Alle primarie democratiche nel Michigan, circa un democratico su otto ha votato “uncommitted”[non schierato] per protesta contro le politiche dell’amministrazione Biden nei confronti di Israele e la guerra a Gaza.
Inorriditi dal rifiuto di Biden di smettere di finanziare il massacro di Netanyahu a Gaza con i soldi dei nostri contribuenti – un’azione che potrebbe riportare Trump alla presidenza – migliaia chiedono un cessate il fuoco immediato, tra cui il sindacato statale degli insegnanti, la United Auto Workers, il National, Il sindacato degli infermieri e il sindacato degli assistenti di volo, più molti altri, hanno votato “Uncommitted” per aiutare a salvare Biden da se stesso… e salvare il resto di noi da una presidenza Trump 2.0.
Come ha scritto venerdì Michelle Goldberg sul NYTimes, “Biden rischia di perdere il Michigan e, con esso, l’intera elezione”.
Oltre alle proteste degli studenti nei colleges americani, moltissimi chiedono il Cessate il Fuoco in tutta l’America e nello stato in cui vivo, NY.
Cito ad esempio l’evento di oggi.
Oltre 40 gruppi provenienti da tutta New York, incluso Jewish Voice for Peace,JVP-NYC, hanno sponsorizzando una veglia per il Cessate il Fuoco presso il municipio, oggi, mercoledì 28 febbraio. Chiederemo a più membri del Consiglio Comunale di aggiungere pubblicamente i loro nomi alla richiesta di un cessate il fuoco immediato a Gaza.
Le attività della giornata inizieranno alle ore 10, sul lato Broadway del Municipio, con una conferenza stampa, a cuitutti sono invitati a partecipare. Dopodiché ci sposteremo sul lato del municipio del ponte di Brooklyn per una veglia che durerà fino alle 10 del mattino successivo. Durante la veglia leggeremo i nomi dei palestinesi uccisi a Gaza, intervallati da presentazioni culturali.
Esatto… per 24 ore saremo al municipio per esortare coloro che ci rappresentano a unirsi alla maggior parte dei newyorkesi nella richiesta di un cessate il fuoco immediato!
Ragazzi non c’è niente da fare, anche se Balordo44 ha proposto Michell Obama e Strullo45 AOC come alternative a Biden nelle elezioni presidenziali la scelta è binaria: Biden oppure Trump. La convenzione democratica è al lavoro, chiedendo freneticamente il parere dei vari Strulli e Balordi, ma pare che non ci sia niente da fare.
Taylor Swift è una emissaria di George Soros, lavora per Biden ed è pronta a fare l'endorsement del presidente democratico durante l'intervallo del Super Bowl di domani dove giocheranno i San Francisco 49ers contro i Kansas City Chiefs. La pop-superstar e il suo fidanzato Travis Kelce, campione dei Kansas City Chiefs, non sono una coppia autentica, infatti la loro relazione è una macchinazione del deep-state, e i due fanno parte di un’operazione psicologica progettata per indurre gli americani a sostenere la sinistra. OH! i due sono anche amanti di Anthony Fauci e dei vaccini.
La CIA, oltre ad essere occupata a smascherare il Coverup della morte della Principessa Diana, è ora occupatissima a truccare il Super Bowl per far vincere i Kansas City Chiefs, in modo che Travis e Taylor possano annunciare che loro sostengono Biden di fronte a tutta l'America, incollata davanti alla TV.
Queste di sopra fanno parte della sorprendente serie di oscure teorie complottistiche e di affermazioni selvagge che attualmente circolano nell’ecosistema dei media conservatori. E potrebbero permettere di dare uno sguardo sul futuro del Partito Repubblicano, che non ha più programmi da proporre.
Lo stile paranoico nella politica dei Repubblicani non è un fenomeno nuovo. I meccanismi del ciclo di feedback tossico sono semplici. Gli influencer conservatori si schierano su un nuovo fronte nella guerra culturale, che a sua volta attira l’attenzione dei media conservatori più importanti. Quindi, diffondono la narrazione a un movimento MAGA (Trump) che è intriso di teorie della cospirazione e pronto ad aspettarsi risultati truccati.
Attaccare la più grande icona musicale americana, che ha un enorme seguito tra i giovani, non è la strada verso la vittoria a novembre. Eppure pochi sono intervenuti per spegnere gli incendi o denunciare la follia, perché il GOP è il partito di Trump e Trump è ossessionato dal fenomeno Taylor Swift. (Basti pensare che più di 35.000 18enni si sono registrati per votare a seguito di un post di Swift).
La scritta della terza foto: “Non so perché alcuni uomini sono cosi spaventati da me a un football game. Pensavo che avessero smesso di guardarli da quando Keapernick [qui]si inginocchiò durante l’inno nazionale”.
Voglio ricordare pubblicamente la mia amica Lynda Myles. Per me è stata un bellissimo regalo ricevuto quando, a 66 anni, non mi sarei mai più aspettata di cominciare una nuova vera amicizia.
Ci siamo conosciute frequentando assieme una palestra; ed è stato amore a prima vista. Ero stata colpita dal suo humor, dalla sua allegria, dalla sua empatia e dalla sua bellezza. Lynda aveva 74 anni ed era ancora bellissima, di una bellezza che irradiava dall’interno e traspariva dai suoi occhi. Continua la lettura di Lynda→
Nel maggio 2020, durante le proteste che seguirono l’omicidio di George Floyd da parte di 4 poliziotti, diverse statue associate dai manifestanti all’ingiustizia razziale furono distrutte o rimosse. Alcune di queste statue, ad esempio quelle di Robert Lee in Alabama e Florida e vari monumenti dei Confederati in tutto il Sud, erano già state per anni oggetto di contestazione e di tentativi per rimuoverle.
Ricordo che allora In Italia si levarono cori di voci che condannavano queste rimozioni e distruzioni.
È da notare è che tutte le statue rimosse non avevano alcun valore artistico o storico. Infatti furono erette negli Stati del Sud dal 1950 al 1970, dopo cento anni dalla fine della guerra civile (1861-1865) e dall’abolizione della schiavitù, con un unico scopo: quello di marcare quei territori come “territori bianchi” e, di conseguenza, comunicare ai blacks di tenersi lontani da quei posti. Erano statue offensive e facevano l’apologia di valori non democratici di cui vergognarsi. Per intenderci, come lo erano state le statue di Mussolini e Hitler nelle piazze italiane o tedesche.
Statue come quelle di Robert Lee distorcono la storia perché glorificano personalità che volevano perpetuare una inaccettabile schiavitù e incoraggiare o avallare un razzismo.
Man mano che quelle proteste si allargarono e denunciarono anche altre forme di razzismo sistemico, si arrivò alla rimozione anche di molte statue di Cristoforo Colombo presenti in varie città degli Stati Uniti. Infatti, Colombo, ritenuto per secoli lo straordinario scopritore del Nuovo Mondo, è stato sempre più spesso indicato come il primo responsabile degli abusi contro i nativi americani e del loro genocidio. E sotto la spinta di queste critiche dal 2015 vari Stati – North Carolina, Alaska, South Dakota, Oregon, Minnesota, Vermont, New Mexico, Wisconsin, Maine – e ben 130 città americane hanno deciso di cambiare il nome del secondo lunedì di ottobre da “Columbus Day” a “Indigenous People’s Day”, proprio per richiamare l’attenzione sulla storia dei massacri, dell’assimilazione forzata, delle malattie trasmesse dai Conquistadores ai Nativi Americani.
Allora, se concordamo sul fatto che una statua sia la glorificazione di una personalità degna di essere ricordata, ammirata ed imitate, statue come quelle di Robert Lee o di Cristoforo Colombo vanno rimosse.
È avvenuto la stesso per la statua in bronzo, ufficialmente chiamata “Statua Equestre di Theodore Roosevelt”, che lo mostra a cavallo affiancato da un Nativo Americano e da un Afro Americano. Ha troneggiato all’entrata del Museo di Storia Naturale di NY dal 1940 per circa 80 anni ma è stata legalmente rimossa nel 2022, perché è un’immagine che comunica fortemente una gerarchia razziale, che i direttori del museo e i newyorkesi hanno da sempre trovato offensiva. Anzi la stessa famiglia Roosvelt da tempo ne chiedeva la rimozione.
La nuova sede della statua sarà nella Biblioteca Presidenziale Theodore Roosevelt a Medora, North Dakota, che si prevede aprirà nel 2026. Qui sarà ridefinita nel suo contesto storico “con il contributo di un consiglio di persone indigene e di colore, storici, studiosi ed artisti”.
Immagino che a questo mio articolo seguiranno delle polemiche. Già mi sembra di sentire qualcuno dei miei amici italiani che dirà : “I nostri eroi non si toccano!”. Ma allora obietterei: perché non pensate di scegliere altri eroi italiani? Deve essere un italiano con legami con l’America, per cui Leonardo Da Vinci e Michelangelo non vanno bene.
Allora, invece di Cristoforo Colombo, onoriamo Sacco e Vanzetti, per esempio. Oppure tutti gli infermieri e medici di Brescia o della Lombardia e di NY che si sono prodigati fino allo stremo delle forze durante la pandemia.
L’altra sera sotto una raggiante super-luna blu abbiamo assistito gratis, al Public Shakespeare Theater in Central Park, ad una splendida d rappresentazione ella Tempesta. Il palcoscenico è circondato dai più iconici scorci di Central Park e spesso, durante gli spettacoli, un orsetto lavatore, che ormai fa parte del cast permanente, li attraversa.
Nato dalla visione democratica di Joseph Papp (drammaturgo, regista e attivista politico), il Public Theater è PUBBLICO, e continua a realizzare il motto del suo manifesto: “Il Public è il Teatro Del, Dal e Per tutto il Popolo.”
Nel 1957 quando Joe Papp e il suo gruppo decisero di fare un passo coraggioso mettendo in scena la loro prima produzione di Shakespeare a Central Park, La Bisbetica Domata, in uno storico spettacolo all’aperto, dovettero affrontare difficoltà finanziarie, opposizione politica e persino minacce contro l’esistenza del Teatro di Shakespeare. L’incrollabile determinazione di Papp, il sostegno del suo team e quello della comunità ebbero, però, un ruolo fondamentale nel superare queste sfide. E, anzi, pochi anni dopo Valerie e George T. Delacorte jr., contribuirono con una grande donazione alla sua costruzione. Da allora lo Shakespeare Theater ha anche il nome di Delacorte Theater. Continua la lettura di Un teatro gratis per tutti→
Con questo prima articolo ha inizio la collaborazione a Poliscritture di Raffaella Ferraiolo Depero. La sua rubrica si chiamerà “Pensieri su New York e sull’America poco conosciute”.[E.A.]
Buon Juneteenth a tutti! Com’è bello avere questa “nuova” festa ufficiale! Ovviamente, nella comunità nera, non c’è niente di nuovo al riguardo: le celebrazioni si svolgono in questo giorno dal 1865. Letteralmente Juneteenth è la fusione di June (Giugno) e ninetheenth (19esimo). Storia della festa. Juneteenth è la festa che, in tutti gli Stati Uniti, onora la celebrazione della data, 19 Giugno 1865, in cui il generale Granger annunciò, in Texas, che gli americani ridotti in schiavitù erano liberi. Gli afroamericani, da allora celebrano quell’evento ogni anno.L’annuncio mise finalmente in atto anche in Texas la proclamazione di emancipazione, che era stata emessa quasi due anni e mezzo prima, il 1 gennaio 1863, dal presidente Abraham Lincoln.
Gli stati Confederati mal digerirono la proclamazione di emancipazione, e continuarono a ereggere oltraggiose statue per marcare i territori dei Bianchi e ancora oggi spesso si dichiarano apertamente razzisti. Di tutto ciò scriverò in un altro episodio.
Per ora continuiamo con la storia di Juneteenth.
Dopo la brutale uccisione di George Floyd, un uomo di colore di 46 anni, da parte della polizia di Minneapolis nel maggio 2020, migliaia di persone in tutti gli Stati Uniti si sono riversate nelle strade in segno di protesta. Il razzismo sistemico, intrinseco nella cultura istituzionale della polizia di quasi tutta l’America, ha permesso e causato l’uccisione di George Floyd, di Breonna Taylor, di Amaud Arbery, di David McAtee e di molti altri Black, i cui nomi sono diventati un grido di battaglia per un cambiamento in tutto il paese, dando nuova energia al movimento Black Lives Matter.Sulla scia delle proteste a livello nazionale contro la brutalità della polizia, nel 2020 la spinta per il riconoscimento federale di Juneteenth ha acquisito nuovo slancio e il Congresso ha approvato la legislazione nell’estate del 2021. Il 17 giugno 2021, il presidente Biden ha firmato il disegno di legge, rendendo Juneteenth l’undicesima festa riconosciuta dal governo federale. Durante una cerimonia alla Casa Bianca, Biden ha reso onore a Opal Lee, un’attivista che all’età di 89 anni ha percorso a piedi il cammino da casa sua a Fort Worth fino a Washington, DC, e l’ha definita “la nonna del movimento per rendere Juneteenth una festa federale”.
La festa è anche chiamata “Juneteenth Independence Day”, “Freedom Day” o “Emancipation Day”. Lo scrittore Ralph Ellison chiama Juneteenth “la celebrazione di una sgargiante illusione”, perché celebrare questa festa non è sufficiente per iniziare a riparare quello che è a pezzi. Finché tutti non saranno liberi, nessuno lo sarà, finché c’è razzismo non possiamo illuderci di sentirci più liberi di quanto siamo realmente. Michael Moore indica la parola “Riparazione” come una delle parole/idee che fa più paura alla America repubblicana bianca. Angela Davis parla di “immaginazione radicale”: È fondamentale credere che il mondo che vuoi che esista possa arrivare.
Juneteenth è la festa di una illusione ma è anche la festa della speranza. Essendo la più antica commemorazione della fine della schiavitù in questo paese, Juneteenth occupa un posto speciale nel cuore dei Blacks, ma la giornata viene sempre più spesso celebrata da persone di tutte le etnie in un discorso di inclusione globale che include tutte le razze. Juneteenth è quindi una gioiosa festa della speranza e della gioia. Juneteenth è commemorata in tutti gli Stati Uniti con musica, arte, cibo e fuochi d’artificio. Alcune celebrazioni si svolgono tra le famiglie nei giardini dietro casa. Alcune città, come Atlanta e Washington, organizzano grandi eventi, tra cui sfilate e festival. A New York gli spettacoli, affascinanti e tutti “free”, sono innumerevoli. Noi siamo andati a Central Park, in una zona abitata due secoli fa da una comunità nera, per uno spettacolo di Spirituals e Afro Jazz e la sera siamo andati al Lincoln Center per uno spettacolo di gioia e Jazz che è durato tutta la notte. Pubblico qui qualche clips.
Raffaella Ferraiolo Depero è nata a Gubbio (Perugia) nel 1947 e vive dal 1988 a New York. Ha insegnato informatica negli Istituti Tecnici Commerciali di Roma e poi Computer Science nella Dwight School di New York. Fa parte del Gruppo NYCIST (New York City Independent School Technologists) e del Gruppo NYSAIS, Associazione di più di 200 scuole indipendenti. In collaborazione con la Scuola della Nazioni Unite ha organizzato e ospitato alla Dwight School un congresso di tecnologia per Scuole appartenenti al Gruppo NYSAIS. Ha scritto poesie mai pubblicate e, nel 2010, un libro digitale sulla storia dei suoi genitori durante la Seconda Guerra Mondiale, «Racconti di guerra e di lontananza». In Italia ha partecipato nel 1969 alle proteste contro la guerra in Vietnam, ai movimenti femministi degli anni ’70 e alle lotte degli insegnanti COBAS contro I fondi statali alle scuole private; e lavorato come volontaria nei Consultori Famigliari a Roma nei quartieri Tuscolano e Tufello. Negli Stati Uniti ha partecipato alle proteste contro la Guerra in Iraq, co-fondato il gruppo di Resistenza contro Trump, reSisters, e fa parte dei gruppi INDIVISIBLE, MOVEON, SWING LEFT e Upper West Side Action Group.