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Un maestro di Bianciardi

di Dario Borso

Direttore dal 1953 della grossetana Biblioteca Chelliana, un neolaureato Luciano Bianciardi (qui) chiamò più intellettuali a tenere conferenze, e tra questi Delio Cantimori, in un frangente tale da valorizzare del conferenziere, oltre che l’immenso sapere storiografico da cui alla Normale di Pisa subito dopo guerra pur egli aveva attinto, la tempra del militante – parlo dei giorni successivi alle elezioni politiche del 7 giugno 1953, che segnarono la sconfitta della Legge Truffa grazie all’apporto determinante di Unità Popolare, la formazione creata ad hoc da Piero Calamandrei e Ferruccio Parri. Continua la lettura di Un maestro di Bianciardi

Essere un giovane di Azione Cattolica

di Dario Borso

Cinque giorni dopo la caduta del fascismo, dal Giornale di Vicenza del 30 luglio 1943 l’azionista Mario Dal Pra rivolgeva un invito accorato “ai giovani che hanno fino a ieri nelle nostre scuole dato testimonianza a questa nostra idealità; con quella fede che ci ha guidati nel formare le loro coscienze oggi ritorniamo a loro e diciamo: per la salvezza della nostra Patria, per non venir meno al nostro preciso dovere, facciamoci apostoli di quest’ordine nella libertà, in cui è divenuta lieta, anche ieri, la nostra giovinezza”. Continua la lettura di Essere un giovane di Azione Cattolica

Setticemia

di Dario Borso

Louis F. Destouches (n. 1894 alla periferia di Parigi) si laureò in medicina il primo maggio 1924 con una tesi di storia medica, stampata a sue spese sei mesi dopo in un numero limitatissimo di copie. Una sintesi de La vie et l’œuvre de Philippe Ignace Semmelweis 1818-1865 (così si chiamava la tesi) era nel frattempo apparsa col titolo Les derniers jours de Semmelweis in “La Presse médicale” del 25 giugno. Nel numero successivo della rivista Tiberius de Györy, editore dell’opera omnia del medico ungherese[1], segnala diversi errori (tra cui quello madornale sul tasso d’infezione puerperale, del 31%, e non del 96%), ma Destouches non riterrà opportuno correggerli manco nella copia inviata (senza successo) alle edizioni della “NRF” nel luglio 1928. La vie et l’œuvre… uscirà finalmente a cavallo tra il 1936 e il 1937 per i tipi parigini di Denoël & Steele, a nome Louis-Ferdinand Céline e in appendice a Mea culpa – con due modifiche: una prefazione, che va a sostituire quella paludata della tesi, e un esergo da Fernand Widal, che va a sostituire quello primitivo da Romain Rolland[2]. Continua la lettura di Setticemia

Le cose e le parole

Fine del mio rapporto con “Lplc”

di Dario Borso

Il 7 maggio 2017 passai al litblog “Le parole e le cose” un pezzullo su inediti di Enrico Gadda, fratello del più noto Carlo Emilio: me lo pubblicarono subito, e mesi dopo lo passai al “Sole24ore”, che lo ripubblicò domenica 27 agosto.

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Le parole o le cose?

Ugo Mulas – Suino danese

Storia del mio rapporto con “Lplc”

di Dario Borso

Le parole

L’11 settembre 2017 proposi al redattore del litblog “Le parole e le cose” Italo Testa, che avevo conosciuto al Baghetta 2013 (qui al minuto 4’30”), cinque prove di traduzione dal poeta tedesco Jan Wagner. Una settimana dopo Testa mi comunicò che la Redazione aveva approvato e che il testo sarebbe uscito a breve. Continua la lettura di Le parole o le cose?

Pandemia

di Dario Borso

Nel 1955 Arno Schmidt era nei guai. Non che non ci fosse aduso (5 anni al fronte, 1 di prigionia, 4 da profugo e il resto da reinsediato), ma ora la novità: il tribunale di Treviri vuole trascinarlo alla sbarra per blasfemia e pornografia causa romanzo breve appena uscito (Paesaggio lacustre con Pocahontas). La cosa più opportuna è telare, almeno da Land a Land, sicché Arno & consorte lasciano in furgone la cattolica Renania per la protestante (e più tollerante) Assia: i pochi mobili e i molti libri finiscono stipati in un monolocale a Darmstadt. Pagamento dell’affitto fortunatamente elastico, perché il locatario è un pittore anarchico che apprezza l’opera di Schmidt e, se non naviga nell’oro, non è nemmeno al gas. Diventano col tempo amici, Arno rompe l’isolamento proverbiale solo per stare nello studio di Eberhard, muto, a osservarlo dipingere: trittici giganti, chissà perché.

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