Goffredo Fofi, Su Danilo Montaldi, una testimonianza
in «Lasciare un segno nella vita. Danilo Montaldi e il Novecento»
a cura di Goffredo Fofi e Mariuccia Salvati (1)
Archivi categoria: SAMIZDAT DA 2021
In disaccordo. Perché.
di Ennio Abate
Riporto da qui per aprire – se possibile – una discussione a più voci. [E. A.] Continua la lettura di In disaccordo. Perché.
“la periferia come Magazzino della grande città”
RIPENSARE COLOGNO MONZESE NEL 2022 (5)
di Ennio Abate
Note
[iii] Io non ricordo un periodico con questo titolo. Se altri ne sanno qualcosa, me lo facciano sapere.
* Foto di E. A.
Ripensare Cologno Monzese nel 2022 (3)
di Ennio Abate
Vorrei, ma non so se ci riuscirò, stampare una Antologia dei numeri della rivista «Laboratorio Samizdat». Per ora, a riprova del lavoro fatto, tra 1986 e 1990, con un bel gruppo di persone di Cologno Monzese ma anche di Milano (e di altre città), pubblico le copertine della rivista e un Indice veloce degli articoli e delle rubriche.
Ripensare Cologno Monzese nel 2022 (1-2)
Una riflessione a capitoletti
di Ennio Abate
Nel 1987, quando con alcuni amici facevamo la rivista autoprodotta «Laboratorio Samizdat»[i] preparammo un questionario. Lo intitolammo «Immagini dell’hinterland: Cologno Monzese» e noi stessi della redazione cominciammo a rispondere alle domande che avevamo preparato. Riassumo con parole d’oggi le mie risposte al questionario .
1. Consideri Cologno Monzese una città. Si, no, perché?
Per me non è ancora una città. Perché la storia recente e breve (quella dell’emigrazione interna degli anni ’50-‘70), trasformando e quasi cancellando le caratteristiche contadini del nucleo precedente (il borgo medievale, il paesino ottocentesco), ha prodotto un organismo sociale elementare, nuovo ma incoerente e poco unitario. Prenderei sul serio la definizione di Cologno Monzese come “citta dormitorio” per immigrati. Evidentemente un dormitorio non è una città. È un ibrido, un “mostro urbanistico”. Certo, gli immigrati, oltre a dormire, hanno fatto altro, ma in condizioni materiali e psichiche comunque squilibrate. Sono gli amministratori – più che gli abitanti di Cologno- ad avere la tentazione di sorvolare su questa storia pesante e complicata e a parlare senza troppo riflettere di città.
2. Secondo te, quali sono i tre aspetti più negativi di Cologno?
Uno. Il fatto di essere periferia (o di vivere in una condizione di perifericità). Intendo dire che la vita che possiamo condurre a Cologno Monzese avviene in uno spazio coatto e deprivato che, a differenza delle vere città, offre meno sotto ogni aspetto alla soddisfazione dei bisogni dei suoi abitanti.
Due. Gli immigrati si sono dovuti assuefare con molta sofferenza a vivere nello spazio coatto, deprivato e spesso brutto di Cologno Monzese. Che è stato progettato e costruito da altri. E imponendo i loro interessi economici ai bisogni di una vera vita sociale. Questo è avvenuto nel periodo (’55-’60) più selvaggio e sregolato della urbanizzazione di Cologno. Povertà culturale e bruttezza estetica hanno deturpato anche i linguaggi e i comportamenti dei suoi nuovi abitanti. Col tempo gli immigrati hanno cancellato i ricordi più dolorosi e non hanno pensato più a quel che hanno patito. O rinunciato perfino ad immaginare che questo territorio possa essere organizzato in maniera più rispettosa dei loro bisogni. Al massimo, hanno cercato la diversità altrove. Da turisti. O tornando, quando hanno potuto, ai paesi da cui emigrarono.
Tre. Una sensibilità passiva e intorpidita sia nei confronti dell’ambiente circostante che verso gli “altri”. Io l’ho chiamata colognosità, perché l’esperienza quotidiana a Cologno – e specie in campo politico – mi ha messo di fronte a numerosi esempi locali di doppiezze, di tortuosità, di antintellettualismi, di invidie. Ma ritengo che la colognosità abbia a che fare con concetti più generali, quali mentalità da servi (Nietzsche), alienazione (Hegel, Marx, Lukács), psicologia (e pedagogia) degli oppressi (Freire). Indubbiamente rende più difficile individuare i centri di potere reali che controllano la vita economica e sociale di questo territorio e impedisce una azione più precisa per contrastarne le scelte dannose per quanti qui vivono.
3. Quali sono, invece, gli aspetti positivi di Cologno Monzese?
Ci sono centinaia di città che offrono più merci e servizi di Cologno Monzese. Se ci si mette nell’ottica dei consumatori, Cologno ha ben poco di positivo da offrire. Eppure, negli anni ’70, noi compagni del Gruppo Operai e Studenti e poi di Avanguardia Operaia anche nel degrado della vita in periferia scovammo alcuni aspetti positivi. Capimmo che gli immigrati avevano bisogno di aumenti salariali, di case, di scuole decenti per i loro figli. E lottammo con loro per dare forma politica a questo ribollire di bisogni ancora elementari e insoddisfatti.
4. Fa’ un confronto fra Cologno Monzese e qualsiasi altra città o paese da te conosciuti. Cosa ha di più o di meno Cologno Monzese?
Il confronto io posso farlo con Salerno, da cui provengo. Dalla formazione in quella città provinciale del Sud, che nel dopoguerra e fino agli anni ’50 conservò una cultura cattolica – un misto di attaccamento rispettoso al mondo contadino e a quello piccolo borghese ancora non sfiorati dal consumismo -, avevo ricevuto una spinta ad una visione elitaria ed individualista. Mio padre mi ripeteva il motto ricevuto dai suoi antenati:«miettete cu chille ca stanne meglie e te, nun cu chi sta peggio e te». (In sostanza: stai con i più istruiti e i più ricchi, non con i poveracci). Al contrario la Cologno Monzese degli anni ’60-’70 – quella che ho vissuto più attivamente e intensamente – mi ha spinto proprio ad andare verso il basso, a conoscere molti operai di piccole fabbriche o studenti delle superiori o insegnanti delle elementari, medie e superiori e ad organizzarmi con loro proprio contro chille ca stevene meglie e nui. In quei tempi Cologno Monzese stava passando dalla condizione più passiva e povera della immigrazione esistenzialista (quella registrata in «Milano, Corea» di Alasia e Montaldi) ad una di proletarizzazione e politicizzazione attiva e innovativa. Sembrava che il “dormitorio” potesse fare un salto verso una città proletaria, che confusamente cercammo di delineare nei nostri discorsi.
5. La tua attenzione a Cologno Monzese è aumentata o diminuita negli ultimi 10-15 anni? Perché?
È, contro la mia volontà, diminuita. Perché tutti i legami affettivi, sociali e politici, che come compagni del GOS (Gruppo Operai e Studenti) e di AO (Avanguardia Operaia) avevamo costruito con Cologno e la gente che vi abitava, si sfilacciarono. E quel progetto ancora in fasce di città proletaria, a cui lavoravamo da appena dieci anni, si perse. Molti compagni entrarono nel PCI. Altri continuarono in DP. E poi ci fu, con la fine sia del PSI che del PCI, la scomparsa di qualsiasi sinistra.
6. Da quali quartieri e zone di Cologno Monzese, che hai frequentato di più, ti sei costruita la tua immagine (o idea) di Cologno?
Riferendomi sempre agli anni ’60-’70 posso dire che ho frequentato sotto la spinta delle lotte politiche particolarmente il Quartiere Stella (qui), diverse piccole fabbriche di allora (Bravetti, Panigalli, Trapani Rosa, Siae Microelettronica, ecc), le scuole elementari e medie; e le case dei compagni sparse per Cologno. L’immagine di Cologno che mi stavo costruendo era, come ho detto, quella della città proletaria.
7. Quali sono i quartieri o le zone di Cologno Monzese che più ignori? A chi ti rivolgeresti per fartene un’idea?
Come ho detto, qui a Cologno negli anni di mia militanza politica ho frequentato soprattutto famiglie di operai, di studenti, di insegnanti e i luoghi della politica (sedi di partito o dei sindacati, il Consiglio Comunale). Ignoro o conosco poco, dunque, le zone (non certo soltanto di Cologno) in cui abitano imprenditori e politici. Ed ho avuto meno rapporti e conoscenza anche delle zone in cui operano i più emarginati. Al momento non saprei, come rivista, a chi potremmo rivolgerci per capire di più.
8. Quali sono state negli ultimi 10-15 anni le trasformazioni per te più evidenti di Cologno Monzese? Come le giudichi?
Lo sprofondamento nei discorsi pubblici e politici dei ceti operai e dei loro bisogni. Con la deindustrializzazione, l’informatizzazione e le nuove forme dei consumi sono emerse le generazioni cetomediste, ipnotizzate dalla competizione imitativa coi “nuovi ricchi”. A Cologno il cambiamento ha premiato soprattutto un ceto di acculturati, magari provenienti anche da famiglie operaie e di immigrati, ma sempre più grossolani e pacchiani e ostili alle tradizioni di famiglia.
9. Quali sono i tuoi sentimenti verso Cologno Monzese?
Li ho raccontati in «Samizdat Colognom», un libretto di “poeterie” pubblicato con la Libreria CELES di Cologno nel 1982. (Ne parlerò in un altro capitoletto). I miei sono sentimenti di contrapposizione e di critica ragionata soprattutto verso il mondo politico colognese, spesso con rappresentanti davvero meschini. Di impazienza e delusione verso gente che vive in condizioni quasi simile alla mia ma che briga nel sottobosco politico, economico e culturale. Di insofferenza verso gli stili della vita individualistici e falsamene libertari.
10. Quali sono le tre esperienze più significative che hai avuto a Cologno Monzese negli ultimi 10-15 anni?
Forse ho già risposto al punto 6. Ma meglio ripetere. Le lotte che ho condotte con molti compagni e compagne fra il ’68 e il ’76. Quella per la scuola materna al Quartiere Stella. Quelle con gli operai della Bravetti, della Panigalli, della Trapani Rosa, della Siae Microelettronica e tante altre. Quella dell’occupazione delle case di Via Papa Giovanni. (Son di sicuro più di tre).
11. Quali sono le esperienze più negative che hai avuto a Cologno Monzese negli ultimi 10-15 anni?
La scissione di Avanguardia Operaia e il successivo “riflusso” con compagni finiti nella droga, nel “privato” o che scelsero di entrare nel PCI. L’impotenza e l’isolamento rispetto ai fenomeni di disgregazione anche fisica che coinvolsero molti giovani di allora. Il disfacimento morale, politico e culturale della sinistra.
12. Ritieni possibile costruire una nuova immagine di Cologno Monzese? Se sì, in quale direzione (politica, culturale, economica, ecologica) impiegheresti le tue energie?
Un’immagine culturale nuova di Cologno, che non può più essere la città proletaria a cui avevamo pensato, resta indispensabile per ritessere rapporti sociali non subordinati o di semplice colonizzazione rispetto ai centri di potere (che per Cologno stanno a Milano ma non solo lì).
13. Pensi che a questa nuova immagine di Cologno Monzese possano contribuire di più i viaggiatori (quanti lavorano fuori Cologno o hanno di frequente rapporti con altri luoghi o Paesi anche stranieri) o i sedentari? Perché?
Verrà fuori, credo, dal confronto scontro tra le immagini di città degli uni e quella degli altri.
Nota 1 [i] «Laboratorio Samizdat» è stata una rivista ispirata al pensiero comunista (marxismo critico) della Nuova Sinistra, che a Cologno era stato rappresentato negli anni Settanta prima dal «Gruppo operai e Studenti» e poi dalla sezione di «Avanguardia operaia». Fu preparata - in una prima fase “in casa” (fotocopiata) e solo negli ultimi numeri stampata - a Cologno Monzese e diffusa a mano. Fra il 1986 e il 1990 uscirono, oltre al numero zero di prova, 8 numeri. In redazione: Ennio Abate, Roberto Fabbri, Erica Golo, Eugenio Grandinetti, Roberto Grossi, Marcello Guerra, Roberto Mapelli, Donatella Zazzi.
Nota 2 Questo stesso articolo pubblicato su POLISCRITTURE COLOGNOM su Facebook, su segnalazione di non so chi, è incorso nella censura di FB. Non ho capito se per il contenuto o per l'immagine che l'accompagnava (sotto).
Collage da FB del 21 luglio 2022
dalle ore 7, 15 alle ore 18,52
a cura di Ennio Abate
il primo gesto politico che dovrebbe fare oggi enrico letta è stracciare queste ridicole primarie in sicilia con i cinquestelle per scegliere un candidato comune alle elezioni regionali. un errore fino a ieri, un orrore oggi. sarebbe forse più giusto ancora che letta si dimettesse – la sua segreteria segnata dal “campo largo” all’inseguimento di giuseppe conte è stata disastrosa. e non è esente da colpe, in nome di questo patto rovinoso, nella caduta del governo draghi.
tu che speravi che draghi cadesse. assumitene le responsabilità, almeno: per essere contro “l’uomo delle banche”, consegni il paese a salvini. che così difenderà le ragioni sociali
L’invasione degli economisti che come una metastasi hanno occupato tutti i gangli della vita civile: e del resto non poteva essere così, se nel mondo l’unica cosa che conta è che il panetto di burro non cresca di prezzo dello 0,1% all’anno gli economisti sono gli unici depositari degli Arcana Mundi in grado di decifrare la Vita e l’Universo. Dopo trenta anni di questo andazzo, il paese è completamente annichilito, demolito, distrutto, devastato. Un cumulo di macerie fumanti creato da questi sapienti del Mondo Nuovo, da questi rabdomanti dello spread, da questi sacerdoti del moltiplicatore keynesiano, da questi alchimisti della partita doppia.
Vorrei chiedere al sindaco Gualtieri – che ha detto pochi giorni fa: «in due anni trasformerò Roma in una città pulita e vivibile come un borgo del Trentino» – quando intende iniziare a far rimuovere i detriti dell’ultimo incendio al Parco archeologico di Centocelle: l’olezzo molto trentino, in queste calde mattine d’estate al borgo, sale aulentissimo e arriva fino ai Castelli Romani.
Poi una volta capito che il governo non aveva più la maggioranza in Parlamento, s’è annunciato che lo spread stava già salendo, che s’era trattato di una «tragica scelta» (Di Maio) e addirittura che eravamo in presenza d’un «Parlamento contro l’Italia». Questa mattina sulla prima pagina della «Stampa» campeggia un inequivocabile titolone: «Vergogna».
La profezia inizia a compiersi: la crisi derivata da una guerra che interessa gli Usa ma non l’Europa sta generando crisi politiche in tutti i paesi. Ci sono poche figure che rappresentano più di Draghi l’establishment del potere europeo. Ma questo non annulla la politica. E in Italia c’è ancora politica, anche se purtroppo non c’è una presenza di una sinistra parlamentare come a molti di noi piacerebbe
Il PD come Staatspartei. O (magari!) come la vecchia DC.
La repressione in Italia ovviamente non è paragonabile a quello che succede in Russia, ma gli arresti dei Si Cobas sono molto preoccupanti. Non oso pensare cosa succederebbe con un governo nero verde
L’8% dell’inflazione segnalato dall’ISTAT (si tratta del valore più alto dal 1986) è il risultato dell’aumento dei prezzi dell’energia causato dalle riduzioni russe e dalla speculazione, contemporaneamente, sulle materie prime. Si sta propagando agli alimenti e, in misura più contenuta, ai servizi. E aumenta le differenze di classe: la spesa delle famiglie meno abbienti è passata dal + 8,3% del primo trimestre al +9,8% del secondo trimestre 2022, mentre per quelle più abbienti dal +4,9% al +6,1%. I più colpiti sono i minori poveri, ci dice Save The Children. Qui le ragioni basilari di chi chiede da due anni l’estensione del “reddito di cittadinanza”: ma senza risposta. Del tema, infatti, Draghi non ha mai voluto sentir parlare.
ho espresso pubblicamente dure critiche al governo Draghi, ma ascoltando per ore e ore i vari interventi al Senato dei critici di Draghi, son costretto a dire che, scomparso il governo Draghi, faremmo il tragico salto dalla padella alla brace.
Elezioni: Unione Popolare si sbrighi a nascere e, se ci sarà questo spazio, sostenga Conte. Non bisogna lasciarsi terrorizzare e ricattare da chi dice che vince Meloni. Al tempo stesso, però, bisognerebbe attrezzarsi per evitare che vinca davvero, organizzandosi e ricominciando a fare politica.
Draghi per conto mio è stato un pessimo governante, non ha risolto un solo problema, ha azzerato la democrazia, ha abbracciato una posizione guerrafondaia che mi fa venire i brividi. D’altra parte chi l’ha affondato non è migliore di lui
The Italian leader....was a key architect of the tough sanctions against Russian president Putin". Si tratta di una battuta d'arresto, scrive il Financial Times", per l'alleanza occidentale contro Mosca.
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Al volo/ Frank Grohmann su Kurz
18 luglio 2022. In occasione del decimo anniversario della morte di Robert Kurz
(Dalla pagina FB di Franco Senia (qui)
a cura di Ennio Abate
1. L’interpretazione di Kurz «Chi non vuole cogliere e combattere la totalità capitalista ha già perso la sua battaglia». E la sua conclusione? «Senza teoria rivoluzionaria, non c’è movimento rivoluzionario»! Con Marx, quindi egli sottolinea «l’importanza della riflessione teorica»: «Marx ha giustamente sottolineato che un autentico rivolgimento rivoluzionario progredisce solo nella misura in cui i suoi inizi e le sue fasi di passaggio vengono criticati, e questo in modo spietato, al fine di superarli e spingerli così oltre le loro mezze misure, le loro conclusioni errate e le loro aberrazioni»
2. «L’attuale compito, storicamente attuale, è la preparazione teorica e pratica di una rivoluzione che liquidi il valore, e pertanto il denaro. Tutto il resto è solo paccottiglia teorica e ideologica. La bomba vera e propria – in quanto nucleo dell’opera di Marx, la sua esplosiva eredità per il futuro – deve ancora essere innescata».
3. […] L’accumulo di “lavoro morto” sotto forma di capitale, rappresentato come denaro, è l’unico “senso” che il moderno sistema di produzione di merci conosce». (Gruppo Krisis, Manifest gegen die Arbeit, pagg. 9-10.)
A Colognom
Ovvero piccoli consiglieri comunali (e probabili candidati sindaci) crescono
Bisogna ripensare Cologno e la politica a Cologno.
* La foto di accompagnamento (Vecchia Chiesa di Cologno Monzese in Piazza XI febbraio) è di Mauro Cambia
Anticololognosità
RIPENSARE COLOGNO MONZESE NEL 2022 (1)
Una riflessione a capitoletti
6. Da quali quartieri e zone di Cologno Monzese, che hai frequentato di più, ti sei costruita la tua immagine (o idea) di Cologno?
7. Quali sono i quartieri o le zone di Cologno Monzese che più ignori? A chi ti rivolgeresti per fartene un’idea?
8. Quali sono state negli ultimi 10-15 anni le trasformazioni per te più evidenti di Cologno Monzese? Come le giudichi?
9. Quali sono i tuoi sentimenti verso Cologno Monzese?
10. Quali sono le tre esperienze più significative che hai avuto a Cologno Monzese negli ultimi 10-15 anni?
11. Quali sono le esperienze più negative che hai avuto a Cologno Monzese negli ultimi 10-15 anni?
12. Cologno ti appare come periferia di Milano. Si no, perché?
13. Ritieni possibile costruire una nuova immagine di Cologno Monzese? Se sì, in quale direzione (politica, culturale, economica, ecologica) impiegheresti le tue energie?
14. Pensi che a questa nuova immagine di Cologno Monzese possano contribuire di più i viaggiatori (quanti lavorano fuori Cologno o hanno di frequente rapporti con altri luoghi o Paesi anche stranieri) o i sedentari? Perché?
Colognosità e italianità
Questi 4 articoli, che ho pubblicato nei giorni scorsi su POLISCRITTURE COLOGNOM e altre pagine di social locali, trattano di personaggi che recitano in modi tragicomici il misero copione della colognosità, che poi in fondo ha parecchio in comune con l’italianità. (Risalire fino al classico Discorso sopra lo stato presente dei costumi degl’Italiani di Giacomo Leopardi? Perché no.) La colognosità – scrissi in un appunto di diario già nel lontano 1987- è «una sensibilità verso il mondo. Forse altri avranno parlato di “mentalità da servi”, di “alienazione” o di “psicologia degli oppressi”. Fatto sta che la mia esperienza quotidiana con la gente che ha fatto e fa politica a Cologno Monzese (periferia di Milano), dove abito dal 1964 in partiti, associazioni culturali, liste civiche, etc. di qualsiasi colore politico mi ha messo di fronte a numerosi e vari esempi di: doppiezze servili, tortuosità nel condurre confronti e polemiche, antintellettualismo esibito come un vanto, invidie malcelate ma rivolte non contro burocrati più o meno arroganti, che si trovano un po’ ovunque, ma proprio verso chi osi mettere in dubbio o criticare i comportamenti e i codici da clan parentali o amicali che in politica sono pane quotidiano. E nei molti decenni venuti dopo il lampo del ’68-’69 ho assistito al mutarsi di ribellismi e progressismi – forme abbastanza false e con un fondo di malafede – in rassegnazione, in settarismi o in collaborazione subordinata ai potenti di turno (maggiori o minimi, locali o regionali o nazionali). E, dunque, allo svelarsi anche di una sfiducia profondamente impolitica sulla possibilità di costruire rapporti non esclusivamente gerarchici tra individui e gruppi sociali.». Negli articoli uso nomi e cognomi di alcuni politici locali ma avverto che la mia attenzione critica non è accanimento personale contro di loro e va alle maschere di ambigui interessi, desideri e bisogni sociali che essi forse inconsapevolmente esprimono. [E. A.] Continua la lettura di Colognosità e italianità
E berardinelleggiar m’è dolce in questo mare
Da POLISCRITTURE SU FB. In margine a un post (https://www.facebook.com/matteo.marchesini.754) e in dialogo – spero – con Francesco Brusa che l’ha commentato.
di Samizdat