Archivi categoria: ZIBALDONE POESIA E MOLTINPOESIA

Poesia e critica della poesia

Dediche. A Leopardi

di Antonio Sagredo

 
 

Io devo dire a Silvia il tuo rancore 

Ho barato con l’ignoto e la veggenza, 
l’urna e la clessidra si sono rivoltate
per un vomito di versi e di visioni -
il gallo ha beccato la rugginosa banderuola
  
L’Apocalisse se n’è venuta come una troia
turrita di merletti, anatemi e nastri funebri.
Non ha gradito la tragedia come una finzione
ché nello specchio la sventura non ha valore di rovina.
  
Io so che i sogni di quel borgo ti hanno tradito,
sapevi che la luce bovina non aveva spazi per te,
che erano meno finti del tuo infinito come gli zibaldoni,
che l’immensità era una vana e spietata farsa libertina.
  
E quando una marionetta abiurò i fili dinoccolati
per una stecca della Storia ma non del tuo pensiero
ferrigno io devo dire a Silvia il tuo rancore, la grazia 
di quel Nulla che mutò la tua ragione in fatale canto.
  
  
  
 Maruggio-Campomarino, 22-23 agosto 2016
  
  
  
  
   

“Dancing Birches. Part 5” (1) di Glen Sorestad

traduzione di Angela D’Ambra

Pubblico la prima di otto poesie che costituiscono la parte quinta dell’antologia di Glen Sorestad, Dancing Birches, in via di edizione . Si tratta di una sequenza dedicata a Ernest Hemingway. Mano mano seguiranno le altre. [E. A.]


HEMINGWAY & HAVANA
 

 
Every man’s life ends the same way. It is only the details of how he lived and how he died that distinguish one man from another.
Ernest Hemingway
 

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Propio tutto come prima

di Francesco Di Stefano

 
Pubblico questa amara poesia di Francesco Di Stefano sulla sorte di Amatrice e non posso non cogliere il significato allegorico, riferibile all'Italia tutta, che essa prende dopo il voto alle europee. [E. A.]
 
Li nostri padri antichi l’Amatrice
doppo ogni sisma sasso su mattone
l’hanno arifatta in men che nun se dice
usanno a mano pala co piccone.
 
Noantri co cemento e scavatrice
e l’antri mezzi a disposizzione
in tre anni sto borgo è la cornice
ancora de macerie e distruzzione.
 
Intorno nun te cresce in mezzo an prato
più l’erba come d’Attila ar passaggio
e manco più dall’orti coji assaggio
 
avenno er teritorio sconquassato
e la dorcezza sfranta der paesaggio.
Er tutto come prima spergiurato
 
l’avremo quanno Pasqua viè de maggio.
 

Dediche. A Gesualdo da Venosa

di Antonio Sagredo  
languisce al fin chi da la vita parte     
mercé grido piangendo
o tenebroso giorno
moro, lasso, al mio duolo

 
                              Gesualdo da Venosa
 
 madrigale  ve (le) noso
 
Il capezzale di una donna non  amai  fittizia alcova o reale
solo l’insana malattia di una melancholia carnale mi sedusse.
Liberai commosso i carnefici esiliati dai rastrelli della mente.
Il castello dei merli fu più di una malattia ascetica: una quinta!
 
 
La fuga generò una kermesse di cinque voci e semitoni,
una carezza della nemesi celebra ossessa atti indicibili,
il procardio vomitò esausto il cromo di  straziate note:  
vola -su –seno-doge … vola-su-seno-doge… vola-su…
 
 
Con gli occhi dei liuti ho cantato i carmi  di un Orazio esterrefatto, 
le mie labbra normanne  gonfie come nere vele dal favonio,
 pentagrammi di artigli e ombre assolate sul  leggio infame.
La mia vita fu santa, sublimata dall’inchiostro, e dai delitti!
 
   
A.S.
Vermicino, 3 ottobre 2008
 
 

Poesie di Margaret O’ Driscoll

Traduzioni di Angela D’Ambra

Pubblico queste poesie che definirei “ecologiste” e di disarmante candore in segno di accoglienza verso una sensibilità poetica molto diversa da quelle più disincantate o addirittura ciniche che oggi danno il segno dominante alla cultura italiana in crisi. [E. A.]

1.
 
Dewdrops
 
Breakfast time May morning
Sun shines bright outside
Glittering jewels hang in a row
All along the slide
Glistening dewdrops on the grass
Crystals sparkle on the swing
The daisy chain made yesterday
Shines like diamonds on a string
 
 
 
Gocce di rugiada

Mattina di maggio ora di colazione
Il sole fuori splende sfavillante
Gioielli brillanti pendono in fila
Lungo l’intero scivolo
Sull’erba gocce di rugiada luccicanti
Cristalli scintillanti sull’altalena
Le ghirlanda di margherite fatta ieri
Splende come diamanti sopra un filo.
 
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Gli zampettii dei passeri

 di Eugenio Grandinetti

Questa poesia è stata recuperata da Luciano Aguzzi, che ringrazio.[E. A.]

 
Sto in questo inverno rigido a guardare
i fiocchi di neve che sparpaglia
un vento inconsapevole. Anche noi
la cui vita è cosa lieve e provvisoria
come acqua meteorica rappresa,
affidiamo a pensieri sparsi il flusso
dei nostri sogni,

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Se potessi piangere

Questo è uno dei  tre poemetti di Arnaldo Éderle, che avevo in lista e avrei pubblicato nei prossimi giorni. Purtroppo mi arriva adesso la brutta notizia che presentivo  per il suo silenzio. [E. A.]

 Gent. Dott. Ennio Abate, sono lo scrittore veronese Franco Casati, amico di Arnaldo Éderle. Le scrivo con grande dolore per darle la notizia della morte di Arnaldo, avvenuta l’altra notte, 2 maggio, presso l’ospedale geriatrico di Verona. So che anche lei era suo amico, non  ci resta che condividere lo stesso dolore. 

 

di Arnaldo Éderle

Se potessi piangere, ma non posso
mi sembra di non avere più lacrime,
cerco di spingerle fuori, ma non vengono,
è una situazione che capita a quelli della mia età,
non si sa perché, o forse si sa ma io non lo so,
non lo sento più lo stimolo non sono
capace di avvertire la goccia che scende dall’occhio
e mi irrora le guance. Sì, ci sarà un perché
scientifico ma io non lo conosco
e non mi va di cercarlo. Continua la lettura di Se potessi piangere

Quale primavera?

di Antonio Sagredo

 
Io riprendo a camminare sul viottolo spinto
dalle novità dei bocci guardinghi come cuccioli,
come bambini che dalla soglia paterna
spiano le giostre battagliere dei gattini.
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Il corpetto e i genitori

 
di    Arnaldo Éderle
  
 La sorella stava ferma davanti
 allo specchio della camera si girava
 con calma ammirava la ruota della
 gonna colorata la gonna dell’abito
 della gran festa,
 intanto si accarezzava il corpetto.
 Chiese alla sorellina se era bello se
 le stava bene. Rispose sì soltanto sì
 e si voltò nel suo letto per aiutare
 il sonno a prenderla e portarla con sé.
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Stabat mater/Morte della casalinga oscura

Poeterie

Chi parla in questa poesia che scrissi nel 2007? Una madre del Sud. Si rivolge al figlio immigrato, che ha dovuto portarla a morire in mezzo ai «muri di nebbie» di una città del Nord invece che «sulla spiaggia/vicino al mare». E placa il senso di colpa di lui: vada «per vie più soleggiate» e la sua «ombra» di madre lo seguirà sempre.

La leggerò domani sera, mercoledì 17 aprile, presso la Pieve di San Giuliano – piazza San Matteo a Cologno Monzese – nell’ambito della iniziativa “Stabat Mater” organizzata dalla Officina delle Arti.[E. A.]

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