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di Antonio Sagredo
Io devo dire a Silvia il tuo rancore Ho barato con l’ignoto e la veggenza, l’urna e la clessidra si sono rivoltate per un vomito di versi e di visioni - il gallo ha beccato la rugginosa banderuola L’Apocalisse se n’è venuta come una troia turrita di merletti, anatemi e nastri funebri. Non ha gradito la tragedia come una finzione ché nello specchio la sventura non ha valore di rovina. Io so che i sogni di quel borgo ti hanno tradito, sapevi che la luce bovina non aveva spazi per te, che erano meno finti del tuo infinito come gli zibaldoni, che l’immensità era una vana e spietata farsa libertina. E quando una marionetta abiurò i fili dinoccolati per una stecca della Storia ma non del tuo pensiero ferrigno io devo dire a Silvia il tuo rancore, la grazia di quel Nulla che mutò la tua ragione in fatale canto. Maruggio-Campomarino, 22-23 agosto 2016