata, basata sulla gestione del caos.
Come il defibrillatore caotico sostituisce all’unica scarica brutale e ustionante del defibrillatore classico una successione di piccole scariche mirate, così la Rand Corporation e altri hanno iniziato a studiare, simulare e cercare il modo di intervenire sulle traiettorie dei paesi con una successione di interventi mirati. Si dà generalmente credito alla Rand di aver concepito il piano che ha portato alla dissoluzione dell’Unione Sovietica, sfiancata dal prolungato logoramento della concorrenza contemporaneamente militare, economica e politica degli USA, ma non si presta la dovuta attenzione al ruolo di Woytila, che ha sfiancato economicamente la chiesa cattolica (e le ha anche procurato la dipendenza da cattive compagnie) ma ha esercitato con la Polonia un colpo destabilizzante dagli effetti devastanti.
Lo stesso Kissinger negli ultimi anni si era spostato in questa direzione, tanto da essere critico rispetto al golpe ucraino e al conseguente confronto con la Russia; si era dissociato anche dalla solita Viktoria Nuland e dal suo stile da bullo di balera quando, ripetendo il copione già usato con Yanukovich, aveva minacciato Putin di sabotare il Nordstream in caso di invasione dell’Ucraina (avvisando di averlo già minato); chè poi, dopo l’invasione, l’aereo CIA/norvegese che manda il segnale di esplosione è un atto di bullismo gratuito, uno schiaffo stavolta alla Germania peraltro già carponi; (l’attribuzione all’Ucraina è un recente gesto di gentilezza e prudenza insieme);
così come non approvava l’attacco stile guerra fredda alla Cina fatto da Biden nello stile di quello anti sovietico, con l’accerchiamento militare e la guerra economica e tecnologica; anche nei confronti di Israele si dissocia, non apertamente, dalla politica genocida di Nethanyahu mostrando invece la possibilità di giocare coi palestinesi e i vicini arabi su più piani: ponendosi così su quel piano di gestione della complessità la cui forma tecnica è la gestione del caos, cioè l’individuazione delle traiettorie (caotiche) in atto e delle spinte necessarie a passare da una all’altra. (Di cui il porsi su più piani è condizione indispensabile, dato che si tratta di traiettorie multidimensionali).
b) le manipolazioni informatiche (hackeraggio): il travaso da strumento di conflitto pacifico a strumento di conflitto armato è pressochè immediato
c) la propaganda: la guerra moderna è impensabile senza propaganda, che è stata parte essenziale nel conflitto ucraino/russo come in Israele/Palestina;
il suicidio di stati come la Germania, il cui presente ed avvenire era impensabile senza la Russia, è stato forzato con molti mezzi diversi dagli Stati Uniti, ma una condizione centrale è stata far bere alla popolazione tedesca una pozione narrativa tossica forzata giù per mezzo di una pressione proagandistica enorme. Ma ormai quasi dappertutto il ruolo congiunto di social, stampa e televisioni è tale da stravolgere prima e consolidare poi equilibri prima impensabili; anche se nelle Americhe questo è facilitato dal peso massiccio delle truppe cammellate evangeliche, che negli USA, Brasile, Australia, forse Argentina, hanno portato decine di milioni di votanti ad eleggere candidati impensabili fino a un anno prima. L’appoggio a guerre e strategie fino ad allora estranee è lo sbocco che solo dopo si palesa. Ricordiamo la ‘strage di Timisoara’, il pretesto col quale Ceasuscu venne impiccato dai romeni infuriati; solo dieci anni dopo si è scoperto che era inventato di sana pianta. D’altro canto la narrazione è fondamentale per il consenso a politiche prima impopolari, come ben sanno gli orchestratori dell’11 Settembre, con la ‘nuova Pearl Harbour’ dei neocon. Lezione forse non estranea anche a un Israele che esattamente un anno fa aveva in mano i piani dettagliati dell’attacco di Hamas. (Come ci raccontava ieri il NYTimes, che ha anche dedicato due articoli alla ∂F-TF9).

 

 

 

 

 

 

 

La realtà nasce dalla mente

di Paolo Di Marco

Viene citata anche da Rovelli in Helgoland, e sta prendendo sempre più piede la convinzione fra gli scienziati che la percezione del mondo non segua un percorso esterno ->interno ma viceversa: dal nostro cervello estraiamo un’idea del mondo circostante e mediante la percezione la rinforziamo o correggiamo.

1-Krugman su percezione del crimine e percezione dell’economia (NYT, 24/10)

Utilizzando una serie di statistiche storiche, l’economista (Nobel) Paul Krugman ci fa vedere come negli Stati Uniti la percezione della criminalità sia indipendente dall’andamento reale del fenomeno

Ci sono diversi elementi che concorrono: percezione selettiva, memoria selettiva, notizie distorte su televisioni e giornali; ma l’elemento determinante appare essere la convinzione a priori: i repubblicani vedono il crimine aumentare coi presidenti democratici, i democratici all’opposto.

Un identico fenomeno avviene con l’economia. (v lo stesso Krugman sul NYT)

2- il mondo che vediamo
a) L’ipotesi Bayesiana della Mente (Manuel Brenner, ‘Towards Data Science, 15/8/2019)
Come diceva Blaise Pascal “navighiamo in una vasta sfera, sempre alla deriva nell’incertezza” tuttavia, dice Brenner, ce la caviamo ammirabilmente in questo oceano d’incertezza. Ma come abbiamo fatto a ricavare un senso di certezza da un futuro definito dall’incertezza?
La ‘Ipotesi Bayesiana della Mente’ sostiene che c’è una struttura nascosta in profondità dietro il nostro comportamento, le cui radici risalgono lontano nella natura profonda della vita stessa. Afferma che, in un certo senso, i cervelli fanno poco altro che predirre un futuro e realizzare questo futuro desiderato; che le menti, all’unisono con le leggi dei sistemi viventi, combattono sempre in salita contro le sorprese che la natura ha in serbo per loro.
Questo è in accordo quello che ci dice la neurofisiologia degli ultimi anni: che il nostro cervello passa tutto il tempo (al disotto del livello della percezione cosciente) a fare previsioni, a creare scenari possibili così da avere sempre a disposizione una rotta a prova di imprevisti e fortunali.
L’ipotesi Bayesiana è fatta propria anche da Carlo Rovelli in Helgoland.
Come dice Elke Spaak (Elke Spaak, 27/9/23 Arxiv), ‘l’idea che il cervello sia una macchina inferenziale bayesiana (probabilistica), che cerca continuamente di immaginare le cause dei suoi stimoli, sta avendo molta influenza sulle (neuro)scienze cognitive nelle ultime decadi. È stata propagandata come la promessa di realizzare una ‘scienza unificata della mente e dell’azione.’
Centrale a questa ipotesi è proprio il fatto che la costruzione del mondo non avviene a partire dell’esperienza (almeno da un certo punto in poi) ma l’esperienza è solo strumento di conferma di una immagine preesistente.
Se qualcuno pensa che questo lasci aperta la possibilità di ripensamenti, cambi di idee ed immagini del mondo, non fa i conti con l’inerzia -che è anche una forma di economia energetica, una necessaria esigenza di stabilità- che è propria della grande maggioranza delle persone.

3- tre piccole conseguenze

a-Ne consegue che se vogliamo fare una propaganda efficace, per esempio una campagna elettorale, poco serve mostrare cose belle o cose brutte, per quanto condite di abbondanti dati; tutti sanno che il Corriere della Serva dice balle, che i telegiornali sono bugiardi matricolati, ma non interessa a nessuno; finchè non si interagisce direttamente con l’immagine del mondo che la gente già possiede. Ma nel frattempo Netflix & co (e i videogiochi) ci bombardano con filmacci e seriacce talmente ossessivi che è difficile non uscire di casa preparati a veder mostri da combattere in tutti i passanti che ci tagliano la strada (data la capacità residua delle immagini di passare la barriera encefalico/percettiva).
La differenza tra i voti 5stelle di quando era un’idea nella testa dei delusi e oggi (pur con un dirigente decente come Conte) dice che idea batte realtà 3 a 1.
b-Sulla caduta a terra quasi perpendicolare della sinistra storica socialcomunista ha certamente pesato la dirigenza che si è ritrovata, ma quello che ha giocato un ruolo determinante è stata la caduta degli ideali, dei sogni e delle prospettive; compresi quegli elementi simbolici che pur negativi com’erano sostenevano la possibilità di esistere di un’idea di diversità, come l’immagine di Stalin.
Se a qualcuno interessasse risollevarne le sorti sarebbe da quel livello che deve partire.
c– questa rigidità della visione del mondo che man mano si è creata produce una suddivisione in tribù ognuna colle sue Verità, i suoi riti e i suoi totem.
Ricorda la situazione che si è creata 30000 anni fa a cavallo del neolitico, quando, in seguito alla formazione di gruppi/clan/tribù patrilineari, si generò una lotta feroce tra lignaggi che portò ad una riduzione di 17 volte dei geni maschili (e non si sa di quanto della popolazione). Come dimostrano i comportamenti fascisti nei confronti delle opinioni dissenzienti su Ucraina ed Israele ci stiamo avvicinando ad una situazione analoga.

4- creatori di mondi

Un fortunato romanzo di fantascienza si chiamava ‘Il fabbricante di universi’, e immaginava qualche decina di mondi paralleli- fra cui la Terra- creati da superumani molto simili a noi.
Ma già fra noi, nel nostro piccolo, possiamo immaginare personaggi che cercano di creare prima e forgiare poi tribù adatte ai loro scopi. In fondo in un mondo che ha tollerato imperi, regni, ducati, baronie..non sarebbe cosa inusitata. Bastano in fondo pochi parametri di controllo.
Prendiamo un esempio a caso, Steve Bannon: cosa conosciamo della sua storia?
la prima notizia che noi italiani comuni abbiamo di lui è ai tempi del sequestro Moro, quando nell’inusitato e ad attenta riflessione incredibile ruolo di consigliere del Governo italiano (Cossiga nella fattispecie) per conto del Governo Americano, si prodiga per garantire che Moro non ne esca vivo
lo ritroviamo assai più tardi negli USA come fervente ammiratore e sostenitore di Qanon, una creatura relativamente effimera ma già dotata dei parametri fondamentali: un’immagine del mondo aliena e impermeabile alle critiche, un insieme di elementi unificanti semplici, ben riconoscibili e radicati in alcuni valori fondanti americani
nel frattempo però aveva frequentato Hollywood e il mondo della sceneggiatura e della direzione dei film (ne produce 18), acquistando la capacità di discriminare tra le sceneggiature funzionanti e quelle no
ed era anche stato nel consiglio di amministrazione di Cambridge Analytics, famosa per la raccolta segreta di dati personali dalle piattaforme social per poi usarli a scopi elettorali.
nel 2016 lo ritroviamo stratega della campagna elettorale di Trump, di cui dopo le elezioni per 7 mesi fa da consigliere anziano;
Si pone come riferimento e guida della ‘destra alternativa’ (alt-right) prima col giornale BreitBart poi fondando in Europa Il Movimento con stretti rapporti con Lega e FdI.
È interessante del personaggio il suo rapporto con la realtà: la sua destra è alternativa non perchè con obiettivi diversi dalla destra tradizionale (sia negli USA che in Europa) ma perchè propone una visione del mondo alternativa, dove i fatti e le relazioni sono diversi da quelli ufficiali, cosicchè quelli che tradizionalmente sono cattivi diventano i buoni, poteri occulti complottano per opprimeri o spodestare i buoni, mescolando accuratamente elementi controllabili con elementi fantastici in modo da perdere la distinzione: esemplare l’intervista in Europa in cui dice: ‘Non prendeteci per stupidi, non crediamo alle Torri gemelle, non crediamo a Sandy Hooks (l’eccidio di bambini in una scuola)…’.
Non sappiamo quanto successo abbia ancora nel creare il suo mondo, ma la sua capacità narrativa è indubbia. Una sola cosa nelle sue sceneggiature non funziona bene: nascono (necessariamente) tarate su un insieme di richiami emotivi e valori tipicamente americani, quindi a volte stonate in altri contesti culturali. Pensiamo ai tipici film americani, dove l’eroe che deve salvare il mondo dice: ’non posso, prima devo salvare la mia famiglia’; questa battuta, che nelle sale europee sarebbe accolta da salve di fischi e booh! negli USA è non solo accettabile ma dovuta. Strano che stonature del genere l’abbiamo trovate in Italia al tempo del Covid, dove la rivolta contro il complotto di X e Y e Z era fatta in nome della libertà assoluta compressa: valore ereditato dai cowboys e quindi classico negli USA ma qui poco credibile. E dove l’opposizione ai vaccini, tipica degli evangelici primitivisti americani, era qui bandiera dei seguaci dell’omeopatia, cioè dalla più primitiva delle forme di vaccinazione….Misteri delle fiabe.