Nel numero 171-172 della rivista Erba d’Arno, diretta da Aldemaro Toni, è stata pubblicata questa mia recensione al libro di Sonia Serazzi, Non c’è niente a Simbari Crichi, che ci tengo in modo particolare a far conoscere ai lettori di Poliscritture. La scrittrice è nata a Napoli nel 1971 e vive in un piccolo paese della Calabria, dove è tornata per scelta dopo essersi laureata a Perugia. Questo è il suo libro di esordio uscito nel 2004, che sempre l’editore Rubettino ha ripubblicato nel 2020. Ne sono arrivato a conoscenza leggendo il saggio La restanza dell’antropologo Vito Teti (Einaudi 2022), dove viene citata insieme ad altri autori per questo loro, non so se chiamarlo desiderio oppure bisogno, così lo chiamo incontro con la realtà dei piccoli paesi dell’entroterra non toccati dal turismo, che vivono il loro lento abbandono e spopolamento in una indolenza che sembra abbia la forza di sospendere il tempo. Oltre al libro interessato da questa recensione la Serazzi ha pubblicato, sempre per Rubettino, il romanzo breve E le ortiche c’hanno sempre ragione (2006) e Il cielo comincia dal basso (2018). Buona lettura… (a. a.) Continua la lettura di Su “Non c’è niente a Simbari Crichi”
Tutti gli articoli di Angelo Australi
Le lucciole
di Angelo Australi
Il tratto di strada tra la chiesa e il punto dove catturavo le lucciole insieme a Dario si percorreva in una manciata di minuti. Tutto si svolgeva nella campagna ai bordi del paese, e il sentiero che tagliava in due la distesa di grano terminava proprio nella piazzetta dove c’era la villa padronale e poco distante la chiesa. Il palazzo signorile era contornato da alcune case costruite molto di recente: piccole abitazioni a un piano, con il giardino sul davanti e su di un lato il garage. Dietro questa pattuglia di abitazioni spuntava un grande olmo che nascondeva in parte la facciata dell’antica pieve romanica. All’orizzonte di quel panorama celato dall’albero gigantesco e dalla facciata della chiesa spuntava l’angolo di un piccolo cimitero, ma il suo bagliore era così modesto che si confondeva all’istante nel profondo buio delle colline. Continua la lettura di Le lucciole
La medaglia
di Angelo Australi
Quella mattina Spartaco era stato svegliato da un brano di lirica trasmesso alla radio. Intorpidito dal risveglio aveva guardato verso la finestra, dove le fessure regolari dell’avvolgibile trasmettevano il passaggio di piccoli granelli di luce in un soffitto che risplendeva di nuove costellazioni. Certi giorni si divertiva a visitare quei piccoli punti luminosi con la fantasia, perché immaginare di dare un nome alle figure astratte composte dalla natura sul soffitto ampliava l’ottimismo della giornata, era un po’ come giocare a scommettere sulle sorprese che ci sarebbero state per contrastare la noia. Però aveva ancora sonno e non riusciva a pensare perché il volume della musica era così alto che neppure un sordo avrebbe coltivato i suoi pensieri in santa pace. Non era tardi, altrimenti il frastuono del traffico sulla strada sarebbe stato più intenso e frenetico. Si ricordò che era domenica, che quindi non andava a scuola. Stropicciò gli occhi e sbadigliò piagnucolando come un lupo. Di solito nei giorni di festa sua madre lo lasciava dormire più a lungo perché non c’era scuola, ma quando alla fine si alzò sentì il pavimento vibrare per l’alto volume della musica, un po’ le stesse oscillazioni di quando passava il treno, imprevedibili ma costanti, da farti immaginare uno smottamento di terra proprio alle fondamenta della casa. Continua la lettura di La medaglia
Una famiglia dalle doppie iniziali in O
di Angelo Australi
La prima volta che il nonno mi ha informato sul nostro cognome discendente da una famiglia originaria dell’appennino tosco-romagnolo, penso sia stato quando frequentavo la prima media. O comunque sia, è in quel periodo ristretto dei tre anni di scuola dopo le elementari, perché ogni tanto andavo a trovarlo di pomeriggio, quando aveva ancora il fiato e la forza di mantenere l’orto che aveva dietro casa. Ci andavo volentieri perché di fianco alla legnaia aveva costruito una grande gabbia dove teneva prigionieri un paio di scoiattoli che saltellavano in continuazione. Siccome gli portavo sempre qualcosa da mangiare (ghiande, noci, le bacche di cipresso raccolte per terra sul viale del cimitero), appena mi vedevano sembravano impazzire di gioia. Per me era un gioco magico osservarli saltare come delle scimmie su alcuni rami poggiati di traverso nel reticolato. Si aggrappavano alle maglie della rete facendo spuntare il musetto con la bocca spalancata, un po’ come se volessero parlarmi. Continua la lettura di Una famiglia dalle doppie iniziali in O
Quarantaquattro gatti
di Angelo Australi
Con quel primo venerdì di marzo ultimavano la verniciatura dei quarantaquattro comodini realizzati per un lussuoso albergo di Capri, in anticipo di una settimana sui tempi di consegna. Ci stavano dietro da fine gennaio, senza mai staccare la spina per ben quaranta giorni. All’albergo a quattro stelle la stagione turistica si apriva con la Pasqua, quindi letti e comodini dovevano essere consegnati non oltre la metà del mese. Nel carico erano compresi anche gli accessori per l’illuminazione, già consegnati e riscossi da Spartaco e il suo socio prima di buttarsi a capo basso su quell’ordine per il quale si erano trasferiti a lavorare in un fondo messo a disposizione dal committente al suo paese. Li aveva cercati il padrone di quella ditta che gestiva l’ordinazione dei letti in ferro per la fornitura di lampadari, abat-jour, di applique e di alcune piantane da distribuire nei locali del bar o di corredo alle poltrone della sala della reception, ma visto che apprezzava il loro modo di lavorare, alla fine li aveva coinvolti anche per la verniciatura dei mobiletti. Erano già in affari con il proprietario perché ci acquistavano le strutture in ferro dei lampadari che poi decoravano in argento o in oro a foglia, mentre lui, quando aveva bisogno di qualche accessorio per l’illuminazione da sistemare negli spazi espositivi della sua azienda, si rivolgeva a loro. Uno scambio che pur non avendo grossi margini di guadagno consentiva di non tirare fuori un soldo nell’acquisto dei loro articoli. Va detto che l’azienda di Renato era molto rinomata nel lavorare il ferro, faceva letti, tavoli, sedie, lampadari, qualsiasi cosa servisse per la casa o il giardino, … e anche in ogni tipo di metallo; non avevano a contratto mai meno di tre rappresentanti a gironzolare per l’Italia: uno al sud, uno che si muoveva per il nord e uno sul centro. E ormai, già da un paio di anni, dalla bottega artigianale situata in una storica strada dell’antico borgo intorno al quale si era sviluppato il paese nel dopoguerra, lui e il fratello si erano trasferiti con l’attività nella nuova zona industriale cresciuta in quella periferia allargatasi tra le coltivazioni di granturco e del pregiatissimo tabacco dei sigari toscani, dando lavoro a dodici operai. Il capannone si trovava in un punto strategico della viabilità del fondovalle, chi si spostava in auto non poteva non notarlo. Avevano messo una gigantesca insegna luminosa che si leggeva anche dall’Autostrada del Sole e, sul davanti, oltre l’area adibita a parcheggio dei clienti, l’immobile esibiva un ampio spazio espositivo dove stavano in mostra anche i lampadari realizzati da Spartaco e Siro. Alla richiesta dei proprietari dell’albergo di indicargli qualcuno in grado di realizzare la mobilia in legno da abbinare ai letti, Renato si era subito convinto di riuscire a proporre un’alta qualità ad un prezzo molto competitivo. Per la realizzazione dei mobili grezzi aveva in mente una falegnameria dell’area industriale che lavorava il truciolato, ma poi Spartaco avrebbe nascosto la bassa qualità del legno con la coloratura finale. Continua la lettura di Quarantaquattro gatti
Donne e uomini
di Daniele Barni
Vorrei condividere con voi questa poesia che Daniele Barni mi ha inviato proprio ieri. È fresca fresca di scrittura. DONNE E UOMINI, a volte mi domando se mai torneremo ad essere parte di uno stesso corpo? [Angelo Australi]
I grandi navigatori
Konrad Dietrich, i grandi navigatori (2018)
di Angelo Australi
Questo racconto è stato pubblicato una prima volta con le edizioni del Circolo letterario Semmelweis nel 1995, con una prefazione di Giorgio van Straten, e una seconda volta nel 2018 con nota di Francesco Luti. La tiratura del CLS, ormai da tempo esaurita, era di 500 copie numerate, mentre nel 2018 è uscito in forma quasi di libro d’artista con appena 64 copie. Durante questi anni si è fatto tanti amici, ma ogni volta che lo rileggo sento il bisogno di condividerlo ancora con nuovi lettori. So che non è possibile, ma vorrei che fossero milioni, miliardi … questi lettori. Continua la lettura di I grandi navigatori
…per fare poesia occorre saper trattenere la poesia…
di Angelo Australi
Di Alberta Bigagli già avevo scritto proprio su questa rubrica nell’ottobre del 2018, riportando una testimonianza sull’inizio della nostra conoscenza e le tante collaborazioni, quella che segue è una breve riflessione sul suo lavoro, stimolata dall’incontro dello scorso 17 gennaio a Firenze, organizzato da PIANETA POESIA nella sede della Società delle Belle Arti – Circolo degli Artisti Casa di Dante Alighieri, dove è stato presentato il volume di poesie e saggi critici di Alberta Bigagli Sì, comincio. Parola, poesia, linguaggio espressivo, curato da Fiorella Falteri e Manuela Buzzigoli. Oltre alle curatrici e a Giuseppe Baldassarre in veste di editore, sono stato chiamato anch’io a portare un contributo, insieme a Maria Elena Favilla e Annalisa Macchia, mentre gli attori Matteo Pecorini e Matteo Brighetti hanno fatto alcune letture.
Continua la lettura di …per fare poesia occorre saper trattenere la poesia…
Natale
L’eredità
di Angelo Australi
Non ci fu preparazione per quel viaggio, perché il nonno mi aveva preso in contropiede mentre sfogliavo un fumetto di Mandrake. Quel giorno non avevo voglia di studiare, ero indeciso su tutto, la noia superava ogni limite dell’immaginazione. Spesso mi affacciavo alla finestra con lo stimolo di uscire, sperando di scorgere qualche amico che stava giocando nello sterrato davanti al nostro gruppo di case, ma alla fine ogni spinta a inventarsi una trovata per trascorrere il pomeriggio restava qualcosa di refrattario e sfogliavo i fumetti così, per forza d’inerzia. Continua la lettura di L’eredità