Archivi categoria: SAMIZDAT 2005-2021

Critiche, dissensi, piraterie

Condizione umana contro storia in Montale

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di Ennio Abate

Sul blog LA PRESENZA DI ERATO  è stata pubblicata un’interessante intervista del 1976 ad Eugenio Montale (qui). Ho lasciato questo commento che riporto sul sito di POLISCRITTURE (E.A.)

Queste dichiarazioni (o intervista rielaborata) di Montale andrebbero commentate con grande impegno critico anche se sono di un’epoca ormai conclusa.
La tesi centrale è che la sua poesia affondi le proprie radici nelle condizione umana e non nella storia. Ovvio? Secondo me, no. Chiediamoci: Perché l’argomento della sua poesia poteva essere esclusivamente «la condizione umana in sé considerata»? È possibile astrarre una «condizione umana» dal tempo storico in cui viene vissuta; e quindi trascurare o mettere in secondo piano i rapporti personali, sociali e politici in cui Montale condusse la sua esistenza? Forse che la politica, le condizioni di vita materiali, le divisioni sociali che si ebbero in Italia dal 1896, anno della sua nascita, al 1981, anno della sua morte, non facevano della «condizione umana» vivibile da un piccolo borghese come lui dalla «condizione umana» vivibile da un altro individuo, appartenente ad un’altra classe sociale in un’altra epoca? Vita, amore, morte sono la stessa cosa in tutte le epoche e società? Continua la lettura di Condizione umana contro storia in Montale

IN MORTE DI VITTORIO RIESER (Un’intervista del 3 ottobre 2001)

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Foto di Vanna Lorenzoni

[Avrò visto e ascoltato Vittorio Rieser un paio di volte in via Vetere a Milano negli anni Settanta. In qualche seminario di Avanguardia Operaia – organizzazione “extraparlamentare” (questa la definizione dei giornali ostili) a cui ho partecipato io pure dal ’68 al ’76. Poi, nella seconda metà degli anni Ottanta, l’ho incontrato ad Agape di Praly, il centro dei valdesi, dove ancora era possibile  durante qualche campo estivo discutere  di argomenti socio-politici con studiosi o militanti – diciamo pure – in pensione o già messi ai margini dal nuovo corso che porterà alla distruzione della Sinistra. A differenza di altri, nei confronti del Rieser studioso mi è rimasta una stima rispettosa, anche dopo la sua scelta di rientrare nel PCI. E  ho avuto un’attenzione saltuaria ma coinvolta verso i suoi scritti più recenti, soprattutto quelli di bilancio storico, che mi è capitato di trovare sul Web o sul sito de «L’Ospite ingrato» del Centro F. Fortini (qui e qui). Li ho letti, però, con crescente distacco. Sia per la consapevolezza della comune sconfitta, che rende  amaro ogni sguardo al passato. Sia per diffidenza verso quella sua scelta di continuare la militanza nel PCI o in Democrazia proletaria o in Rifondazione comunista. Mentre la mia è stata la via dell’isolamento o, come poi l’ho chiamata, dell’esodo: pensare e agire per quel che ancora si poteva, ma al di fuori di ogni istituzione sindacale o politica, storica o residuale di quella stagione politica, nella quale il termine ‘sinistra’ aveva avuto  un qualche senso. Se oggi, malgrado le distanze, mi sento di onorare Vittorio Rieser, come mi è capitato per altri compagni conosciuti di striscio o frequentati allora (Danilo Montaldi, Massimo Gorla, Costanzo Preve,  Franco Pisano) è perché, fra le ceneri di molte loro parole, ancora trovo qualche brace intensa della vampata di quegli anni. Continua la lettura di IN MORTE DI VITTORIO RIESER (Un’intervista del 3 ottobre 2001)

Critica a “Non date le parole ai porci” di Cesare Viviani su “L’Ombra delle Parole”

Perle ai porci

di Samizdat

Su «L’Ombra delle Parole» (qui) un post intitolato «Non date le parole ai porci. Estratti di poetica e poesia» di Cesare Viviani.  Essendo stato catalogato dalla Casa della Poesia di Milano come uno dei “veri poeti» – investitura comunque da lui accolta – confesso che ero un po’ diffidente anche nei suoi confronti per le ragioni esposte da Mannacio (qui).  Ma ho messo da parte i riverberi della recente polemica e ho letto con attenzione. E qui riassumo  alcune mie critiche. Continua la lettura di Critica a “Non date le parole ai porci” di Cesare Viviani su “L’Ombra delle Parole”

Ucraina. Ci si dovrebbe almeno pensare…

Inoltro queste due segnalazioni che mi sono arrivate. La prima rimanda a un video tremendo sulla strage di Odessa commentato da Giulietto Chiesa. La seconda è il volantino di convocazione di una manifestazione a Roma).  Se ne dovrebbe parlare, ma ci spero sempre meno. Ciascuno almeno ci pensi.[E. A.]

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Pandora TV raccomanda la visione di questo servizio ad un pubblico di soli adulti.

Giulietto Chiesa commenta le immagini della strage di Odessa dimostrando che le vittime sono state assassinate brutalmente e non sono perite a causa dell’incendio al palazzo dei sindacati come è stato dichiarato dalla stampa internazionale.

Ucraina. Strage di Odessa con commento di G. Chiesa

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I barbari

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di Eugenio Grandinetti

[Questa poesia di Eugenio Grandinetti è sconsolata, carica del malore che l’individuo oggi vive di fronte ai mutamenti minacciosi che non è in grado di controllare. Fantasmi di violenze arcaiche si mescolano con le immagini imposteci dalla TV e dai giornali dei “nuovi barbari”, gli immigrati «clandestini che sbarcano/a centinaia nella notte/protetti dall’oscurità». Un’umanità sconosciuta che sopravvive, quando ci riesce, nella desolazione e nel rischio. Ma che mette paura e induce alla chiusura altra umanità che, disagiata o in crescente difficoltà per la crisi, si va chiudendo in difesa: «non c’è/modo di liberarsene/se non starsene a casa/chiusi come in un carcere». Carceri a cielo aperto per loro, casa mutata in carcere o fortezza per noi, dunque? Vie d’uscita non se ne vedono. Anche perché l’individuo sente  di essere minacciato non solo da loro – i barbari, i clandestini, gli immigrati – ma anche da quelli che parrebbero più simili a lui: i veri padroni di uno spazio che solo con una forzatura può essere ancora chiamato la «nostra terra». E costoro furono pur essi in passato barbari, invasori e predatori ora però legalizzati e legittimati («perché agiscono/ secondo legge») e inattaccabili. La sconsolatezza si coglie anche nella forma del componimento: la versificazione è irregolare; il lessico basso, cronachistico, scabro; il ritmo fluente ma monotono e senza pause. Tutto va decisamente, come una buona parte della poesia d’oggi, verso la prosa, fino a confondervisi quasi. (E.A.)]

Come barbari che invadono
con violenza, che abbattono
mura e schiere
di difensori, che irrompono
nelle case e depredano
e stuprano ed uccidono; Continua la lettura di I barbari

2034 ???

renzi

di Paolo Pagani

[Durerà fino al 2034? Un altro ventennio dopo quello berlusconiano? Pubblicando questo intervento di Paolo Pagani chiaramente critico nei confronti del “giovane che avanza”, diamo spazio – come sostiene Mauro Piras su LE PAROLE E LE COSE scrivendo un articolo che è agli antipodi di questo e intitolandolo sornionamente  «Perché Renzi è di sinistra» (qui) – solo agli «incontentabili di sinistra» che «resteranno ai margini a fare la loro eroica testimonianza»? Proviamo a ragionarci. (E.A.)]

Devo ammettere di avere inteso in maniera superficiale, o ristretta, il fenomeno Renzi ed il renzismo. L’ho inizialmente preso per un semplice cialtrone, un guitto dell’ambiente di twitter, un ambizioso arrampicatore con metodi più o meno berlusconiani, un furbo parvenu che sfruttava le ambiguità, le ipocrisie e la burocrazia di partito del PD per costruire un potere personale. Come tanti homines novi della storia, dai tempi di Cicerone a quelli del totalitarismo. Continua la lettura di 2034 ???

Clorinda

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di Ennio Abate (da Samizdat Colognom n.1, dicembre 1999)

[Un resoconto di un incontro a Cologno Monzese con una giovane immigrata cilena. Un semplice, impotente  sguardo sulla vita condotta da gente come noi in uno spazio minimo e in una condizione di precarietà. Siamo negli stessi  precisi luoghi dove altri immigrati, provenienti dal Sud Italia o dal Veneto povero,  avevano provato negli anni ’50 e ’60 ansie e sofferenze simili.]

Piove. Io e la signora Onofria entriamo da uno stretto cancelletto. Lasciamo gli ombrelli all’esterno su uno stendipanni al riparo carico di indumenti stesi ad asciugare. Nella parete di sinistra della stanza c’è una cucina di quelle componibili. In fondo uno stretto ripiano e alcune sedie da bar. A destra una porta chiusa. Sarà forse la stanza da letto. Poi c’è uno stanzino. Vedo sacchi ripieni di abiti e, mi pare, un lettino. Di là c’è un’amica ecuadoregna di Clorinda, che s’affaccerà per salutarci solo alla fine del colloquio. I bambini sono a scuola. Continua la lettura di Clorinda

Li Yu e la paura

Li Yu e la paura

di Giulio Toffoli

[Un racconto-saggio sulla paura, uscito come editoriale del n. 10 di “Poliscritture”. Li Yu è invitato a una conferenza sul tema della paura, cui interverranno un economista, uno psicologo, un capo di polizia e… l’ambulante Pai Ling. Spazio e tempo sono lasciati a voi]

Li Yu non amava i dibattiti a cui assisteva un grande pubblico. Non erano mai discussioni ma semplici esercizi retorici o nei casi migliori orazioni che avevano la finalità di convincere un uditorio per naturale sintonia portato a esprimere un facile giudizio positivo. Essere contro è arte difficile, richiede di avere la possibilità di ragionare con calma, ci vuole un clima che sia di disponibilità al confronto. Un clima raro da trovare. Nulla di tutto ciò era all’orizzonte e perciò Li Yu godeva del suo vivere ai margini da quel maelstrom che erano le usuali conferenze. D’altronde nessuno avrebbe mai pensato a lui e ciò gli consentiva di godere di uno stato di grande tranquillità d’animo.
Un giorno questa condizione di pace venne infranta da un amico che giunse a casa e disse: Continua la lettura di Li Yu e la paura

Poliscritture

Poliscritture cambia il pelo ma non il vizio

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di Luca Ferrieri

La rivista Poliscritture compie otto anni e con l’occasione ha deciso di rifarsi il look e di svecchiare (almeno un po’…) il sito. Un cambiamento di forma che, come sempre, è sostanza. E che dobbiamo in gran parte al lavoro del nostro webmaster Domenico Porco (@coreadelnerd). Grazie.

In alto trovate la testata con una nuova rielaborazione del primo logo ideato da Ornella Garbin e successivamente ritoccato da Sara De Vincenzo. A destra un’immagine che periodicamente cambierà, perché il vestito nuovo di Poliscritture seguirà, a modo suo, i mutamenti delle stagioni (politiche e culturali). Si comincia con un disegno di Ennio Abate, che al lavoro di organizzatore e redattore della rivista ha sempre affiancato quello di illustratore grafico e commentatore visuale attraverso i suoi disegni e dipinti. Le “categorie” – elencate qui a destra – sono i contenitori metaforici o visionari in cui incaselleremo i nostri post.  Sono le stesse della rivista cartacea, con gli stessi titoli e sottotitoli esplicativi: le abbiamo lasciate così com’erano, anche se sono poco fotogeniche per il web, e le ragioni forse vi saranno più chiare alla fine di questo post. Continua la lettura di Poliscritture cambia il pelo ma non il vizio