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Poesia e critica della poesia

Il sé e l’immagine

di Cristiana Fischer

quella signora mai vista
la guardo allo specchio mi fissa
disincantata e lontana ma convenuta
all'appuntamento io sorpresa
lei chiede non sai?
ancora non sai eppure vedi 
la madre la nonna le ombre del padre
poi passa e scompare è vuoto
lo specchio nell'aria si sposta e rimane
nessuno da amare (e chi 
ringrazio se non sono io?)


			 * * * 


La faccia che vedo nello specchio mi sorprende
vedo solo la faccia sempre tua
la mia diventa un'altra che improvvisa
un rapporto tra me e chi? che non conosco
come conosco gli altri che mi vedono
io sono gli altri che mi vedono
e gli altri che vedo sono me.
Narciso si sdoppiò l'altro di lui
era se stesso irraggiunto senza specchio
e si impiccò o affogò nel nulla
di un esistere vuoto senza gli altri
per cui era presente. Velasquez 
si dipinge con gli altri nello specchio
di Las meninas. La visione chiara
del sé nudo di fronte al cieco mondo 
che mi vede alla follia conduce 
dell'unico rapporto con l'immagine
del sé che non esiste 
se non è sguardo o tatto o ascolto finalmente
dell'altro che mi crea.  


			* * * 



come ti vedo?
come sei per fiducia assoluta
che tu sai
quello che vedo
l'altro me allo specchio
che giustifichi e fondi
che non è
se non tu che rispondi
e mi nascondi
nell'oscurità e ti nascondi 

Su amore, illusioni, vita

di Franco Nova

AMORE, MA DISTRATTO
 
Il cane lupo mi copriva di ululati
per lui ebbri canti d’amore.
Avrei voluto farli anch’io e
dirigerli alla mia adorata,
tutta presa da altri pensieri
per nulla affatto a me rivolti.
Marcato è il sentiero verso lei;
non lo vede e meno ancora
nota la mia presenza in cammino
in quello spazio per me desolato.
Sarà sempre la donna amata, 
ma altri pensieri mi assilleranno
per nulla affatto ad essa rivolti.
Questo è l’amore di chi pensa
e lascia a lato tutti i sentimenti,
sempre ben nutriti e pur miseri.




LA VITA CREA FRAGORE
 
I tuoni inseguono sempre i lampi
ma restano decisamente indietro.
Eguale la mia sorte nell’inseguire
la donna uscita veloce da una porta
e salita sulla Ferrari di un danaroso.
Non fu poi difficile ritrovarla
pur con il dovuto ritardo; e lui
restò il vivido lampo ed io il tuono,
tanto fragore feci infatti per nulla.
Allontanai lei dal mio cuore,
la vittoriosa creava solo focherelli;
fui uno dei tanti e il lampo
mai s’accorse dei molteplici tuoni.
Ho imparato così ad amare e a
irridere i lampi che terrorizzano
creando a volte disastrosi incendi.
Pure in natura ci sono i presuntuosi
che godono della loro supremazia e
dell’incutere senza sosta la paura.
I tuoni segnalano il vicino piacere
da cui gli indifferenti si allontanano
mentre s’alzano gemiti d’amore

 
MAI ILLUDERSI
 
Quanti pensieri e illusioni
fanno schizzare i neuroni
di un cervello guizzante.
Sentieri sassosi sono davanti
e alla fine c’è un alto muro;
forse al di là continua la via
che ci condurrà ad una fossa.
Non ci s’intende con il destino
sempre a noi del tutto ignoto,
luci e ombre laggiù in fondo.
Nulla distinguiamo nel caos
che s’ordinerà imprevisto
per imporci le sue scelte
quasi sempre indesiderate.
Alla fine di una breve via
un gran groviglio di arbusti
e dietro la testa cascante del
vecchio che zoppica, incerto
sulla direzione da prendere
per godere della calma
cui noi tutti aspiriamo. 

 
SEMBRA VICINO, MA NON E’
 
Incerti rumori avvertono che vicino
sembra il piacere da  noi desiderato.
Gli amorfi e inutili nulla sanno e
sentono, non odono il grido d’amore.
I rumori così futili e prepotenti
vogliono deriderci per la speranza
d’incontrare tra le nuvole le
persone che furono per noi la vita.
Non ci hanno capiti; sappiamo
che non ci sono anime carezzanti,
l’amore paragoniamo non al rombo
bensì alla luce che penetra le nubi.
E’ la luce che irrompe da noi e
non la vedremmo senza il ricordo
di quelle giornate tempestose,
in cui stavamo uniti senza sosta.
Il tumulto della perfida tempesta
ci univa in una grande aureola,
che poi spariva mentre noi
restavamo come somma d’amore.
Ad ogni istante proviamo l’estasi
che ci potrà essere tolta solo
quando infine il Nulla ci coglierà.

Su illusioni e assenza di vera meta

Ben Shan

di Franco Nova

ANCHE L’ILLUSIONE E’ VITA
 
I sogni sono ora incubi tediosi
della nera fine di speranze lucenti,
che trapuntano una lunga fede
divenuta certezza di oscuri destini.
Non tutto è però disperazione
e smorta visione di un non futuro.
Un gruppo di piccini rumorosi
sta scuotendo una strana sonagliera
il cui suono è vero canto e
annuncia la prossima nascita
di una nuova era di gioia.
Non c’è speranza di questo futuro,
è semplice illusione infantile;
ma v’è sempre la felicità dei bimbi
e così riparte quel canto celestiale
che rende la vita un puro sogno
con la fantasia di una quiete
non più turbata in nessun dove.
 


PENSIAMO MALE DI NOI
 
Mi sono imbattuto sprovveduto
in un covo di infide vespe,
piacevole ronzio e pericoli temuti.
Le ho sterminate senza sapere come,
fu agevole come non immaginavo
e mai avvolto dai loro folti nugoli.
Ogni giorno punture velenose
sono pronte in ogni dove
nella società di finti amici.
La luce è più pericolosa del buio,
ci è però concesso l’inutile fare
e il piacevole pericolo dell’amore.
Continuiamo pure a vivere così
e muniamoci di occhiali neri
per ignorare le strade percorse,
ma leviamoceli se ci son nemici;
questo siamo noi, animali superiori.
Non si torna ormai indietro,
ma la nostra società non è eterna.
Sempre al mondo si nasce e poi
si cresce, si invecchia e si muore;
e così accadrà a noi stessi
che ci pensiamo tanto superiori.
Spariremo e se la Terra pensasse,
s’illuminerebbe come il Sole.



MAI UNA VERA META
 
Non due strade divergevano, ben tre
e non in un bosco ma nel cielo nuvoloso.
La terza s’apriva la via tra le nubi
non però giungendo al blu sognato.
La strada del desiderio era percorribile
pur non toccando la meta agognata
laggiù in fondo visibile come in sogno.
Le tappe intermedie sono ben ferme,
ci investono con tutta la loro realtà
fatta di mille sentieri intrecciati
in modo malizioso per non farci
capire dove infine ci porteranno.
Siamo in fondo lieti della vita com’è
perché mai giungeremo ad afferrare
l’effettiva portata dei nostri fallimenti.
Nemmeno i successi sono ben compresi
e così la vita non ci soddisfa in pieno,
ma di rado ci rende tanto disperati
da desiderarne l’inopportuna fine.
Manca soltanto la vera meta e
saremo sempre in mezzo al guado.