di Francesco Di Stefano
Quann’ero un giovinotto sognatore
ogni vorta che c’era n’elezzione
credevo de votà per più mijore
capasce de cambià la situazzione.
Svanito poi coll’anni er primo ardore,
nun privo de sconforto e delusione
ché troppo era cambiato quer mijore,
ar meno peggio ho dato l’adesione.
Da vecchio, puro co la mente stracca,
me pare un po’ più chiara la quistione:
de certo nun c’è manco un mezza tacca
e tutto quello che me se propone
è sceje fra monnezza o in mezzo a cacca.
Pe nun sporcamme è mejo l’astenzione!
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Poesie inedite
di Valentina Casadei
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1.
Abbiamo visto arrivare la notte
con lo scoppio di tutti i tuoi ordigni
che frantumavano il rantolo dei ricordi
e seguivano le mappe dello splendore
Abbiamo visto arrivare la notte
nella disperazione dell’abbandono
in quell’eremo dove dimora
la mia pietà verso la tua dottrina
Abbiamo visto arrivare la notte
ad occhi aperti, nel buio
nella beatitudine dei tuoi respiri
pieni di senso e di colore chiaro
Non so che mi succede
Riflessioni sulle “poeterie” (4)
di Ennio Abate
1982
Febbraio
1.
Perché ho dovuto così a lungo nascondere la mia attività di scrittore e poeta e praticarla in clandestinità? Con molte rinunce, se non con una vera mortificazione del mio desiderio? Ho sentito questo desiderio come una malattia che volevo curarmi da solo? E mi sono letto poeti e critici come uno che si legge da solo trattati di medicina per capire di cosa soffre?
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di Gianmario Lucini
Poesia dei forti contrasti, questa silloge di Erminia Passannanti, fra un aspetto dichiarato e descritto nelle composizioni stesse e un altro aspetto, che ne rimane fuori, ma che diviene il termine dialettico, di una dialettica drammatica e intimamente sofferta. L’aspetto che è trattato è quello dell’atteggiamento religioso, che l’autrice ricalca, se così possiamo dire, da una idea iconica del rapporto col trascendente – “iconica” anche pensando alle icone russe, così formali e ieratiche, ma insieme dolci e mistiche, al fascino delle quali non si può resistere e si è quasi portati in un’altra dimensione, rarefatta, eterea, senza corpo. Una religiosità che viene sondata nei suoi effetti sulla psicologia, piuttosto che nella sua essenza, viene illustrata negli atteggiamenti volutamente resi grotteschi e sciapi, in melense tinte.
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Riordinadiario
di Ennio Abate
1980
14 gennaio
Leggendo Vanoye, La funzione poetica nei messaggi scritti e Annaratone, Rossi, Versificazione e tecnica della poesia.
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di Antonio Sagredo
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“Parea ch’a danza e non a morte andasse
ciascun de’ vostri o a splendido convito”
Giacomo leopardi
Pudesse o instante da festa romper o ten luto
Sophia de Mello Breyer Andresen
Punto di domanda
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di Arnaldo Éderle
Che razza di titolo è?
E’ che non sapevo che scrivere, ecco
che cos’è. Mi crederanno un incapace,
un tipo che non sa cosa fare, ecco
che cos’è!
E, infatti, così mi sembrava che fosse,
ero incerto e confuso, che cosa potrei
dire di più. E lo sono ancora.
Quando decisi di scrivere avevo voglia sì
di fare, ma nel mio cervello non c’era nulla
anzi meno di nulla, un vuoto indicibile.
Mi guardai intorno, ma non vidi nulla
nessun batuffolo da curare nessuno
spiffero da ascoltare nessun cinguettio
isolato, isolato dal mondo, davvero
la mia cervice sgombra da qualunque
interesse, qualunque guado qualsiasi punto
di partenza, tutto vuoto.
La visita
di Arnaldo Éderle
La Morte arriverà accompagnata da Listz.
Chissà come si presenterà? Busserà alla porta?
O si intrufolerà dal buco della serratura,
non lo sappiamo, sarà una sorpresa,
una cosa da spavento? O una sorpresa innocua
come una visita aspettata?
Riflessioni sulle “poeterie” (2)
Riordinadiario
di Ennio Abate
1978. In Italia anno angoscioso e di resa dei conti. Per me fu quello del “raggomitolamento” e della scelta di Fortini come «maestro a distanza» (Cfr. Due lettere). Primo passo: «Questione di frontiera» mi aiutò a capire nodi rimasti in latenza durante la mia militanza in Avanguardia Operaia: dissenso e autorità; socialismo reale e maoismo; operaismo e totalità sociale; PCI e intellettuali tradizionali o di massa; letteratura e politica. Secondo passo: «I poeti del Novecento» (Laterza 1977) e «Saggi Italiani» (nella prima edizione De Donato, 1974) mi riaccostarono a letteratura e poesia italiana. Con timori. Non diventavo un pentito. Non cancellavo la politica per un ritorno alla letteratura, che nei discorsi di quegli anni sapeva troppo di ritorno all’ordine. Ma era chiaro che entravo, con tanti altri del ’68, dentro una crisi lunga (poi lunghissima) da epigoni.
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